Puro Amore
PROLOGO:
NO
FUTURO
/God
save the Queen – Sex Pistols/
Stava
sul tetto di uno dei soliti alti palazzi, anche se non era arrivato l’inverno
c’era un gran fresco, la temperatura di quel posto era decisamente più bassa
rispetto ad altri che aveva visitato nel suo girovagare il mondo.
Gli
piaceva.
Lì
era alto ed il vento soffiava, aveva la sensazione che quell’aria fredda
potesse portargli via i pensieri noiosi e farlo sentire come desiderava, vuoto.
Si
chiedeva sempre cosa ne sarebbe uscito nel momento in cui lo sarebbe stato
realmente.
Si
guardava intorno mentre girava con la sua banda di scapestrati, erano tutti
uguali a lui, si erano tutti ritrovati nel genere che stava scoppiando in quel
periodo, il punk.
Si
sentivano appartenenti a qualcosa ma non l’avevano scelto per essere diversi
oppure uguali ad altri, si erano trovati dentro a quel qualcosa di potente, un
richiamo al nulla che disperatamente cercavano.
In
fondo la vita che li circondava era in realtà una noia mortale, nulla di quel
che nasceva e succedeva era ricco di reale interesse e come se non bastasse le
loro stesse vite non erano abbastanza interessanti, nulla richiamava sentimenti
particolari.
Tutto
era una noia assoluta, ecco perché cercavano l’appartenenza a un qualcosa di
vivo, di vero, lontano dai sentimentalismi esistenziali. A loro non importava
trovare un senso alle loro vite, non importava il passato ed il futuro era
oscuro, era faticoso da raggiungere, si preoccupavano del presente ma non come
tutti, semplicemente come gente che voleva spaccare qualunque cosa arrivasse
loro sotto mano.
Un
presente senza pensieri e preoccupazioni anche se affogavano nella melma,
volevano un presente dove in pochi minuti in cui riuscivano ad essere essi
stessi, arrivasse fuori l’apocalisse. Volevano che quando loro si lasciavano
andare per vivere, accadesse di tutto.
Proprio
di tutto.
Né
il passato, né il futuro li preoccupava.
Solo
il presente, un presente potente, senza preoccupazioni e ‘menate’!
Salirono
su quel tetto clandestinamente, senza nessun permesso e con i loro strumenti si
sistemarono in modo d’avere il vento in faccia.
Non
si curarono di guardare se erano soli, se c’era qualche impedimento di
qualunque natura, iniziarono semplicemente a strimpellare i rispettivi
strumenti, senza pensieri particolari, senza seguire regole specifiche, senza
essere armoniosi o accordati. Suonavano ognuno per conto proprio in attesa di
tirare fuori qualcosa di buono, in attesa che il tempo passasse, in attesa che
qualcosa tirasse fuori il loro IO.
In
attesa.
Syd
alzò gli occhi blu profondo al cielo, quell’oggi non era uguale alle sue
iridi bensì grigio cupo, le nuvole si rincorrevano in cielo sovrapponendosi con
intricati fantasie prorompenti e pericolose.
Sarebbe
stato un bello spettacolo se fosse stato uno che si interessava facilmente ai
fenomeni della natura ed alla bellezza in generale.
Sbuffò,
anche se avesse piovuto non gli sarebbe interessato realmente molto, certo gli
strumenti si sarebbero bagnati ma al massimo sarebbero andati nelle scale. Tirò
fuori dalla giacca pesante in pelle con delle borchie sulle spalle, un pacchetto
mal tenuto di sigarette, con un colpetto al fianco ne fece uscire una e la prese
fra le labbra sottili, rimise le altre nella tasca e con fare annoiato ed
infastidito se l’accese, il vento gli procurò delle difficoltà ma lui le
vinse con un imprecazione che rivelò la sua voce roca e profonda.
Quando
soffiò il fumo questo si disperse velocemente nell’aria, girò lo sguardo per
vedere dove sarebbe finito ma seccato notò come moriva subito.
Il
vento poteva essere noioso come tutto il resto.
Dopotutto
nemmeno lui era adatto al suo profondo essere.
Nel
gesto i capelli nel classico taglio a cresta, però senza nulla che li tenesse
in alto e punta quindi lasciati giù al naturale, si spostarono completamente
sugli occhi assottigliati per il vento, cercava di guardarsi intorno intanto che
i suoi montavano gli strumenti, per un po’ quello sarebbe stato il loro posto.
Loro?
Qualcosa
attirò la sua attenzione in quel movimento ed i suoi lineamenti induriti e
quasi insipidi, dovuti probabilmente anche dalle sopracciglia quasi del tutto
rasate, mutarono in quasi incuriositi.
In
realtà lui non conosceva la sorpresa ma a volte poteva andarci vicino.
Imbracciando
il suo basso dove il filo era già attaccato all’amplificatore alzato al
massimo, prese a suonarlo distratto mentre a passo strisciato raggirava i suoi
compagni di viaggio, tenendo la sigaretta stretta fra le labbra. Tirò lo
sguardo penetrante e quando si trovò laterale alla porta d’ingresso al
terrazzo, vi vide dietro, in piedi sulla balaustra, una ragazza dai lunghissimi
e segosi capelli rossi che si muovevano in avanti nell’aria, come anche il suo
vestito bianco che pareva quello di una ballerina di danza classica, un vestito
molto stretto sul corpetto e largo, pieno di veli, sulla gonna. Quel che notò
in primo luogo fu la sua magrezza, le si vedevano le costole ed in generale ogni
osso, in secondo luogo invece il suo sguardo che a stento si intravedeva fra i
capelli al vento.
Come
uno come lui potesse rimaner colpito da qualcosa era veramente un mistero.
Veramente
lo era.
Eppure
fu.
Syd,
il cui vero nome non era quello, rimase colpito dal suo sguardo.
Poteva
una ragazza, una persona, mantenere in quella posizione un’espressione tanto
altera, saccente e fredda?
Non
vide bene il suo volto ma solo la sua espressione, o meglio quello che gli
trasmise in pochi attimi che riuscì a notarla a stento.
Poi
lo realizzò.
Voleva
suicidarsi.
Era
al di là della balaustra ed il vento l’avrebbe spinta di sotto se prima non
si sarebbe buttata lei stessa.
Il
suono del suo basso le arrivò così come la sua presenza amorfa e quasi
spaventosa.
Si
voltò lentamente e con fierezza lo squadrò mostrando tutta la sua contrarietà
rispetto alla presenza di uno sconosciuto conciato in quel modo.
A
partire, probabilmente, dai lati della testa rasati, continuando coi piercing
sul viso e per finire con gli abiti, a suo parere, negativamente appariscenti.
Non
gli dedicò più attenzione di così, solo quando si voltò di nuovo verso il
vuoto che le sotto stava, fu attraversata da un piccolo brividi, distinto da
quello del freddo per il vento.
Era
un brivido per il vuoto e l’indifferenza che aveva nello sguardo.
Così
si erano incontrati.
Due
persone diverse eppure uguali.
Lei
una chiara ballerina di danza classica, a giudicare dal corpo, dai vestiti e
dallo sguardo, lui un chiaro punk a giudicare dalle medesime cose.
Un
incontro singolare, il loro.
Molto.
Veniva
da chiedersi in cosa potessero essere uguali ma anche cosa avrebbe fatto lui.
L’avrebbe
salvata o l’avrebbe lasciata saltare?
Del
resto perché salvarla, proprio uno come lui?Inoltre lei, sicuramente, non si
sarebbe lasciata aiutare, arrivata a quel punto da sola.
Sicuramente.
Eppure
quelle che si facevano l’uno nella propria testa, erano tutte supposizioni
visto che, si sa, fra il pensare e l’agire c’è sempre stato in mezzo un
abisso profondo.
Come
gli squarci che ognuno portava dentro.