*Si passa al livello successivo dei giochi, quelli più erotici e divertenti. Entrambi perfettamente consapevoli di ciò che vogliono e di come ottenerlo, attaccano senza tragua. Chi vincerà? Ognuno con le proprie fantasie, nessuna è casta, ma avremo tempo per godercele tutte. Buona lettura. Baci Akane

16. GIOCHI IN CUCINA

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- Potevi svegliarmi prima, ci mettevamo sul letto... che faccio adesso con questo culo rotto? - disse Daiki osservandolo deluso.
Invece di dargli giù con la pianta del piede scalzo, gli abbassò l’elastico degli shorts e dei boxer per vedere il segno rosso sul sacro. Taiga spostò lo sguardò in basso, senza muovere un muscolo. La faccia mezza sprofondata nel cuscino, un braccio a penzoloni per terra. 
Per un momento gli venne in mente il sogno erotico che aveva fatto e inarcò un sopracciglio.
- Con questo culo rotto nulla, per ora. Ma ci sono altre cose che si possono fare per divertirci. 
Non gli avrebbe di certo detto cosa voleva fare, a voce era davvero maledettamente imbarazzante. Glielo avrebbe mostrato. Anzi, l’avrebbe direttamente fatto. Proprio come l’aveva sognato. 
- Mmm... - fece a quel punto Daiki chinandosi su di lui scivolando con la mano dal fondoschiena alla sua guancia. Lo punzecchiò avvicinando la bocca al suo orecchio, non gli vedeva l’espressione, ma la conosceva bene. Quella che l’aveva tormentato per mesi e mesi, provocatoria, sensuale, selvatica, da sbruffone. 
Così maledettamente sexy.
- Pensavo non riuscissi a muoverti... 
- Se mi dai la colazione, riuscirò a muovermi eccome... 
Nella sua testa, la colazione non era quella classica, ma detta così, nonostante il tono malizioso, non fu esattamente chiaro ciò che aveva in mente. O meglio Daiki non ci pensò molto e lo interpretò alla lettera. 
- Solo perché mi hai fatto da letto. - rispose infatti sempre malizioso.
Taiga spalancò gli occhi eccitato, sperando di poter già realizzare ciò che aveva tanto voluto fare, ma si rese conto subito che non avevano inteso le stesse cose. 
Perché, come al solito, non riuscivano a capirsi. Quello non era di certo cambiato. 
Rimase deluso e seccato nel vederlo andare in cucina a preparare la colazione sul serio, quella normale, invece di dargli l’altra. Poi sospirò intravedendolo muoversi tra i fornelli. 
“Mi brucerà tutto... sicuramente non è capace di fare un cazzo da mangiare!”
Sapeva che non erano tutti pratici come lui, lui lo era perché aveva vissuto da solo presto. Tuttavia, pur non fidandosi delle sue doti culinarie e volendo alzarsi a salvare la situazione, più che altro il suo stomaco, rimase ben piantato lì a guardarlo meglio. Sollevò la testa e appoggiò il mento sul braccio piegato per vederlo meglio.
Daiki si muoveva in cucina tirando fuori il necessario per ciò che secondo lui doveva essere una colazione, intento a far da mangiare per lui.
“Ora so cosa provava lui in questi giorni, quando cucinavo per lui... non pensavo fosse così bello!”
Nonostante vedeva che stava facendo cose strane tirando fuori ciò che non sarebbe dovuto essere minimamente necessario, non lo fermò. Rimase ad osservarlo catturato, imprimendosi per bene la sensazione di Daiki che faceva qualcosa per lui.
Qualcosa di mal riuscito ed intossicante, probabilmente, ma per lui. 
Sorrise ebete, arrossendo. 
“Così adesso siamo una coppia?” 
Pensandolo, un’ondata calda lo invase dalla testa ai piedi e si sentì finalmente meglio, anche nelle parti più doloranti, tuttavia non si mosse comunque. Rimase lì steso a pancia in giù ad osservarlo compiere i suoi scempi, nonostante tutto la cosa più bella vista fino ad ora.

Taiga era riuscito a sedersi a tavola ad aspettare la colazione che Daiki aveva insistito per preparargli fino alla fine e pensando a quanto schifo avrebbe fatto, non si accorse che il suo coinquilino, una volta finito e prima di mettere a tavola il risultato, gli prese il viso da dietro, si chinò di lato, lo girò verso di lui e lo baciò naturale, come se non ci fosse nulla di strano. 
Taiga si voltò verso di lui ricevendo le sue labbra, sentì una mano sulla nuca, dove evidentemente gli piaceva prenderlo, e l’altra sulla guancia. Daiki fu molto dolce, oltre che spontaneo e spiazzò Taiga che posò la mano sul suo polso non per fermarlo, ma semplicemente col bisogno di toccarlo a sua volta. 
Questo ebbe il potere di sconnettere totalmente il proprietario di casa al punto che, una volta che il cuoco improvvisato lo lasciò per mettere il cibo in tavola, si dimenticò totalmente del fatto che non aveva mai preso una padella in mano e che mangiando così alla leggera, senza nemmeno riflettere, avrebbe potuto rischiare la vita. 
Aveva cercato di imitare ciò che faceva ogni mattina lui, ovvero la colazione all’americana, avendo comunque in casa solo quello. Perciò aveva fatto le uova. 
Quelle preparate da Taiga erano all’occhio di bue, con tanto di bacon e pane tostato. Daiki si era limitato a fare una sottospecie di uova strapazzate ed il bacon non c’era. Le fette di pane erano naturali, cioè non tostate. 
Taiga alzò un sopracciglio, ma con ancora il bacio più dolce e tenero mai ricevuto ad appannargli il cervello, si limitò a ringraziarlo per la preparazione e a mangiare subito senza esitare né assaggiare un pezzetto piccolo prima. 
Non c’era il bacon ed il pane non era tostato, ok, ma almeno le uova sembravano cotte. 
E lo erano.
Né crude né bruciate. Cotte bene. 
Taiga mise in bocca il primo boccone, poi lo sputò e si attaccò al cartone del succo. 
Daiki lo guardò perplesso, shoccato che facesse davvero così schifo. Sapeva di non essere bravo in cucina, anzi, totalmente analfabeta, ma quanto male poteva essere andato?
Non l’aveva bruciato né cotto poco, aveva evitato di tostare il pane apposta per non bruciarlo, si era limitato a fare le uova più facili che esistevano, quelle strapazzate. 
Vedendo che Taiga, dopo aver bevuto tutto quel succo buttava via le uova dal piatto alla spazzatura, Daiki si inalberò.
- E quanto mai potranno fare schifo? 
Taiga gli prese le bacchette di mano e gli mise un pezzo in bocca dal suo piatto, il compagno lo mangiò tralasciando che l’aveva imboccato facendo un gesto estremamente tenero in una situazione che di tenero aveva poco. 
Poi sputò quello che aveva mangiato, si alzò, buttò il contenuto nel cestino anche lui e bevve direttamente l’acqua dal rubinetto. 
- Ci ho messo lo zucchero al posto del sale. Ed anche troppo. 
Taiga annuì addentando le fette di pane. Almeno quelle, non avendoci messo mano, erano mangiabili. 
- Sai cosa facciamo oggi? - disse Taiga aprendo il resto della confezione di pan carré e tirando fuori altre fette per la sua fame che non era poca, al mattino. 
- Giochiamo a basket? - rispose Daiki imitandolo e mangiando il pane. 
- Ti do lezioni di cucina! Così almeno non rischieremo più di morire! 
L’aveva saputo, che sarebbe finita così, ma il bacio l’aveva deconcentrato e si era dimenticato di diffidare di partenza. 
Daiki lo guardò e nemmeno si lamentò del fatto che i contenitori dello zucchero e del sale erano simili e senza scritte sopra di identificazione. 
Infine piegò la testa e prendendo dell’altro pane, annuì accettando senza prendersela. Quando aveva ragione, aveva ragione. Non glielo avrebbe mai detto, ma era così. 
- Ti devo chiamare sensei? 
- Potresti chiamarmi ‘mio re’ se vuoi...  ma signore andrà bene. - lo disse seriamente e, seriamente, Daiki gli fece il dito medio infilandosi un’altra fetta di pane fra i denti.
La peggiore colazione da quando aveva memoria. Poteva essere peggio, alla fin fine il pane era commestibile. Una conquista l’avevano ottenuta. 

Sebbene le apparenti intenzioni di Taiga sembrassero nobili e se non altro normali, nella sua testa c’era in realtà tutto un piano ben elaborato per poter finalmente soddisfare i suoi feticci e le sue fantasie. Altro che lezione di cucina.
Il punto focale era che se fossero andati a giocare a basket non avrebbero potuto saltarsi addosso. 
Non voleva che fosse per forza Daiki a prendere l’iniziativa, anzi, ma gli piaceva giocare con lui come avevano fatto in quei giorni, perciò essendosi alzati di livello e avendo superato lo stuzzicarsi per chi cedeva prima ai baci e al tornare insieme, adesso potevano alzare l’asticella. 
Perché fra loro era comunque sempre una sfida in qualcosa, quella volta era per chi saltava prima addosso all’altro. O chi faceva l’attivo. O chi faceva avere per primo un orgasmo all’altro. 
Taiga ridacchiò. Poteva vincere e superare quel livello quando voleva, però gli piaceva che Daiki facesse il maniaco con lui, adesso che avevano superato lo scoglio dei primi baci e che avevano rotto il ghiaccio, diventava divertente. 
E lui, dal canto suo, poteva immaginarsi le regole che voleva. 
“Non è mica detto che perde chi ha per primo l’orgasmo provocato dall’altro, o chi lo infila per primo nel culo dell’altro. Io per esempio trovo altamente divertente e stimolante l’idea di provocarlo e spingerlo a molestarmi fino a cercare di infilarmelo. Poi che c’entra... mica è detto che se tenta ci riesce. Posso spingerlo a provarci, ma poi sai quanto è divertente ribaltarlo e farlo mio all’ultimo?”
Taiga nella sua testa aveva un sacco di idee e di piani e progetti, volti principalmente tutti a soddisfare le molte fantasie avute in quei giorni. Specie quelle in cui lui mangiava una parte del suo corpo. Anzi, qualcosa che proveniva dal suo corpo, per essere esatti. 
“Ognuno ha i suoi feticci, chissà quali ha lui... io ho la fissa del suo sperma. Non è buono e prelibato, ma l’ieda di toccarlo e ingoiarlo mi fa andare fuori di testa!”

E mentre lui maneggiava il cibo pensando a porcherie di prima categoria, Daiki seduto sul tavolo con la testa piegata di lato e le mani sui bordi, mordicchiandosi il labbro inferiore ed un bel sorrisino malizioso stampato sopra, guardava il suo sedere mentre si chinava a tirare fuori pentole e ciotole, pensando a quali ricette insegnargli per una normale sopravvivenza. 
“E lui che pensa a cose pulite e normali come insegnarmi a cucinare!” si disse Daiki leccandosi le labbra mentre lo immaginava in boxer e con il grembiule da cucina addosso. E basta. “Sapesse cosa sto pensando di fargli... altro che imparare a cucinare!”
Del resto di fantasie ne aveva avute anche lui, in quelle settimane separati. Non poche e sicuramente non caste. 
Per esempio lo faceva impazzire l’idea che Taiga lo implorasse di dargli il suo pene duro e dritto, se lo immaginava ai suoi piedi mentre lui era in piedi e gli strisciava sulle gambe aspettando con la bocca aperta ed aria supplichevole di carezzargli la faccia con il suo membro pulsante e caldo. 
Ripensandoci ora, gli venne duro in un attimo. Stava cercando un metodo per calmare almeno un po’ i bollenti spiriti poiché lui sembrava aver preparato tutto quello che intendeva insegnargli a cucinare quel giorno, quando lo vide girarsi e togliersi la maglietta e rimanere con gli shorts larghi e cadenti. 
Daiki alzò un sopracciglio scompensato da questa improvvisa iniziativa e rimase fermo sul tavolo a fissarlo, mentre gli occhi si incollavano all’elastico dei boxer che si vedevano sotto, con gli shorts cadevano più in basso. 
- Mi sono perso un passaggio? Mi insegnerai a cucinare te? - chiese senza pensarci nemmeno tanto. Taiga ridacchiò. 
- Odio sporcarmi e mentre cucino mi si riempiono i vestiti di odore di cibo. 
- In questi giorni non sembrava un problema! - replicò Daiki che non poteva mordersi la lingua nemmeno per sbaglio, se si trattava di vincere un battibecco con lui. 
- In questi giorni il gioco che facevamo era diverso... adesso siamo passati di livello... - Taiga a quel punto non ci mise molto a scoprire diretto e schietto le carte. Non che fosse mai stato abituato a filtrare qualcosa. 
Daiki si accese ancora di più di una luce vibrante e maliziosa ed in risposta si limitò a togliersi la maglietta e a rimanere a torso nudo anche lui.
- Oh beh, in questo caso... - non finì la frase. Lo guardò con mille promesse, le stesse che gli stava regalando Taiga in quel breve ma intenso scambio di sguardi. 
Sguardi che presupponevano che avrebbero saltato la lezione in cucina passando direttamente a quella sul letto, ma proprio quando Daiki scese dal tavolo per avvicinarsi sinuoso come una pantera, Taiga si girò di scatto dandogli la schiena ed iniziò ad insegnargli. 
- Bene, inizierò con la cosa più facile e utilizzata in Giappone. Il riso. Ci sono mille modi di farlo, ma tutti partono dalla stessa base. - così dicendo, serio e concentrato come se fosse un vero maestro di cucina, magari un cuoco pluristellato, prese il macchinario per cuocere il riso al vapore che aveva provveduto a farsi spedire da suo padre e si girò per mostrarlo a Daiki, ma si fermò in tempo, prima di spiaccicarglielo sul muso. 
Non si era reso conto che si era avvicinato tanto da sfiorarlo col suo corpo in modo soffocante. Per non fargli male lo tenne di lato, ancora mezzo sollevato, e gli brontolò contro seccato: 
- Ehi, potevo farti male! Devi rispettare i miei spazi o non riuscirò ad insegnarti nulla! 
Non che volesse. Daiki ridacchiò, gli prese la vaporiera e la posò sul piano della cucina al suo posto, attaccandosi completamente al suo corpo, girato ancora verso di lui ma solo per metà. 
- Non mi hai sentito arrivare? - chiese suadente, le labbra sulle sue, a sfiorargliele, in procinto di baciarlo. 
- Sei una pantera sul serio... - commentò lui ritirandosi un istante prima di cedere al bacio. Si girò di nuovo dandogli la schiena. 
- Bene, supponendo tu abbia visto almeno una volta in vita tua una vaporiera per il riso... - in realtà una specie di pentola solo più grande, - non saprai che cuoce in circa un quarto d’ora, perciò per prima cosa penseremo al condimento. 
Taiga pensava davvero, fra un gioco e l’altro, di insegnargli a cucinare. Al contrario di Daiki che invece non aveva minimamente intenzione di imparare una virgola. A parte che non gli interessava, ma preferiva guardarlo mentre lo faceva per lui.
- Ti insegnerò la ricetta che mi viene meglio, che è anche un classico della cucina giapponese. Domani potrei passare ad un piatto americano... 
Daiki nemmeno sentì il nome del piatto, che poi era riso con pollo al curry. 
Percepì la sua voce dire qualcosa, ma non registrò affatto di cosa si trattasse. Ma rispose con un: ‘sì’ interessato, roco e strascicato, quando gli aderì col corpo al suo da dietro, con la bocca che scivolava sul suo collo, riempiendolo di piccoli baci e succhiando la sua pelle calda e tonica. 
Taiga si fermò ridacchiando, ma alzò il coltello con cui stava iniziando ad affettare gli ingredienti, usandolo come una bacchetta da maestro di una volta. 
- Mi stai seguendo o dovrò ripetere tutto? - chiese fintamente severo. Daiki annuì sollevando gli occhi sul coltello a pochi centimetri dal suo viso, non ne fu minimamente turbato. 
- Sto guardando. Da qui ho una visuale perfetta, è come se fossi te! - così dicendo appoggiò il mento alla sua spalla, smettendo di baciarlo, poi infilò le mani sui suoi fianchi e lo tenne da lì, con tutto il suo corpo appoggiato al suo, il petto contro la schiena, entrambi nudi, il bacino contro il suo sedere, coperti da shorts cadenti e boxer che si vedevano da sotto, e le cosce a sostenersi a vicenda. 
Taiga annuì.
- Vedremo quando lo farai tu che combinerai! - disse iniziando a tagliuzzare gli ingredienti che avrebbe usato. 
- Perché dovrei farlo io se tu sei così bravo? 
- Perché stamattina mi hai quasi fatto vomitare perché volevi fare il romantico! 
- Oh, non preoccuparti... - rispose allora tornando a baciargli il collo come prima. - non succederà più! 
Taiga alzò un sopracciglio, girò di nuovo il capo verso di lui e borbottando un: 
- Tua nonna! - come a dire ‘te lo scordi!’, gli prese la mano destra, gli mise il coltello fra le dita, gli prese l’altra e la posò sul pezzo di carne di pollo. 
Daiki spalancò gli occhi di scatto, non aspettandosi la sensazione strana trasmessa dalla carne fredda e cruda sotto le dita, e si irrigidì contro di lui. 
- Ehi, guarda che non ho mai fatto niente del genere in vita mia! - brontolò perdendo la libidine in un colpo. Doveva ancora decidere se gli faceva schifo toccare il pollo, ma Taiga lo ignorò totalmente e godendo di questo piccolo infarto, gli tenne le mani con le proprie e come se fossero allungamenti di sé, proseguì il lavoro di taglio a tocchetti per lo spezzatino richiesto dal piatto. 
- Ti guiderò io! 
Come lui faceva quando doveva insegnargli qualche nuova mossa strana a basket. Ma non lo disse. Si sentì potente, nel sapere qualcosa che lui ignorava ed era particolarmente bello insegnarglielo in quel modo, soprattutto perché Daiki lo avvolgeva da dietro e lui gli teneva le mani nelle sue, manovrandolo come se fosse il suo burattinaio.
Un burattinaio incastrato dal burattino, in effetti. 
Daiki si dimenticò del tutto di provarci con lui, concentrandosi su quel che gli faceva fare e quando vide che, con un incredibile bravura di colui che mai e poi mai avrebbe chiamato ‘sensei’, aveva tagliato con successo il suo primo pezzo di pollo, con un sorriso sorpreso si sentì stupidamente felice. 
- Wow... non era difficile come pensavo... - replicò. Taiga rise lasciandogli le mani, posò il coltello e mise da parte i tocchetti di pollo tagliato per prendere la cipolla, mentre prima si era preoccupato di preparare tutto il pentolame necessario ed ogni altro tipo di ingrediente, compresi olio e spezie. 
Taiga non si spostò e non lo spinse via. Continuò con le procedure come se non avesse il ragazzo che aveva eroticamente desiderato per mesi, mezzo nudo attaccato dietro di sé. 
- E adesso? - chiese improvvisamente interessato alla cucina, raddrizzandosi sulle punte per vedere meglio oltre la sua spalla. Erano alti uguali, ma per vedere meglio si era sollevato e sporto di più. Perché naturalmente non esisteva che si spostasse per vedere meglio. Adesso con le mani, che erano sporche di carne, appoggiava al bordo del piano di lavoro della cucina, ai lati del corpo del suo ragazzo. 
- Adesso... - fece Taiga prendendo la cipolla e sbucciandola in un attimo con una facilità sconcertante. - la cipolla! 
Esclamò tagliandola a metà. 
Una delle due la tritò col coltello come se fosse un frullatore, veloce e pratico al punto che Daiki nemmeno ebbe tempo di vedere come faceva, né tanto meno sentire l’odore tipico che creava solitamente non pochi problemi.
Prima che i suoi occhi potessero registrare quanto visto e iniziato a lacrimare, si ritrovò di nuovo con il coltello e l’ingrediente in mano.
- Ecco qua, adesso tu!