*Tante ed inaspettate le emozioni che investono Giyu grazie a Sanemi, ma quando si sveglia senza di lui si rende conto che non è la stessa cosa, che da solo si sente svuotato e sta male. Sanemi arriva apparentemente più facilmente alle risposte che l'aiutano a risalire, aiutato anche dal fatto che Giyu ha davvero tanto bisogno di lui. Questo è uno dei miei capitoli preferiti, lo ammetto, mi è piaciuto molto scriverlo. Spero piaccia anche a voi, è carico di emotività e profondità. Ringrazio gli artisti delle fan art che mi hanno ispirato questo capitolo, perché sono splendide. Per questo giro abbiamo una canzone speciale che inerisco perchè mi ha aiutato a scrivere, di questa ci sono molte versioni, una più bella dell'altra, questa è quello che in particolare mi aveva fatto innamorare. Grazie per i commenti ed i complimenti. Buona lettura. Baci Akane

7. VUOTO

sanegiyusanegiyusanegiyusanegiyusanegiyu

/Santana & Chester Bennington ft Ray Manzarek - Riders On The Storm/

Faceva uno strano solletico. 
Ma che cos’era? 
Sanemi riemerse dal sonno richiamato da quel solletico all’altezza del torace, quando stava per riaprire gli occhi, si rese conto che oltre al solletico sul petto, c’era anche un peso.
Una mano posata lieve lì, sulle sue cicatrici vecchie, così sensibili a quel qualcosa che gli stava procurando solletico e piacere. 
Quando aprì gli occhi, si rese conto che si trattava di Giyu che dormendo gli era salito sopra quasi interamente. 
Il suo volto era rivolto sul suo petto dove lo yukata da camera si era aperto proprio dove lui si appoggiava. 
Le labbra chiuse aderivano delicatamente sulla sua clavicola e il respiro giungeva sulla sua pelle solcata dalle cicatrici. Sempre lì c’era la sua mano. 
Dormendo, Giyu mosse le dita come se gli carezzasse nel sonno il solco su cui erano adagiate, incuriosite nel sonno da cosa stava toccando. 
Sanemi gemette involontariamente al piacere procurato, accompagnato dal suo respiro. 
Piacere che si riversò nell’erezione che gli venne sotto la stoffa leggera che per inciso era la sola cosa a separarlo dalla coscia del suo compagno che gli dormiva addosso. 
Non si erano più messi alcuna biancheria intima, erano rimasti solo col yukata che per quando lungo, era comunque un indumento aperto e sotto erano praticamente liberi. 
Adesso si iniziava a notare. 
Sanemi si morse il labbro abbassando gli occhi sulla sua chioma nera, inghiottendo a vuoto mentre sentiva l’erezione diventare sempre più dura. Presto l’avrebbe sentita, impossibile il contrario. 
“Se si sveglia perché il mio cazzo duro gli preme contro la coscia glielo dico chiaro e tondo che è colpa sua... sta continuando a grattarmi una delle cicatrici sul petto, che si crede, che sono insensibile? Prima gli ho pur fatto vedere come funzionano...”
Quasi sperò che si svegliasse per quello, ma quando sentì il bisogno sempre più impellente di toccarsi e masturbarsi, Sanemi impreco e scivolò via da sotto di lui.
Giyu continuò a dormire girandosi dall’altra parte, a quel punto potè alzarsi su con la schiena e appoggiandosi su una mano, usò l’altra per finire l’opera. 
Si scostò la stoffa e se lo prese in mano iniziando a massaggiarsi con impeto. Era già bello duro, ci volle poco.
Gli bastò staccare la mano dal tatami su cui poggiava e carezzarsi le cicatrici sul petto, toccò la stessa che prima Giyu aveva grattato dormendo e quando voltò lo sguardo su di lui, venne senza troppi complimenti. 
Si era sempre provocato piacere da solo, non aveva mai avuto tempo per ottenerlo interagendo con gli altri perché di fatto aveva sempre litigato con chiunque e non gli era mai andato bene nessuno. Oltre a questo, la sua priorità era di fatto sempre stata combattere ed uccidere i demoni. 
Gli orgasmi erano state necessità, più che ricerche di qualcosa o qualcuno.
Era la prima volta che si sentiva voglioso verso un’altra persona. 
Il fatto che fosse un ragazzo come lui, non lo turbava minimamente al punto che mordendosi il labbro, si sporse su di lui per vedere se ancora dormiva, ma una folata di vento un po’ più forte, attirò la sua attenzione verso la finestra aperta. 
Sanemi guardò fuori e vide che si era messo a piovere, la sera era scesa su di loro e li aveva visti dormire per il resto del pomeriggio. Adesso si sentiva molto meglio, sia dopo la doccia e il pranzo che dopo il sonno, ma probabilmente il più era stato l’orgasmo. 
Ridacchiando malizioso si alzò ed andò a chiudere la finestra, poi prese le coperte del futon rimaste aperte da prima e le tirò su Giyu coprendolo. 
Rimase un istante a guardarlo con morbidezza. Non sapeva perché improvvisamente si fosse fissato tanto su di lui e gli scatenasse tutte quelle reazioni, così diverse dalla voglia di prenderlo a pugni nutrita nei suoi confronti fino a poche settimane prima, ma non avrebbe di certo iniziato a combattere con sé stesso. Non l’aveva mai fatto e non poteva mettercisi ora. 
Non sapeva come mai, però contava che lo voleva. 
Un gorgoglio dallo stomaco lo distrasse e sbiancando si raddrizzò in piedi uscendo silenzioso dalla camera alla ricerca di cibo e bevande. 
Avevano passato l’ora della cena ed ormai iniziava ad essere stufo di dormire, un paio di giorni così ancora e sarebbe stato pronto per mettersi a correre e saltare, sebbene ormai era consapevole non sarebbe più servito. 
“Davvero, che cazzo farò, ora? Non ricordo mica come si vive senza demoni da abbattere...”
Sarebbe andato con Giyu dove gli aveva chiesto di accompagnarlo e poi l’avrebbe portato alle tombe della sua famiglia dove ne avrebbe fatta una vuota per Genya. Nel frattempo avrebbe fatto sesso con lui, perché era evidente che puntava a quello. 
E poi?
Poi che avrebbe fatto? Qual era il suo piano?
“Da quando ho bisogno di piani per vivere?” si chiese seccato trovando un vassoio di polpette di riso ripiene pronto sicuramente per lui, accanto una caraffa di acqua che guardò schifato nella speranza di trovare invece una fiasca di sakè. “Da quando l’unico che io abbia mai avuto è finito, ecco da quando. Ho vissuto solo per combattere, non dovevo chiedermi che fare, sapevo cos’era. Adesso però è diverso. Non ho letteralmente più un cazzo da fare e nessuno di cui vedere. Sono tutti morti.”
Il volto di Genya riaffiorò brevemente mentre nel sogno lo spingeva verso Giyu e fu così che il pensiero volò a lui, così tornò verso la camera capendo che stava semplicemente sostituendo suo fratello con lui. 
“Beh, con mio fratello non ho di certo mai voluto scoparlo... e comunque non ci andavo d’accordo, ma se ci fossero state condizioni diverse... insomma, prima dei demoni andavamo d’accordo e ci adoravamo. Chissà che vita avremmo avuto senza demoni? Forse quella che spero di avere con Giyu?”
Stava per aggiungere un altro pensiero sconcio relazionato al suo nuovo amico, quando rallentò passando dall’uscita sul giardino del retro, la porta era aperta e prima di finire il pensiero che gli era balenato per la mente come una folata di vento improvvisa, si bloccò notando una presenza lì sotto la pioggia. 
Una figura stava fuori dal portico, scalzo, e stava prendendo di proposito un sacco di pioggia torrenziale. 
Sanemi per poco non fece cadere il piatto col cibo e l’acqua, realizzando che era Giyu, ma posò tutto a terra non volendo tornare indietro a cercare altro cibo e si precipitò fuori per vedere che diavolo stava facendo.
Spalancò meglio la porta scorrevole e vide Giyu con la testa all’indietro, il viso rivolto in alto e la pioggia che lo ricopriva.
I capelli lunghi erano zuppi e la coda si era mezza sciolta, lo yukata leggero era appiccicato al suo corpo e mostrava chiaramente tutte le forme attraenti e longilinee del suo corpo atletico. Anche l’inguine.
Sanemi per un momento rimase bloccato, avvampando per la prima volta. 
Era bellissimo.
Non era la prima volta che lo pensava, ma in quel momento fu come una bora che ti colpisce e ti fa volare gambe all’aria. 
Sanemi si eccitò di nuovo e provò l’istinto di prendere e baciarlo, ma si fermò vedendo che dai suoi occhi, nelle sue guance, oltre alle gocce fitte di pioggia, cadevano anche delle lacrime. 
In quel momento, col fiato sospeso, ne fu certo. 
Stava piangendo. 
Raggelato, lo raggiunse mentre l’eccitazione di prima scivolava via per lo shock oltre che per l’acqua fredda di cui non era un grande fan come Giyu. 
Lui preferiva il vento. 
Scalzo a sua volta, camminò giù dalla pedana di legno e fuori dal portico, raggiunse Giyu e mettendogli le mani sulle braccia, attirò la sua attenzione. 
Giyu aprì gli occhi e raddrizzò il capo guardandolo appannato. 
I suoi occhi erano blu scuro, cupi, pieni di lacrime che scendevano davvero, non si era sbagliato. L’aveva come sentito, più che visto. 
- Che diavolo succede? - chiese pensando che avesse ricevuto un’altra brutta notizia o magari l’avesse percepita. - Tanjiro non ce l’ha fatta? - chiese subito ansioso, precipitoso ed agitato. 
Sapeva che i due erano molto legati, per lui avrebbe pianto. 

Giyu sgranò gli occhi alla sua preoccupazione e al suo calore, scosse il capo e poi tornò allo stato depresso di prima.
Si era svegliato da solo, sentendo freddo nonostante la finestra chiusa e le coperte addosso.
Infastidito e con uno stato d’animo catastrofico, si era alzato con un senso di vuoto gelido orribile. 
Vuoto, solo e freddo. 
Aveva rabbrividito e per nulla contento di essere in camera senza nessuno, si era alzato alla ricerca di Sanemi, sentendosi improvvisamente totalmente incapace di stare solo nonostante lo fosse stato per tutta la vita. 
Senza di lui, come d’incanto, si sentiva angosciato. 
Passando davanti alla porta sul retro semi chiusa, aveva visto che pioveva e come attratto da una forza fortissima invisibile, era uscito sentendo un bisogno primordiale e profondo, nonché impellente, di bagnarsi con la pioggia. 
Appena l’acqua l’aveva ricoperto, aveva subito sentito ogni cosa.
Ogni emozione e sentimento era esplosa in lui in una volta, lasciandogli infine un unico stato d’animo, terribile, devastante, al quale non aveva retto.
Vuoto. 
Lui era vuoto. 
Non aveva un’anima, dei sentimenti, una volontà, non provava emozioni, né desideri. 
Vuoto.
Il vuoto regnava dentro di sé e sarebbe diventato sempre più enorme. Senza Sanemi accanto, senza una guerra da combattere, l’aveva infine capito. 
Vuoto, ecco cos’era.
Tristemente ed inesorabilmente vuoto. 
Senza rendersi conto, le proprie labbra tremanti lo dissero ad alta voce. 
- Sono vuoto, Sanemi. Sono così vuoto... così tanto vuoto... terribilmente vuoto... 
Non riuscì ad esprimere altro. Si limitò a ripeterlo, mentre Sanemi, shoccato dalle sue parole oltre che dal suo stato, lo strinse forte a sé e lui, in un mare di lacrime, si aggrappò a lui, gli si accoccolò contro e si lasciò abbracciare, mentre all’angoscia per il suo vuoto, si aggiungeva la frustrazione per il non poterlo nemmeno abbracciare e stringere come voleva. 
Non l’avrebbe mai potuto fare. Mai. 
A cosa si sarebbe aggrappato, allora? 
Sarebbe annegato così? 
L’acqua era il suo elemento perché l’avrebbe ucciso da dentro?
L’avrebbe ripetuto all’infinito, così tanto terrorizzato dentro di sé da non riuscire ad esprimerlo apertamente all’esterno. Sapeva di non stare avendo alcuna inclinazione, mentre diceva una cosa tanto brutta e disperata. Si sentiva vuoto e lo era e non riusciva a riempirsi in nessun modo, non aveva niente, dentro di sé, niente.
Non sapeva che invece stava piangendo e non aveva idea di quanta impressione facesse non per ciò che diceva e per il modo incolore in cui lui si sentiva. 
Sanemi pur di farlo smettere lo prese bruscamente per le braccia, poi gli mise con forza una mano sulla bocca, zittendolo a forza. 
Scivolò con il viso sul suo, diviso solo dalle sue dita ancora premute sopra. 
Giyu spalancò gli occhi sconvolto ritrovandosi il suo sguardo così vicino.
Lui così vicino. 
Se avesse tolto la mano, le loro bocche si sarebbero toccate.
C’era la pioggia a ricoprirli, bagnarli e raffreddarli, ma erano bollenti tutti e due e lo sguardo di Sanemi era così... così diverso dal suo solito.
Non era furibondo, nonostante il modo brusco in cui l’aveva zittito. 
- Smettila. Non sei vuoto. Sei bellissimo. 
Giyu voleva rispondergli, scosse la testa, ma Sanemi non lo lasciò rimanendo prepotentemente a chiudergli la bocca. 
I nasi si toccavano, si respiravano. 
Non si era reso conto di piangere e di avere smesso appena lui l’aveva toccato. 
“Essere belli non riempie di nulla!” 
Voleva rispondergli così, ma lui non glielo permise costringendolo ancora al silenzio. 
Invece parlò lui, ancora lì così premuto, una mano a tenerlo a sé sulla schiena, a fargli aderire il corpo fradicio avvolto come il suo da una leggera veste notturna. 
Ma i suoi occhi viola erano magnetici, intensi e così carichi di morbidezza. 
Morbidi.
Quando mai Sanemi era stato morbido?
Era sempre stato brusco e furioso e rabbioso, ma morbido mai.
Eppure non si sbagliava, ora lo era. 
- Non sapere cosa provi non significa che non provi nulla.
Giyu scosse ancora il capo cercando di parlare, premette la mano sul suo petto, lo yukata aperto non lo copriva bene, era legato alla vita come il proprio, ma se lo teneva scomposto addosso e per poco non scivolava sulle spalle. 
Si vedevano i segni freschi delle ferite non del tutto rimarginate, ma Giyu era completamente catturato dal suo viso così vicino al proprio. 
- Se sei vuoto, vorrà dire che ti riempirò. 
Voleva rispondere che non poteva dipendere così da qualcuno, che sarebbe stato lui a riempirlo, ma non era un reale riempimento. 
Lui senza Sanemi o chiunque altro sarebbe sempre stato vuoto. 
Ma finalmente Sanemi disse quel che lo placò realmente, come se il suo flusso di pensieri lo penetrasse direttamente nella mente senza bisogno di parlare a voce. 
Capendolo così a fondo, così tanto da sconvolgerlo come non mai. 
- Sei così disperato all’idea di essere vuoto e arido... ma non capisci, Giyu? Chi lo sarebbe se fosse realmente vuoto? 
A quel punto Giyu spalancò ancora gli occhi sorpreso, ma non disperato, disgregato e contrariato. 
Fu così che Sanemi tolse lentamente la mano dalla sua bocca e scese a cercare la sua, sciogliendolo per vedere se se ne sarebbe andato potendo. 
Ma rimase lì, Giyu. 
Inchiodato al suolo, scalzo come lui, con il fango che logorava i loro piedi lavati solo poche ore prima. 
I capelli di entrambi ormai appiccicati giù. 
Si guardarono seri, intensamente, rimanendo vicini. 
Giyu abbassò la mano dal suo petto smettendo di premere nel tentativo di allontanarlo, ma una volta che la sua bocca fu libera, non cercò più di dire nulla. 
- Non sei vuoto, stai solo così tanto male che non sai esprimerlo. Ma sei pieno di cose meravigliose che voglio scoprire. 
Giyu si abbandonò chiudendo lentamente gli occhi, avvicinando il viso al suo come prima, ma senza alcuna mano a separarli. 
Arrivarono così le labbra di Sanemi sulle proprie a dargli sollievo ed erano calde e morbide e finalmente non fu un bacio rubato od una strana provocazione. 
Le bocche si fusero, aprendosi insieme, le lingue si trovarono e si intrecciarono e le mani si strinsero forte. 
Non poteva abbracciarlo, non l’avrebbe mai fatto, ma si sarebbe fatto stringere da lui. 
Rimasero a baciarsi sotto la pioggia che lentamente iniziò a rallentare fino a smettere, come se l’animo in subbuglio di Giyu l’avesse prima provocata e poi placata. 
Quando le gocce divennero sempre meno fino a creare una sinfonia tenue e romantica, Giyu rabbrividì e scivolò fuori dalla sua bocca, strisciò al suo orecchio e aderendo le labbra mormorò: 
- Stringimi. 
Nel dirlo, lasciò la sua mano per aggrapparsi al braccio e sentì tutti i brividi di Sanemi per quel che gli aveva detto e come. 
Forse che iniziava ad esprimere qualcosa, finalmente? 
Quando Sanemi lo accontentò avvolgendolo, Giyu appoggiò il mento sulla sua spalla e voltò il viso contro il suo collo fradicio. 
- Forte.  - sussurrò ancora. 
Sanemi aumentò la presa e lui iniziò a respirare, sentendosi meglio.
Non poteva stringerlo, ma l’avrebbe fatto lui al suo posto. 
Mise il proprio braccio intorno alla sua vita, provando a fare la stessa cosa con l’altro senza successo. 
Strinse gli occhi e se li sentì bruciare. 
Non sarebbe mai bastato.
Gli sarebbe sempre mancato, l’abbraccio.
Ed era ridicolo. 
Capendo che cosa cercava di fare e cosa provava, come se di nuovo glielo trasmettesse direttamente dentro, Sanemi aumentò ancora di più la forza nelle braccia che lo circondavano e gli tolse il fiato dandogli un definitivo sollievo. 
- È assurdo, non ho mai voluto abbracciare e toccare nessuno ed ora che non posso più farlo... non so cosa darei per riuscirci... ma non potrò mai abbracciarti e vorrei tanto farlo. 
Non sapeva perché, voleva solo farlo ed aveva deciso di buttarsi e seguire il suo istinto. Un istinto che l’aveva portato da lui in quel modo, ma che ora lo stava facendo sentire meglio.
Non sapeva perché si erano trovati e perché si stavano aiutando, ma stava avendo senso. 
Stavano avendo successo.
Si stavano aiutando.
Si stavano aiutando davvero. 
- Lo farò io, per te. Non te lo farò mai mancare. - rispose forte e deciso con la sua tipica irruenza, baciandogli la tempia, fra i capelli bagnati.
Giyu sorrise malinconico. Non gli disse che non sarebbe comunque mai stato lo stesso. 
Sarebbe stato sufficiente, lo sapeva, ma non la stessa cosa. 
Abbracciare. 
Abbracciare veramente, con entrambe le braccia, forte fino a togliere il fiato, allacciare le mani dietro la schiena. 
Tenere qualcuno fra le braccia. 
Stringerlo.
Trasmettergli i propri sentimenti a pieno, così come stava facendo Sanemi in quel momento, investendolo come un uragano fino a sconvolgerlo. 
No, essere abbracciati non era come abbracciare, perché lo facevi per dare, non per ricevere. 
Ma capì che per colmare quella mancanza grave, avrebbe dovuto lavorare il doppio per compensarlo.
“Mi impegnerò per questo, allora.”
Non diede voce, finalmente, a quella domanda che solitamente a quel punto spuntava. 
Perché proprio Sanemi? Perché solo ora? 
Perché?
Non gli diede voce, perché ormai non aveva importanza. E forse lo sapeva, perché. 
“Perché lui ora è qua con me.”
Giyu intenzionato a fargli sentire quel che provava e che non poteva trasmettergli con un abbraccio, sfilò con le labbra sulla sua guancia e trovando le cicatrici che solcavano il suo viso, ora bagnato ma caldo e morbido, disse piano, ad occhi chiusi: 
- Andiamo dentro... 

E su questa limpida promessa, Sanemi avvampò e si eccitò di nuovo, come non mai.