*Dopo una bella cena, ecco un bel bagno. Un bagno che sottolineerà i limiti fisici di Giyu, ma non solo. Anche e soprattutto i turbinii emotivi. Gli effetti della fine della guerra continuano per entrambi, ora sono finalmente liberi di capire cosa significa normalità, assaggiare il piacere, scoprire i propri gusti. Spero si noti la differenza di approccio ai problemi emotivi ed alle novità in cui si imbattono, dove uno ci rimugina e si tormenta all'infinito riempiendosi di paranoie, l'altro invece a stento si fa qualche domanda e se proprio deve, trova facilmente le risposte senza fermarcisi su troppo. Buona lettura. Baci Akane*

4. NON SEI OSCENO

sanegiyu

Lentamente le bende che lo stringevano si allentarono finendo a formare una matassa annodata fra le mani di Sanemi; lo circondava da dietro fino avanti per continuare a slegarlo e lui fermo, col braccio intero sollevato di lato e quello che rimaneva del destro che non sapeva come muoverlo. 
Quando dopo una serie di abbracci sfiorati rimase da liberare proprio il moncherino, Giyu gli prese le mani con la sua e lo fermò istintivamente, vergognandosi per la prima volta di quella parte mancante di sé.
Sanemi, in perfetto silenzio fino a quel momento e con un’espressione che non aveva potuto vedere per la posizione, si spostò di fianco cercando il suo viso. 
Giyu voltò il capo odiandosi per quell’imbarazzo di cui non sapeva più liberarsi, odiava arrossire come un ragazzino, odiava vergognarsi così, si sentiva un tale idiota e per cosa? 
Improvvisamente voleva nascondere il proprio braccio e cercò assurdamente lo yukata che gli aveva tolto, ma Sanemi, come se gli leggesse nel pensiero, si riprese prepotentemente la matassa di bende e continuò ostinato a togliergliele liberando infine anche il resto. 
Scese sulla spalla e poi sul bicipite mozzato. Infine fece cadere le fasciature e sfiorò delicatamente la ferita rimarginata. Rimanevano solo i segni di sutura che ormai si erano stavano cicatrizzando, dovevano averglieli tolti recentemente, mentre dormiva. Una prova in più di quanto tempo fosse in realtà passato da quel giorno fatidico.
Avevano fatto un ottimo lavoro, ma ugualmente si vergognava così tanto.
Eppure appena Sanemi glielo sfiorò, come a dimostrargli che non gli faceva impressione, i brividi gli corsero lungo tutta la spina dorsale, finendo infine sul proprio inguine che si eccitò.
Era incredibilmente sensibile, lì. Proprio lì, sulla parte cicatrizzata del braccio tagliato. 

Giyu aveva la testa completamente girata dall’altra parte, come se non riuscisse più reggere il suo sguardo, ma Sanemi non demorse e con decisione gli disse: 
- Guardami... 
Giyu rimase immobile, voltato, così gli prese il mento con le dita e glielo voltò delicatamente verso di sé, gli occhi bassi si posarono su quello che gli voleva far vedere, l’altra mano, quella senza indice e medio. Con essa si sfiorò il petto pieno zeppo di cicatrici vecchie e nuove, così come il resto del suo corpo, la schiena, le gambe, le braccia e perfino il viso. 
- Tu ti vergogni con me? - sussurrò piano, non era arrabbiato e nemmeno ferito. Era straordinariamente penetrante e magnetico. 
Giyu riuscì finalmente a sollevare gli occhi blu sui suoi viola e fu come se qualcosa scattasse in lui. Glielo vide nettamente, anche se era difficile capirlo e leggerlo perché era sempre notoriamente apatico ed inespressivo. 
Ma lì sembrò finalmente vivo e non più carico di vergogna ed imbarazzo. 
Si guardarono intensamente negli occhi in silenzio, senza muoversi né dire nulla. 
- Sono io quello osceno, mentre tu sei ancora così bello. - aggiunse poi sempre piano e magnetico. 
Giyu iniziò a reagire sbattendo gli occhi e scosse il capo. 
- Non sei osceno... 
- Se per te non lo sono, allora non c’è niente di cui ti debba vergognare... - aggiunse deciso, ma sempre ipnotico. Giyu a quel punto annuì accennando ad un lievissimo sorriso, non era più imbarazzato, bensì grato. 
- Non pensavo di avere problemi col... braccio... 
Sanemi sogghignò allontanandosi e spezzando così quella sorta di incantesimo. 
- Ma dai, cos’è che hai detto prima? Sono vivo e senza un braccio! Così, come se niente fosse. Ma certe cose ci cambiano, che lo vogliamo o no. Scoprirai però che non è un dramma. Vedrai che ti abituerai. 
Parlando con una certa allegria strana su di lui, andò verso la zona delle docce, si sedette in uno degli sgabelli di bambù e iniziò a raccogliere l’acqua nel secchio per poi gettarsela addosso. 
Giyu rimase indietro, esitante, poi si sedette accanto ed iniziò la stessa operazione. 
Le ferite erano in generale molto meglio e quasi guarite per entrambi, i guaritori della squadra erano eccezionali e si misero a parlare di quello, facendo congetture su chi si sarebbe ripreso per primo dopo di loro e su cosa sarebbe successo ora. 
Parlarono in modo quasi normale, per la prima volta, e fu strano ma bello.

Fino a che Giyu non esaurì le manovre facili da fare da solo. 
Gettarsi l’acqua addosso ed insaponarsi il corpo con una mano era una cosa abbastanza facile, tutto sommato. 
Abbastanza. 
Non il massimo della vita, ma fattibile.
Arrivò però il momento di lavarsi i capelli e lì realizzò quanto sarebbe potuto essere complicato. 
I suoi capelli erano lunghi, troppo lunghi, tragicamente lunghi ed aggrovigliati. 
Troppo. Davvero troppo. 
Fissando la boccetta con lo shampoo, capì che non ce l’avrebbe mai fatta da solo, non finché i capelli sarebbero stati così lunghi. 
“Dovrei anche pettinarli, se è per questo. Prima o poi dovrò farlo. E legarli, perché sciolti mi danno fastidio. Forse sarà più pratico tagliarli, ma per il momento come diavolo fac...”
Di nuovo non finì il pensiero che Sanemi gli prese bruscamente dalla mano lo shampoo, si alzò e si mise in piedi dietro di lui, infine glielo versò sulla testa iniziando ad insaponarlo.
A quel punto, tutto tornò ad impazzire come prima, quando gli aveva sbendato il torace. 
L’imbarazzo messo faticosamente in parte, tornò prepotentemente, ma Giyu trattenne il fiato e rimase rigido nel suo sgabello. Nudo, davanti a Sanemi. 
Sentì il liquido freddo scivolargli sulla testa e poi le sue mani che iniziavano ad massaggiare la cute usando entrambi i polpastrelli.
Dopo aver fatto un po’ di schiuma sulla parte superiore della testa, raccolse le lunghezze e li mise in alto, versò altro shampoo e riprese a massaggiarlo.
Poco a poco l’imbarazzo lasciò il posto della beatitudine, in quei gesti tanto semplici quanto scontati, Giyu si rilassò incredibilmente. 
Non si era mai fatto lavare da qualcun altro, ma non avrebbe mai immaginato che avere delle dita estranee sul capo, fra i capelli, fosse così bello. Per quel lungo istante non quantificato, perse totalmente il controllo di sé e la concezione di qualsiasi cosa, al punto che il calore partito dalla testa scivolò lentamente lungo il corpo, concentrandosi sul suo inguine come prima. 
Non se ne accorse, manteneva gli occhi chiusi, le labbra schiuse e finalmente un atteggiamento fisicamente completamente rilassato. 
Nessun muscolo teso, la schiena ammorbidita e non rigida, le spalle abbassate. 
Avrebbe potuto proseguire per sempre, non si sarebbe opposto. Se avesse saputo che era così bello farsi toccare e aiutare dagli altri, forse non avrebbe posto tanta resistenza prima.
Ma lo era stato, no?
Era stato bello sin da subito, qualunque gesto compiuto da Sanemi che lo prendeva come il fratello perduto di cui si era preso cura a modo suo dalla nascita, era stato in realtà bello. Non lo poteva negare, solo che per l’imbarazzo si era opposto. 
Ora non ce la faceva più perché semplicemente era troppo bello.
Davvero troppo. 
Le forze iniziarono ad abbandonarlo e via via si sentì scivolare fuori dal proprio corpo, come se la coscienza si richiudesse in un limbo permettendogli di dormire di nuovo. 
Ad interrompere quello stato di semi-coscienza furono le mani di Sanemi che incredibilmente delicate come non avrebbe mai sospettato potessero essere, scesero dalla testa alle spalle e poi al collo. 
Giyu riaprì gli occhi di scatto, percepì il sapone sui suoi palmi che gli stava passando sulla schiena e di nuovo trattenne il fiato e arrossì abbassando gli occhi verso i propri genitali gonfi e pulsanti. 
“Mi sono eccitato...” se ne rese finalmente conto, ma non poté farci nulla. 
Sollevò frenetico gli occhi sullo specchio che avevano davanti, sperando di non essere guardato, ma ovviamente lo fissava insistente ed aveva un’espressione strana.
Che poi era difficile dire quale fosse, dal momento che le sue sopracciglia erano quasi trasparenti e di conseguenza le espressioni non erano di facile interpretazione. Di norma si faceva capire bene grazie a gesti, parole ed in generale ad atteggiamenti, ma in quel momento stava assolutamente zitto e si limitava a strofinargli la schiena. Trovando difficoltoso raggiungere le zone basse rimanendo in piedi, si prese lo sgabello e vi si sedette continuando a fissare insistente il suo viso attraverso il riflesso dello specchio; fortunatamente solo quello. 
I saponi liquidi resi a disposizione, avevano profumi balsamici e probabilmente erano in qualche modo curativi, l’odore li inebriò, ma per Giyu ogni altra sensazione passava in secondo piano, mentre le mani ruvide di Sanemi, piene di cicatrici e calli, arrivate alla zona lombare scivolarono di lato sulla vita, come a circondarlo da dietro.
I suoi occhi violetti penetranti non lo guardavano più attraverso lo specchio, ora fissava solo la sua schiena, i suoi glutei appoggiati alla seduta.
Giyu respirava piano per non interrompere quel momento, consapevole che non voleva si fermasse, ma si chiese cosa avrebbe fatto. Perché fra tutti lui era quello più imprevedibile in un contesto fuori dalle battaglie e dai combattimenti. 
Ora che era tutto finito, c’era da scoprire il nuovo Sanemi e la sola cosa certa di lui era la sua imprevedibilità. 
Giyu guardava teso le sue gambe aperte che spuntavano da dietro, dai lati, sembrando lo stessero circondando in qualche modo. 
Tuttavia, quando pensò di potersi rilassare perché forse aveva finito, le mani di Sanemi si riempirono di altro sapone per poi tornare su di lui, questa volta sul braccio sano.
Riprese dalla spalla e scese sul bicipite sinistro arrivando lentamente sull’avambraccio ed infine sulla mano. Glielo tese di lato per poterlo lavare meglio, sempre rimanendogli dietro, ma nel gesto dovette spostarsi lo sgabello sulla sinistra, per potersi dedicare meglio al suo arto che non sarebbe mai potuto essere lavato decentemente senza l’altro. 
Giyu rimase sorpreso del gesto, per un momento aveva pensato ci stesse provando con lui ed era uscito di testa, per poco non era venuto, ma realizzare che stava facendo né più né meno quel cheta realmente utile, lo fermò di botto. 
Si era immaginato tutto e lui si era eccitato come un maniaco per nulla. 
“Cosa mi sta succedendo? La fine della guerra mi ha dato così tanto alla testa?”
Sapeva di essersi sempre pragmaticamente concentrato su quel che contava sopra ogni cosa, la guerra ai demoni, per l’appunto, ma di fatto aveva trascurato totalmente ogni altro aspetto normale della sua vita. Aspetto che ora pareva regnare sovrano. 
Raggiunto il polso, Sanemi prese la mano fra le sue continuando ad insaponarlo da dietro. Giyu tornò a trattenere il fiato senza capire perché quel gesto lo tramortisse tanto. 
Le loro dita si intrecciarono mentre gliele strofinava con cura e rimase così un istante di troppo, quello che permise alle proprie di chiudersi lentamente sulla sua mano. 
Appena Giyu si rese conto di cosa aveva fatto, si girò di scatto verso di lui. Il cuore in gola, la frenesia, l’eccitazione ed i brividi per un momento tornano ad esplodere, mentre qualcosa in sé aspettava. 
Aspettava cosa? 

Gli occhi di Giyu si spalancarono mostrandogli tutto il suo splendido blu intenso, non era particolarmente rosso ma era accaldato probabilmente per il vapore del bagno termale in cui erano da un po’. 
Non pareva particolarmente imbarazzato come lo era stato prima quando gli aveva lavato la schiena, forse l’aveva solo colto di sorpresa, ma era sicuramente shoccato da qualcosa. 
“Dovrei essere io shoccato. Mi ha preso la mano, io gliela stavo solo lavando...”
Non era facile interpretarlo, anzi, per nulla.
Ripetutamente aveva avuto l’impressione che Giyu fosse particolarmente imbarazzato per qualcosa, ma non aveva mai notato o capito di cosa si trattasse. 
Forse lui pensava di essere chiaro nelle proprie emozioni e magari anche ne provava, dentro di sé, non lo metteva in dubbio, ma a conti fatti non le esprimeva proprio per un cazzo e questo normalmente l’avrebbe mandato in bestia, ma in realtà lo rendeva piuttosto interessante. 
Una bella sfida, come aveva già pensato prima.
Giyu aveva tantissimo bisogno di aiuto pratico, ma faticava a chiederlo e ad accettarlo, quello sicuramente lo imbarazzava, eppure aveva l’impressione che ci fosse altro che soffocava.
Qualcosa che aveva a che fare con quelle dita intrecciate alle sue. 
Gli sorrise lieve, sorpreso, ma compiaciuto, poi la schiuma dai capelli insaponati scivolò sui suoi occhi facendoglieli chiudere. 
Sanemi ridacchiò alzandosi e sfilò la mano dalla sua. Il giovane l’abbassò cercando davanti a sé, alla cieca, il catino in bambù per raccogliere l’acqua dai rubinetti che scorreva, ma non lo trovò, così continuando a ridacchiare lo prese al suo posto ed iniziò a sciacquarlo rimanendo in piedi dietro di lui.
Giyu trattenne il fiato, ancora sorpreso. 
Era ovvio esserlo, dopotutto lui non era mai stato gentile e premuroso, ma era bello esserlo. Lo rendeva appagato in modo diverso dall’ammazzare i demoni per proteggere suo fratello e tutti gli altri innocenti come lui. 
Era un appagamento simile, ma differente al tempo stesso. 
Essere utile, era questo che per lui era importante. 
Esserlo per gli altri.
Questo dava senso alla sua vita. 
“Non devo più proteggere nessuno, ma posso aiutare e rendere felici gli altri.”
Giyu era solo il primo sotto mano che aveva bisogno di aiuto fisico ed emotivo. 
Era questo che credeva. Ci fosse stato qualcun altro, forse avrebbe agito allo stesso modo. 
Ma no, si disse poi mentre guardava l’acqua scorrergli calda sulla pelle candida, coperta da segni e cicatrici, alcuni vecchi, altri recenti ma in via di guarigione. 
Guardò i suoi capelli neri, lunghi, appiattirsi contro la sua schiena e sul suo viso e lui immobile seduto davanti. 
Non era uguale proprio per nulla. 
“Lui mi capisce, nessuno mi può capire bene come lui. Ed io capisco perfettamente lui. Siamo simili, abbiamo passato le stesse cose e abbiamo reagito alla stessa maniera alla vita e alla merda subita. Abbiamo caratteri diversi, ma quel che ci è successo e come l’abbiamo affrontato è uguale. Così come era uguale la nostra convinzione e voglia di morire, alla fine di tutto. Non volevamo sopravvivere. Ed invece eccoci qua. Entrambi vivi e persi. Ci capiamo, per questo ci stiamo aggrappando così tanto uno all’altro. Non riusciremmo a stare per un cazzo con nessun altro stronzo che non sia come noi, per quanto gentile e a posto.”
Trovando le sue risposte, non che ne avesse avuto bisogno e nemmeno che le avesse cercate, Sanemi trovò una sorta di pace e finito di sciacquarlo, prese lo sgabello, si sedette al suo fianco dove era prima, e riprese ad insaponarsi in fretta e furia. 
- Vai pure intanto, io arrivo. - lo intimò deciso indicando le piscine termali belle fumanti che li aspettavano invitanti. 
Non guardò il compagno accanto, dando per scontato che si sarebbe freddamente alzato e sarebbe pacatamente andato ad immergersi nelle vasche, ma con sorpresa si alzò, senza però andare nella direzione immaginata. 
Prese anzi il sapone, glielo fece cadere sulla schiena e mentre scattava di brividi inattesi, la mano rimasta, quella che prima si era agganciata alla sua, iniziò a scivolare sulla sua pelle ruvida e coperta di cicatrici. 
Sanemi spalancò gli occhi e lo cercò attraverso lo specchio, trovò il suo viso concentrato ed intento ad eseguire l’operazione che prima gli aveva fatto lui, non lo fissava, ma gli sembrava decisamente più rosso di prima. 
Tuttavia nessun altro segno di imbarazzo. 
Sanemi sogghignò spontaneo. Era divertente avere a che fare con lui.
Forse era solo molto timido o rigido od impedito con le emozioni, ma di sicuro ne provava. 
“Una bella sfida, tirargli fuori tutto quel che ha dentro.”
Giyu non si sedette spostando lo sgabello dietro di sé, si inginocchiò direttamente per lavargli meglio la zona bassa, era esitante ed incerto, ma non stava facendo né più né meno il suo dovere. 
Però anche così impersonalmente, era incredibilmente bella quella sua mano su di sé.
Anche per lui era la prima volta che qualcuno lo lavava e lo toccava con gentilezza, ma probabilmente da lì in poi non sarebbe più stato capace di fermarsi e farne a meno.
“Non è forse vero che prima mentre lo facevo con lui, per un momento, stavo per insaponargli davanti?”
E una volta che le sue mani sarebbero scivolate sul suo ventre, chissà se non sarebbero scese di propria volontà?
Non aveva mai pensato a nulla, aveva sempre e solo fatto impulsivamente, ma ora, forse, era il caso di iniziare a farsi qualche domanda.