* E' una storia scritta un po' di tempo fa ma nemmeno molto, una sorta di esorcismo per liberarmi di alcuni fantasmi ... devo dire che ha funzionato! Buona lettura. Baci Akane *
Una Settimana Un Giorno
Era
solo un semplice e banale pomeriggio afoso come tanti: stancante,
soffocante,
stressante giornata estiva.
Era luglio inoltrato e si avvicinava il compleanno di Michelle, ora rinchiusa nel chiosco dell’oratorio, a preparare la merenda per i bambini del centro vacanze di cui faceva l’animatrice.
L’avevano
lasciata sola poiché tutti, adulti e ragazzini, erano andati
al parco vicino a
giocare, sarebbero tornati per la merenda, così lei era
dovuta rimanere a
tagliare le tortine come d’accordo.
Si
raccolse i lunghi capelli dalle maches rosse in una coda bassa, che
puntualmente
si scioglieva dopo pochi minuti; iniziò a tagliare ignorando
i rivoletti di
sudore che le colavano ai lati del volto.
Borbottava
fra se e se che
qualcuno oltre a lei
sarebbe potuto rimanere ugualmente, avevano chiuso l’edificio
con gli attrezzi
e i giochi per non darle quel pensiero preferendo portar via tutti.
Fu
lamentandosi fra se e se di queste cose che una voce alle spalle la
fece
sobbalzare:
-
Ehi…-
Quando
lo sentì, per poco il coltello non la tagliò, la
lama si appoggiò
all’indice sinistro ma non terminò il viaggio
nella carne. Michelle si voltò
di scatto per vedere chi fosse e solo quando ebbe realizzato chi era,
il
coltello annullò lo spazio che lo separava dal tagliere,
levando tutto ciò che
stava in mezzo, come la punta laterale del polpastrello.
Non
provò subito dolore, solo un secondo dopo una fitta
l’attraversò, questo la
fece imprecare con un poco carino:
-
Merda!-
Fu
tutto ciò che si concesse, non era nella sua indole mostrare
la sofferenza
fisica, tanto meno quella morale, aveva sempre avuto una soglia di male
piuttosto alta e difficilmente si lamentava o strepitava con pianti.
Era
una ferita non da poco, le era partita una minima parte del dito, solo
pochissimi millimetri, quelli che bastavano a far uscire una gran
quantità di
sangue in poco tempo, dovuto ai vasi capillari numerosi nei
polpastrelli.
Si
strinse la mano con la destra portandola fra le ginocchia che
piegò, appoggiò
la testa nel tavolo e chiuse gli occhi, si morse il labbro per
accantonare
quella specie di bruciore che partiva dall’indice spandendosi
poi in tutta la
mano.
-
Cosa succede?-
Sentì
il ragazzo dietro di se avvicinarsi per cercare di capire cosa le
prendesse
improvvisamente. Aveva sentito solo un netto: TOC! E poi lei aveva
fatto quella
smorfia.
Michelle
si alzò di scatto per evitare di farlo avanzare
ulteriormente, nascose il dito
istintivamente e tornando ad un espressione normale, quasi sorridente,
per i
suoi canoni, rispose:
-
Nulla, mi sono un po’ tagliata, nulla di che…non
reggo bene il dolore, tutto
qua! Ti serve qualcosa?-
Lo
guardò meglio, per assicurarsi che non fosse un suo sosia o
che non avesse
visto male. No, era proprio lui: Simone. Era da secoli che non lo
vedeva più,
da quella famosa litigata in cui aveva deciso che era ora di smetterla.
Litigata…era
una parola grossa, in realtà lui le aveva detto acidamente
di lasciarlo in pace
e lei effettivamente infuriata per l’ennesima delusione da
parte sua, aveva
chiuso tutto quello che si poteva chiudere in una relazione a senso
unico…platonica, insomma.
Lui
non aveva mai provato nulla per lei, spesso glielo aveva fatto credere
con
alcuni atteggiamenti particolari, ma erano state più le
volte in cui l’aveva
fatta star male e soffrire. Aveva avuto un gran coraggio la ragazza a
rivelare i
propri sentimenti, la selvatica Michelle che in gran segreto ammette i
propri
sentimenti verso un ragazzo, viene respinta e va avanti come nulla
fosse nella
propria vita….solo leggermente più chiusa.
Quante
cose che aveva fatto per provare a dimenticarlo o al contrario, per
vedere se
poteva esserci qualcosa fra i due. La verità era che
sì, l’amore è cieco,
ma gli uomini con le loro indecisioni e cambiamenti di umori e idee, ci
mettono
un gran zampino. Come poteva capire qualcosa di quel serrato,
incomprensibile,
introverso e cupo ragazzo? Era il più strano e lunatico che
avesse mai
incontrato.
Si
conoscevano sin da piccoli, avevano giocato negli stessi gruppi anche
se non
erano mai diventati proprio amici, conoscenti era il termine adatto.
Poi
lei si era innamorata e con la cotta adolescenziale era andata avanti
rivelandosi a lui, sperando a lungo ed infine quando sembrava esserci
riuscita a
lasciarlo perdere, era tornato lui facendole credere chissà
cosa, riaccendendo
quelle fiamme spente da poco tempo.
Si
era ferita ed era stata così male da pagarne le conseguenze,
a lei e a chi le
era rimasto accanto.
Col
carattere difficile che aveva, si era chiusa ancor di più,
aveva passato un
anno terribile, sia a scuola che al di fuori, era quasi stata bocciata,
aveva
voluto mollare tutto.
Una
volta per tutte la parola fine l’aveva messa lei, basta
incertezze, false
immaginazioni, attese sui suoi lunaticismi. Si erano detti un ultima
volta le
proprie intenzioni, lui l’aveva respinta di nuovo e Michelle
era sparita dalla
sua vita.
Ci
era riuscita benissimo, nonostante abitassero nello stesso quartiere,
lei
l’aveva evitato con cura, con un buon successo a dire il vero.
Ogni
volta che lo incrociava per sbaglio, cambiava strada, faceva finta di
non
vederlo, lo ignorava completamente, aveva sviluppato un vero e proprio
odio puro
nei suoi confronti, quando si era trovato la ragazza non le aveva
più fatto
effetto, ormai sperava solo che si trasferisse lontano, senza doverlo
più
vedere nemmeno quelle poche volte.
La
notizia che stava passando un bruttissimo momento di crisi la
colpì, ad essere
sinceri. Aveva mollato gli eterni gruppi che aveva sempre frequentato
sin da
piccolo, aveva venduto la moto con cui correva, che adorava, aveva
chiuso con le
corse da rally(spero si scriva così). Sbalorditivo.
Simone
era sempre stato un tipo notevole, un leder se voleva, lunatico e
testardo,
impavido di natura, in grado di fare alla perfezione tutto, con una
gran forza
di volontà ed un carattere complicato, incomprensibile che
era meglio non far
arrabbiare.
Aveva
molti difetti ma lei era stata capace di innamorarsi persino di
quelli…difetti
che ora detestava con tutta se stessa.
Tornò
alla realtà quando lui chiese:
-
Ma dove sono tutti?-
La
bionda, di base aveva i capelli biondi, si risollevò
pensando che se ne andasse
subito credendo che non si fosse fatta nulla.
Non
parlavano da secoli e già quelle parole indifferenti le
pesavano come un masso
in pieno stomaco, il solo guardarlo e stare nella stessa stanza con lui
era
troppo.
In
tutto quel tempo aveva sviluppato come una sorta di rifiuto e di fobia
per lui,
ora si trovava con un accelerazione cardiaca, dovuta al sangue che le
usciva in
maniera esagerata dal dito e dalla presenza di Simone.
Pensava
incessante:
“Vattene
Vattene Vattene!”
-
Sono al parco qua vicino, coi bambini a giocare…staranno
ancora un bel po’,
quindi ti conviene andare loro incontro.-
Asserì
convinta che se ne sarebbe andato.
Mosse
qualche passo verso il lavandino, non voleva che le gocce rosse
cadessero sul
pavimento macchiandolo e rivelando a lui più del necessario,
non voleva
assolutamente nulla da quella persona.
Simone
aveva lunghi capelli castano chiaro che in estate diventavano
più tendenti al
biondo, alto, fisico atletico, abbronzato, occhi chiari, era
oggettivamente
bello e probabilmente era stato questo a fregarla ai tempi indietro,
vederlo
crescere da bambino a ragazzo, in modo così affascinante,
interessante e
disarmante.
Tutte
le ragazze del quartiere erano un po’ perse per lui, anche
per questo si era
staccato da tutti loro: non frequentava l’oratorio, centro
d’incontro di
tutte le compagnie, per evitare di vedere certa gente. Era una persona
schiva se
decideva di esserlo, se qualcuno o qualcosa non gli andava a genio era
anche
capace di passare un intera giornata fra tutta la gente in festa,
seduto in un
angolo, col broncio, senza far avvicinare anima viva per pericolo di
sbranamento!
Vide
che tirò un po’ lo sguardo sulla sua mano che
ancora non rivelava.
-
Si…-
Disse
distratto da Michelle, anche lui era imbarazzato dal loro incontro,
stare soli
dopo tutto quello che era successo, non era gradito da entrambe le
parti, non lo
dimostrava, ma provava gran vergogna generale, lei era una delle poche
in grado
di riuscire a portarlo in quello stato.
La
ragazza arrivò al lavandino e nonostante lo sforzo, il
sangue uscì dalla mano
che copriva quella ferita e si vide subito, la pelle così
chiara e delicata,
macchiarsi di quel rosso vivo, tuttavia testardamente non si arrese e
non mostrò
cosa si fosse fatta, fu lui ad andarle accanto e chiedere con quella
sua voce
profonda e di natura poco allegra:
-
Cosa hai fatto? Fammi vedere…-
Quando
la vide ritrarsi ancor di più, prese l’iniziativa,
afferrandogli i polsi,
allargò le mani e guardò: il palmo della mano che
copriva, era sporco di
sangue, come anche le dita dell’altra, alcune gocce, infine,
caddero libere a
terra, così lei imprecò a denti stretti seccata e
mise la mano nel lavandino.
-
Non è nulla, dovrai andare, io mi arrangio!-
Disse
scontrosa, non era un taglio gravissimo, ma il fatto che un pezzetto di
pelle
fosse stato tagliato via, cosa che però non si vedeva bene
in mezzo a tutto
quel liquido rosso che usciva in continuazione, non avrebbe permesso
alla ferita
di rimarginarsi da sola ed in fretta.
-
E’ da far curare, invece…-
“Quanta
banalità!”
Pensò
Michelle esasperata ed infastidita, non per il dolore fisico, quanto
per quello
interiore.
-
No, non importa, passerà…-
Fu
la sua risposta che si perse in un biascicato
‘subito’ poco udito, ebbe un
piccolo mancamento e le ginocchia le cedettero, come era naturale,
pallida e
debole di salute già abitualmente, figurarsi in quella
situazione con quel
caldo soffocante, i battiti accelerati per via di lui e il sangue che
usciva così
veloce.
Si
aggrappò con le mani al lavandino e fece cadere pesantemente
la testa sulle
spalle; fu un millesimo di secondo, si riprese subito…con
Simone che la
sorreggeva, aveva le mani sulle sue braccia e il torace contro la
schiena.
-
Porca vacca…-
Disse
quando capì confusamente la situazione.
Si
staccò bruscamente ma dovette ammettere di avere bisogno di
ancora qualche
minuto.
-
E’ meglio che vai al pronto soccorso…-
La
voce finalmente le arrivò più chiara.
-
Mm…-
Mormorò
mantenendo il suo lato selvatico bene in mostra.
-
Ora. Prendo la macchina e ci vado, tanto ce la faccio…devo
avvertire gli
altri, mica posso andarmene, poi si preoccupano se non mi
trovano…-
Cominciò
a farfugliare freddamente le cose più tecniche e sensate da
fare, sensate a
parte il fatto di guidare da sola.
-
Si, come no…così poi ti raccolgono con uno
straccio…-
Fu
il commento di lui.
-
Esagerato…-
Come
sempre nemmeno in un momento simile andavano d’accordo, non
c’era da
stupirsi ma per Michelle era già tanto se ci stava parlando,
voleva solo
allontanarsi da lui, solo questo.
-
Ho la giornata libera, ti porto io, non c’è tempo
per avvertire gli altri e
preoccuparli così…-
-
Certo, perché io non sono un buon motivo di preoccupazione?-
-
Non intendevo questo, l’hai detto anche tu, no?-
-
Io lo posso dire, non uno sconosciuto che non sa nulla di me!-
Il
primo piccolo pugnale che affondò su di lui chiuse il
discorso, aveva alzato la
voce facendosi guardare dall’altro che non credeva a quel che
sentiva:
-
Vuoi andare oppure no?-
Preferendo
così lasciar perdere quel discorso, sapeva che avrebbe
perso, era una chiara
sensazione.
-
Perché con te?-
-
Perché sono l’unico ad esserci!-
Le
fitte la facevano sragionare, per cui non c’era da stupirsi
se la risposta
immediata e sgarbata fu:
-
Tu non ci sei mai stato, come puoi esserci ora?-
Il
secondo pugnale.
Ecco,
lentamente stava uscendo tutto quello che si era tenuta dentro in
quegli anni,
pian piano, proprio quando il suo controllo veniva a meno, come una
piccola
cascata aggressiva, indebolita ma sempre impossibile da ignorare.
Soprattutto
che non si arrendeva in nessun caso.
Non
lo guardava ancora negli occhi, voleva evitare di farlo
perché il suo sguardo
lo ricordava ancora troppo bene, magnetico, toccante…faceva
male.
Simone,
a quanto pare, non fu della stessa opinione: la prese per le spalle e
la voltò
con forza verso di lui. Erano molto vicini e si guardarono, i loro
sguardi si
incontrarono contro la volontà di lei che fu colpita e
penetrata.
-
Smettila! Non c’entra ora! Non vuoi andarci con me?-
Lei
reagì d’istinto, senza riflettere e dare ascolto
alla sua piccola coscienza.
Sentendosi indifesa, quasi nuda, in un certo senso, gridò
aggressiva:
-
NO! NON VOGLIO STARE CON TE UN MINUTO DI Più!-
Il
terzo pugnale.
Gridò
per non far notare l’inclinazione insolita della sua voce,
per mostrare
sicurezza e astio.
Lui
ci rimase male e dopo un minimo di riflessione, incomprensibile anche
quello, la
mollò e si voltò andandosene:
-
Ok, non prego nessuno, arrangiati!-
Se
ne andò veramente, non era tipo da supplicare anima viva,
specie in una
situazione simile, con una così testarda. Anche per lui non
era una passeggiata
stare con lei, ma non poteva lasciarla così, non sarebbe
stato da Simone, come
non lo sarebbe stata nemmeno un implorazione.
Aveva
visto un sentimento ostile negli occhi di Michelle e la cosa non la
capì, non
era lui quello che si era intestardito contro tutto e tutti su una
persona
sbagliata; non aveva fatto nulla, ai suoi occhi, e non si era mai reso
conto
delle false speranze che le aveva dato a lungo, non se ne era mai
accorto. Perché
lui come tutta la sua ‘categoria’, era fatto
così.
La
ragazza rimasta sola nel chiosco strinse il pugno della destra sul
bordo del
lavandino di latta, la rabbia crebbe in lei, ancora maggiore, si era
trattenuta
e dopo tutto avrebbe voluto picchiarlo, insultarlo, rinfacciargli molte
cose,
l’averlo mandato via, aver vinto quella specie di piccola
battaglia, non le
aveva portato nessuna soddisfazione, anzi.
Aveva
passato anni a dimenticarlo, a tornare la persona che era sempre stata,
a star
bene anche senza di lui…ce l’aveva fatta, o se ne
era illusa, poi un giorno
d’estate, arrivava il protagonista delle sue sofferenze e
buttava i suoi
sforzi a quel paese. Solo lui era veramente capace di farla stare in
quel modo.
Solo lui.
-
Fanculo!-
Disse
a denti stretti, non si godette l’eco di quella parolaccia,
nella stanza
d’alluminio solido, poiché non era vuota, anzi.
Sentì
una presa forte al gomito ed uno strattone, uno straccio in faccia, un:
-
mettilo sulla mano!-
Ed
infine che veniva trascinata fuori da lì.
Si
tolse il panno dal volto e guardò chi stava osando, anche se
aveva immaginato;
la tirava come fosse una piccola bambina che faceva i capricci ed in un
certo
senso si sentì subito tale, appena realizzò il
proprio stato d’animo.
Non
riusciva più a capire Simone, perché era tornato
e perché insisteva con
l’aiutarla, forse si sentiva un po’ in colpa, ma
tanto che ne sapeva del
momentaccio che aveva passato a causa sua? Lui sapeva solo quello che
importava
a se stesso, gli altri non li aveva mai visti.
-
Dannato egoista…-
Finalmente
riuscì semplicemente a dirlo, la prima serie di insulti.
Il
ragazzo però parve non sentirlo, lei arrotolò la
stoffa sul dito ferito che
perdeva ancora sangue e continuò, suo malgrado, mantenendo
il passo:
-
Cosa te ne frega di me, ora? Cosa diavolo vuoi? Metterti la coscienza a
posto?
Tu vedi solo te stesso, che ti importa degli altri? Di me? A me non
importa
nulla di te, dovresti lasciarmi in pace, una buona volta. Io faccio di
tutto per
starti lontana, di tutto, ci riesco e quando sono ad un passo da quello
definitivo, finisce che tu torni e mi rompi le scatole in qualche modo!
Si può
sapere cosa ti ho fatto? Perché ti sto così sulle
palle? Cosa cerchi di
ottenere assicurandoti la mia attenzione? Non voglio saperne di te!-
Era
esplosa, aveva lasciato libera la sicura alla sua rabbia, troppe cose
trattenute, ignorate, serrate nella sua anima, ma non piangeva, non
avrebbe
pianto, era sempre stata brava a non farle vedere, a non farle neanche
uscire, lì,
ora, davanti a lui, mai! Aveva una testardaggine di ferro e si vedeva.
L’altro,
dal canto suo, continuava la marcia verso la macchina, ascoltando le
parole, ma
come se fossero acqua che scivolavano addosso.
La
lasciò sfogarsi, immaginava che prima o poi sarebbe
successo, ugualmente non
pensava che credesse tutte quelle cose.
Non
parlò per tutto il tempo e il resto del viaggio lo passarono
in silenzio. Aveva
lasciato un biglietto agli altri e la madre l’avrebbe
avvertita più tardi.
Passarono
un pomeriggio insieme senza più calcolarsi nemmeno di
striscio, lei svuotata di
ogni sentimento, nemmeno la rabbia la riempiva più, non
sapeva cosa volesse in
realtà, forse solo tornare a casa da sola e dimenticare,
riprovarci per
l’ennesima volta. Era veramente possibile? Non lo sapeva, non
pensava, anche
se a quel punto era molto confusa e non capiva
più…era stanca di soffrire
sempre per lui, di scoprire che non era arrivata al punto in cui
credeva di
essere giunta, ogni volta la stessa storia, l’averglielo
detto non le cambiava
nulla, lui non aveva fatto nulla e ciò dimostrava che
l’aveva aiutata solo
per senso del dovere, nient’altro. Non gli importava nulla di
lei.
Gli
infermieri li presero per una coppia di fidanzati, loro non si
affannarono a
negare, sarebbe stato noioso e complicato spiegare
cos’erano….ovvero nulla!
Le
riflessioni di Simone arrivarono in quei momenti di lunga attesa,
mentre lei non
parlava e manteneva un espressione cupa, arrabbiata.
Fu
sincero con se stesso poiché si rese conto di non avere
altra scelta. Quando
prima era tornato indietro non si era spiegato il motivo, si era
infuriato di più
con se stesso perché non si capiva. Ora finalmente
c’era.
Grazie
a quella presenza forzata.
“Non
sono un tipo che si emoziona facilmente, anzi, ci devono essere le cose
giuste
che mi prendono e poi forse mi lascio andare. Non posso dire che ora lo
sono, ma
ammetto che non sono nemmeno in uno stato d’animo facile,
sono in…come si
dice? In subbuglio, forse. Si. Ovvero, non ci capisco molto, ma non
posso far
finta di nulla, non ancora.
Ho
sempre cercato di capire, mi guardavo intorno e vedevo che tutto e
tutti
sapevano ciò che li riguardava, sia la natura che le
persone. Perfino in un
fiume, l’acqua sa dov’è che
va’. Quello che so io si riduce a questo: sto
male dentro di me, una continua pioggia, viene giù da tanto,
da quando ho
lasciato tutti e tutto quello per cui ho sempre vissuto. Sono cambiato
tanto
fino a non riconoscermi più, perché? Come se in
me fossero franate tutte le
mie certezze, il mio stesso essere.
Fino
a non capirci più nulla, una sensazione che va avanti da
tanto.
Cos’ha
fatto questa ragazza? Andavo avanti nella mia vita normale e sono
sempre stato
bravo a far finta di nulla, a chiudermi in me stesso e a buttare fuori
tutti.
Poi lei è arrivata testarda e prepotente, ha fatto
sì che la prendessi in
considerazione e quando l’ho fatto mi sono reso conto che
qualcosa non mi
quadrava. Analizzandola, osservandola incuriosito mi sono fatto un
po’
un’idea di lei, mi è sempre sembrata una tipa che
se vista con gli occhi
giusti, diventa una persona impossibile da ignorare e da sentire,
qualcuno che
conduce, in un certo senso, in una via. Ciò che unisce
pioggia e fiume, quel
vento che non permette di dormire, ma che non è fortissimo o
freddo. In lei ho
visto del sole, tante cose contrastanti. Ho passato molto tempo senza
toglierle
gli occhi di dosso, cercandola di proposito, c’è
sempre stato qualcosa che mi
sfuggiva.
Perché
la sua confessione ha scatenato tutto questo? Andiamo, quante ne ho
ricevute? Ed
ora arriva lei, che la conosco da una vita, mi dice le solite cose che
mi sento
dire ed io provo un sano desiderio di scoprire
com’è.
So
che lei se ne è accorta di questi miei atteggiamenti
insoliti e deve essere
stato questo che l’ha illusa, che non le ha permesso di
staccarsi da me, ha
ragione a dire che sono stato egoista, lo sono ancora, ma nonostante lo
sapessi
non riuscivo a lasciarla andare.
Quando
se ne è andata ho sentito freddo in me, smarrimento, ho
provato a far qualcosa
ma sono stato sempre peggio, ho avuto la ragazza, ho cambiato vita,
lasciato le
moto e le corse, gli amici. Nulla mi ha dato pace, quando non
l’ho più vista,
quando non sono riuscito a completare quel quadro, mi è
sempre mancato qualcosa
e non mi bastava l’idea che per un periodo della sua vita si
fosse consacrata
a me.
Ora,
oggi, ci sono riuscito. Ho capito cosa c’era.
L’emozione
che mi toglieva il coraggio di ammetterlo a me stesso.
Sono
riuscito a provare qualcosa per lei, per questa insolita ragazza che
appare in
un modo, riservata e sulle sue, in realtà ci sono scorci di
altro genere, di
altra personalità, viva e ribelle.
Non
ho mai voluto dirmelo per non ammettere di non aver mai capito nulla,
di aver
sbagliato, per una volta, valutazione, ogni cosa. Non mi ero chiuso la
strada su
di lei, ma le cose sono andate troppo veloci ed io lo ammetto, ho avuto
paura di
entrare in qualcosa di troppo grande.
L’ho
persa e non mi è andato più bene.
Ma
ora io vorrei spiegarmi, dirtelo, farti sapere come stanno le cose.
Vorrei
dirti che ti voglio amare, lo voglio adesso, non posso aspettare,
nè una
settimana nè un giorno di più.
Prima
che tu te ne vada di nuovo in una vita infinita nella quale io non ci
sono, ti
prendo ora, non un minuto ancora.”
FINE