*Daiki e Taiga non solo sono in calore, ma non hanno nemmeno più freni di alcun tipo. A parte gli sfoghi erotici, lentamente iniziano a trovare anche un legamo emotivo che in realtà entrambi sperano di sviluppare. Dopo di questo, parte il nuovo anno scolastico e con esso una sorta di parte finale della fic. Vedremo i due fenomeni in un contesto scolastico straniero, che approccio avranno coi nuovi compagni di scuola? Riusciranno a farsi accettare e a non mettersi nei guai? Come sempre, le fan art non sono mie ma mi hanno ispirato in alcune scene. Buona lettura. Baci Akane*

18. INNESCATI 

aokagaaokagaaokaga


Era stato come innescare una bomba. O meglio, una serie di bombe a catena. 
La prima fu la miccia per innescare tutte le altre e fare piazza pulita dietro di loro. 
Per troppo tempo avevano fatto astinenza, non solo dal sesso in generale, ma da loro due in particolare. Perciò appena avevano sbloccato la situazione di stallo e quella prima bomba era scoppiata, tutte le altre erano immediatamente andate dietro alla prima. 
Inevitabilmente, non furono più in grado di fermarsi e nulla di quel che facevano aveva minimamente a che fare col sentimento.
Quello era puro ed esclusivo sesso. 
Sesso e basta. 
Senza nient’altro. 
Tuttavia dopo aver rotto il ghiaccio, ci fu presto una cosa di cui si resero conto di dover assolutamente provare, nonostante il rischio non fosse basso. Ma dopo aver provato determinate cose scoppiettanti a dir poco negli scontri uno contro uno, al campetto, e aver provato quell’impulso sessuale ogni volta, si erano detti che ora sì.
Ora sì che valeva la pena giocare a basket e scontrarsi. 
Perfettamente consapevoli dell’enorme altissimo rischio che avrebbero corso nel farlo in quelle condizioni, da arrapati totali, ragionarono un attimo prima di perdere totalmente la testa e buttare tutto nel cesso. 
E con tutto si intendeva quel minimo di reputazione e rispetto conquistato lì in quel quartiere, con quei quattro ragazzi coi quali Daiki aveva legato immediatamente anche per conto di Taiga. 
Se fossero andati a giocare a basket in quelle condizioni in pieno giorno e davanti a loro, avrebbero dato letteralmente spettacolo. 
Perciò decisero di aspettare la sera e scendere in piena notte, quando non c’era più anima viva. 
Non che pensassero di saltarsi addosso da lì in poi tutte le volte che avessero avuto scontri di uno contro uno, ma avendo la fissa del sesso e di quella cosa speciale da provare assolutamente, era meglio farlo ora una volta per tutte.
Farlo e toglierselo dalla testa.
Come previsto, una volta iniziato a giocare insieme al quasi buio completo, i lampioni non arrivavano ad illuminare bene il campetto poiché era imbucato in una zona piuttosto riparata. Se lo conoscevi ci andavi a giocare, altrimenti non è che ti fermavi perché lo vedevi passandoci davanti. 
Era perfetto, di notte. 
Nonostante sapessero che avrebbero corso pochi rischi, sapevano che ce n’erano.
Prima di cominciare si erano guardati diffidenti in giro.
Nessuno dei due voleva avere guai e finire nel mirino degli omofobi. Principalmente non erano lì per dichiararsi ma per entrare nell’NBA, poi comunque non sarebbe stato nel loro carattere essere una coppia espansiva.
Erano assetati di sesso, il che era molto diverso.
Quando iniziarono, però, in un attimo ogni dubbio e resistenza, sia pure bassa, passò completamente e lasciandosi trasportare dalla solita ondata di fanatismo, iniziarono a scoppiettare di scintille.
Quelle che li fecero finire nella danger zone.
Esattamente quella che volevano provare. 
Ci avevano decisamente visto giusto, visto che poco dopo che ci furono dentro, nonostante non ci vedessero benissimo, il livello di ogni cosa aumentò. 
L’eccitazione di quel che facevano ormai a pieno ritmo era ancora alta in loro, a quella si aggiunse quella tipica della danger zone.
Giocare uno contro l’altro era sempre stato per loro deleterio, ma in quelle condizioni, a quei livelli così eccezionali, riuscendo a fare cose pazzesche, gli faceva salire l’eccitazione alle stelle. 
Quella notte salì molto di più e dopo l’ennesima azione estremamente intensa e difficile, portata a termine nel migliore dei modi, coi cuori e l’adrenalina ancora alle stelle, lasciarono perdere la palla; Daiki prese Taiga, lo spinse giù per terra, gli si stese sopra e lo baciò con l’erezione più dura mai avuta da quando facevano sesso. 
Taiga si lasciò montare, sentendo chiaramente quanto eccitato fosse. Almeno quanto lo era lui.
E no dannazione.
Quella volta non voleva metterglielo lui, non voleva fare lui l’attivo.
In un attimo si innescò qualcos’altro in lui, come un bisogno specifico di essere preso e sentirlo dentro, proprio così com’era. Duro e crudo. 
Contro quel cemento ruvido, scomodi, all’aperto, lì nel campo di basket che sarebbe stato il loro regno.
Forse era così, si dissero mentre Taiga si girava sotto di lui mettendosi a carponi e abbassandosi solo quel che serviva per scoprirsi dietro. 
Era il loro regno il basket, il campetto. E in quello Daiki era sempre stato il suo re, nonostante le contese e le lotte fra i due fossero estenuanti e di alto livello.
Taiga non era poi così tanto inferiore, ma lo era, lo sapeva. La zone lo aiutavano a contrastarlo e magari anche lo vinceva, ma se si dovevano prendere al naturale, sapeva di essergli ancora inferiore.
Forse gli piaceva, in qualche parte di sé.
Quella che ora gli chiedeva di essere posseduto da lui.
Daiki non se lo fece ripetere, trovandolo così giusto e volgare in quel bisogno esplosivo che li invase. 
Si abbassò leggermente i pantaloni e si tirò fuori l’erezione. Si sputò sulla mano e si strofinò il membro duro senza aspettare oltre.
Ansimavano ancora dalla fatica della sfida, ma tutto si sospese quando lui entrò.
Gliel’aveva fatta sudare, letteralmente, ma finalmente glielo aveva concesso. 
- È il premio perché senza la zone ti batto ancora? - senza la zone ci giocavano poco, ma lo sapevano entrambi. Taiga era migliorato molto, ma Daiki aveva ancora quel qualcosa in più.
Taiga ridacchiò mentre gemeva cercando di non fare rumore. Si inarcava premendo la parte superiore del busto contro il terreno, le ginocchia ed i palmi gli facevano male e probabilmente anche a Daiki, ma il piacere era così intenso e totale, che nemmeno se ne rendevano conto. 
Riaverlo dentro fu come essere trasportato in Giappone, a quella splendida settimana insieme. 
Si sentì strano, sconnesso, sdoppiato. 
Era bello prenderlo, ma era straordinario anche esser preso.
Daiki forte, virile, spingeva in lui quasi con cattiveria, senza il minimo sentimento né riguardo. Stringeva le mani sui fianchi e dritto dietro di lui lo faceva suo ripetutamente, tirando fuori ogni angolo recondito dei suoi desideri e del suo vero io.
Se Daiki gli permetteva di prenderlo era solo perché provava qualcosa per lui che andava oltre il desiderio sessuale. Una sorta di bisogno emotivo, forse. 
Ma di fatto era lui il dominatore dei due, lo era sempre stato e a Taiga questo aspetto di lui lo mandava fuori di testa.
Del resto aveva perso la testa per lui proprio per quel suo lato dominante e schiacciante, da perfetto stronzo che ti fotteva senza guardarti in faccia; crudele, quasi. 
Era quello il Daiki che lui aveva conosciuto ed era quello che gli aveva fatto perdere la testa. 
Raggiunsero l’orgasmo quasi insieme e appena lo fecero, si coprirono subito stendendosi a terra, supini, braccia larghe e sfiniti, sudati, ansimanti, ma soddisfatti. Mai più di così. 
Decisamente l’orgasmo migliore fino ad ora in assoluto. 
- Lo sapevo... - disse Daiki soddisfatto, il respiro ancora corto, gli occhi fissi al cielo scuro tempestato di stelle che in quel campetto poco illuminato si vedevano bene. 
- Che scopare dopo la danger zone era una figata pazzesca? 
Daiki si girò col capo verso di lui, torcendosi per la posizione, e ghignò malizioso. Taiga si morse il labbro, eccitandosi di nuovo. 
- Pensa a tutte le volte che abbiamo rischiato di farlo in Giappone... ti immagini se finiva sempre come volevamo realmente? 
Taiga si figurò le scene durante le partite ufficiali avvenute, quando davanti a un sacco di spettatori, per non dire pure i loro compagni, al termine di ogni scontro diretto loro si erano sentiti così. Proprio come in quel momento. Ed avevano ignorato l’impulso provato. Quello di toccarsi e saltarsi addosso.
Qualche volta si erano toccati, per provocarsi. Sempre più spesso. Mai senza capire, o volerlo vedere che si trattava proprio di quello.
Di desiderio uno dell’altro. 
- Avremmo dato scandalo! - commentò ridendo, immaginandosi le facce dei loro compagni. 
- Dovremo stare attenti ora... una volta che provi è un casino! 
Ne sapeva qualcosa visto che con Kise e Kuroko ci aveva dato dentro dopo qualche partita o allenamento speciale. 
Taiga scosse il capo e si trascinò verso di lui, annullando la distanza che si erano lasciati. 
- Cercherò di trattenermi dal darti il culo quando giochiamo! 
Rispose senza peli sulla lingua.
Ricordando che effettivamente glielo aveva finalmente concesso, Daiki lo guardò negli occhi divertito.
- Quindi ti piace farti scopare da me dopo il basket... interessante... significa che in campo riconosci che ti sono superiore... 
Taiga, che era ancora nella pace dei sensi e molto stanco per la sfida di alto livello appena fatta, scosse il capo e gli diede un colpetto con la testa contro la spalla su cui appoggiava. 
- Per ora! 
L’ammissione fece fischiare di shock Daiki che poi ridendo gli circondò il viso col braccio, con irruenza. 
- E per sempre! 
Taiga ricambiò prendendogli la testa a sua volta cercando di soffocarlo in qualche modo, ma la posizione era più propizia a Daiki. 
- Sogna! 
Rimasero lì a lottare per l’ennesima volta, cercando di soffocarsi a vicenda, fino a che la stanchezza non li fece arrendere e trascinarsi su in casa. 
Quella notte, finalmente, dormirono insieme nel letto di Taiga, abbracciati. 


Le lenzuola ricoprivano i loro corpi solo alla vita, non che ne avessero bisogno. Faceva ancora caldo da poter dormire scoperti, ma essendo completamente nudi, nel sonno in cui erano caduti dopo aver fatto sesso prima di addormentarsi, avevano sentito la necessità di avere qualcosa sopra, così si erano tirati su malamente e a casaccio il lenzuolo grigio azzurro. 
Taiga dormiva supino della grossa, senza accorgersi minimamente che di nuovo Daiki gli si era abbarbicato addosso, ormai un’abitudine da quando dormivano insieme. Lo usava come secondo cuscino, di quelli che in molti si tenevano accanto solo per abbracciarlo dormendo.
Aveva le gambe avvinghiate alle sue, un braccio gli attraversava il torace tenendolo ancorato al letto, mentre col busto gli stava appiccicato addosso. 
Il viso aderiva a quello di Taiga, la fronte sulla sua guancia. 
Non poteva stare comodo, Taiga, eppure dormiva pesantemente, come se non avesse nemmeno sentito un peso quasi del tutto addosso, né tanto meno mai sentito la necessità di muoversi. 
Daiki si svegliò con la prima vibrazione della sveglia del cellulare, così si allungò sul comodino, oltre Taiga, e la spense prima di farla suonare del tutto. 
Dopo il telefono, mise la mano sulla sua guancia e tenendogli il viso lo baciò sulla tempia, scivolando poi sull’orecchio. Gliel’avvolse con le labbra e lo delineò con la lingua. Sentendo alterare il respiro in segno di risveglio, Daiki sperando di non risultare troppo dolce, ora che era cosciente, mormorò sensuale: 
- Buongiorno dormiglione... 
Ma risultò ugualmente troppo tenero e Taiga sorrise senza voglie da maniaco, come in quei giorni era capitato al mattino. Normalmente i loro buongiorno recenti si erano sempre spinti verso un orgasmo, ma quella mattina era diversa per due cose. 
Daiki era sorprendentemente coccolo e tenero e soprattutto, era il primo giorno di scuola. 
- Oggi si inizia! - disse subito come prima cosa, senza nemmeno salutarlo. 
Daiki sospirò fra sé e sé, anche se aveva notato il suo eccesso di dolcezza insolita, che cercava sempre di trattenere per non rovinare tutto e non farlo scappare, ma anche per non perdere la faccia, Taiga non sembrava volerlo sottolineare in alcun modo. Segno che non era ancora pronto per quel genere di cose e la soluzione migliore era ignorarle. 
Si sentì meglio, quando per un momento aveva temuto d’aver rovinato già tutto dopo solo qualche giorno che avevano ripreso da dove si erano interrotti in Giappone. 
- Sei pronto? - chiese seguendo il suo pensiero. 
- Certo, e tu? 
Taiga girò la testa verso la sua, ancora vicinissima. I visi a pochi centimetri, le labbra a sfiorarsi, gli occhi si incatenarono. C’era una luce bellissima in entrambi, una luce piena di vita e di voglia di cominciare quel nuovo capitolo importante. 
Sapevano che sarebbe andato bene. Non erano mai stati due particolarmente ottimisti, ma lì si sentivano così.
Non erano mai stati realmente ansiosi se non poco prima dei test d’ammissione. Ma superati quelli, era come se qualcosa avesse fatto clic. 
La loro nuova vita iniziava, finalmente, e sarebbe sicuramente stata incredibile e bellissima. Di questo ne erano certi, perché era il loro destino, quello.
Il basket. 
Sapevano avrebbero incontrato mille difficoltò, ma le avrebbero superate tutte a suon di canestri e passione. 
- Ovvio che sì! - rispose Taiga, poi cancellò la brevissima distanza fra le loro labbra in un buongiorno che anche da parte sua non aveva nulla d’erotico e spinto. 
Fu il bacio più tenero che si furono mai scambiati, delicato e sensibile ed entrambi lo sentirono molto e non lo dimenticarono.

Mettere piede a scuola fu come metterlo ufficialmente nel primo capitolo della loro nuova vita. Ci erano già venuti per i test, ma era stato come una sorta di prefazione. 
Adesso il libro cominciava ufficialmente e sebbene fosse tutto stato preparato a puntino e studiato con un progetto iniziale ben preciso, sapevano che potevano inciampare in qualche disastro apocalittico. Non tanto perché normalmente poteva succedere a tutti, bensì perché erano Taiga Kagami e Daiki Aomine. I due più piantagrane mai nati sulla faccia della Terra. Per di più, lì, erano insieme. 
Separatamente avevano sempre fatto diversi guai in ogni situazione o sollevato polveroni notevoli, ma lì non erano ognuno per conto proprio.
Lì erano insieme.
Perciò le possibilità che tutto finisse in un uragano forza cinque e lasciasse solo distruzione, erano alte. 
Inizialmente la maggior parte delle preoccupazioni di Alexandra, che si era preoccupata di chiamare il suo pupillo la sera prima per sbraitargli contro raccomandazioni di mille tipi su cosa NON dovesse assolutamente fare, si erano concentrate sul fatto che non andando d’accordo con Daiki, per quel che lei ricordava e ne sapeva, rischiavano di boicottarsi fra di loro a suon di litigi, risse e stupidaggini di quel tipo. 
Ma Taiga era stato molto tranquillo in merito e l’aveva ribadito Daiki strappandogli il telefono di mano, dicendo di non doversi preoccupare, perché adesso andavano d’amore e d’accordo e sarebbero stati in grado di collaborare e aiutarsi a vicenda. 
Lei aveva pensato la stessero prendendo in giro e li aveva insultati, concludendo poi che avevano una sola occasione, di non sprecarla. 
Ma effettivamente lei non sapeva quanto migliorato fosse il loro rapporto e se solo fino a qualche mese prima, in un’avventura simile insieme si sarebbero realmente boicottati non andando d’accordo, lì l’aver risolto le loro divergenze, sebbene rimanessero due caratteri forti che spesso si scontravano per sciocchezze, li aveva fatti nettamente svoltare. 
Fu chiaro appena messo piede fra le mura del liceo privato prestigioso, per cui i genitori avevano pagato parecchio con la promessa di essere rimborsati una volta diventarti famosi a basket. 
I genitori non gli avevano creduto, erano cose che ogni sognatore sportivo diceva, ma erano d’accordo sul fatto che un giorno, in un modo o nell’altro, li avrebbero ricompensati. 
Non avevano idea che non solo dicevano sul serio, ma che sarebbe anche successo realmente. 
Mettere piede in una nuova scuola, in un continente opposto al proprio, per un progetto essenziale per il proprio futuro, avrebbe intimidito chiunque. Non loro, non quel giorno. 
Daiki e Taiga varcarono la soglia principale del liceo, fermandosi subito dopo innanzi al grande corridoio che si apriva davanti a loro. Un fiume umano di studenti di età che andavano dai quattordici ai diciotto anni circa, si apriva innanzi a loro. 
Alcuni continuavano ad entrare dietro di loro e gli passavano accanto senza nemmeno vederli, tutti con le divise fornite dal programma scolastico, ognuno con uno zaino od una cartella per i libri del primo giorno. 
I due ragazzi, che spiccavano per la loro nazionalità asiatica, fianco a fianco, spalla contro spalla, fermi a guardare gli studenti ed il loro nuovo tanto agognato liceo, si guardarono girando solo gli occhi, poi sollevarono le braccia agganciandosi come fossero due amici fraterni di vecchia data e tornando a guardare davanti a loro, con sue ghigni perfettamente identici, dissero in tandem:
- Si inizia! 
E così fu. 

Cominciando al secondo anno, in quanto il primo l’avevano già fatto in Giappone, si ritrovarono a presentarsi a quella che sarebbe stata la loro nuova classe.  
Senza peli sulla lingua né sentirsi minimamente in soggezione, dichiararono apertamente di essere lì per diventare dei campioni di basket dell’NBA, cosa che normalmente non si dichiarava se non si voleva ottenere un bel mirino sulla schiena. 
A loro, quel mirino, non fregava nulla di averlo. Era vero, erano lì per quello e tanto valeva metterlo subito in chiaro. 
Nulla, tanto meno un po’ di pressione o le risa scatenate dalle loro patetiche dichiarazioni, avrebbe impedito loro di trionfare lì dentro.
Si resero conto d’aver scelto un approccio azzardato dopo le prese in giro ricevute quasi da tutti i membri della loro nuova classe, che di poco variava da lezione a lezione, a seconda delle materie che seguivano. 
- Perché ci prendono per il culo? - iniziarono a chiedersi scocciati all’ennesima battuta del tipo ‘ecco arrivano i campioni!’. 
- Perché sono invidiosi! - fu la risposta semplicistica di Taiga, il quale non era minimamente interessato a ciò che pensavano gli altri, né mai lo era stato. 
- Sì certo e di cosa visto che non ci hanno ancora visto giocare? - replicò seccato Daiki, in pausa pranzo. 
- Ragazzi, normalmente i nuovi arrivati, specie se stranieri, si inseriscono in sordina senza attirare l’attenzione... 
La voce mite, oltre ad aver parlato nella loro lingua, denotava soggezione. Daiki e Taiga si girarono per vedere un ragazzo seduto da solo ad uno dei tavoli. Aveva gli occhiali, era magro, di origini giapponesi e sembrava un pesce fuor d’acqua.  
- Ci conosciamo? - chiesero i due ragazzi insieme, alzandosi e mettendosi a sedere con lui portantesi dietro i rispettivi pranzi portati da casa e preparati da un premuroso Taiga. Il giovane si irrigidì spalancando gli occhi nel vederli seduti con lui. 
- Certo... - balbettò non stupendosi che non si ricordassero di lui. - Siamo in classe insieme. Mio padre ha origini giapponesi e mi ha insegnato il giapponese anche se sono nato e cresciuto qua. - iniziò a parlare di sé come se glielo avessero chiesto e fossero interessati.
I due divorarono il loro pranzo in quattro bocconi constatando che non erano minimamente sazi, perciò guardarono il suo vassoio. 
- Ah davvero? - chiesero non avendo nemmeno sentito mezza parola se non che erano in classe insieme. Il ragazzino gli porse il contorno di patate che si era preso alla mensa della scuola e sperando di poter fare finalmente amicizia con qualcuno, gli diede coraggiosamente corda. 
- Grazie! - rispose Taiga iniziando a mangiare le patate al suo posto senza fare complimenti. 
- Cosa dicevi sul non attirare l’attenzione? - riprese Daiki tornando a ciò che gli interessava, mentre rubava il piatto di plastica di Taiga e mangiava il resto delle patate usando la sua forchetta, che a sua volta l’aveva rubata al ragazzino. Si erano adattati presto anche alle usanze occidentali, non ci era voluto molto.
- Che i nuovi arrivati, specialmente stranieri, all’inizio cercano di non attirare l’attenzione e solo dopo che si sono ambientati magari si mettono in mostra, se lo desiderano e se hanno qualche dote particolare. Ma comunque dopo averla mostrata. 
Daiki capiva ciò che diceva, Taiga non la condivideva. 
- E allora? Quello che diciamo è vero. Loro non lo sanno, ma siamo bravi a basket! 
- Sì, ma finché non lo dimostrate sembrate solo due sbruffoni sognatori. Ce ne sono tanti che poi falliscono miseramente. La loro vita scolastica diventa un inferno... qua il bullismo è dominante. Sebbene penso che voi non dobbiate preoccuparvene... credo saprete difendervi. 
- E sapremo conquistarli a suon di canestri! Lo vedranno tutti! 
Taiga ne era sicuro almeno quanto Daiki, i due si guardarono e fecero un ghigno esaltato tipico loro, il ragazzino ridacchiò rendendosi conto che invece di pensare che fossero sciocchi e patetici, si ritrovò ad ammirarli istintivamente.
“Sono forti!” Pensò presentandosi per nome. 
- Sono Mike comunque! - disse porgendo la mano che i due strinsero presentandosi a loro volta, come se già non li conoscesse. 
- Tu che fai? Sei in qualche club? 
Mike a quel punto rispose sorridendo, sorpreso che si interessassero a lui così facilmente, cosa che in un anno intero non era capitato con nessun altro. 
- Musica. A me piace suonare e fare rap e freestyle! 
- Suonare? Quale strumento? - chiese Daiki che da quando era in America si era sentito subito l’autentico sé stesso di un tempo, in grado di legare con chiunque perché si interessava a chiunque. 
- Tutti! - così dicendo, iniziarono a parlare rendendosi presto conto di avere davanti un altro fuoriclasse, come si ritenevano di esserlo loro, solo in un altro settore. Oltre che il loro primo amico in quel nuovo liceo.