Luoghi D'Appartenenza
CAPITOLO
1:
UNA
STUPIDA FESTA
Era
solo una stupida festa noiosissima di un amico che conosceva da poco.
Come diavolo era capitata in un gruppo simile, dove tutti andavano
felicemente d’accordo e si conoscevano
dall’infanzia? Si sentiva
un’intrusa perché era questo. Completamente di un
altro
mondo.
Astrid
si trovò seduta in un angolo della sala mugugnando fra
sé
e sé che anche se il festeggiato era molto carino e
simpatico,
tutto il resto non era per lei.
Chi
diavolo si credeva di essere? Perché era venuta?
Controvoglia,
non sapeva cosa mettere, che regalo portare, dove sedersi, chi
salutare, come parlare, con chi parlare, dove stare, cosa
fare…
però era uscita lo stesso, assurdamente!
Avrebbe
tanto voluto riuscire a fidarsi anche della gente che stava fuori
casa, ma lei era sé stessa solo all’interno di
quelle
quattro mura. Fuori di esse diventava un orso, un lupo solitario, un
gatto selvatico. Non parlava, non si avvicinava a nessuno, non
guardava in faccia anima viva se non per lanciare occhiatacce e
allontanare. Una come lei non poteva stare in certi posti, proprio
non poteva.
Accavallò
le gambe coperte da una lunga gonna color porpora scuro in tinta con
il maglione lavorato a mano, dal collo che andava da spalla a spalla.
Si tirò indietro seccata le bionde ciocche ricce da
permanente
mentre una morbida frangetta le copriva la fronte: avrebbe voluto che
fosse più lunga per poter nascondere meglio il volto che non
le piaceva minimamente. Quel filo di trucco che si era concessa
(consisteva in un po’ di matita nera sotto gli occhi e nel
mascara…) era comunque poco notato grazie agli occhiali dal
semplice taglio.
Non
l’ombra di un sorriso. Che si stesse annoiando si capiva
perfettamente.
La
musica era bella, le luci da discoteca ravvivavano
l’ambiente, la
gente allegra non aveva nulla che non andava, tutti si divertivano e
stavano bene ma lei era un pesce senza la sua acqua.
Cominciò
ad irritarsi profondamente per stare in quel posto dove non era
calcolata (e la cosa in fin dei conti le stava bene). Avrebbe
preferito starsene a casa con sua sorella a ridere e scherzare.
Là
dentro era il massimo, poteva mostrarsi e sapere di piacere e di
andar bene così, faceva ridere tutti, si faceva notare,
stava
al centro dell’attenzione. Era tutta un’altra
musica,
incredibilmente.
Ma
il problema erano gli altri, la gente.
Passavano,
la conoscevano, la facevano infatuare, le entravano dentro e poi la
facevano soffrire e la ignoravano; solo una stupida delusione amorosa
durata anni, ecco quel era stata la sua condanna.
Così
giovane e aveva già sofferto per amore. Assurdo.
Lei
non si era detta innamorata ma al termine di tutto aveva deciso di
odiare i ragazzi, che erano tutti degenerati e che nessuno meritava
la sua fiducia. Del resto anche fra le ragazze non aveva avuto grandi
esempi di amicizia, non aveva ancora legato particolarmente con
nessuno nella sua classe e non aveva un gruppo fisso con cui uscire.
Il suo collegamento ere stata una ragazza, un amica delle medie, che
usciva ogni tanto con quel gruppo, gli aveva presentato qualcuno e
loro avevano insistito per farla venire altre volte. Non conosceva
bene nessuno, per ora, ma aveva notato quel ragazzo così
carino e simpatico che quella sera compiva gli anni, si chiamava
Francesco. Così per conoscere qualcuno aveva pensato che non
ci sarebbe stato nulla di male ad andare, ma attualmente, alle dieci
di sera circa, ci vedeva tutto il male del mondo nell’esserci
andata.
Sbuffò
pesantemente e disse di fingersi interessata ai balli ma non ci
riuscì, se c’era qualcosa che le veniva male era
mentire.
Era maledettamente spontanea.
Fu
quando tutti si erano circa scaldati e osavano scendere in pista di
più, che arrivò un gruppetto di tre ragazzi. Le
erano
familiari ma non li conosceva molto bene, erano venuti ogni tanto
lì
ma non ricordava nemmeno i nomi. Uno di essi mise subito banco e
prese ad animare la festa. Si notò subito, era spigliato,
vulcanico, chiacchierone, scherzoso, allegro, pazzo, ironico,
accattivante… tutto l’opposto di lei in pubblico.
Lo
osservò per un po’ ma preferì
continuare a farsi
prevalentemente i fatti suoi.
Quando
cominciarono tutti a fare balletti di gruppo lei si notò
perché rimase seduta, erano gli unici lei e quel ragazzo
arrivato per ultimo.
Fu
lui a farle il primo cenno di alzarsi e di andare con gli altri.
Aveva
notato che oltre a non ballare non rideva e non faceva espressioni
piacevoli o positive.
Astrid
negò energicamente: per carità, ci mancava pure
quella,
si disse fra sé e sé... lei quei balli orrendi
non li
faceva nemmeno sotto tortura!
Così
lui si avvicinò lasciando una o due sedie di distacco mentre
il caos più totale esplodeva.
-
Non balli? -
Non
parlò ma tornò a scuotere il capo.
-
Perché? Dai! -
Lei
in tutta risposta fece cenno di andare prima lui, ma senza addolcire
o rallegrare il suo volto.
Lui
mise le mani avanti come a dire: per carità, io non ballo!
-
E allora non chiedere di farlo a me! -
Era
riuscito a farla parlare, anche se sgarbatamente ma ce
l’aveva
fatta!
Non
si capì cosa aveva fatto di particolare, cosa fu che
scattò,
la cosa decisiva, ma lui non la mollò circa per tutta la
sera
rimanendo a debita distanza.
Fatto
fu che lui si rivelò subito per quel che era, un tipo
incredibile, fortemente incredibile. Non solo non si arrendeva ed era
testone, ma anche spiritoso e sapeva farci.
Inoltre
lui riusciva a fare le battute più esilaranti rimanendo
serio.
Non ci riusciva nessuno, nemmeno lei. Lui ce la faceva. Prendeva
tutti per il fondoschiena in continuazione in modo da far ridere
anche il bersaglio, però le metteva in modo tale che tutti
finivano per sperare di essere presi di mira da lui; quel ragazzo era
carismatico, ne aveva dappertutto, di carisma… era
inarrestabile,
un fiume, faceva morire dal ridere tutti e la parola serietà
non sapeva che significasse. Questo fu quello che sembrò
come
primo impatto. Più avanti avrebbe scoperto, Astrid, che se
voleva poteva essere serio quanto voleva e aver dei lati
così
profondi da far male a chi lo ascoltava.
Raccontarne
una? Il regalo che aveva fatto all’amico. Un enorme orologio
con la
foto sullo sfondo del festeggiato, seduto in un water a defecare con
il giornale in mano… diceva molto sulla
personalità, questo.
Ma
dire in due parole cosa fece, il miracolo che riuscì a
compiere in sole due ore scarse, non si poteva. Bastava il risultato.
Astrid
fece uno di quegli orrendi balli di gruppo seguita da Stefano, fino a
ridere a crepapelle per un lungo attimo.
Quel
ragazzo era incredibile ma lei lo avrebbe scoperto a sue spese, in
seguito: oltre ad essere incredibile era anche terribile… in
senso
positivo, no?