Note:
Con questa fic chiudo definitivamente la puntata 1x04, quindi si
può considerala una seconda parte de
‘L’impronta sul cuore’. Ancora una volta
ho usato il punto di vista di Artù, che fa la sua mossa con
Merlino ^//^ Tra le tante riflessioni del nostro biondino, ho cercato
di mettere giù un qualcosa di sensuale. Speriamo
bene…
Ringraziamenti:
Ringrazio Shannara_810: Allora ti consiglio di
stare attenta a questa fic: anch’io adoro i sorrisi di
Artù *.* Grazie per aver inserito
‘L’impronta sul cuore’ tra i tuoi
preferiti (inchino) ^^ Sammy_Malfoy: Ti ringrazio
tantissimo, me tanto tanto commossa *^* Spero che ti piaccia anche
questa fic ^^ Uaua: Grazie mille \^o^/ Grinpow:
Ti ringrazio per l’appunto. Purtroppo anche rileggendo la fic
cinquanta volte mi sfugge sempre qualcosa… Per quanto
riguarda la Foresta di Baloc: non ricordavo il nome, quindi
l’ho cercato su internet in un sito che dava il riassunto dei
vari episodi, e riportava Baioc… Uchiha_Girl:
Io ed il mio ego ti ringraziamo sentitamente ^^ Spero che anche a te
piaccia questa fic.
Ringrazio
anche tutti coloro che hanno anche solo letto.
Adesso
la smetto e vi lascio alla lettura. Alla prossima fic gente \^o^/
Ti arrenderai
Seduto
sulla paglia della cella, la schiena e la testa contro la fredda parete
di roccia, gli occhi chiusi, le braccia abbandonate sulle ginocchia
negligentemente divaricate, Artù attendeva.
La
settimana di prigionia era ormai terminata.
Suo
padre lo aveva fatto arrestare ed imprigionare appena aveva rimesso
piede a Camelot, come punizione per la sua insubordinazione. Uther
amava avere tutto sotto il proprio controllo, pretendeva che chiunque
dovesse eseguire i suoi ordini e rispettare le sue volontà
senza battere ciglio, per questo non aveva sopportato la decisione del
figlio di partire per la Foresta di Baloc contro la sua
volontà, era assolutamente inconcepibile dal suo punto di
vista. Per la sua intransigenza Uther era arrivato al punto di
stritolare davanti ai suoi occhi il fiore che aveva conquistato
così faticosamente e che avrebbe salvato la vita a Merlino,
dimostrando così tutto il suo disprezzo per
l’esistenza di coloro che appartenevano alle classi sociali
più basse. Fino a quel momento Artù non aveva mai
saputo cosa volesse dire odiare davvero qualcuno! Risentiva ancora in
bocca il sapore acido e metallico della rabbia e della delusione.
Perché suo padre non era riuscito a comprendere cosa volesse
dire per lui salvare la vita al suo valletto, come cavaliere ed ancor
più come uomo?
Per
fortuna era riuscito a recuperare il fiore che suo padre, in un ultimo
gesto sprezzante, aveva gettato sul pavimento della cella, ed a farlo
arrivare fortunosamente a Gaius per l’antidoto.
Ed
ora era rinchiuso in quella cella impossibilitato a fare qualsiasi cosa
che non fosse tormentarsi sulla sorte di Merlino, non si sarebbe mai
perdonato se l’avesse perso per la cocciutaggine di suo
padre. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire da li e precipitarsi da
lui, per accertarsi di persona del suo stato di salute. Nessuno in
tutta la sua vita era riuscito a diventare così importante
per lui da ridurlo in un simile stato di prostrazione, da indurlo a
pregare disperatamente per la vita di qualcuno. Il volto sofferente di
Merlino campeggiò come impresso a fuoco sullo sfondo delle
sue palpebre e la nausea lo assalì al pensiero di essere
arrivato troppo tardi. Scosse la testa, inghiottendo a fatica la saliva
amara… Merlino stava bene, non sarebbe mai potuto andarsene
senza dargli l’opportunità di confessargli i suoi
sentimenti. Suo padre aveva dato ordine alle guardie di non fornirgli
alcuna notizia sulle condizioni fisiche del suo servo, e che
l’unico contatto con il mondo esterno fosse la serva che gli
portava i pasti, accuratamente addestrata al silenzio.
Quell’ulteriore punizione era stata voluta dal re per
insegnargli a non mettersi mai più contro di lui. E quello
stato d’incertezza stava tormentando l’anima di
Artù come un ferro arroventato: non riusciva ad immaginare
una punizione peggiore di quella. Uther sperava che suo figlio
comprendesse l’importanza del suo ruolo: lui era il principe
ereditario ed alla sua morte gli sarebbe successo nel governo del
regno. Era suo dovere preservare la propria vita, non metterla a
rischio in modo tanto stupido, e per cosa? Per salvare un valletto che
sarebbe potuto essere rimpiazzato immediatamente. Artù aveva
il dovere di perpetrare la loro dinastia nei secoli, di ricevere la
corona e di passarla ai propri discendenti. Era il solo modo di
mantenere la stabilità nel regno: quando un re moriva senza
lasciare eredi legittimi si scatenava il caos per la successione,
alleati in lotta con i propri alleati, fratelli contro fratelli, in una
guerra che avrebbe dissanguato il regno. Non avrebbe mai permesso che
accadesse una cosa simile.
Artù
inspirò violentemente dal naso: sapeva benissimo quali
fossero i suoi doveri, ma il suo popolo avrebbe mai potuto fidarsi di
un re incapace di sacrificarsi per loro? Oppure avrebbe pensato a lui
come ad un tiranno? Era consapevole che lui avrebbe dovuto regnare
diversamente dal padre, con giustizia e compassione, evitando
accuratamente il pugno di ferro che tanto amava usare.
Uther
possedeva ancora il suo regno grazie ai suoi guerrieri che sedavano
sistematicamente i focolai di rivolta, come se non fossero mai
esistiti…
Erano
pericolosi i suoi atteggiamenti intransigenti, quel suo pensare solo in
funzione di se stesso senza tenere minimamente in considerazione gli
altri; iniziava a temere che quelle indiscriminate persecuzioni contro
chiunque venisse anche solo sospettato di praticare la magia, a lungo
andare potessero esacerbare gli animi dei sudditi così tanto
da scatenare un’unica, violenta, indomabile rivolta, che non
sarebbero mai stati in grado di domare. A quel punto cosa sarebbe
rimasto ad Uther? Quale corona avrebbe potuto indossare ancora, quale
regno avrebbe potuto dominare?
Pensieri
pericolosi quelli che affollavano in quel momento la mente del principe
e che vennero interrotti dal rumore dei passi cadenzati e pesanti dei
guerrieri che stavano scendendo nei sotterranei: finalmente il re aveva
dato ordine di liberarlo. Attraversarono l’atrio in silenzio,
confondendosi quasi con le ombre che velavano il sotterraneo, appena
rischiarate dalla morbida luce delle torce appese con ganci metallici
ai muri. Si fermarono davanti la cella in cui era rinchiusa e gli
lanciarono uno sguardo curioso. L’uomo a destra estrasse un
grosso anello metallico a cui erano appese decine di chiavi tutte
uguali, con lentezza snervante le prese una dopo l’altra,
esaminandole accuratamente alla ricerca di quella giusta. Quando
finalmente trovò quella giusta, la infilò nella
toppa girandola, un stridio di ferro arrugginito ruppe il silenzio
facendo rabbrividire il principe.
-
Siete libero.- disse aprendo la pesante grata.
Artù
storse la bocca in un’espressione infastidita e strafottente,
si sollevò in piedi e con estrema indolenza raggiunse
l’uscita. Sfilò accanto alle guardie fissandole
con lo sguardo minaccioso di chi si sarebbe ricordato di loro al
momento giusto. A causa della prolungata immobilità, gli
arti iniziarono a dolergli mentre risaliva le scale. Si
fermò sul primo pianerottolo, appena fuori dai sotterranei,
ed osservò il cielo di un azzurro accecante che si scorgeva
oltre l’enorme finestra ad arco ribassato,
inspirò, poi, a fondo l’aria pulita e fresca,
cercando di ripulirsi dall’odore di chiuso e stantio che gli
impregnava i polmoni. Subito il suo pensiero volò verso
Merlino, riempiendogli le vene dell’urgenza di vederlo. Come
rinvigorito da una nuova energia, Artù salì
velocemente lo scalone, ritrovandosi nell’atrio del castello.
-
Pensavo che sua maestà avesse buttato via la chiave della
cella!- rise sarcastica una voce familiare alle sue spalle.
Lentamente
il principe si volse, incrociando il volto divertito di Morgana.
-
Pare di no!- rispose spazientito.
Il
sorriso sulle labbra della principessa si addolcì davanti
l’impazienza che riusciva a scorgere sul volto di suo
fratello. Era incredibile vederlo così preoccupato per
qualcuno che non fosse se stesso!
-
Sta bene. – lo informò – Merlino sta
bene. Grazie a te è riuscito a sopravvivere ed ora si sta
riprendendo.- .
Il
sollievo che si dipinse sul volto di Artù fu tale da
alterare i lineamenti del suo volto, come se tutta la tensione che
aveva accumulato in quella settimana di prigionia si fosse finalmente
sciolta, sommergendolo e travolgendolo, premendo prepotentemente sulla
sua anima, rendendo la sua bellezza quasi dolorosa.
A
Morgana non sfuggì il lampo di desiderio che
sfrecciò nelle iridi azzurre del principe.
-
Datevi una ripulita prima: una settimana nei sotterranei non vi ha
fatto bene!- esclamò divertita prima di voltargli le spalle
e risalire verso i quartieri del palazzo dedicati alla famiglia reale.
Artù
inarcò un sopracciglio perplesso, prima di portarsi un
braccio al viso ed annusare la stoffa. Storse il naso in una smorfia
disgustata: forse Morgana un po’ di ragione
l’aveva…
Artù
si immerse lentamente nell’acqua calda, profumata appena di
lavanda, sentendo i suoi muscoli intorpiditi rilassarsi. Si
abbandonò contro il bordo della tinozza e chiuse gli occhi.
Era bello poter tornare dopo tanto tempo alle comodità che
il suo titolo gli garantiva. Per quella volta aveva deciso di fare da
sé: non voleva le mani di nessun altro su di lui, quel
compito spettava solo a Merlino. Provò ad immaginare come
sarebbe stato averlo con sé in quel momento, da soli
nell’intimità di quella stanza, magari riuscire a
trascinarlo nell’acqua, averlo seduto davanti a
sé, con la schiena contro il suo petto, stringerselo contro
pelle contro pelle, baciargli ed accarezzargli di tanto in tanto la
pelle umida del collo e delle spalle, illuminata dei riflessi dorati
delle candele, riempirsi i polmoni del suo odore accentuato
dall’umidità…
Aprì
gli occhi di scatto avvertendo il suo corpo reagire a quelle fantasie.
Com’era facile adesso pensare a lui ed a Merlino in quei
termini… Sorrise divertito: ora che aveva compreso ed
accettato i suoi sentimenti era facile lasciarsi andare in quel modo,
dimenticarsi di tutto il resto ed immaginare un mondo in cui ci
sarebbero stati solo loro due e l’amore che li univa, privo
di qualsiasi responsabilità e pregiudizio. Artù
aveva scoperto di non provare più paura ora. Quella paura
paralizzante che lo faceva scappare dal suo servo, che gli imponeva di
rinnegare i suoi sentimenti era evaporata nell’istante esatto
in cui aveva chiarito i suoi sentimenti; aveva dimenticato anche la
paura verso suo padre. Era una persona essenzialmente egoista, niente
era più importante dei suoi desideri, ed anche quella volta
avrebbe avuto quello che desiderava.
Ripulito
e con indosso abiti nuovi, Artù raggiunse le stanze
assegnate al medico di corte, aprì la porta in legno e,
stupendosi del profondo silenzio, entrò. Gaius era intento a
pestare dei semi in un mortaio, mentre Merlino stava probabilmente
riposando nella sua stanza. Il vecchio medico sollevò la
testa e gli sorrise, invitandolo ad accomodarsi.
-
Sono solo venuto a sapere come sta quell’impiastro.-
borbottò accomodandosi su una panca di fronte al tavolo dove
l’altro stava lavorando.
Gaius
sorrise davanti il tentativo del principe di schernirsi e nascondere,
così, la sua preoccupazione.
-
Sta meglio. Grazie a voi sono riuscito a creare un antidoto ed a
somministrarglielo in tempo. Ha solo un po’ di febbre ed un
forte senso di spossatezza, ma in breve tempo si riprenderà
completamente.- gli sorrise rassicurante.
Artù
sospirò sollevato: Merlino era vivo e presto sarebbe
ritornato da lui! A quel pensiero la stanza iniziò a
ruotargli intorno, mentre il cuore palpitava senza più alcun
controllo. Si sentì come se fosse tornato a respirare dopo
una lunga apnea.
-
Posso vederlo?- chiese all’improvviso, stupendo Gaius e se
stesso per primo
.
L’anziano lo fissò un istante perplesso, prima di
acconsentire con un sorriso divertito.
-
Poco fa gli ho somministrato un calmante ed ora sta dormendo: il riposo
aiuta a combattere gli ultimi residui del veleno.- spiegò
conducendolo fino alla porta della stanza di Merlino.
Il
principe annuì, quindi aprì la porta ed
entrò nella piccola e spoglia stanza. Il suo valletto
dormiva serenamente tra le coltri sfatte del letto, il volto sudato e
le labbra rosse schiuse contro il respiro appena accelerato dalla
febbre. In quel momento sembrava il ritratto dell’innocenza.
Si avvicinò di alcuni passi, osservandolo attentamente,
rendendosi conto di quanto quell’aspetto stropicciato gli
donasse. Sorridendo si sedette sulla sponda del letto, senza ancora
trovare il coraggio di toccarlo. La paura di perderlo era stata
così violenta che ancora poteva sentirla dibattersi furiosa
dentro di sé. Temeva che se solo lo avesse sfiorato, Merlino
sarebbe scomparso ed a lui sarebbe rimasto soltanto il sapore amaro di
un sogno terminato troppo presto. Continuò a scrutare a
lungo quel volto delicato, più pallido e scavato del solito,
pesanti occhiaie violacee gli tingevano l’incavatura sotto
gli occhi, ciuffi di capelli neri disegnavano morbidi arabeschi sulla
sua fronte sudata. Solo quando il desiderio di un contatto divenne
insopportabile, Artù sollevò una mano e la
portò alla sua guancia dell’altro, e chiuse gli
occhi sorridendo soddisfatto. Attraverso il palmo poteva sentire il
morbido calore di quella pelle…
…
Merlino era davvero vivo!
Ora
il suo corpo poteva urlarlo esultante liberamente, l’incubo
era terminato: poteva ritornare a vivere.
Vegliò
ancora a lungo il suo sonno, beandosi di quel calore e di
quell’odore di erbe che impregnava tutta la stanza e che
poteva nuovamente riassaporare dopo tanto tempo. Nel silenzio e nella
penombra della sera incalzante si allontanò.
Alla
tenue luce delle torce del laboratorio, Artù
trovò Gaius che osservava il cielo indaco al di la della
finestra con espressione preoccupata. Un leggero sospetto si diffuse
nella sua mente.
-
Mi stai nascondendo qualcosa?- chiese crudo e diretto come solo lui
sapeva essere.
Gaius
sobbalzò spaventato da quella voce che improvvisa aveva
rotto il silenzio. Si volse lentamente trovando il principe in piedi
davanti a lui con le braccia incrociate al petto.
-
Non mi permetterei mai, sire!- rispose con deferenza inchinando appena
in avanti il capo.
-
Ed allora perché sei così preoccupato?-
insistette ancora.
-
Devo partire per raccogliere un fiore molto raro, ma non posso lasciare
Merlino qui da solo nelle sue condizioni. Non so cosa fare…-
sospirò spostandosi verso una sedia.
-
È così importante questo fiore?-
ribatté il principe irritato.
-
Il Fiore di Ael nasce nelle lande settentrionali e sboccia solo una
notte ogni sei mesi, durante il plenilunio. Induce un sonno pesante e
senza sogni.- spiegò il medico con tono grave.
Entrambi
sapevano a cosa sarebbe servito quel fiore. Da quando aveva intuito i
poteri di preveggenza di Morgana, Gaius aveva fatto di tutto per
proteggerla dal rancore del re. Una pozione a base di Fiore di Ael
avrebbe intorpidito il suo cervello abbastanza da impedirle di avere
visioni sul futuro. Era riuscito a convincere Uther che quelli di
Morgana erano solo incubi frutto di una mente suggestionabile, ma non
sapeva quanto ancora sarebbe durata…
Morgana
era solo la figlia adottiva del re, erano legati solo dalla promessa
che Uther aveva fatto sul letto di morte al padre della ragazza, non
era indispensabile come Artù: era mal sopportata a corte ed
il re stava attendendo un solo errore per liberarsi di lei una volta e
per sempre.
-
Quanto tempo starai via?- gli chiese il principe.
-
Occorrono tre giorni per andare e tre per tornare, più uno
per raccogliere il fiore.- .
-
Va’ pure: ci penso io a Merlino!- sbuffò
Artù con tono fintamente disinteressato.
-
Come?- Gaius pensò di non aver compreso bene.
-
Ho detto che puoi partire tranquillo: a quell’impiastro penso
io!- .
Gaius
rabbrividì davanti lo strano ghigno rapace che aveva stirato
le labbra di Artù, per un istante ebbe paura per il suo
protetto.
-
Maestà io non credo che sia una buona idea. Merlino deve
essere seguito costantemente, bisogna dosargli accuratamente le
medicine da prendere e poi…- .
-
Credi che io non sia in grado di farlo?- sbottò
Artù accigliandosi.
-
No, non è questo che intendevo sire. Volevo dire che
è un impegno molto gravoso.- .
-
Penso io a Merlino!- disse in tono definitivo.
Gaius
osservò l’espressione seria e decisa
dell’erede al trono e non gli rimase altro da fare che
arrendersi: quando Artù si intestardiva a quel modo niente
al mondo riusciva a dissuaderlo.
-
Come volete voi sire. Vi lascerò una lista di tutto quello
che dovrete fare.- .
Un
piccolo sorriso vittorioso schiuse le labbra del principe: avrebbe
avuto Merlino per sé per un’intera settimana!
Quella sarebbe stata l’occasione giusta per farsi
avanti…
Artù
fissava la boccetta di vetro scuro deposta sul tavolo davanti a
sé come se fosse un nemico mortale. Fino a quel momento era
stato tutto molto facile: aveva dovuto soltanto vigilare sul suo
valletto per assicurasi che non facesse troppi sforzi e fare in modo
che mangiasse regolarmente e prendesse le medicine prescrittegli da
Gaius. Era stato estenuante conciliare i suoi impegni istituzionali con
quello che aveva assunto con Gaius, ma la ricompensa era sempre
assicurata: poteva passare molto più tempo del solito in
compagnia del suo valletto, stragli vicino come prima non gli era mai
stato concesso di fare. Da soli negli appartamenti del medico di corte,
seduti davanti al camino osservavano le evoluzioni delle fiamme: a
volte circondati da un silenzio intimo e morbido che sembrava unirli
più di una confessione, altre volte Merlino gli raccontava
le storie che aveva appreso dall’anziano del suo villaggio da
piccolo. Artù aveva scoperto di amare la voce un
po’ roca di Merlino che si librava nel silenzio della stanza
e quell’improvvisa familiarità che si stava
creando tra loro, era sicuro che presto li avrebbe condotti a qualcosa
di più concreto, che lui smaniava di raggiungere.
Intanto
la boccetta era ancora li, e lo attendeva minacciosa. Quando Gaius gli
aveva detto per cosa avrebbe dovuto usarla, aveva esultato
interiormente per quell’insperata opportunità; ma
ora che era giunto il momento non si sentiva più
così sicuro.
Il
medico gli aveva spiegato che quella fiala conteneva un olio
particolare che avrebbe dovuto usare per massaggiare gli arti
intorpiditi dalla lunga immobilità di Merlino per
riattivarne la circolazione.
Iniziava
a temere di non riuscire a resistere alla tentazione di avere Merlino
seminudo a sua disposizione e di poter fare qualcosa di cui si sarebbe
pentito amaramente. Lo desiderava con una fame disperata, ma non per
questo lo avrebbe preso con la forza. Nella sua mente lo aveva
immaginato come un atto d’amore, non c’era spazio
alcuno per la turpitudine, era il primo che aveva voluto veramente e
non avrebbe rovinato tutto solo per i suoi desideri: si sarebbe spinto
fino in fondo solo se Merlino lo avesse voluto in piena consapevolezza.
Anche se il suo corpo non era pienamente concorde.
Per
questo quella bottiglietta rappresentava un grave problema. Aveva
cercato di pensare ad un’alternativa, ma il solo pensiero del
suo valletto tra le mani di qualcun altro lo aveva quasi fatto
impazzire. L’unica possibilità che gli restava,
quindi, era farsi coraggio e procedere. Con un gesto veloce
agguantò la boccetta e si diresse a passo di marcia verso la
stanza di Merlino. Spalancò la porta come se dovesse fare
un’irruzione ed il giovane mago, seduto mollemente sul letto
intento a leggere uno dei testi di Gaius, lo fissò perplesso.
-
Spogliati!- ordinò Artù senza mezzi termini
avvicinandosi.
Per
un istante Merlino lo fissò come se non avesse capito, ma
quando il suo cervello recepì il significato di quelle
lettere messe una di fila all’altra, avvampò
impietosamente.
-
Co… co… co… cosa?!-
balbettò stringendosi inconsciamente il libro al petto.
Artù
ghignò divertito davanti quella reazione. Per un istante si
chiese cosa stesse pensando per essere arrossito in quel
modo…
Quando
raggiunse la sponda del letto, il mago si ritrasse spaventato. Sempre
sorridendo il principe sollevò la mano e lo colpì
alla nuca, non troppo forte, solo un avvertimento.
-
Ma cosa hai capito razza di idiota?! – lo riprese fintamente
irritato – Devo solo farti un massaggio!- .
-
Un… massaggio?- esalò sorpreso Merlino rilassando
appena la linea delle spalle.
-
Esatto! – e gli mostrò la bottiglietta che ancora
stringeva nel pugno – Perciò muoviti: non ho tempo
da perdere con te!- gli ringhiò contro impaziente.
-
Immagino che sarete pieno di impegni gravosi!- borbottò
sarcastico Merlino mentre si sfilava la casacca.
-
Ovviamente! – ribatté seccato il principe
– Ma cosa ne vuole sapere un servo sfaticato come te?- .
A
fatica il principe distolse lo sguardo dal torace glabro di Merlino,
ancora acerbo e con i muscoli appena accennati, ma invitante come
nient’altro al mondo. Si versò un po’
d’olio sul palmo, sfregò le mani per riscaldarlo
ed iniziò a passarlo sulle spalle e le braccia magre,
premendo con forze per far sciogliere i muscoli. Merlino socchiuse gli
occhi ed inclinò la testa indietro, un mugolio deliziato
vibrò sulle sue labbra schiuse. Davanti quella reazione
Artù si arrestò, le mani tremarono appena sulla
pelle dell’altro, la mente ed il sangue in fiamme. Stava
già per muoversi, quando gli occhi di Merlino incontrarono i
suoi in una confusa domanda. Artù dovette fare appello a
tutto l’autocontrollo che la disciplina militare gli aveva
insegnato, ma alla fine riuscì a ritrovare la concentrazione.
-
Dove si è mai visto un principe che si prende cura del suo
servitore?! È umiliante! Questa la pagherai cara Merlino!-
lo minacciò ritornando al suo lavoro.
Doveva
terminare il prima possibile ed andare via di la. Doveva calmarsi e
ritornare a pensare lucidamente. Quel ragazzo aveva un effetto
devastante su di lui! Non aveva mai sperimentato una cosa simile.
Doveva concentrarsi su qualcos’altro, smetterla di pensare a
quel gracile corpo bianco come la luce steso impudicamente davanti a
lui, a quelle membra sottili e fragili, delicate ed eleganti, a quel
volto deliziosamente arrossato, a quel profumo d’erbe che lo
stava intossicando.
Terminato
di frizionare le braccia passò alle gambe, ed appena
scivolò su di esse con lo sguardo seppe che non sarebbe mai
riuscito a resistere. Le gambe di Merlino era lunghe e snelle, dalle
membra scattanti ed affusolate, avvolte in uno strato di morbida pelle
alabastrina. Nemmeno in una donna aveva mai visto gambe simili! Dopo
aver preso un’altra dose d’olio, portò
le mani sul polpaccio sinistro dell’altro, sentendo le dita
affondare appena nella carne. Con movimenti lenti e sinuosi le sue mani
cospargevano la sostanza, appropriandosi di quella pelle delicata un
centimetro dopo l’altro. Artù ormai sentiva lava
scorrergli nelle vene al posto del sangue, ed una sensazione inebriante
iniziò a defluire nel corpo fino ad arrivare ad ubriacargli
il cervello. Come in trance strinse la sottile caviglia di Merlino tra
le dita e sollevò in alto la gamba, chinando
contemporaneamente la testa fino a depositare un bacio
sull’interno coscia, compiacendosi del calore e del denso
profumo che emanava. Il giovane mago sussultò sorpreso e
spaventato da quella sensazione incandescente che, partendo dalle
labbra del principe, gli aveva bruciato tutta la gamba.
-
Ma… maestà…?- .
La
voce turbata di Merlino penetrò nella nebbia che gli
avvolgeva il cervello facendolo tornare in sé. Il giovane
Pendragon sbarrò gli occhi di scatto, ritrovandosi ancora
sulla pelle del suo valletto. Lentamente sollevò la testa
incrociando lo sguardo sbalordito dell’altro. Aveva sperato
fino allo stremo di avere una possibilità e farsi avanti,
immaginando, nel chiuso della sua stanza, come sarebbe stato, cosa
avrebbe potuto dirgli, come avrebbe potuto reagire Merlino…
Ed
ora che aveva ottenuto quanto desiderato, non ricordava più
niente dei discorsi che aveva preparato. Avvertiva soltanto il cuore
correre impazzito nel petto ed un vuoto formarsi la dove fino a poco
prima si era trovato il suo stomaco.
Adagiò
delicatamente la gamba di Merlino, che ancora stringeva, sul materasso
e spostò la mano a prendere quella dell’altro, che
artigliava spasmodicamente le lenzuola. Con movimenti prudenti e
calcolati, cercando di non spaventarlo oltre, la portò al
volto.
-
Hai mai avuto paura Merlino? – gli chiese mentre iniziava a
far scorrere le labbra sulle dita, in leggere, riverenti carezze
– Io si! Ho avuto così tanta paura di perderti che
ho creduto di impazzire! Mi sei entrato dentro come una scheggia,
diventando la persona più importante della mia vita!- .
Aveva
confessato guardandolo dritto in quegli occhi troppo ingenui che si
erano allargati sempre più ad ogni sua parola, su quel volto
delicato decorato da un lieve velo di porpora.
Merlino
non sapeva cosa pensare né cosa dire, si sentiva come
paralizzato. Riusciva soltanto a fissare il bel volto del principe
davanti a sé. Il suo cervello aveva iniziato a balbettare
frasi incoerenti appena aveva intuito il significato nascosto di quelle
parole, arrendendosi ed oscurandosi quasi immediatamente. Ed ora era
li, da solo, a cercare di ritrovare un briciolo di quella
lucidità che gli occhi in tempesta di Artù gli
avevano strappato. Si impose di calmarsi e, dopo un paio di tentativi a
vuoto, ritornò a ragionare.
Dentro
di lui era tutto così confuso, i sentimenti si dibattevano
accavallandosi uno all’altro, impedendogli di dipanare il
nodo. Sapeva di provare per Artù un sentimento che andava
oltre la lealtà di un servo al proprio principe e
l’amicizia, ma ancora non sapeva quanto fosse questo
“oltre”. Stava bene con il principe, anche se anche
se spesso si era trovato sul punto di appenderlo al muro; ma era anche
riuscito ad intuire quanta tristezza e fragilità si agitasse
dietro la maschera del principe dispotico ed arrogante. In quei giorni
in cui si era preso cura di lui, aveva imparato ad apprezzare quel
ragazzo dai modi duri e goffi di chi non è avvezzo
all’affetto. Ed in quel momento trovava adorabile il modo in
cui cercava di resistere e non cedere all’imbarazzo.
In
un modo confuso sapeva che era legato ad Artù
indissolubilmente.
Ruotò
la mano nella stretta dell’altro, in una calda carezza, e
strinse le dita attorno a quelle del principe.
-
Maestà – esordì con il viso
pesantemente arrossato dall’imbarazzo e la voce tramenate
– io… io non so cosa dire…
Io…- .
Artù
lo interruppe poggiandogli un dito sulle labbra: sapeva cosa stava per
rispondergli, il suo volto aveva riflesso tutti i pensieri ed i
sentimenti che aveva provato. Se avesse giocato bene le sue carte,
avrebbe avuto una possibilità di avere Merlino per
sé.
-
Un giorno ti arrenderai a me!- gli preannunciò con uno dei
suoi classici sorrisi arroganti e sicuri di sé.
Piegò
la mano dell’altro, ancora intrecciata alla sua, e ne
baciò il dorso.
-
E come contate di riuscirci?- lo sfidò il mago con un
sorriso sfrontato.
Artù
sorrise: era quel carattere insolente ma dolce ad aver attratto
irreparabilmente la sua attenzione. Si era innamorato senza vie di fuga
di quel ragazzo forte, generoso ed un po’ folle. Il sorriso
sulle sue labbra si trasformò in un ghigno pericoloso.
Lentamente
avvicinò il volto a quello del suo valletto, fermandosi a
pochi centimetri dalle sue labbra.
-
Ti renderò dipendente da me. Non potrai più
pensare di poter fare a meno di me.- mormorò languidamente,
lasciando che il suo respiro tiepido scivolasse sulla pelle
dell’altro.
Si
avvicinò un altro po’ e vide il suo servo
annaspare in cerca d’aria. Spostò la testa di lato
poggiando, con estrema delicatezza, il volto nell’incavo del
suo collo. Aveva appoggiato la mano libera sul fianco nudo del mago,
sentendo i suoi polpastrelli gioire per quel contatto tanto desiderato.
Si concesse qualche istante per bere a lunghe sorsate il profumo di
Merlino, intenso ed inebriante, per poi far scivolare la punta del naso
dalla base del collo alla mandibola, che ridisegnò con
lievi, umide carezze delle labbra.
Merlino
tremava vistosamente, il respiro spezzato tra le labbra schiuse, gli
occhi lucidi e stupiti. Artù sorrise sentendo la vittoria
vicina. Abbassò lo sguardo incontrando quelle labbra piene e
rosse, che sembravano dipinte da un pittore particolarmente abile. Il
desiderio di assaporarle era divenuto insopportabile, da troppo tempo
ormai lo tormentavano. Con un movimento rapido del capo
annullò la poca distanza tra loro e lo trascinò
in un bacio in cui riversò tutto il desiderio frustrato che
aveva dentro di se. La mano dal fianco scivolò sulla
schiena, stringendolo spasmodicamente contro di sé. Si
sentì strappare dal letto su cui era seduto e fluttuare nel
nulla, una miriade di emozioni infuocate esplosero dentro di lui
stordendolo e frantumando la sua coscienza. Gioì quando
Merlino rispose con una passione pari alla sua, aumentando la stretta
delle dita sulle sue, e passando l’altro braccio attorno al
suo collo, artigliandogli i capelli con le dita.
Artù
si allontanò da quelle labbra per prendere fiato e
poggiò la fronte contro quella di Merlino.
-
Così però mi rendi la vita troppo facile!-
esclamò sorridendo arrogante appena il suo respiro si
regolarizzò.
-
Non sfidatemi, potreste pentirvene!- lo rimbeccò prontamente
il mago.
Il
principe sorrise soddisfatto prima di ritornare su quelle labbra.
Merlino era tra le sue braccia vivo e caldo, deliziosamente
arrendevole. Sentì la sua anima leggera come non mai ed un
ignoto sfarfallio allo stomaco. In quel momento non era più
un principe, il figlio di Uther Pendragon, né
l’erede al trono di un regno, era solo Artù, un
giovane uomo innamorato, dimentico di ogni dovere e
responsabilità, consapevole solo del corpo delicato e
flessuoso stretto al suo.