TRE

 

CAPITOLO I:

DUE DI TRE

 

 

/Crazy – Gnarls Burkley/

La musica dirompeva col suo ritmo veloce e insinuante, era una canzone che dava molta energia e voglia di muoversi, prendeva dall’interno, una morsa allo stomaco fino ad uscire scuotendo tutto il corpo.

Il ragazzo si stava scatenando in movimenti esperti e precisi ma anche pieni di allegria e sensualità al contempo, lui non ballava semplicemente per il gusto di farlo, per il ritmo crescente o perché si annoiava, lui ballava perché era tutto ciò che sapeva fare, perché la musica non la si poteva ascoltare da fermi, perché ogni singolo movimento fatto da lui era danza.

Lui non era un ballerino, lui era la danza stessa.

Lo faceva sin dalla tenera età e non sarebbe stato in grado di far altro.

Movimenti del bacino associati ad un’espressione seducente lo resero decisamente delizioso.

Ryan ballava coi soliti pantaloncini neri attillati e sgambati per essere più libero che poteva ed era a torso nudo, il sudore gli colava sulla pelle abbronzata rendendola lucida, gli evidenziava i muscoli non esagerati ma piacevoli alla vista e al tatto, tipici di un ballerino, le gambe snelle e femminili non erano lunghissime ma gli permettevano qualsiasi tipo di passo, nemmeno la cicatrice sulla schiena, un evidente segno d’operazione del passato, turbava quella piacevole visione; i capelli biondi erano mossi e si scompigliavano sul volto dai lineamenti selvatici, gli occhi leggermente verso le tempie come quelli di un gatto, erano dorati e solo quel colore indicavano il suo insolito carattere incisivo ed indimenticabile.

Ryan, il selvatico e bel Ryan, non passava mai inosservato. Decisamente.

La sottile bocca era serrata verso il basso e il resto del viso coperto dalle bionde ciocche scomposte era molto concentrato ed immerso in quello che faceva, ci si incantava a guardarlo, specie perché riusciva a fare qualunque genere di danza e tutti gli riuscivano benissimo.

Sullo sforzo finale si trovò a terra aggrovigliato su se stesso in un fascio di muscoli tesi che mostravano un fisico invidiabile anche laddove, normalmente, non lo si sarebbe notato.

In apparenza un ragazzo normale, per avere una sua visione completa bisognava vederlo ballare, in quei momenti non v’erano dubbi sul fatto che fosse una persona incantevole, non nel senso ‘bellissimo’, aveva una bellezza sua, lui era incantevole se ballava. Al di fuori del ballo era un ragazzo normale dai lineamenti selvatici decisamente interessanti.

Niente di più.

Quando la canzone cessò ne partì un’altra che però non fu ballata dal ragazzo, si interruppe asciugandosi il sudore dal viso e passandosi il telo fra capelli, lasciandoli in aria ancor più sconvolti del solito, cercò l’elastico che aveva perso ballando ma non lo trovò così con un imprecazione li lasciò sciolti a coprirgli il collo, la frangia tornò sul viso e sui bei occhi dorati.

Sembrava veramente un gatto randagio ma era solo l’apparenza, in realtà era completamente diverso da un gatto.

Si diresse in cucina abbandonando la sala che gli era stata concessa per le sue prove di ballo, era una sorta di studio, per Ryan, solo che siccome di mestiere faceva il ballerino, tutto ciò che gli serviva era uno specchio gigante sulla parete e per il resto il vuoto più totale … ad eccezione, ovviamente, dell’impianto stereo professionale con casse potenti, di quelle che se si alzava il volume al massimo si poteva far tremare tutta la casa, letteralmente.

Lasciò che le canzoni si susseguissero per andare a rinfrescarsi e bere qualcosa, non calcolò nemmeno un attimo l’orologio, bevve muovendo il corpo in vaghi passi ritmici per la musica che gli impediva di stare fermo, nonostante la stanchezza; se c’era una canzone, una qualunque, lui si muoveva sempre.

Era instancabile, una persona molto, molto attiva … spesso snervante per questo!

- Ryan ti dispiace chiudere? Sto diventando matto … -

La voce gli arrivò alta vicino all’orecchio, non l’aveva sentito arrivare per cui saltò bagnandosi con l’acqua fredda di frigo, il petto rilassato si tese per il contatto gelido che gli colava lungo la pelle accaldata, si girò guardando male la causa di ciò e senza pensarci, come un movimento incondizionato, fece un gesto brusco con la mano con l’esatta intenzione di realizzare ciò che successe: lo bagnò!

L’uomo di fronte a lui, vestito in camicia bianca e cravatta nera come i pantaloni lisci, si trovò improvvisamente spruzzato d’acqua ma si limitò solo a trattenere il fiato, questo fu motivo d’ammirazione per Ryan che mise via la bottiglia prima che la cosa potesse degenerare. Osservò con cura il viso dell’amico che continuava ad allacciarsi il polsino senza fare altre pieghe.

Matthew si era appena rasato e da poco aveva tagliato i neri capelli corti, in modo da non doverli mai pettinare poiché radi di pochi centimetri, così sembrava proprio una brava persona, distinta, seria e tutta d’un pezzo … cosa che in realtà era!

Ryan si perse poi sulle goccioline che gli cadevano ai lati del bel viso dai lineamenti regolari, era più grande di lui di 3 anni, ne aveva 28, non ne dimostrava di più anzi, a volte, quando si faceva crescere i capelli, ne dimostrava di meno; era un bell’uomo obbiettivamente affascinante, a partire dagli incantevoli occhi grigi che a volte sembravano trasparenti.

Notò come una goccia si soffermò sulle labbra sottili e ben disegnate ma non fu bevuta dalla sua bocca, fu lasciata lì, ignorata.

Matt rimase fermo ed impassibile a guardarlo mentre si sistemava la camicia, si limitò a guardare l’amico che con aria furba ricambiava lo sguardo, non si sentiva nemmeno un po’ in colpa, cosa normale per lui … del resto se avrebbe dovuto sentirsi in colpa con ogni guaio che combinava, allora non si sarebbe nemmeno svegliato più la mattina!

Ad ogni modo ci fu solo uno scambio di sguardi, apparentemente impassibile da parte di entrambi, o meglio uno serio e maturo mentre l’altro divertite e scherzoso … ma vinse il primo visto che il secondo senza dire niente prese l’asciugamano che aveva intorno al collo e si mise a pulirgli il viso in silenzio, cercando di non scoppiare a ridere.

Il fatto che cercasse di trattenersi, senza grandissimi risultati, era un progresso da parte dell’esplosivo biondo, ma Matt scosse ugualmente il capo contrariato, senza esprimere altro se non ciò che già esprimeva: contrarietà, per l’appunto!

A guardarli a prima vista erano l’uno l’opposto dell’altro ed in effetti era proprio così, non era solo un fattore d’aspetto e presentazione (uno mezzo nudo, sudato e scompigliato, l’altro ordinato, composto e pulito) ma anche caratteriale (precipitoso, esuberante e scherzoso uno, posato, calmo e pacato l’altro).

Eppure il loro punto forte era proprio questa loro diversità, se fossero stati più uguali sicuramente non sarebbero potuti essere così amici tanto da chiamarsi fratelli … ad unirli così avevano inciso molto anche le loro famiglie amiche ancor prima della loro nascita. Una sorta di destinazione decisa già da tempo, alimentato dalla convivenza sin dalla tenera età dovuta da eventi imprevisti e dolorosi.

Erano come fratelli per molti motivi fra i quali il padre di Matt che gli aveva salvato la vita da bambino, la stessa persona che l’aveva adottato in seguito alla morte dei suoi genitori, lui che aveva seguito Matt quando era andato ad abitare da solo …

Il moro poteva ricordare con chiarezza il giorno in cui il padre era stato chiamato con urgenza in ospedale dove era già di ruolo, l’aveva visto impallidire al telefono e nominare raggelato il cognome della famiglia di Ryan, poi solo un lampo ed era sparito. Non gli aveva detto nulla, del resto era ancora un bambino a quel tempo. Non avrebbe comunque potuto far nulla. Erano ricordi palpabili ed indelebili nella sua mente, specie quelli che gli mostravano lui stesso davanti ai corpi privi di vita di quelli che aveva sempre chiamato zii. Era rimasto sconvolto, in fondo era solo un bambino … un bambino maturo per la sua età ma che non capiva quale fosse la differenza fra il dormire e l’essere morti. Loro sembravano solo addormentati ma quando li aveva toccati aveva compreso quella differenza: erano freddi, quell’alito di vita non c’era in loro. Non aveva pianto, si era solo sconvolto, era impallidito e si era morso la lingua facendo uscire del sangue da essa per trattenersi e non lasciarsi andare. Suo padre gli aveva sconsigliato di vederli però lui ci era andato dicendo che era grande e voleva salutarli. Matt aveva sempre voluto fare le cose degli adulti prima della giusta età … questo l’aveva portato a crescere prima del tempo. Era ceduto quando aveva visto Ryan, vivo ma in coma, suo padre aveva fatto il possibile e gli aveva decisamente salvato la vita con quell’operazione alla spina dorsale, se sarebbe tornato a camminare, una volta sveglio (perché non aveva dubbi su questo punto), sarebbe stato un miracolo compiuto dalle incredibili mani esperte si suo padre. Aveva pianto vedendo il suo migliore e unico vero amico steso in quel lettino in coma, fisicamente contuso e mal ridotto, con un tubo in gola e i battiti del cuore che si udivano tramite la macchina a lui collegata. Gli aveva preso la mano e si era immaginato le parole migliori per dirgli che i suoi genitori erano morti. Questo era bastato a farlo crollare, aveva pianto molto, tutte le lacrime della sua vita, mai più, in seguito, si era concesso una sola lacrima consapevole che sarebbero state sempre tutte sprecate. Si era addormentato piangendo e poi non si era più staccato da quel lettino, glielo avevano concesso solo perché era il figlio del chirurgo più in gamba ed in vista del momento, l’erede primario.

Erano stati giorni molto duri, aveva passato tre mesi in coma, poi si era svegliato e nel giro di altro tempo che a lui era sembrato interminabile, l’amico aveva ripreso a camminare e lentamente a vivere. Aveva avuto paura che si chiudesse per sempre, che la crisi non si limitasse a poche settimane, che non riprendesse più a ballare e a sorridere … ma non gli si era staccato un minuto e l’aveva aiutato in tutti i modi, fino a fargli capire che doveva vivere per loro, non nel modo in cui avrebbero fatto loro, bensì come avrebbe voluto fare lui, per essere felice fino in fondo e far felici di riflesso loro.

Dopo quell’evento Ryan aveva iniziato a credere in Dio, aveva adottato una fede immensa poiché non avrebbe mai dovuto riprendere a camminare ed invece aveva addirittura ripreso a ballare, poiché doveva essere morto ed invece non si spiegavano come non lo fosse, poiché suo padre era un bravo medico ma non era Dio e solo un Dio avrebbe potuto salvarlo in quel modo totale. Aveva preso a credere in Dio anche per dare alla morte una spiegazione esauriente in grado di aiutarlo.

Successivamente era stata naturale l’adozione di Ryan dalla loro famiglia, era venuto a vivere con loro e legalmente parlando, lui e Matt erano diventati fratelli.

La sua famiglia era molto ricca, il padre era diventato un famoso chirurgo e una volta cresciuto, il sogno del figlio era stato di diventare come lui, era conosciuto ancor prima di finire la specializzazione, tanto da chiedersi se il posto che ormai gli era riservato come successore del signor Portman, fosse meritato o meno.

Si chiedeva spesso come sarebbe andata se non fosse stato figlio di suo padre, ma purtroppo o per fortuna lo era e consapevole delle voci invidiose alle sue spalle, non poteva far altro che sfruttare il posto assicurato e le buone possibilità offertegli, per dimostrare che era un futuro chirurgo capace e non solo un riflesso di suo padre.

Lo turbava la situazione ma fino ad un certo punto, aveva deciso di andarsene di casa e cavarsela da solo in seguito al suo ingresso come specializzando al reparto di chirurgia dell’ospedale più in vista della città, nessuno ne aveva apparentemente risentito e suo padre, capendo il motivo del suo gesto, ne era stato fiero.

Ciò che invece aveva colpito tutti fu che Ryan l’aveva seguito su richiesta espressiva di Matt, senza giustificazioni. Semplicemente gli aveva chiesto di andare con lui e lui l’aveva fatto.

- Inizi il turno fra poco, vero? –

Disse il biondo affacciandosi danzante nella stanza delle prove per chiudere col telecomando lo stereo, quando tornò da lui sempre a passi di danza con un salto agile si sedette sul tavolo incrociando a yoga le gambe, mostrò le piante dei piedi sporche poiché camminava sempre scalzo e questo fu motivo di disgusto da parte dell’amico che, tanto per cambiare, scosse ancora il capo.

Matt non era un tipo freddo ma semplicemente composto ed ordinato, un autentico chirurgo!

- Tu vai a lavarti, vero? –

Rispose con la sua voce corposa e maschile, era molto profonda, piacevole da ascoltare; l’altro sorrise vedendo l’ironia nei suoi occhi grigi. Non si negava lo scherzo e la battuta, era uno che andava bene in ogni situazione, Ryan lo definiva perfetto ma a lui non piaceva, non lo era affatto, le perfezioni erano snervanti. Lui puntava solo ad avvicinarsi il più possibile a questa presunta perfezione, non per megalomania o narcisismo, semplicemente con il lavoro che voleva fare, il minimo era agognare quel modo di essere, per non sbagliare, per salvare e non uccidere.

- Puzzo? –

Fece comicamente serio Ryan, alzando il braccio e annusandosi l’ascella, fece lui stesso una smorfia.

- Fosse solo per quello … ti sei mai visto i piedi, quando ti lavi? –

Mantenne un’aria scettica che nell’insieme divertiva, non era shockato dal colore delle sue piante e nemmeno dall’auto annusarsi un’ascella puzzolente, lo conosceva, faceva così perché era il suo ruolo ma così come Ryan ne aveva uno, anche lui ce l’aveva ed era prendersi cura del ragazzo più giovane, seppur solo di tre anni, fare la persona per bene, insomma … per non fargli superare i limiti che sicuramente supererebbe se non lo frenerebbe.

L’amico, in fondo, era un artista e come tutti loro era assoluto, impulsivo ed esagerato, una persona molto rumorosa.

La persona rumorosa in questione con fare da finto offeso allungò la gamba sgarbugliandosi, tendendo il piede proprio davanti al viso del moro, questi fece una smorfia buffa cercando si sfuggire al tocco di quell’oscenità ma non trovando una via di fuga decise di affrontare il pericolo di petto, quindi senza paura alcuna gli afferrò la caviglia facendo accurata attenzione a non sporcarsi, poi strattonò con forza facendolo cadere con un tonfo sordo a terra, fu solo il fondoschiena sodo a sbattere, rimase un po’ stordito e sconvolto da quel gesto, poi imprecando come uno scaricatore di porto e massaggiandosi la parte lesa, si mise a quattro zampe ringhiando:

- Ecco il falso angelo salvatore! Sei un diavolo, altro ché! Ecco la tua vera natura! –

- Sei tu che mi provochi! –

Rispose tranquillo e sorridente l’altro mentre si girava por uscire dalla stanza ma fu afferrato al volo, Ryan evidentemente non ci stava ad essere mollato così, voleva avere sempre l’ultima parola. Avvinghiò il ginocchio dell’uomo in piedi e morse con forza sul polpaccio, provocando un urlo non molto trattenuto ma nemmeno offensivo!

Gran controllo, nonostante tutto aveva avuto come sempre un gran controllo e non aveva imprecato!

Ottimo, era ancor più divertente stuzzicarlo con la speranza, prima o poi, di vincere!

- Cresci, Ryan! Quando ti va di farlo? –

Ryan si staccò e ridacchiando sadicamente disse mollandolo:

- Ti riferisce a crescere o a qualcos’altro? –

Matt sbuffò e, tanto per cambiare, scosse il capo ricomponendosi, lo guardò dall’alto come se fosse una formica sporca e sciocca, poi a denti stretti e laconico, rispose:

- Quel che ti pare! –

L’altro si illuminò:

- Oh, mi dai carta bianca? Allora posso fare qualunque cosa! Vediamo … -

Temette di sentirsi dire qualcosa di sconcio ma fu solo un attimo, un timore infondato poiché il biondo, per fortuna, era la persona meno allusiva sulla faccia della terra … tanto meno con un certo pensiero fisso!

In fondo era solo un ingenuo!

Sospirò ed uscì sollevato lasciandolo ancora parlare e sproloquiare.

“Il solito casinista!”

Pensò fra sé e sé Matt percorrendo il corridoio sistemandosi la cravatta, sembrava che non fosse successo nulla, che le urla colorite di Ryan non lo raggiungessero e che per lui fosse solo l’ennesimo turno di lavoro, nulla di più, nulla di meno.

In realtà non era così.

Sull’ultimo punto, per lo meno, non lo era, visto che indagare in gran segreto contro il proprio padre per capire se era ancora in grado si svolgere la sua attività come un tempo, non era cosa da tutti i giorni!

 

FINE CAPITOLO I