LEGEND
CAPITOLO I:
RICORDI
La gente passava per le vie della città, per i borghi nuovi e antichi, ricchi e
vecchi, era indaffarata, stava calando il tramonto, e la città era ancora più
bella e suggestiva, ispirava gli animi degli artisti per quadri e poesie,
racconti e canzoni. Già, canzoni come quella che cominciava ad udirsi, una voce
si spandeva roca e delicata, lontana ma serena, era accompagnata da un flauto
traverso. Bambini incuriositi scappavano dalla vista dei genitori per inseguire
quella voce e vedere chi era il possessore. La voce li portava lungo vie e
strade deserte e affollate fino a costeggiare il fiume che passava accanto alla
città, correvano nella speranza di vedere a chi appartenessero quelle parole
confuse ma affascinanti, parole che li fecero finalmente fermare proprio sulla
riva più bassa di questo fiume enorme che proseguiva placido il suo corso
calmo. Seduto su una delle rocce che si affacciavano sulle acque stava un uomo,
non vecchio ma nemmeno giovane, l'età non si saprebbe definire, aveva vissuto
la sua vita e sembrava felice, realizzato. Non era in ottime condizioni ma era
irrilevante lo stato in cui era, sembrava non accorgersi di come la gente per
bene lo guardava contrariata o incuriosita. Pochi si fermavano per ascoltare ciò
che cantava...da giovane doveva essere stato un bravo cantante. Accanto a lui
c'era una ragazzina, non era grande, era lei che suonava il flauto traverso, con
espressione delicata e gentile, aveva i lineamenti semplici e morbidi dell'uomo,
probabilmente era sua figlia. Solo la ragazza poteva sapere ciò che stava
cantando il padre, il padre che sembrava non cantare semplici canzoni ma
ricordi, i suoi ricordi. Solo la ragazza poteva sapere le parole del padre che
prima di portarla lì le aveva detto:
"Tu non conosci il tuo passato, non hai ricordi, ma ti darò i miei, vieni
ti racconterò la mia storia. Suona per me."
E solo lei sapeva che aveva bisogno del suo suono per essere ancora una volta
felice.
Così ora erano lì e tutti ascoltavano, c'erano quasi solo bambini seduti
davanti a loro due e i genitori che aspettavano impazienti ma rapiti allo stesso
tempo dal suono del flauto e delle parole incantate.
E il racconto ebbe inizio:
" Al tempo ero un giovane ragazzo, ero bello e narcisista, sapevo l'effetto
della mia bellezza eterea e selvaggia allo stesso tempo su ogni creatura che
incontravo, uomo o donna che fosse. Andavo in giro guardando tutti dall'alto in
basso, senza curarmi di altri che me. Ero capace di stare a guardare la mia
immagine riflessa allo specchio dell'acqua ore ed ore. La meravigliosa acqua
innamorata di me.
Accadde però che la mia piccola città sperduta fu colpita da una tempesta, un
tornado si abbatté su tutti noi riducendo il villaggio in macerie. Almeno
immagino che rimasero solo macerie. In realtà non lo seppi mai, non vidi quel
che successe fra le mie case conosciute.
Io ero stato preso del vento, ennesimo elemento innamorato di me, voleva forse
amarmi a tal punto da prendersi la mia vita, egoista e impazzito mi catturò, mi
rapì facendomi suo per un tempo indeterminato, continuò a sussurrarmi e a
cantarmi melodie lontane ed incomprensibili, dolci e tristi. Io non capivo quel
che accadeva, solo in seguito compresi. Il vento continuò a trascinarmi fino ai
confini estremi di ogni dove. Alla fine persi i sensi.
Quando mi risvegliai ero in un luogo mai visto e conosciuto, aprii gli occhi e
sopra di me il cielo era violaceo su tutti i toni del lilla, strani minuscoli
esserini trasparenti quasi volavano nel cielo terso dall'insolito colore. Non
capivo chi o cosa fossero ma ero ancora stordito e debole, probabilmente avevo
la febbre con le allucinazioni, mi dissi razionalmente. Cercai di tirarmi su, mi
sentivo tutti i vestiti appiccicati e bagnati sul corpo malridotto e sporco,
lividi e ferite in alcune parti mi facevano contrarre il volto in una smorfia,
chissà in che stato ero, pietoso. Dovevo vedermi e sistemarmi. Acqua. Avevo
bisogno di acqua, certo. Un fiume o un lago per farmi un bagno e pulirmi anche
dal sangue che avevo addosso. Mi guardai attorno e quel che vidi mi lasciò a
bocca aperta, senza fiato.
Quel mondo non poteva esistere veramente, sicuramente avevo le visioni...era
troppo magico e irreale.
Da un lato c'erano montagne di cristallo azzurrine, celesti, rosa e lilla, tutto
in sfumatura e gradazione. Ma quello che colpiva di quelle montagne altissime
era chi si vedeva adagiato dolcemente sopra. Un essere dalla forma umana ma non
proprio, con delle ali enormi spiegate, lunghi capelli di cristallo e un corpo
di donna coperto da veli trasparenti, tutta sui toni delicati delle montagne, di
quelle magiche vette.
Chi era quella creatura meravigliosa che si distingueva perfettamente? Non si
vedevano le gambe, erano un tutt'uno con la neve cristallizzata.
'...la guardiana...'
una strana voce ambigua mi parlò nella mente. Una voce lontana e vicina allo
stesso tempo.
Rimasi ancora un po' a fissare immobile la figura imponente suggestiva...forza e
potenza infinite, era questo ciò che mi trasmetteva...chiunque si innamorava di
lei, era una cosa che avevo capito immediatamente, ma provare ad amarla era un
affronto troppo grande. Lei proteggeva quel posto sacro e incantevole ed era
irraggiungibile. Impossibile.
Ai piedi di quelle montagne c'era un enorme lago dal quale spuntavano piccole e
grandi rocce dello stesso materiale dei monti, l'acqua stessa era trasparente di
cristallo. Ero convinto che si vedesse attraverso. Prima di alzarmi mi voltai,
opposte alle montagne di cristallo c'era una specie di vulcano, ma non eruttava
lava, dalla sua bocca spuntava un altro essere che mi ricordava e mi dava le
stesse sensazioni della guardiana di vetro, era una figura dalla forma maschile
tutta rossa e arancione....al posto dei capelli aveva fuoco puro che si
espandeva nel cielo. Gli occhi, gli occhi li vedevo alla perfezione. Occhi
infuocati e severi, ma non cattivi e pieni di astio. Buoni e positivi,
infondevano sicurezza e protezione. Anch'esso aveva due ali ma non d'angelo e
delicate come l'altra entità, bensì di fili sottilissimi infiammati che si
intrecciavano fino a formare forme indefinite. Il corpo dell'essere era ben
scolpito e muscoloso, un impressione di forza pura e imbattibilità. Mi sentivo
così piccolo a confronto di tutto ciò.
'...il protettore...'
la stessa voce di prima mi aveva parlato nella mente provocandomi le medesime
emozioni.
Cercai di alzarmi, era ancora debole e vacillante. Mi aggrappai ad un albero
vicino a me e solo allora mi accorsi dove ero vicino. L'albero enorme ma...magico...non
avrei altre parole per descriverlo, era vecchio e rugoso, la corteccia
presentava numerose piccole e grandi incalanature e disegni. Ma nn disegni
qualunque. Era un volto. Un volte di anziano...ma non avrei saputo dire se fosse
uomo o donna. Era un altro di quei esseri. Sapevo solo che era anziano ma che
era dotato del potere più grande in assoluto. Aveva gli occhi chiusi e il volto
rilassato. I capelli erano rappresentati dai rami e dalle foglie che si
diramavano multicolori sovrastando il cielo.
Una sensazione di saggezza e conoscenza, ma specialmente di onnipotenza mi
pervase guardando ciò.
'...il creatore...'
nuovamente la voce di prima nella mia testa.
Mi riscossi. Dovevo andare a lavarmi e pulirmi e rinfrescarmi, forse poi sarei
stato meglio e abbastanza lucido per capire che posto fosse mai quello.
Arrivai barcollando al lago, come prima avevo immaginato le acque erano
trasparenti, vedevo attraverso fino al fondo. Al fondo che mi presentava un
nuovo essere dalla bellezza sfuggevole ma eterea. Una bambina che si distendeva
sotto le acque, occhi aperti, braccia e gambe in atteggiamento di accoglienza.
Capelli ricci e azzurrini. I lineamenti del corpo e di ogni cosa si
distinguevano misteriosamente, ma in realtà era fatta completamente di acqua.
'...la purificatrice...'
senza accorgermene sentii il richiamo di quell'esserino che mi mi attirava
dentro il lago. Mi spogliai senza pudore e mi immersi nella limpidezza e
purezza.
Era divino, mi sembrava di rinascere, immediatamente tutte le ferite mi
guarirono e io mi rigenerai, come se avessi un corpo nuovo. Un corpo
meraviglioso più di prima se possibile e nuovo.
Riemersi dalle acque e mentre stavo uscendo mi fermò una visione.
A cavallo di un unicorno violaceo stava una ragazza di cui distinguevo solo
lunghi capelli mossi del colore dell'ametista.
Mi guardava senza parlare.
Solo allora mi resi conto di essere completamente nudo.
Sapevo di possedere un corpo perfetto e atletico, nulla da invidiare a nessun
essere. I miei capelli biondo rossicci grondavano di acqua, mi sfioravano le
spalle, mentre alcune ciocche mi ricadevano sugli occhi azzurri di cui andavo
fiero. Le goccioline mi rigavano la pelle abbronzata. Sapevo della bellezza in
cui ero in possesso e non avevo nulla di cui vergognarmi innanzi a nessuno,
nemmeno a questa nuova persona arrivata che mi guardava insistentemente.