ANIMAL INSTINCT
 
CAPITOLO 4

L'uomo entrò titubante facendo tintinnare i campanelli posti sopra la porta del bazar.
"Entri pure" chiamò una voce di donna, profonda. Profonda ma molto vellutata.
L'uomo avanzò.
Con la valigetta stretta nella mano, osservava l'Intorno con circospezione. Era la prima volta che metteva piede in un posto come quello.
E' miracolososa...
Gli avevano detto
Non te ne pentirai devi provare...
E come uno stupido si era fatto convincere.
Aveva sempre avuto una specie di avversione per quel genere di cose.
La magia...la preveggenza...gli incutevano strani timori.
Non che ci credesse, sia chiaro, ma aveva sempre preferito non averci nulla a che fare.
Poi, quel giorno di una settimana prima, tutti i suoi colleghi gli avevano parlato di Bea la chiromante, detta anche 'La Vedova Nera'.
Avevano così insistito, che non aveva potuto tirarsi indietro. Sarebbe passato per codardo.
Allentò la cravatta per permettere all'aria di passare più facilmente. Che caldo lì dentro....o era solo la sua impressione?
"Venga avanti, signor Rottenmeyer...non abbia timore"
La voce lo incitò ad addentrarsi nel locale.
Una tenda separava la stanza di accoglienza da quella dove, la donna, svolgeva il suo esercizio.
Avanzò scorgendo una figura per metà avvolta nell'ombra.
Le sue mani, sottili e bianche come la neve, mescolavano lente un mazzo di carte.
"Benvenuto Rottenmeyer....si accomodi pure"
L'uomo obbedì, prendendo posto di fronte alla donna su un piccolo sgabello.
La bocca, dalle labbra rosse, era distesa in un sorriso appena accennato.
Era l'unica parte del viso che si offriva alla vista, il resto era celato nel buio.
Non avrebbe saputo dire l'età della veggente, ma la sua voce, per quanto giovane, aveva un che di maturo nell'inflessione. Doveva avere una trentina d'anni.
"Che lavoro fa, signor Rottenmeyer?" chiese continuando a mescolare il mazzo dal dorso nero.
"Dovrebbe dirmelo lei..." rispose non con una certa titubanza.
Sorrise.
"Posso predire le azioni e gli eventi, signor Rottenmeyer, non i mestieri"
L'uomo arrossì "Mi scusi...sono un po' nervoso...."
"Devo dedurre che è la prima volta, non è così?"
Annuì, poi aggiunse "Sono un impiegato di banca"
"Molto bene, alzi con la mano sinistra per favore" disse porgendo il mazzo.
Come lo toccò si rese conto che era gelido, nonostante lei lo avesse rigirato più volte nelle sue mani.
La cosa lo impressionò.
La donna prese le carte e le fece scorrere sul velluto che ricopriva il tavolo, di foggia rotonda. Erano con il dorso nero rivolto verso l'alto.
Prese la prima della fila e la girò poggiandola al entro del tavolo.
"Il Papa" disse toccandone la superficie "Lei è un uomo molto religioso, non è vero?" La sacralità della Chiesa è qualcosa che è radicato in lei fin da quando era molto giovane."
"S-si....è vero. Mia Madre era una donna di fede molto profonda...."
"Immagino sia stata lei ad iniziarla alla cristianità"
"Si"
"Voleva prendere i voti, sig Rottenmeyer, ma qualcosa lo ha impedito...." prese la carta successiva e la girò. L'Imperatore.
"....qualcuno la cui personalità era molto forte. Suo padre, non è così?"
"Esatto era dirigente di banca, e voleva che io continuassi il suo lavoro." l'uomo era stupefatto.

Aveva 'letto' la sua storia in 2 carte!
Ne prese una dal mezzo.
"Un momento...." disse l'uomo prima che lei potesse girarla." ....perchè non mi ha chiesto cosa volessi sapere? Avrei potuto chiederle di sapere qualcosa sull'amore o sul lavoro, perchè...?"
Si fermò nel vederla sorridere.
"Era quello che voleva conoscere?" domandò con una lieve inflessione ironica.
L'uomo abbassò lo sguardo.
"No..."
La donna girò la carta, posizionandola sotto le precedenti.
"L'appeso. Questo è il suo presente, signor Rottenmeyer. E' il suo stato attuale. Lei sta affrontando un periodo di sospensione e dubbio. Teme che tutto quello che finora ha fatto sia stato solo una perdita di tempo. E' insoddisfatto perchè non ha realizzato i suoi sogni"
"Lei...è davvero brava come dicono...."
"Non ho ancora finito...signor Rottenmeyer...."
Prese l'ultima carta. Quella che chiudeva la fila.
La tenne tra le mani un momento. Poi la scoprì.
La Morte.
"La fine" disse "La fine che a tutti spetta, un giorno o l'altro. Ai felici e agli infelici; ai buoni e ai cattivi; a tutti"
L'uomo osservò la carta come ipnotizzato. Un sorriso attraversò la sua bocca come un'ombra.
"Mi sta dicendo che presto morirò non è così?"
La donna non rispose. Rottenmeyer si alzò lentamente.
"Quanto le devo?" disse mettendo mano al portafoglio
"Nulla, a me non deve nulla....ma credo che debba qualcosa a sè stesso!"
L'uomo rimase ad osservare, per un momento, il suo viso coperto dall'ombra. Dove dovevano esserci i suoi occhi.
Sorrise. Non si era mai sentito così rilassato.
"Grazie di tutto signora Bea." E, detto questo, abbandonò il locale.
La donna rimescolò le sue carte, prese quella che rappresentava la morte
"Si..." mormorò "....l'acqua è il miglior modo per purificare sè stessi" e la rimise nel mazzo.

Un uomo uscì dall'ombra alle sue spalle.
Gli occhi fermi, con espressione di un gelo mortale.
"Tsk...sei troppo buona Betsabea" disse con sarcasmo
La donna non si voltò.
"Non mi piace spillare danaro ad un uomo morto."
L'uomo le si fece di fianco.
Alto. Dalle spalle forti e muscolose.
I capelli erano corti e brizzolati.
"Li hai trovati nella tua...sfera....?"
Chiese atono.
"Si, Jericho. Ho trovato gli elementi adatti al gruppo..." la donna volse il suo viso alla luce permettendo all'uomo, Jericho lo Squalo, di poter vedere i suoi occhi privi di vista. Bianchi come il vetro.
"Ok, Vedova...io ho del lavoro da sbrigare...." e si avviò all'uscita del bazar "...parla con Lion-ho delle tue visioni...e poi fammi sapere"
Uscì facendo tintinnare i campanelli.
Betsabea rimase ferma per un momento.

Lentamente abbandonò la sua postazione alzandosi con estrema calma.
L'abito nero, dai ricami sofisticati, scendeva morbido sul suo fisico perfetto, insieme ai suoi capelli lunghi e bianchi come la neve.
Avanzò tra i banconi del locale come se li vedesse davvero. Ma lei era cieca.
Con le dita sottili si versò un brandy.
"La Ruota della Fortuna gira per tutti...chissà per chi smetterà di ruotare questa notte, sotto il piombo di Jericho il killer?"

La chiave della toppa girò, con due scatti secchi, nella porta di legno che una volta aperta cigolò.
La ragazza entrò con passo morbido e leggero, sembrava volasse piano piano, nemmeno che toccasse il pavimento tanta era la sua grazie ed eleganza. Sembrava una farfalla meravigliosa.
Era appena rientrata dal turno di notte all'ospedale, ed era stanca, sarebbe andata a farsi un bel bagno rilassante e poi subito a dormire.
Faceva caldo quella sera e prima di andare in bagno, a spogliarsi e a pettinarsi i lunghi capelli, aprì la finestra della camera per trovarla più fresca dopo, mise nello stereo un disco di musica classica, 'Moonlight Sonata' di Beethoven, la mise forte per poterla sentire bene mentre si preparava per lavarsi. Andando in bagno lasciò la porta aperta per permettere alle, malinconiche e delicate, note del piano di entrare anche li.
Aprì il rubinetto della vasca per riempirla intanto che lei si preparava.
Si tolse il vestito dai mille colori pieno di volant e fiocchi che le donava molto, al suo posto indossò una vestaglia di seta con un motivo floreale sui toni del rosa, dal più chiaro al più scuro.

Andò davanti allo specchio e cominciò a struccarsi con il latte detergente, aveva un trucco appena accennato ma lei voleva essere in ordine anche per far il bagno. La pelle liscia e delicata era candida e bianca. Una volta struccata prese la spazzola e cominciò a pettinarsi i lunghi capelli lisci, color dell'oro.
Il volto manteneva un espressione dolce, mentre osservava i sottili fili che le ricadevano sul corpo, allo stesso tempo pensava.
'Chissà quando tornerò stanotte mia sorella. Asha sta sempre via di notte e non mi dice mai dove va, mi preoccupo sempre...non so che lavoro faccia, anche io a volte devo lavorare di notte, ma il mio è un lavoro semplice, perchè lei non mi vuole dire il suo? Mi mette sempre così in ansia, le voglio così bene, ormai siamo rimaste solo noi della nostra famgilia. So che lei mi vuole bene e non abbiamo certo problemi di soldi, ma non riesco a non preoccuparmi.' Aveva finito tutta la cura, si voltò e la vasca era bella piena, ci mise un essenza per riempirla di schiuma, essenza al fior di loto, delicato e leggero come lei.
Celine si tolse la vestaglia sottile e l'appese all'appendino per poi entrare, con grazia, nella vasca enorme ed immergersi nell'acqua calda, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla piacevole sensazione del calore di quel bagno mentre le note della Sonata al Chiaro di Luna si espandevano sempre più veloci e frenetiche, violente quasi, con un fondo di allegria che veniva e andava. Ora ogni pensiero era lontano da lei, si stava rilassando come non mai e sia Asha che ogni altra cosa non la sfioravano più.
Celine sembrava realmente una farfalla tanto che, a volte, la sorella per scherzare la soprannominava Butterfly.
Le note erano alte, sembravano quasi che esplodessero ed era impossibile sentire ogni impercettibile rumore come quello che stava avvenendo fuori da casa sua, nel suo giardino e sempre più vicino a quella finestra aperta. Nel mondo dei ladri e dei killer, Asha era conosciuta e presa spesso di mira, tuttavia, era raro che individuassero la sua abitazione lei era molto abile nel non farlo scoprire a nessuno, ma forse una veggente molto brava l'informazione l'avrebbe anche potuta trovare per un killer bravo e pericoloso.
Asha non era ancora tornata e Celine si stava rilassando ascoltando la Sonata ed estraniandosi dal mondo nella vasca schiumosa.