*Daiki ha fatto il suo ingresso trionfale nella vita di Taiga proprio come l'aveva sognato, ora però si scontrerà con qualcosa che non aveva previsto e che faticherà un po' a comprendere. Il suo imbarazzo. Sarà più difficile di quel che pensava ritornare a come erano prima, ma dopotutto può essere stimolante, un'altra bella sfida nella loro eterna sfida. Le fan art non sono mie ma trovare in rete, mi sono ispirata per qualche scena. Buona lettura. Baci Akane*

11. IL LINGUAGGIO PREFERITO

aokagaaokagaaokagaaokagaaokaga

Imprevedibilmente, o forse fin troppo prevedibile. 
Taiga dopo essere rimasto di sasso davanti al protagonista delle sue fantasie sessuali davanti ai suoi occhi, reagì difendendosi. Ovviamente la sua difesa consisteva tendenzialmente all’attacco, così fece proprio quello che Daiki aveva sperato.
Lo afferrò per il colletto della maglietta e con brutalità lo strattonò.
- Solo questa possibilità, eh? Ma a chi vuoi darla a bere, razza di stronzo? 
Daiki si sentì immediatamente meglio, come sollevato, ma trattenne il sorriso vittorioso, gli prese il colletto della maglietta a sua volta e lo tirò allo stesso modo, rispondendogli con la medesima rabbia: 
- Pensi che il mondo ruoti intorno a te? Se volevo venire in America, c’era solo questa scelta! Che cazzo vuoi, hai paura di non farcela se ci sono io? Di essere oscurato come sempre? Beh, dovrai darti molto più da fare di prima! Laggiù eri circondato da schiappe, era facile risultare il migliore, ma adesso ci sono io! Ti sfido ad esserlo ora!
Era meglio così, si disse Daiki. Era meglio litigare con lui, come primo passo. 
Oltretutto sapeva bene quali parole usare. 
- Io paura di non farcela con te vicino? TZE! Sai bene che do il meglio di me con te intorno! Sono felice, ecco cosa sono! Così farò vedere ancora di più quanto sono dannatamente forte! Mi hai fatto un favore, che ti credi? 
Era vero, in realtà.
Ma dirglielo come se fosse una cosa brutta, un’accusa, era meglio. Era più facile. 
Anche per lui litigare con Daiki era meglio che saltargli al collo e baciarlo, come avrebbe voluto.
Per la verità Taiga era davvero molto felice, dopo il primo momento di stordimento. 
Daiki era sempre riuscito ad attivare in sé il suo massimo nel basket. E poi avrebbero potuto riutilizzare la Danger Zone.
Avevano alcuni anni di superiori davanti, prima di conquistarsi il college giusto sempre in vista dell’NBA futura. 
Sarebbero stati degli anni fantastici. 
L’esaltazione e l’eccitazione mentre lo realizzava, si fece strada tramite un’erezione e rendendosene conto lo lasciò andare prima che Daiki la sentisse da solo. 
Si girò di colpo e scacciandolo come si fa con una mosca ed andò alla propria borsa a recuperare la borraccia con l’acqua. 
- Vedremo se ti ho fatto un favore! - replicò Daiki andando invece a prendere la palla. 
Aveva lasciato la propria valigia dall’altra parte del campo per non farsi notare prima del suo ingresso trionfale ed ora, dopo il salto nel buio che l’aveva fatto sudare freddo per un momento, si sentiva meglio.
Avevano ripreso a comunicare alla loro solita maniera.
Con i litigi ed il basket.
Di sicuro la lingua che capivano meglio. 
Si mise a palleggiare mentre Taiga si dissetava gettandosi l’acqua nel viso accaldato. Non riuscì a vedere l’erezione essendo di spalle, ma rimase ad aspettarlo per un’altra sfida, una come si doveva, ovviamente. 
“È come ricominciare da capo e non da dove ci eravamo interrotti. Ma mi sta bene. Se l’ho conquistato una volta, ce la farò ancora. Sarà esaltante!”
Taiga lasciò andare la borraccia e si girò verso di lui con l’aria battagliera, di chi era pronto per un altro uno contro uno. 
Sadicamente divertito. Acceso, infiammato ancora prima di arrivargli davanti. 
Oh sì, si disse Daiki preparandosi a riceverlo in difesa.
Quella era felicità. Proprio quello che gli era mancato in quei due mesi. 
Poteva anche solo vivere per quelle stupide sfide fra loro. 
Lì, mentre si preparava a sorpassarlo aumentando i palleggi bassi e veloci fra le gambe e dietro la schiena, ubriacanti come non mai, se ne rese conto cristallino. 
Poteva davvero vivere anche solo per quello. 
“Questo stupido mi era maledettamente mancato. Ma non glielo dirò mai!”
Non immaginava che Taiga provava la stessa identica cosa e che, ovviamente, nemmeno lui glielo avrebbe mai detto. 

Ricominciò dal basket.
Dalle loro sfide a street, uno contro uno. Loro due e basta.
E la danger zone. Così come se non fosse passato nemmeno un giorno.
La memoria del corpo o nel loro caso più dell’istinto, prese subito il sopravvento in un paio di scontri. Le scintille partirono dai loro occhi circondandoli e scoppiettando nello scontrarsi, poi, mentre tentavano di superarsi a vicenda con mosse una più incredibile dell’altra, si fusero insieme dando vita a dello spettacolo puro.
Fu come tornare in bici dopo tanto tempo. 
Uno faceva una cosa pazzesca sapendo che l’altro ne avrebbe fatta una a sua volta, prevedendo quale sarebbe stata, potendo così sfruttarla per farne una che sarebbe stata favolosa. 
Andarono avanti così, sempre più esaltati e persi in quel mondo circondato da una cupola blu e rossa che li isolò per il resto del pomeriggio, fino al calar del sole, quando l’astro in cielo iniziò a diventare più basso e meno intenso, colorandoli quasi d’arancio. 
Solo allora si fermarono. Con le magliette zuppe di sudore, la stanchezza più intensa che mai, ma una felicità inaudita. 
Da quanto i loro cuori non battevano così? Da quanto i loro corpi non fremevano? 
Ed erano entrambi eccitati, ancora. 
Si buttarono per terra, al bordo del campetto, contro la recinzione di rete che delimitava dei cespugli e qualche albero esterno che riversava un po’ d’ombra.
Il sole a quell’ora tarda del pomeriggio era meno forte, avevano giocato per tanto tempo, accaldandosi. 
Si sedettero lì appoggiandosi alla rete, lasciando la palla fra le loro gambe. Taiga tirò fuori la borraccia, bevve un po’ e se ne gettò un po’ in faccia arieggiandosi col colletto. Normalmente si sarebbe tolto la maglietta, ma non poteva farlo, ora. Sarebbe stato ancor più imbarazzante. Sapeva di dover resistere solo finché non sarebbe andato a casa, allora si sarebbe sfogato in santa pace con la sua mano, come faceva da settimane. 
Dopo averla usata, diede la bottiglia a Daiki senza che glielo chiedesse. Lui, un po’ sorpreso per il gesto altruista proveniente dopo un litigio, la prese e non disse nulla. Lo fece senza sottolineare che non si aspettava una cosa simile, si bagnò il viso spruzzandosela e bevve un po’, riprendendo a respirare. 
Seduto accanto a lui, a terra e con le braccia e le gambe a contatto, in quella piccola ombra, si rese conto di quanto diversa la temperatura fosse in quel posto. 
- Fa un cazzo di caldo, qua... 
- Siamo in California, bello! Cosa credevi di trovare? Un clima mite? 
Taiga rispose polemico sia per partito preso, sia perché parlava con lui. Daiki apprezzò la rispostaccia, gli rendeva tutto più facile. 
Sentendolo si tirò su con la schiena e si girò verso di lui, prese la palla fra le loro gambe ed iniziò a rotearla fissandolo con aria sadica, di chi voleva proprio litigare.
- Che c’è, sei già stanco per un paio d’ore di basket sotto il sole? 
Taiga ci cascò come un pero e si tirò su a sua volta nella stessa posizione, appoggiando la mano dietro di sé come perno, rispondendo a tono, incattivito e sul piede di guerra: 
- Guarda che sei tu che ti sei lamentato del caldo, cazzo vuoi? 
Daiki, che non aspettava altro, cominciò come se avesse appena ricevuto il suo via e disinvolto, come niente fosse, appoggiò anche la sua, di mano. Su quella di Taiga. Intrecciando CASUALMENTE le dita alle sue. Nel mentre lo distraeva con le sue irritanti risposte sferzanti.
- Non so, mi davi l’idea di esserti già esaurito! Io sarei pronto per ricominciare, tu no? - il tutto continuando a far rotare la palla sul dito indice e fissandolo vivo, acceso, carico di ironia. 
- Certo che sono pronto a ricominciare, che ti credi, che mi sono rammollito solo perché non gioco contro di te da un po’? Quello era il riscaldamento! 
Dopo un paio di botte e risposte, Taiga si rese conto di non riuscire a muovere liberamente la mano su cui appoggiava e solo quando stava per alzarsi si rese conto che Daiki gliel’aveva presa in quella sottospecie di intreccio casuale. Non se ne era nemmeno accorto, magari. Lui sì. 
Dopo un po’, perché aveva innanzitutto dovuto rispondergli a tono, ma se ne era accorto. 
“Ok e che gli dico? Lo sai che la tua mano appoggia sulla mia? E che hai infilato le dita fra le mie?” poi si rese conto di come suonava e si diede dell’idiota: “Certo, infilato le dita fra le mie! Ma sta zitto, se vuole provarci con me dovrà fare meglio di così!”
A quel punto Taiga sfilò semplicemente la mano, si alzò e gli rubò la palla per farla roteare a sua volta, guardandolo dall’in piedi. Daiki si morse il labbro divertito, gli occhi gli brillavano maliziosi e gli scesero ad altezza inguine, sui suoi pantaloni che non coprivano tanto bene la sua eccitazione. 
Notandolo fu sul punto di abbassargli i vestiti per verificare, ma venne fermato dal fatto di essere all’aperto, in un quartiere che non conosceva per nulla. 
E poi era appena arrivato. Poteva anche ambientarsi un po’, prima di passare alla fase successiva del suo piano, ovvero saltargli addosso. 
- Beh? Che fai, sei già morto? Ti rimangi la sfida? Io sono pronto, eh? - ribadì dondolando da una gamba all’altra. 
Daiki ridacchiando balzò in piedi e appena fu lì a tu per tu con Taiga, pronto a rubargli la palla e scattare a canestro, i loro stomaci in perfetta concomitanza iniziarono a suonare l’orchestra intera dalla fame. Anche quelli sincronizzati, naturalmente. 
- Hai fame? - chiese Taiga come se fosse solo lui ad averla. 
- Tu no? - rispose con una smorfia Daiki, massaggiandosi lo stomaco. Taiga a quel punto scoppiò a ridere e con un palleggio si mise la palla sotto il braccio, recuperando la sua borsa. 
- Andiamo, c’è un fast food buono dietro l’angolo... - disse facendogli strada a testa alta, come se fossero amici da una vita e non si fossero appena ritrovati dopo mesi e litigato come due idioti. 
Daiki scosse il capo, stordito da quei suoi modi che sapevano conquistare tanto facilmente gli altri e rendevano ogni cosa più semplice. Si era figurato un piano di conquista più difficile, ma probabilmente ci avrebbe davvero messo poco a tornare al punto in cui erano. 
“Ed io che pensavo di divertirmi un po’ di più...” si disse non molto deluso mentre recuperava il suo trolley con le rotelle, seguendolo fuori dal campo. 
- Ma qua non c’è nessuno con cui giocare a basket? Capisco che ti sei rammollito, da solo! - lo stuzzicò affiancandolo provocatore come al solito. 
- Non mi sono rammollito, razza di idiota! E comunque adesso è periodo di test di inizio anno per tutti, stanno studiando. Normalmente c’è sempre qualcuno, ma i ragazzi stanno cercando di non ripetere l’anno! - rispose ridacchiando, conoscendo un paio di elementi che erano più col piede nella fossa che salvi.
- Ormai a quest’ora quel che sai, sai... non puoi studiare oggi per domani e pretendere di farcela... - fece il saputello arrogante Daiki solo perché per superare l’esame in questione, lui aveva iniziato a studiare sodo dall’inizio dell’estate, come non aveva mai studiato in tutta la sua intera vita. 
- Senti chi parla... Tetsu diceva che se non era per Momoi non ti presentavi nemmeno alle lezioni! 
- E allora? 
- E allora non credere che ti farò da babysitter! 
- Che c’entra, adesso mi interessa essere ammesso! 
“Ah, ti interessa, eh? Lo ammetti, allora!”
Continuarono a parlare passando dai bisticci alle chiacchierate semplici e allegre con la loro tipica naturalezza, seduti vicino allo stesso tavolo, mentre consumavano degli hamburger e delle patatine in memoria di quella fantastica settimana in Giappone. Quella che avevano pensato sarebbe stata l’ultima insieme e che, invece, non lo era stata. 

- Quindi hai conosciuto già qualcuno? - chiese Daiki con la pancia piena e saziato a dovere. Si era appoggiato con aria totalmente soddisfatta e tutta l’intenzione di indagare sulla vita che faceva ora Taiga. Questi, però, fraintese il senso della sua domanda e guardandolo stordito, sbottò:
- Mi stai davvero chiedendo se trombo con qualcuno? - specificò ad alta voce e senza mezzi termini per vedere se aveva capito bene. Daiki spalancò gli occhi e lo fissò come se fosse ubriaco, ma vedendo che era serio scoppiò a ridere sentendosi di minuto in minuto sempre meglio. 
- In realtà ti stavo solo chiedendo se hai conosciuto qualcuno al campo... come te la passi, insomma! Sei venuto qua da solo... - spiegò fra le risate, tenendosi ancora la pancia ma non per la digestione. 
Taiga lo fissò male per sbranarlo, stava pensando di ficcargli la palla in gola, ma la lasciò sulla sedia. L’avevano messa lì come se fosse un loro amico. 
Quando la cameriera aveva portato i sei piatti per loro due, per un momento aveva pensato che intendessero dare da mangiare anche a quella. 
Suo malgrado sbuffò e lo spinse col gomito per farlo smettere. 
- Piantala, sei un maniaco, cosa dovevo pensare? 
Non si rese minimamente conto di avergli appena spianato la strada e Daiki ne stava bellamente per approfittare, dato che insisteva tanto, ma appena Taiga notò la luce nei suoi occhi passare dal divertimento alla malizia, si affrettò a rispondere per tenere tutto nella norma.
Non era sicuro di voler riprendere da dove avevano interrotto. Forse era meglio concentrarsi prima di tutto sul suo progetto cestistico, no? 
- Ci sono molti ragazzi del quartiere che giocano a basket nel campetto, ci siamo conosciuti lì... però se mi stai chiedendo se mi sono fatto nuovi amici la risposta è no. Conoscenti molti. Amici non direi... - spiegò come se lo stesse dicendo a Tetsuya. 
Come ad un amico. 
- E sono in gamba? - Daiki appoggiò il mento sulla mano e col gomito sul tavolo si protese verso di lui, interessato alla questione. 
Taiga si trovava molto più a suo agio a parlare di questo. 
- Beh, sì... in realtà sono capitato in un buon quartiere, sono tutti bravi ragazzi che si stanno impegnando per finire le scuole indenni... - parlandone così, denotò che in realtà li conosceva più di come voleva ammettere. Daiki intuì che fosse lui a non volersi legare ed era strano considerando il tipo amichevole che era lui in realtà. 
“Non è che non vuole farsi amici? Proprio lui? E perché mai?”
- Hai il numero di qualcuno? Mi piacerebbe avere qualche aggancio oltre a te... sai, se mi va di fare due tiri... - la buttò lì fingendo di non essere in America prevalentemente per lui. 
Taiga apprezzò che non volesse appoggiarsi troppo a lui, ma sapeva che era un tipo piuttosto indipendente per certi aspetti. 
Suo malgrado alzò le spalle e scosse il capo finendo di sorseggiare la coca cola, soffocando a stento un rutto che ingoiò trovandosi in un luogo pubblico. 
- No, non ne ho. Se ci troviamo al campetto giochiamo insieme. Stop. Quattro chiacchiere mentre tiriamo, tutto lì. 
A Daiki La cosa puzzava, non se lo immaginava a fare così. Proprio lui. 
- Però sai che sono tutti bravi ragazzi e che cercano di non farsi bocciare... 
Taiga alzò ancora le spalle menefreghista, fissando altrove come se non fosse niente di che. Non vedeva quel che vedeva lui. 
- Che c’è? 
Daiki rimase zitto, al che girò la testa per guardarlo in faccia, a quel punto tornò a chiedere seccato: - ALLORA, CHE C’È? 
Il compagno di tavolo scosse il capo come guardasse un mentecatto e con aria tipica sua da superiorità, disse senza problemi: 
- Sei un idiota! Farti amici è nel tuo DNA! È inutile che cerchi di impedirtelo! 
Taiga saltò su colto in fallo e come se gli avesse pestato la coda, lo attaccò stile tigre inferocita. 
- Non sto impedendomi di farmi amici, che cazzo ti inventi? Tu vieni qua di punto in bianco e che fai, pensi di sapere tutto di me? A malapena ci parlavamo, in Giappone! 
Daiki non si perse d’animo e non cadde nella sua trappola. Puntò il dito sulla sua fronte e come se fosse un bambino idiota, glielo disse a chiare lettere, scandendo bene le parole, ritrovandosi a tu per tu col suo viso arrabbiato: 
- Non tradisci i vecchi amici se te ne fai di nuovi. Quello che avevi con loro rimarrà. 
Taiga stava per ribattere alzando ancor più la voce nonostante il posto pubblico, ma si zittì di colpo chiudendo la bocca con un broncio delizioso che Daiki stentò a non baciare.
Adesso erano più vicini, entrambi in una posizione simile, appoggiati col gomito sul tavolo e protesi uno verso l’altro a sibilarsi a vicenda. Solo che uno era arrabbiato come un bambino mentre l’altro si sentiva l’adulto trionfante. 
- Tu hai bisogno di farti nuovi amici perché sei fatto così. Vivi con gli altri. Io sono quello solitario... 
- Solitario un cazzo! So com’eri prima che il tuo capitano ti rovinasse per farti diventare il più forte ... - non se la mangiò, lo disse senza nemmeno riflettere. 
Ma era vero. Lo sapevano. 
Daiki sospirò. 
- Tetsu ti ha detto proprio tutto, eh? - fece in una sorta di ammissione che lo rattristì.
Gli occhi scuri dai riflessi blu di Daiki, profondi più che mai, si abbassarono nel pensare a ciò che era e a ciò che aveva perso. Forse non definitivamente, perché ormai l’aveva parzialmente recuperato, ma l’essersi rovinato, l’aver perso la propria anima, non l’aveva minimamente aiutato. Aveva lasciato un segno, in lui, ed anche se Taiga l’aveva salvato, ora era comunque una persona diversa da quello che era stato un tempo.
Sempre spaventato dalla propria fragilità che ora vedeva come un enorme punto debole che odiava. 
- Non sei solitario, hai solo paura di legarti. Perché non vuoi perdere di nuovo quello che avevi. Ma li hai ritrovati tutti, no? - la mise facile, lui. Forse lo era, dopotutto. Daiki decise di lasciargli il beneficio del dubbio e alzando le spalle sospirò raddrizzandosi sulla sedia, sbadigliò e si stiracchiò.
- Vedremo! Comunque che si fa, andiamo? Io sono stanco! Vengo da un volo lunghissimo e da un paio di sfide che non erano niente di che, ma mi hanno stancato... 
Taiga stava per cascarci, ma poi realizzò il sottinteso e fissandolo prima di alzarsi dalla sedia, chiese senza capire: 
- Scusa una cosa, ma tu dove andrai a vivere? 
Daiki, che pensava fosse sottinteso, rispose alzandosi e recuperando le proprie cose. 
- Beh, ma a casa tua, no? 
E così proprio lì, in qualche secondo, Taiga realizzò quanto davvero complicata sarebbe stata la sua nuova vita lì in America.