*Finalmente è ora di riprendere da dove si erano interrotti in Giappone prima che Taiga se ne andasse in America. Godiamoci la serata con loro che riescono a sbloccarsi, alla buon ora! Da qui in poi tornerà il lato porno della fic che si era un po' sospeso, lo stesso porno che ha tormentato i sogni di quel povero rossino. Le fan art non sono mie ma trovate in rete e mi hanno aiutato a scrivere alcune scene. Buona lettura. Baci Akane

15. IL FUTURO INSIEME

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Il digiuno che intendeva rompere non era sicuramente letterale, visto che non si era mai privato di alcun cibo e che ne aveva appena ingurgitato non poco. Tuttavia una volta a casa, al dunque, tornò quella strana tensione.
Era diversa da quella che era stata fino a quel momento, una tensione carica di imbarazzo. Ora era di quelle puramente erotiche. 
Quando pregusti ciò che sta per succedere e lo vuoi così tanto e gli vuoi fare così tante cose che non sai nemmeno da dove iniziare. 
La tensione che ti fa esitare un istante perché ti senti come un vulcano pronto ad esplodere, ma una piccola parte di te non vuole ridurre tutto in cenere bensì godere e ricordare tutto molto bene. 
Perciò una volta in casa, uno strano pensiero gli passò per la testa, che di fatto non c’entrava assolutamente nulla con il ‘problema’ principale. 
Sebbene una sorta di collegamento ci fosse stato, in realtà. 
Il digiuno. 
- C’è un dolce che mi ero tenuto in serbo per questa occasione. Se fossi entrato al liceo, l’avrei mangiato. È il mio preferito. 
Daiki lo guardò andare alla cucina con un sopracciglio alzato, pieno di scetticismo. 
Non tanto per il ‘cosa c’entrava il dolce con la promessa evidente che si erano fatti al locale, quanto per un altro discorso.
- Da quanto lo conservi? 
Taiga, dalla cucina, rispose candido. 
- Almeno un mese. 
A Daiki prese un colpo sentendo il piatto posato sul tavolo ed immaginando che stesse per avvelenarsi, gettò le scarpe a casaccio all’ingresso e si precipitò dal compagno con l’intento di salvargli la vita. 
- Che cazzo fai, non sarà buono! 
- Certo che è buono, cazzo dici?! Ho preso un dolce favoloso! - rispose il genio. 
Ma una volta affacciato alla porta della cucina, col cuore in gola e il terrore di doverlo portare in ospedale sulle spalle, lo vide aprire il congelatore e tirare fuori un contenitore di plastica chiuso, il contenuto, qualunque cosa fosse, era evidentemente surgelato. 
Realizzando di cosa si trattava e che non si stava stupidamente avvelenando, sospirò di sollievo lasciando la testa in avanti. 
- Oh, era un dolce surgelato! Mi hai fatto venire un colpo! 
Taiga rovesciò il contenuto nel piatto, l’intera porzione di una torta preconfezionata piena di panna e cioccolata. 
- E che ti credevi, che fosse in frigo da un mese e lo mangiassi così? - rispose sconcertato infilandolo qualche secondo nel microonde per non avere una congestione. 
- Beh, da te mi aspettavo di tutto, scemo come sei! - replicò Daiki riprendendosi e andando a vedere nella confezione che tipo di dolce era. Guardando di cosa si trattava, si leccò le labbra. - Mmm... sembra buono in effetti...
- Lo è, ma visto che mi ritieni così scemo da suicidarmi con un dolce, lo mangerò solo io! 
Così dicendo, ovviamente offeso, recuperò il piatto e con una forchetta in mano si diresse impettito verso il salotto. Daiki, rimasto solo, guardò incredulo la direzione verso cui il suo collega era sparito, convinto che tornasse indietro a prendere un’altra porzione per lui.
- Ehi. - ma vedendo che non tornava sul serio, si precipitò al suo inseguimento. - Ma sei serio? Non mi darai nulla? 
Taiga era seduto a gambe incrociate nel divano e stava già mangiando il primo boccone, bello grande. 
Più che mangiare, si stava ingozzando sporcandosi la faccia come un bambino piccolo. Ovviamente lo faceva apposta per non dargli nulla. Per puro dispetto. 
Daiki saltò letteralmente nel divano, davanti a lui, le gambe piegate contro il petto, le mani sulle ginocchia, gli occhi fissi sul suo piatto, ed insieme a lui si precipitò anche Daichan per lo stesso motivo. Il gattino si piazzò sul tavolino accanto per avere una visuale migliore, ma la posizione era praticamente identica a quella del suo omonimo umano. Taiga li guardò uno ad uno e ridendo posò il piatto in equilibrio sulle gambe incrociate, intinse il dito nella panna e lo diede al gattino che iniziò a leccare con cura certosina. Contemporaneamente, Daiki rimase esterrefatto dall’affronto. Stava per gracchiare ‘come, lui sì ed io no?!’, ma Taiga prevedendolo, rise e mise il dito dell’altra mano nel dolce, ne prese su di più, e glielo infilò nella sua, di bocca.
“Beh...” pensò mentre l’altro sorpreso dal gesto che non si aspettava minimamente, riceveva il dolce dal suo dito e, ovviamente, reagiva immediatamente senza perdere tempo, leccando e succhiando anche quando il dolce ormai era finito e digerito. “Alla fine bastava davvero poco per trovare il modo giusto e l’inizio...” 

Daiki aveva immaginato di dover aspettare di più per potergli saltare addosso, che Taiga sarebbe stato più trattenuto e gliel’avrebbe fatta sudare di più, ma contento di sbagliarsi, leccò con la stessa cura che ci aveva messo il gattino. Finiti contemporaneamente, Daiki rimase fermo in attesa del resto che non c’entrava col dolce, ma vedendo che non arrivava aprì gli occhi e lo guardò ancora sorpreso. 
Taiga aveva semplicemente ripreso il piatto e si era rimesso a mangiare la torta. 
- Ma che diavolo fai? - chiese convinto lo prendesse in giro. Taiga alzò le spalle senza capire, riprendendo a strafogarsi di panna e cioccolata. 
- Mangio, che dovrei fare? - rispose con ovvietà l’altro, senza interrompersi dal ficcarsi forchettate in bocca. 
- Ed io? - continuò Daiki senza capire come osasse ignorarlo così dopo l’esca lanciata in quel modo palese. Ed era palese, infatti, a cosa si riferisse. 
Palese per lui, non per Taiga che ancora senza comprendere per davvero, non per finta, rispose con la sua tipica aria scorbutica, ficcandosi un’altro pezzo in bocca, sporcandosi tutto intorno sul mento e sulle guance, come un bambino. 
- Non ti do più, che vuoi? È mio! 
Non gliel’avrebbe veramente dato, ma Daiki, che non gliene poteva fregare di meno del cibo, gli scoccò un’aria di sfida e indispettito disse: 
- Ah sì? - e allargando le gambe gliele mise intorno ai fianchi, sulle sue incrociate, gli mise una mano sulla nuca e attirandolo a sé disse svelto: 
- Ed io la mangio direttamente dalla tua faccia! 
Detto questo, gli leccò letteralmente il dolce dal viso, dall’angolo della bocca, in particolare, dove abbondava. 
Taiga spostò il piatto di lato istintivamente come per salvare il resto del bottino, poi si preoccupò di ingoiare in fretta quel che aveva dentro, prima che la pantera affamata gliela rubasse anche da lì. 
Daiki non era minimamente interessato alla torta, ma gliel’aveva praticamente servita su un piatto d’argento. 
Con la lingua passò sull’angolo tirando via la panna che sapeva di cioccolata, poi scivolò sul mento e glielo succhiò. 
Arrivò come un’ondata, l’emozione e l’eccitazione per entrambi, ma fu veloce, troppo veloce per capire e annegarci senza possibilità di ritorno. 
Daiki, soddisfatto di avergli ritornato la stoccata di prima, si ritirò quasi subito prima di perdersi nella sua bocca e, di conseguenza, perder la loro stupida sfida con delle stupide regole che non erano ancora del tutto chiare, se non che vinceva chi tentava l’altro senza cedere del tutto e, di conseguenza, perdeva chi invece, per l’appunto cedeva. Scivolò indietro allungando le gambe che rimasero una incastrata fra Taiga ed lo schienale, mentre l’altra giù a penzoloni; la schiena l’appoggiò sul cuscino che stava dietro di sé, sul bracciolo. Comodo e realizzato. 
Nella sua testa erano due a due palla in rimessa dal fondo, essendo in realtà in una partita di basket. 
Non avrebbe ceduto per primo, contava prima di tutto vincere. 
Taiga, però, rimase inebetito a fissarlo. Un po’ come si era sentito poco prima Daiki dopo che lui gli aveva dato il dito da succhiare senza poi dargli la bocca e la lingua. 
Lo stronzo stava ridacchiando con aria fintamente innocente, di chi non capiva cosa avesse e perché fosse shoccato. 
- Buono, hai ragione. Valeva la pena conservarlo per un’occasione speciale... quando entrerai ufficialmente in squadra cosa farai, stapperai lo champagne? 
Stava ancora straparlando sferzante senza nemmeno ragionare troppo su quello che diceva, perciò non notò Taiga che metteva giù il piatto di dolce quasi finito proprio davanti al gatto che non fece complimenti. Non capì subito cosa stava facendo, lo vide spostarsi, sgrovigliare le gambe, prendersele come un contorsionista e metterle sopra di lui, a cavalcioni. 
Quando gli si fu sistemato sopra, si protese su di lui ancora appoggiato comodo all’indietro. Gli prese la maglietta sul petto e l’attirò a sé premendo finalmente le labbra sulle sue, senza perdere più inutile tempo.
Mesi passati ad allenarsi insieme al campetto, in Giappone, con la scusa di conquistarsi le scarpe che Daiki gli aveva regalato. Poi in una settimana di ritiro coi Vorpal Swords era successo di tutto e di nuovo, appena superati quei sette giorni, Taiga era volato in America lasciando tutto e tutti su due piedi. 
Un’estate passata a pensarsi, senza ovviamente scriversi e farsi vivi. Perché sia mai poi che ci si perdeva la faccia e si facessero brutte figure. 
Adesso, dopo essersi ritrovati, avevano ulteriormente perso tempo a giocare come due idioti su chi cedeva per primo solo per l’imbarazzo del non saper come rompere il ghiaccio.
Ma c’era davvero mai stato, quel ghiaccio? 
Daiki se lo chiese una frazione di secondo, durante la quale resistette rigido e sorpreso. 
Poi la sua mente gli disse una sola semplice cosa.
“Ho vinto, razza di stupido!”
Sembrava davvero una grande vittoria, nella sua testa bacata. Perché decisamente quello sapeva di premio, il migliore mai ricevuto. 
La labbra unite si schiusero succhiandosi e fondendosi fino a trovarsi a giocare con le lingue, ma non aveva più la sembianza di una sfida. 
Daiki si protese verso di lui mettendogli la mano sulla nuca, tenendolo a sé con dolce possessione, allo stesso tempo Taiga smise di tirarlo per la maglia e scivolò con la mano sulla sua guancia, trasmettendogli calore. Lo stesso che scaturiva dalle loro bocche unite.
Da quanto tempo non stavano entrambi così bene?
Bene in un modo che non sapevano nemmeno descrivere, quel genere di sensazione a cui puoi solo abbandonarti senza pensare e volere altro se non quello. Solo quello.
Non ebbero l’istinto di fare sesso né andare oltre quel bacio in alcun altro modo.
Fecero solo quello perché in quell’istante, quella notte, fu semplicemente perfetto così. Quel genere di bacio così voluto e agognato che una volta che arriva, non ti fa minimamente pentire di averlo dato.
Quando si separarono, rimasero a guardarsi da vicino per qualche istante, intensamente, senza dirsi subito qualcosa. Non c’era più il panico dell’inizio, del non sapersi cosa dire o quello provato in quella settimana in Giappone, ovvero dell’aver paura di parlare e forse dire troppo. 
Rimasero come a catturare le belle emozioni che stavano provando, capendo d’aver avuto tanta paura di qualcosa di così semplice e bello, che non aveva nemmeno avuto senso. Si erano nascosti dietro uno stupido gioco per il terrore del non saper come affrontare quella nuova realtà. Una realtà che, in realtà, avevano entrambi voluto immensamente.
Da lì iniziava una nuova vita per entrambi e un nuovo rapporto, ma improvvisamente c’era entusiasmo e non timore. 
Ora che c’erano, non vedevano semplicemente l’ora. 
- Comunque ho vinto io! - disse Daiki per non smentirsi. Taiga gli prese il lobo fra le dita e tirò senza fargli davvero male. 
- Sì, complimenti, hai vinto lo scettro di passivo del mese! 
La sparò senza rifletterci molto, ricordandosi solo in quel momento delle lotte che avevano fatto in Giappone su chi era attivo e chi passivo. 
Ovviamente Daiki si guardò bene dal dire che voleva imparare ad essere più generoso e che gli stava bene di essere passivo ogni tanto se Taiga voleva essere attivo.
Si finse di inalberarsi e in risposta gli mise la mano sulla parte superiore della testa e gli prese i capelli con la non reale intenzione di tirarli. Li afferrò e basta, così come Taiga strinse la presa all’orecchio senza fargli male. 
Si guardarono in cagnesco.
- Ripetilo! - grugnì Daiki.
- Eri così indeciso che ho dovuto prendere io l’iniziativa e baciarti! Tu sei passivo dentro, solo che vuoi fare la parte dell’attivo. Ma non lo seiAHIOOOO! 
E niente, alla fine Daiki tirò realmente i capelli rossi di Taiga. Inavvertitamente, seguendo un impulso così indomabile che prima di realizzare cosa stava facendo, l’altro gli stava già staccando l’orecchio. 
Finirono per rotolare per terra invertendo le posizioni, tirandosi dietro la coperta che Daiki usava normalmente per dormire sul divano.
Quella notte non sarebbe stato solo. E probabilmente non avrebbe dormito sul divano. 
Solo quando ebbero preso delle non trascurabili botte, uno sul sedere e l’altro sulle ginocchia, e con Daiki sopra Taiga, smisero di tirarsi parti corporee a vicenda e mentre uno lo teneva per la vita, finendo alla fine per sorreggerlo e abbracciarlo, l’altro gli trovò una mano e intrecciò le sue dita, appoggiandosi più comodamente e delicatamente. 
Poi, come se fosse del tutto normale e non fossero passati dal baciarsi al farsi male a vicenda, Daiki scivolò con la bocca sul suo orecchio e mormorò lieve, sorridendo: 
- Sono contento di essere venuto qua e di stare con te. 
Taiga si sciolse, si adagiò con la schiena tirando giù il cuscino dal divano, se lo mise dietro la nuca e prese la coperta che si era stropicciata sotto di loro, la tirò e la mise sopra coprendo entrambi.
Poi lasciò che Daiki gli si accoccolasse sopra come faceva solitamente Daichan, il quale dopo aver leccato per benino tutto il piatto, si mise sul divano al loro posto.
Lo sentì sistemare il viso contro il suo collo e mettersi comodo contro il suo petto, abbracciandolo e stringendolo a sé. Come ad impedirgli di andarsene e ripensarci. 
Taiga sorrise sereno, abbandonandosi al sonno per una lunga giornata impegnativa. 
Infine, gli rispose. 
- Anche io sono contento che tu sia venuto. E di fare questa cosa con te. 
Il loro futuro insieme. 


Stava per venire, lo sentiva crescergli nella bocca, pulsare sempre di più. Le vene sempre più definite e grosse sulla lingua, mentre il rumore di risucchio gli dava alla testa.
Era bagnato dalla saliva e scivolava contro le labbra strette che pompavano e quando ormai ebbe certezza che stava per esplodergli in bocca, Daiki lo tirò via per i capelli, brutalmente. 
O per lo meno tentò.
Taiga non gli permise di staccarsi, si artigliò alle sue natiche e lo tenne a sé, continuò a succhiare nonostante l’avvertimento roco del suo partner. 
- Sto per venire! - era chiaro, per questo non si era staccato quando gli aveva tirato i capelli. 
In risposta aumentò l’intensità e per Daiki fu il colpo di grazia perché capendo cosa voleva, non si trattenne più. 
Il suo seme gli esplose in bocca, finendo lungo la gola. 
Taiga gemette leccandosi le labbra, poi realizzando che non sentiva il sapore, né la consistenza, né tantomeno il calore, aprì gli occhi di scatto, svegliandosi di soprassalto. 
Aveva sognato le fantasie erotiche che aveva avuto per tutta l’estate, una volta separato da Daiki in Giappone. 
Proprio quelle che l’avevano riempito di imbarazzo una volta che l’aveva rivisto. 
Arrivarono prima i dolori alla schiena e al sedere per la posizione sul pavimento, che la sensazione di piacere portata dall’erezione che gli era venuta facendo sogni sconci. 
Successivamente si rese conto che Daiki gli stava ancora dormendo sopra. La posizione non era cambiata molto da quella notte, quando si erano ribaltati per terra e lì erano rimasti. La coperta ancora sopra di loro, il cuscino sotto la testa. 
I corpi adagiati uno sull’altro, la mano di Taiga sulla schiena di Daiki, la sua bocca contro il collo, il respiro ancora regolare. 
Dormiva sereno, ne era sicuro. 
Sorrise mettendo da parte il bisogno impellente di alzarsi e mettersi su un letto comodo, più difficile ignorare l’erezione che voleva esplodere come quella di Daiki aveva fatto nella propria bocca nel sogno. 
Ognuno aveva le proprie fantasie erotiche e le fisse sessuali. La sua era ingoiare lo sperma di Daiki. 
Ma ci poteva giurare che era una voglia che il dormiglione sarebbe stato ben felice di esaudire. 
Taiga si rilassò, o per lo meno ci provò, spostando la mano dalla schiena fin su, sulla nuca del compagno. Gli carezzò i capelli neri e corti per poi arrendersi al dolore.
Aveva sperato in un dolce risveglio dove avrebbe potuto prendersi del tempo per pensare a quel passo della sua nuova vita e poi, magari, svegliarlo facendo porcherie, un paio di quelle su cui aveva fantasticato per settimane e che avevano anche fatto al ritiro, prima di lasciarsi. 
Ma, ovviamente, non aveva fatto i conti con la posizione terribile e all’ennesimo respiro, le ossa, seppure giovani ed in forze, gli gridarono vendetta a suon di tamburi di guerra battenti. 
“Mi dispiace, ma dovremo rimandare le porcherie a dopo! Ora come ora non ci sta proprio niente di grosso e duro nel mio culo! Forse glielo potrei mettere io... se ben ricordo me ne doveva una...”
Non resistendo più, Taiga gli acchiappò una natica con le dita, strinse forte e girò la presa per svegliarlo alla sua maniera. 
L’urlo di Tarzan spaccò i timpani di tutti e il gattino che gli dormiva sopra, schizzò per aria con un salto magistrale che gli fece raggiungere il soffitto al contrario. 
Insieme al gatto, schizzò anche Daiki che si ritrovò in piedi sopra di lui, gli occhi iniettati di sangue e le mani a stringersi la chiappa martoriata. 
- Ma sei pazzo? Ti sembra il modo di svegliare la gente? - gracchiò shoccato.
Taiga con una smorfia incattivita, si alzò faticosamente sentendosi invecchiato tutto d’un colpo.
Non c’era una parte del suo corpo che non gli facesse male. 
- E cosa ti aspettavi da me? Dolcezza? - non che poi avesse torto. Daiki pensandoci prima di rispondergli precipitosamente, si rese conto che non poteva dissentire. Stava comunque per insultarlo o vendicarsi, ma si rese conto che stava cercando di arrampicarsi sul divano che aveva accanto in modo alquanto buffo. 
Così capì perché l’aveva svegliato in quel modo barbaro invece che con qualche carezza porno. 
- Ma hai male? - chiese l’ovvio. Taiga, una volta che ebbe ottenuto la vetta, ovvero la seduta del divano, si lasciò rotolare a pancia in giù nei sedili comodi e morbidi. 
- No, che dici, il pavimento era così comodo e tu così leggero che è stato come uno di quei dolci massaggi di Rika! 
Daiki non lo poteva sapere, ma Rika era terribile coi massaggi. Tuttavia non gli serviva saperlo per capire che era ironico.
- Era una domanda retorica, deficiente! - grugnì l’altro alzando il piede con l’indomabile impulso di dargli un calcio sul sedere. Poi si fermò capendo che comunque aveva davvero male per non aver approfittato della situazione. Perché era ovvio che avrebbe voluto. Chi al suo posto non avrebbe approfittato?