*Nel bagno termale, si immergono nella vasca per rilassarsi e a quel punto c'è spazio per le riflessioni infinite di Giyu e per i gesti istintivi ed erotici di Sanemi. Tanto uno vuole capire che gli sta succedendo, tanto l'altro vuole invece passare all'azione. Chi la spunterà? Ho cercato di immaginare come fosse al lato pratico e concreto vivere senza un braccio, il destro per di più, quello dominante, anche se non essendoci mai passata per fortuna (nemmeno mi sono mai rotta il braccio), non saprei se quel che scrivo è troppo esagerato o se ha senso. In ogni caso la questione della sensibilità sulle cicatrici è vera. Per questo capitolo non ho trovato fan art per la scena nella vasca perché è venuta molto spontanemente. Invece per la parte successiva ce n'è stata una davvero carina che mi aveva aiutato. Ribadisco sempre, sono trovate in rete, non sono mie. Ringrazio chi legge sempre ma soprattutto chi commenta, sono felicissima che continui a piacere. Buona lettura. Baci Akane*

5. PERCHÉ LO VOLEVO FARE

sanegiyu

L’acqua che usavano per le vasche dei bagni, era presa direttamente da qualche fonte termale nelle vicinanze ed oltre ad essere naturalmente calda, era anche curativa. 
I ragazzi si immersero in una delle vasche presenti, completamente nudi e puliti. 
Il sollievo ulteriore che entrambi provarono fu immediato e rimasero in silenzio per un bel po’, prima di riemergere parzialmente da loro stessi, oltre che dall’acqua stessa dove si erano totalmente immersi. 
Uscire dalla superficie per respirare, fu come tornare alla vita ufficialmente per entrambi e appena l’aria carica di vapore li accolse, aprirono gli occhi prendendo fiato a pieni polmoni.
Ma non era aria pura e fresca, era calda e afosa per via delle terme ed entrambi sentirono la necessità di uscire e rifare la stessa identica cosa, ma immersi in acqua fresca e pura, fuori, all’aperto. 
Dopo essersi presi del tempo per loro stessi, ognuno a pensare alle strane e complicate sensazioni provate poco prima, si accomodarono contro il bordo, appoggiando le teste all’indietro e lasciando il resto del corpo immerso pigramente in acqua. 
Era     quasi tutto silenzio, ad eccezione per il rumore dell’acqua che scorreva dai rubinetti rilassandoli per il rumore bianco che donava loro. 
Lasciatisi andare, le menti vagarono liberamente fino a che Giyu non provò la necessità di parlarne.
Erano relativamente vicini, ma non attaccati ed i corpi totalmente rilassati galleggiavano nell’ampia vasca condivisa da entrambi. 
Giyu si voltò appoggiando il braccio sul bordo di pietra ed il mento su di esso, si accucciò all’interno e vagò con gli occhi sul bagno vuoto pieno di fumi di vapore. 
- Cosa credi ci sta succedendo? 
Non si rese conto di aver fatto una domanda riflessiva ad uno che probabilmente in tutta la sua vita non aveva mai riflettuto. 
Sanemi si voltò a sua volta mettendosi a pancia in giù, agganciò le mani al bordo come lui e appoggiò il capo sulle braccia rivolto verso il compagno che evitò di ricambiare lo sguardo. 
- Di cosa parli? 
Giyu ebbe un moto di risa che trattenne. Si era appena reso conto a chi aveva fatto quel genere di domanda. 
- Non siamo mai stati nemmeno amici, ed ora sembriamo così uniti... - era molto diplomatico nel parlare di una situazione strana ed imbarazzante, ma Sanemi pareva non averla minimamente percepita e un po’ si sentì sia sollevato che deluso. 
Stava impazzendo solo lui sul serio? 
- Non siamo mai stati in condizioni di poterlo essere. - rispose subito senza pensarci molto. 
Giyu ci rifletté sollevando gli occhi, ripetendosi il suo concetto, poi li roteò lento sui suoi viola che ancora lo puntavano insistenti ed inquietanti al tempo stesso. Solo quando sorrideva si capiva che genere di espressione aveva, ma se non usava la bocca era illeggibile. A Giyu non piaceva molto non sapere cosa pensasse, perciò era meglio farglielo dire. 
- Amici? 
Sanemi alzò le spalle e si avvicinò impercettibilmente a lui, senza alzare la testa delle braccia incrociate. 
Giyu lo notò ma non si mosse, non era tipo da scappare e comunque non aveva motivo di farlo. 
- Ed anche uniti. Non abbiamo mai avuto interazioni al di là delle riunioni delle colonne e dei combattimenti fatti insieme. Che ne sappiamo di come siamo insieme? 
Non aveva torto, ma gli sembrava strano improvvisamente essere capaci di certe cose. Provare certe cose. Farle. 
- Se avessimo avuto del tempo da passare insieme prima della fine della guerra, quando era ancora tutto un caos oscuro, non ci saremmo calcolati. Tu mi avresti latrato contro, arrabbiato per qualcosa. Io ti avrei totalmente ignorato. 
Sanemi scoppiò a ridere girando il viso verso il basso, Giyu provò l’istinto di unirsi a lui nelle risa ma non sapendo il motivo per cui farlo, si trattenne. 
Rimase a guardarlo, notando che ora le loro spalle si toccavano. Non le braccia, perché quello che Sanemi toccava, era il suo destro. Quello mozzato, che teneva immerso nell’acqua sempre istintivamente a nasconderlo il più possibile. 
Però sussultò al contatto, arrossì e cercò di inabissarsi di più, ma non potendo farlo senza risultare uno sciocco, si fermò continuando a fissarlo di sottecchi, non sapendo esattamente come comportarsi. Se lo guardava del tutto, erano troppo vicini. Se non lo guardava, sarebbe stato maleducato e voleva parlare di quella cosa. 
- Credo tu abbia ragione, la fine della guerra ci ha liberato da degli enormi pesi di merda che ci costringevano ad agire da perfetti stronzi. Eravamo solo concentrati sulle cose più importanti per noi in quel momento. Che poi erano le stesse, solo che le affrontavamo in modo diverso. 
Giyu apprezzò le sue idee chiare e il fatto che le esprimesse senza problemi, ma non riusciva a capire perché dovesse aderire così tanto a lui mentre lo faceva. 
Inghiottì a vuoto mentre le loro gambe, sotto l’acqua, si toccavano. 
Tornò ad eccitarsi e ringraziò di avere almeno quella parte nascosta. 
Sanemi gli stava facendo un effetto che andava ben oltre il non essersi mai conosciuti bene ed il non aver mai avuto tempo di essere altro che ‘due perfetti stronzi’. 
Però su una cosa poteva avere ragione. 
L’effetto della fine della guerra poteva essere imprevedibile, specie per loro che avevano passato quasi una vita intera facendo sempre e solo quello. 
- Non abbiamo mai fatto altro che combattere questa guerra... - rifletté ad alta voce dandogli ragione, abbassò lo sguardo fissando ad altezza viso il pavimento del bagno ricoperto di pedane di legno umide. - Non ci ricordiamo più come si vive in modo normale. 
 
Sanemi lo guardò scrutandolo in modo sfacciato, cercando di leggergli in viso cosa provasse, per fortuna ne stava parlando in uno dei suoi rari slanci di apertura. 
Doveva essere ben esaurito, per farlo. Da non saper dove sbattere la testa, insomma. 
Non capiva il suo bisogno di analizzare ogni cosa, ma grazie a questo aveva raggiunto dei traguardi encomiabili e di riflesso li aveva fatti raggiungere agli altri. 
Era stato lui a capire che Tanjiro e Nezuko erano diversi ed andavano aiutati in modo speciale, era stato lui a non uccidere la piccola demone capendo che sarebbe potuta essere utile.
Senza di lei, in effetti, non avrebbero vinto la guerra. In qualche modo tutti erano stati essenziali, ma i fratelli Kamado lo erano stati molto di più. 
- Per questo abbiamo deciso di scoprirlo insieme. - gli ricordò il loro primo dialogo di quel mattino, quando si erano svegliati. 
Giyu tornò a voltarsi e a guardarlo, ma a quel punto ormai erano troppo vicini, ora i corpi si toccavano. Forse aveva ragione nel dire che erano diversi, che erano strani. Che gli stava succedendo qualcosa. 
Non aveva di certo mai avuto quel bisogno assurdo di toccarlo di continuo in quel modo, ora però sembrava incapace di smettere. Forse era perché così si imbarazzava da matti e a lui piaceva vederlo in quelle condizioni. 
- Perché ci vogliamo aiutare a capire cosa faremo da ora in poi? Perché tu verrai con me ed io verrò con te? Perché, Sanemi? - sussurrò ancora serio, incolore ma con un fondo di turbamento. 
Aveva ancora quella dannatissima abitudine a trattenere e controllare, ma ormai era sicuro che provasse qualcosa, lì dentro. 
Qualcosa che fosse così sconvolgente da spingerlo a riempirsi di domande stupide ed inutili.
Per lui non aveva la minima importanza, contava fare, agire, muoversi. Le motivazioni contavano ben poco ma pareva che se Giyu non le trovasse, invece, non si muovesse. 
Ricordò l’analisi che gli aveva fatto di come Tanjiro si era salvato dopo la contaminazione e capì che era semplicemente fatto così. 
Analitico, riflessivo, pragmatico. 
Sciolse un braccio, quello vicino a lui, e si rivolse meglio verso il compagno osservandolo diretto. 
Gli occhi gli caddero sul braccio mozzato, gli fissò il moncherino sotto cui si vedevano ancora le cicatrici non del tutto rimarginate. Erano rosso vivo e gonfie, l’acqua termale stava un po’ riacutizzando la ferita, ma non gli stava facendo davvero male. 
Lui sapeva cosa gli stava succedendo lì sotto, perché anche le sue cicatrici gli avevano fatto lo stesso effetto. 
Come ipnotizzato da quella parte, da quei segni ancora vividi che intravedeva appena sotto la superficie, gli rispose senza pensarci realmente, più concentrato sul suo arto che sul dialogo e su quel che turbava Giyu. 
- Perché ci capiamo. Siamo gli unici che in questo momento si capiscono. Ed abbiamo vissuto le stesse cose. E non sopporteremmo altri stronzi diversi da noi, in questo momento. Vogliamo solo essere capiti, ci cerchiamo per questo. 
Giyu lo guardava ancora in viso, mentre lui guardava il suo braccio. 
- Ci capiamo davvero così tanto da cercare di unirci più che possiamo? - probabilmente gli avrebbe fatto un’altra raffica di domande a cui non voleva rispondere, se non avesse mosso la mano sotto l’acqua facendo finire la punta delle dita sulla sua mutilazione. 
Appena lo fece, mormorò sospendendolo immediatamente: 
- Ad esempio io capisco perfettamente cosa senti qua. - così dicendo, mosse il polpastrello sulle sue cicatrici in rilievo, sui punti gonfi e sensibili, sulla pelle arrossata. 
Giyu, non aspettandosi quel gesto, gemette, ma non di dolore. 
Sanemi che sapeva bene cosa si provava quando ci si toccava le cicatrici, specie se ancora così tanto sensibili perché fresche e mezze guarite, sorrise malizioso sollevando gli occhi da gatto sui suoi sgranati e totalmente persi.
Il suo viso era improvvisamente avvampato. 
Mosse ancora le dita come a grattare lieve, finì poi per carezzarlo e senza staccare gli occhi dal suo viso, lo vide abbandonarsi in un’espressione di stupito e sconvolto piacere. 
Giyu infatti strinse gli occhi e appoggiò la guancia sul braccio ancora piegato sul bordo. Le labbra aperte liberavano dei gemiti sempre più incontrollati, mentre sotto l’acqua percepiva il suo corpo fremere e muoversi disperato. 
Voleva toccarsi anche lì sotto, ma non osava farlo. 
Sanemi non sapeva minimamente perché lo stava facendo, probabilmente Giyu poi glielo avrebbe chiesto ma a lui non importava per un cazzo.
A lui contava solo farlo reagire, emozionarlo, fargli esprimere quel che provava.
Non sapeva perché, ma era quello che voleva ed era quello che stava facendo. 
Tramite il piacere che si mostrò apertamente in Giyu, anche Sanemi si eccitò e con la mano libera corse e toccarsi fra le gambe, masturbandosi da solo, realizzando che per farlo in modo soddisfacente bastavano anche tre dita. 
- Ho provato piacere sempre da solo, usando questo mio corpo grottesco nel migliore dei modi in mio possesso. La sola cosa positiva dell’essere ricoperto per il novanta percento da cicatrici così grandi, è che così ho una sensibilità fisica al piacere che è praticamente impossibile non venire, se mi tocco così come sto facendo con te.
Giyu aprì la bocca cercando di dire qualcosa, ma la voce non gli venne se non sotto forma di gemiti più forti e lasciò che la mano rimasta corresse fra le gambe, mentre la guancia rimaneva a contatto con la pietra calda e bagnata. 
Lo vide masturbarsi e aumentò il movimento delle dita sulle cicatrici del suo moncherino, fino a che vennero insieme, guardandosi negli occhi. 
Sicuramente Giyu si stava chiedendo perché l’avesse fatto, ma la sua risposta era estremamente semplice. 
“Perché lo volevo fare.”
Così come volle avvicinarsi al suo viso, circondarlo col braccio, attirarlo a sé e baciarlo. 
Trovò l’angolo della sua bocca che gli leccò non potendo fare di meglio, Giyu avvampò ancora di più, ma non si girò, non si ritirò, eppure nemmeno si alzò facilitandogli il compito. 
Sanemi non si turbò, gli piacque quel suo rimanere immobile mentre lui gli faceva quel che voleva, ma decise di tenersi un po’ di cose per dopo.
Giyu meritava tutto il tempo del mondo che ora improvvisamente avevano. 

Quando riemerse da sé stesso, Giyu non era meno sconvolto, ma almeno era nella totale pace dei sensi e vedeva le cose con un’altra ottica, meno oppressiva. 
Era forse il primo orgasmo della sua vita, non ne ricordava uno provocato in quel modo. 
Per lui la sfera sessuale era sempre stata molto lontana, sicuramente non una sua priorità.
Ricordava di avere avuto delle erezioni spontanee al mattino, niente che non avesse saputo gestire con una doccia fredda. 
Nella sua vita non c’era mai stato spazio per quell’aspetto e non gli era mancato fino ad ora. 
Fino a che Sanemi gli aveva mostrato uno dei forse unici aspetti positivi di quell’enorme cicatrice sul braccio mancante. 
Prima l’aveva percepito, ma ora era diventata certezza attraverso lui.
No, non si era mai toccato e di sicuro non era mai venuto, ma ora che era successo, non solo stava bene, ma non ricordava più quali erano i problemi ed i pensieri che lo affliggevano. 
Forse dopotutto aveva ragione Sanemi.
Forse a volte bisognava solo agire senza perdere tempo a capire e analizzare prima ogni cosa. 
Giyu guardò la mano destra di Sanemi, le due dita mancanti dove ancora le cicatrici non si erano rimarginate ed i punti si vedevano bene, simili ai propri. 
- Anche per te è così se lo faccio? 
Forse aveva ragione, nel dire che avevano cose in comune e che si attiravano per quello.
“Le parti del corpo mancanti? Le cicatrici? Le perdite? Basta questo ad unire delle persone?”
- Le persone si uniscono per molto meno. - rispose Sanemi sollevando la mano come se invece delle dita mancanti gli avesse chiesto perché si erano uniti. 
- Ti ho fatto questa domanda prima e mi hai risposto facendomi venire. Ora ti chiedo se anche tu sei così sensibile lì e mi rispondi alla domanda di prima. Potevi approfittare per farti ricambiare il favore... - lo disse senza mezzi termini, né il minimo timore od imbarazzo. Dopo un orgasmo simile e quella lingua sull’angolo della sua bocca, avevano ben superato lo scoglio dell’imbarazzo.
Giyu si rese conto d’aver sviluppato una capacità di cambiamento ed adattamento che prima non aveva avuto così spiccata. 
Alle avversità aveva reagito rimboccandosi le maniche e dandosi da fare per trovare soluzioni a problemi e per vincere le sue battaglie, ma adattarsi così in fretta a qualcosa di così nuovo e diverso, non gli era mai capitato. 
Forse era l’influenza irruente e sicura di Sanemi accanto, il quale rise sentendoglielo dire e a lui piacque che lo facesse. 
Non ricambiò, ma lo guardò sentendosi più sereno. Forse parzialmente era merito di quell’orgasmo. 
“Non so perché me ne sono privato così per tanto tempo. In realtà ti libera un sacco. Ti toglie la nebbia.”
Sanemi rispose sfacciato:
- Sono appena venuto, ma approfitterò di te un’altra volta, non temere. Riscuoterò il favore. - rispose schietto allo stesso modo, raddrizzandosi ed issandosi fuori dalla vasca usando entrambe le braccia. Una volta fuori, in piedi e gocciolante oltre che nudo e fumante, tese la mano a Giyu, il quale la guardò impassibile, sebbene dentro di sé stesse per venirgli un colpo.
Era la prima volta che sollevava di proposito gli occhi sui suoi genitali che gli pendevano davanti a pochi centimetri. 
Giyu però ignorò la sua mano tesa, usando il braccio rimasto si issò da solo torcendo il corpo dopo il colpo e si sedette sul bordo, uscendo da solo. 
Sanemi rise a quel suo gesto, scuotendo la testa. Andò così verso gli asciugamani e gliene lanciò uno tenendosene un altro per sé. 
Si strofinò subito i capelli bianchi lasciandoli arruffati come meglio credevano, il suo solito modo di gestirli, ovvero non farlo. 
Poi iniziò a strofinarsi il resto del corpo partendo dal davanti, distrattamente guardò Giyu e notò le sue difficoltà che cercava di superare e nascondere con la sua solita impassibilità, ma alla fine rendendosi conto di star correndo controvento e che il vento in questione ce l’aveva accanto, sospirò insofferente scuotendo il capo e si lasciò l’asciugamano sulla testa che faceva effetto fantasma. 
Asciugarsi con una mano era praticamente un’impresa. 
Si era passato certe parti e un po’ la testa, ma aveva realizzato che i capelli così lunghi erano davvero ingestibili. 
Ed ora doveva anche pettinarli, per giunta. 
Si morse il labbro da sotto il telo, nascosto, mentre si sentiva frustrato e infastidito dal non poter fare da solo le cose più semplici. 
Sanemi aveva facilmente superato il suo problema, ma del resto gli mancavano solo due dita alla mano destra. Avrebbe imparato con le bacchette, nel frattempo aveva già trovato delle soluzioni pratiche e facili. 
Lui faticava di più a superare il suo braccio mancante. 
Stava per arrendersi e chiedergli di nuovo aiuto, quando sentì le sue mani strofinargli la testa e fu contento che fosse venuto in suo soccorso senza bisogno di chiederglielo.
Forse in tutta quella storia, la cosa più difficile era proprio quella. 
- Grazie. - mormorò senza mandarlo via. Sanemi brontolò qualcosa che non capì e continuò ad usare l’asciugamano per asciugargli anche la schiena ed il resto che prima non era riuscito a passarsi. Quando gli si spostò sul fianco ancora bagnato, il sinistro, Giyu alzò un sopracciglio notando che era ancora tutto bello nudo. E bello, improvvisamente, era proprio il termine adatto per lui. 
Specie per il suo corpo che non era minimamente rovinato dalle tantissime cicatrici che c’erano, non davvero. Un corpo forte, muscolo, ben formato e possente. 
Un corpo che di nuovo stava guardando nell’arco di poco tempo, in modo forse un po’ troppo strano ed insistente. Aveva deciso di prendere più da Sanemi e lasciarsi andare alle cose senza fermarsi prima a ricoprirsi di domande insolute, perciò semplicemente alzò il braccio permettendogli di asciugargli il fianco e l’ascella senza staccare gli occhi dalle sue spalle, dal suo torace e dalla sua vita stretta. 
“La guerra mi ha proprio dato alla testa, è l’unica spiegazione.”
Del resto, essere liberi aveva i suoi effetti ed ora li stava appena iniziando a scoprire.