*Dopo un bellissimo momento di incontro profondo fra i due, arriva il tempo di un po' di intimità. Finalmente. Profondamente scossi da quanto successo sotto la pioggia, sanciscono il desiderio di unirsi di più. Per Giyu è ora di sciogliere ogni dubbio rimasto e capire precisamente perché ha una spinta tanto forte per Sanemi. Ringrazio chiunque abbia fatto le splendide fan art che mi hanno ispirato per il capitolo e ringrazio chi sta leggendo e commentando, mi fa molto piacere sapere ciò che ne pensano gli altri. Buona lettura. Baci Akane

8. SENZA DUE MANI

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Sanemi aveva praticamente una sola cosa in testa.
Sesso.
Non l’aveva mai fatto, ma era molto aperto sull’argomento, si era sempre provocato piacere da solo e anche se non aveva mai preso in considerazione l’idea di farlo avendo altre priorità, adesso che la sua vita era completamente cambiata in un attimo, non aveva il minimo dubbio su che cosa volesse. 
Entrati dentro, lo prese per mano e lo tirò sbrigativo verso la camera sentendo il desiderio pulsare ed ingigantirsi, specie fra le gambe dove l’erezione era libera di ingrandirsi a piacimento senza costrizioni di sorta. 
Entrambi indossavano ancora gli yukata da camera, chiusi solo dal legaccio nero. Quello di Sanemi era più aperto di quello di Giyu, ma entrambi erano bagnati fradici, così come il resto dei loro corpi e dei capelli.
I piedi, poi, erano luridi, ma nessuno dei due pensò di deviare verso il bagno per una ripulita veloce e per i cambi puliti. 
Andarono dritti in camera.
O meglio, Sanemi ci andò, ma Giyu non diede cenni di contrarietà. 
Se lo tirò dentro, lo lasciò e chiuse la porta, infine si voltò verso di lui. A quel punto però fu Giyu il primo a cingergli il collo col braccio, tirandolo a sé mentre si lasciava cadere seduto sul futon a terra. 
Nella manovra cercò le sue labbra, trovandole facilmente mentre si chinava su di lui inginocchiandosi. Se lo prese a sé aprendo le gambe e avvolgendogliele intorno ai fianchi, mentre si lasciava cadere indietro, sulla schiena, tirandoselo sopra. 
Nel movimento si vennero incontro con le lingue, le bocche aperte quasi aderivano e gli yukata ancora legati solo dai legacci, erano quasi del tutto aperti e scivolati giù sulle braccia.
Dalla vita in giù rimanevano chiusi di poco, ma era più quello che mostravano, che quello che ancora nascondevano.
Nessuno dei due ci badò.
Sanemi si appoggiò sul futon con una mano, mentre con l’altra corse sulla sua coscia, proprio sotto la stoffa bagnata appiccicata, strisciò in alto alla ricerca delle sue natiche. 
Giyu si stese completamente, mentre le loro labbra ormai unite, erano di nuovo perse in un bacio che crebbe di intensità e voglia. 
Lo sentì alzare il bacino verso di lui come a chiedere di più e Sanemi si staccò dalla sua bocca per guardarlo sorpreso e capire se era davvero capace di passare da zero a cento così.
Non aveva mai fatto sesso, nemmeno si era mai masturbato prima di quel pomeriggio. Come faceva ora? Va bene la scossa emotiva, ma per un momento si interrogò se non si sarebbe fermato sul più bello rendendosi conto che non poteva ancora e che stava correndo troppo. 
Giyu, in risposta, come sapesse la domanda che gli stava facendo il suo volto dalle espressioni tendenzialmente inquietanti, scese con la mano dal suo collo per correre alla vita, prese il legaccio ancora annodato, reso più difficile da togliere per via della pioggia, e lo tirò via deciso. 
I suoi occhi ora erano vivi e carichi, così carichi non glieli aveva mai visti. Pieni di vita. 
Qualunque cosa stessero esprimendo, non aveva importanza. 
Sanemi impazzì definitivamente e mordendogli il labbro, mormorò: 
- Non posso smettere più, lo sai? 
Giyu continuò a rispondergli a fatti, impegnandosi più che mai per trasmettere quel che non poteva con l’abbraccio. 
Scivolò con la mano sotto il suo yukata, ora aperto del tutto, salì sulla sua spalla e scese sul braccio facendoglielo togliere. 
Impedito così dalla posizione china e ricurva su di lui, piegato sulle ginocchia fra le gambe aperte di Giyu, Sanemi si sollevò non facendolo finire, impaziente di sbrigarsi. 
Si tirò su e si tolse sbrigativo la veste, poi guardò come Giyu cercava di sciogliersi il proprio legaccio, ma doveva avergli fatto un nodo troppo ben fatto per poterlo levare con una sola mano, infatti vedendo che non riusciva, lo guardò fare una splendida smorfia stizzita. 
Sanemi sogghignò divertito, era bellissimo anche così. 
Forse ancora di più. 
Completamente nudo su di lui, lo vide ammirare in difficoltà il suo corpo forte e coperto di cicatrici. 
Gli stava piacendo molto, quel che vedeva. E sicuramente fremeva perché voleva toccarlo e carezzarlo meglio.
Con due mani.
Ma non avrebbe mai potuto. 
Sanemi decise di non torturarlo troppo come gli sarebbe piaciuto e lo aiutò a liberarsi del nastro alla vita, una volta slacciato, aprì lo yukata che rimase su solo sulle braccia. Stava per ripiegarsi su di lui, quando Giyu si alzò e prese improvvisamente il controllo della situazione. 
Con sorpresa, lo vide sfilare le braccia e alzarsi col busto, gli venne incontro e tirando fuori la lingua per primo, cercò le sue labbra. Con la mano lo spinse indietro, usando una notevole forza che sapeva possedeva.
“Si sta riprendendo bene ed in fretta, dopotutto...”
Si disse sorridendo fra sé e sé, mentre lo accontentava abbandonandosi all’indietro.
Una volta steso sotto di lui, Giyu, completamente nudo a sua volta, con un corpo più snello del proprio prorompente, con alcuni segni sul corpo vecchi e recenti, gli si stese addosso. 
Sanemi spalancò gli occhi capendo cosa stava facendo.
Non poteva carezzarlo a piene mani come avrebbe voluto, perciò avrebbe usato sistemi alternativi.
Aggirando l’ostacolo, lo fece letteralmente impazzire. 
Giyu usò dapprima tutto il suo corpo per carezzarlo e sentirselo addosso con ogni parte di sé. Ogni parte. 
Specie il bacino. 
Poi usò la lingua. 
E lì fu un po’ la fine.
Il cervello, connesso ancora di poco, si staccò del tutto e lui si perse in quell’esplosione di sensazioni vivide, erotiche e splendide trasmesse sì dal suo corpo, ma in particolare dalla lingua.
Lingua che si soffermava in particolare su tutte le sue cicatrici.
Tutte.
E non erano poche, ma soprattutto non erano poco sensibili. 

Giyu capì che Sanemi stava impazzendo, lo percepiva sotto la pelle. Ma soprattutto sotto la lingua. 
Ricordando della sensazione subita sulle cicatrici sensibili e fresche del suo braccio, si soffermò in particolare sulle sue. Essendo tante, si prese il suo tempo.
Ma del resto, il suo corpo era così bello, forte, solido e pieno di muscoli che non pensava nemmeno una persona, così giovane fra l’altro, potesse avere. 
Il suo corpo era incredibilmente bello e sentirlo col proprio, leccarglielo, averlo in quel modo, lo rilassò e lo riempì di un piacere che non pensava di poter provare. 
Dare e non ricevere. 
Essenziale. 
Meraviglioso. 
Specie poi quando arrivò all’inguine e lì, invece di fermarsi ed esitare nel ritrovarsi a fare qualcosa che non aveva mai fatto, proseguì dritto come un treno.
Non esitò.
Aprì meglio la bocca e con la lingua delineò tutte le parti sensibili delle sue zone erogene, risalì poi sul suo membro fino ad arrivare alla punta. La solleticò con la lingua e notò che più lo leccava e lo stuzzicava, più diventava duro e grande.
Nel sentirlo, anche il proprio iniziò a reagire e con la mano libera invece di aiutarsi con quello di Sanemi, corse a darsi sollievo da solo, come aveva fatto prima nella vasca. 
Senza rifletterci un secondo, glielo avvolse con le labbra ed iniziò a succhiare, rendendosi conto di quanto fosse facile mentre gli veniva sempre più duro e grande, e lo sentiva pulsare come se fosse vivo.
Si chiese cosa sarebbe successo se non si fosse fermato, lo sapeva cosa succedeva a quel punto, ma si chiese se per caso...
Tuttavia Sanemi non lo fece sperimentare, gli prese i capelli lunghi e mezzi sciolti dalla nuca, ancora bagnati, e glieli tirò alzandolo. 
Venne di lato, superando di un soffio il futon su cui erano, schizzando sullo yukata bagnato che si era tolto. 
Giyu guardò contrariato e contemporaneamente incuriosito. 
Guardò le macchie sulla stoffa blu, guardò il volto rosso e perso in un godimento intenso di Sanemi e guardò la sua mano che si teneva ancora il membro duro che era appena esploso. 
Guardò e mordendosi il labbro, aumentò i movimenti della mano trovando quella visione particolarmente bella.
Chiuse gli occhi abbandonando la testa all’indietro e quando stava per venire, venne interrotto da Sanemi che gli tolse la mano sostituendola con la sua bocca. 
Giyu spalancò gli occhi, abbassò lo sguardo e vide la sua nuca bianca muoversi fra le sue gambe ed il mondo tornò definitivamente a confondersi, mentre un esplosione di sensazioni divampava in lui come prima, ma più forte. 
Fu più bello e poco prima di venire provò ad avvertirlo mettendogli la mano sulla testa, ma Sanemi continuò imperterrito, perciò quando gli prese lo sperma in bocca e si sollevò sorridendo soddisfatto, lo guardò un momento malizioso. Infine si girò sullo yukata già macchiato del proprio e sputò lì. 
Giyu avvampò vedendo come avevano ridotto il vestito e andò in tilt. 
Gli parve solo di sentire le risa sadiche e divertite di quel debosciato, ma si sentì solamente stendere nel futon straordinariamente pulito per miracolo. 
Lo sentì poi che lo ricopriva col suo corpo forte, asciutto e sicuro e si sentì sospirare, mentre i sensi impazziti e mescolati, lentamente, tornavano al loro posto. 
Ci tornarono con le sue labbra che gli coprivano il viso di piccoli baci, finendo poi sulle sue piegate in un sorriso spontaneo, molto migliore di quello grottesco fatto prima alle terme. 
La miglior compensazione di un abbraccio vero. 
- Grazie. - mormorò poi Giyu sentendo il bisogno di dirlo. Sanemi brontolò imbarazzato qualcosa che non capì, ma si stese al suo fianco, abbracciandolo e tirandoselo addosso. 
I loro corpi, nudi, accaldati e palpitanti, si diedero infine la pace che permise loro di tornare per l’ennesima volta a dormire. Questa volta senza incubi o tormenti di alcun tipo. 

I suoi lineamenti erano rilassati, nel sonno. Aveva quasi un’espressione serena. 
Quasi. 
Tendeva all’imbronciato anche mentre dormiva, ma si vedeva che era meno cupi e tirati di sempre. Di volta in volta andava sempre meglio. 
Gyu, svegliatosi di buon mattino, si sentiva anche lui fisicamente molto meglio, quasi rimesso, anche se sapeva d’aver ancora bisogno di altre dormite e giornate tranquille all’insegna di terme curative, cibi sani e nutrienti e di pazienza. 
Sorpreso di svegliarsi prima di Sanemi, cosa che finora non era mai successa, si voltò verso di lui rimanendo steso accanto. 
Si era svegliato accoccolato su di lui, quando l’aveva realizzato, aveva ricordato in un’ondata di calore quanto successo quella notte, poi si era calmato e messo sul fianco, aveva sollevato la testa reggendola sulla mano rimasta, il gomito piegato.
Lo sguardo aveva vagato sul suo compagno.
Non aveva mai avuto il concetto del bello e del piacere, per lui c’era sempre stato il dovere e le regole, ma quando si era trovato davanti all’anomalia di Nezuko, non aveva esitato un istante a darle una possibilità. 
Ricordandolo, gli venne alla mente la reazione ovviamente devastante di Sanemi alla famosa riunione dei pilastri, quando avevano discusso su cosa fare con la sorella demone di Tanjiro. 
Non aveva mai morso nessuno né bevuto sangue, non aveva aggredito nessun essere umano e pareva mantenere una sorta di controllo nella sua regressione psico-fisica. 
Ricordava come molti fossero stati contrari, qualcuno in accordo e poi c’era stato lui.
Nonostante fosse stato lui a concedere quell’opportunità a Nezuko e ad indirizzare Tanjiro nel mondo dei cacciatori di demoni, non aveva lottato strenuamente per loro, quando si erano riuniti insieme per discutere col capofamiglia il da farsi.
Sanemi però sì che aveva lottato per le sue idee. 
Idee ovviamente burrascose, piene di rabbia e di odio.
Aveva fatto di tutto per provocare una reazione da demone a Nezuko, ma alla fine non ce l’aveva mai avuta realmente con lui.
Sostanzialmente l’aveva invidiato, in qualche modo.
Era sempre riuscito ad avere le idee chiare e a difenderle a tutti i costi, rischiando di investire chiunque ed esagerando al cento percento delle volte. 
Come poteva, ora, essere attratto proprio da lui?
Si stava iniziando a sentire come una falena attratta dalla luce al punto di morire bruciata. 
Sanemi era così pieno di emozioni e sentimenti e non aveva mai paura di tirarli fuori ed esprimerli, anche sbagliando, ma lo faceva sempre. 
Lui a parte dei ragionamenti puramente logici che spesso l’avevano portato ad agire anche fuori dalle righe e dalle regole, ma esclusivamente perché basati su una sorta di dimostrazione sensata di fatti, non aveva mai espresso nulla. Non aveva mai lottato strenuamente se non per uccidere i demoni. 
Non aveva mai esploso emozioni e sentimenti arrivando al punto di credere di non averne e di essere vuoto.
Ricordò arrossendo la sera prima, sotto la pioggia, quando Sanemi gli aveva detto che l’avrebbe riempito lui di sentimenti e che non sapere cosa provava non significava non provare nulla.
Prima di quel momento era tutto apparso confuso al punto da riempirsi di domande che poi si era obbligato a soffocare per ignorare, per poter agire comunque sentendo di volerlo con tutto sé stesso. 
Non si era pentito d’aver lasciato entrare Sanemi nella sua vita, ma ora capiva perché l’aveva fatto.
Era così limpido che gli pareva di guardare la superficie cristallina di un lago trasparente. 
Sanemi aveva quel che lui riteneva di non avere, ma che voleva con tutto sé stesso.
Emozioni, sentimenti, sensazioni e soprattutto capacità di esprimerle e buttarle fuori in ogni modo, qualunque essi fossero. 
E lui li voleva, quei sentimenti. Quelle emozioni. Quelle espressioni.
Perché un tempo le aveva avute, poi le proprie tragedie l’avevano portato a chiuderle in sé stesso, serrarle a doppia mandata. 
No, non era sempre stato così. Lo era diventato per poter svolgere al meglio il suo dovere, un dovere che era più importante di qualsiasi cosa, della vita stessa, dei sentimenti, della gioia e delle cose belle di cui si era privato per realizzare quello scopo primario. 
Adesso che l’aveva adempiuto, gli rimanevano solo i rimpianti, ma essere vivo gli permetteva di poter rimediare. 
Questo, gli aveva insegnato Sanemi in una giornata insieme. 
“Chissà cosa può fare per me se sto con lui per più tempo...”
Giyu sorrise lieve senza accorgersene, percepì il proprio viso tirargli, ma pensò fosse per la posizione e si alzò a sedere, tirò le gambe sotto di sé e le piegò.
Con la mano libera, seguì l’impulso di sfiorargli il viso, seguendo il corso delle cicatrici che solcavano i suoi lineamenti selvatici e spesso inquietanti. Poi si corresse sorridendo di nuovo, ma questa volta con stupore se ne rese conto che era per quello che gli tiravano i muscoli facciali. 
Sorrideva. 
Non era inquietante il suo viso, ma lo erano le espressioni che faceva. 
Nel sonno Sanemi gemette di piacere e immaginando che fosse perché gli toccava le cicatrici sensibili, salì sulla fronte e gli scostò la frangia bianca, rivelando dei lievi cenni di sopracciglia. 
Di primo acchito e a distanza, senza osservarli bene, non si notavano infatti la zona degli occhi era quella più grottesca ed inquietante proprio per quello. 
Ma guardando bene da vicino, le sopracciglia c’erano. 
Si chinò guardando meglio, piegò la testa di lato e si ritrovò a sorridere ancora mentre pensava di disegnargliele con l’indelebile. 
“Credo che sia bello, a modo suo. Senza queste cicatrici e con le sopracciglia al posto giusto, si vedrebbe meglio, questo suo viso. Ma non ha importanza, in realtà, perché questi segni che lo rovinano fanno parte di lui. Mostrano la sua personalità forte ed incrollabile. È sopravvissuto ai demoni più forti, ha battuto la prima luna crescente insieme agli altri. Non è l’esteriorità e la bellezza, il suo punto forte. A me, in ogni caso, non importa come sia...”
Scese con le dita sulle sue labbra, dove la pelle non era rovinata e si intravedeva un viso che quando non si digrignava in un’espressione di rabbia, di odio o di sadismo grottesca, era del tutto normale. 
Piacevole, anzi. 
Era quella la parte che gli piaceva di più. 
Giyu si chinò del tutto, ricordando i sorrisi e le risate di cui era stato sorprendentemente capace in quel giorno insieme. 
Come se niente fosse mai stato. 
Come ci era riuscito così in fretta? 
Sfiorò le sue labbra. 
“Lui è un vento impetuoso che cambia il tempo da un momento all’altro. È normale che sia così pieno di qualunque cosa e capace di tutto.”
Non aveva mai desiderato tanto ardentemente assorbire il meglio di qualcuno, nella speranza di migliorare lui stesso. 
Perché lo voleva, ora.
Lo voleva come non mai, con tutto sé stesso. 
Migliorare. 
Tornare ad essere un umano e non quello che alla fine della guerra era stato pronto ad uccidere Tanjiro vedendolo trasformato in demone. Nessuno aveva ponderato l’idea di farlo; anche se contaminato e trasformato, era il loro Tanjiro, avrebbero dovuto pensare a qualcosa e per fortuna qualcuno l’aveva fatto con prontezza. Ma lui no. Aveva solo pragmaticamente pensato in fretta che se ora era un demone, andava ucciso. Punto. Anche se era lui e non un cacciatore qualunque. Uno per lui piuttosto importante. 
Voleva tornare ad essere umano come una volta, prima di diventare capace di scelte simili così terribili e vuote ed inumane. 
Quando sfiorò le sue labbra, proprio mentre sentiva il calore sbaragliare quei cupi pensieri che erano arrivati ad annuvolarlo, le braccia di Sanemi lo circondarono e lo tirarono giù di forza su di sé, obbligandolo a stendersi di nuovo su di lui, di sbieco e tutto storto. 
Sentì la sua bocca aprirsi ed invaderlo con la lingua prepotentemente, ma lo percepiva che rideva e Giyu si sentì di nuovo meglio. Quasi quasi avrebbe riso anche lui.