*È il momento di dimostrare veramente chi sono e che meritano di stare lì, supereranno il fantomatico provino? Conquisteranno la nuova squadra a cui hanno fatto una pessima impressione? Poche parole, siamo agli ultimi capitoli, ma ancora qualcosa da vedere ce l'abbiamo. Buona lettura. Baci Akane* 

19. VITA SCOLASTICA

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Appena misero piede nella palestra, tutti si fermarono, proprio come quel giorno, ma questa volta non fu complice un ingresso trionfale con tanto di porte principali sbattute, in quanto seguendo la massa e le indicazioni, entrarono dal corridoio interno che collegava la palestra all’edificio scolastico. 
Un tunnel che percorrevano solo i membri interessati all’utilizzo della palestra usata per l’attività di educazione fisica ma, principalmente, per il club di basket la cui squadra era estremamente rinomata. 
Ma lì Daiki e Taiga erano entrati insieme ad altri ragazzi che avevano seguito le indicazioni per i provini per entrare in squadra.
Eppure tutti si fermarono puntando l’attenzione nello specifico su loro due.
- Ehi, guardate... sono gli stronzi di quella volta... allora sono venuti davvero! 
- Dopotutto hanno le palle, a quanto pare!
- Non basta averle, bisogna anche usarle! 
I membri della squadra, che erano già in campo ed avevano iniziato ad allenarsi in attesa dell’arrivo dei nuovi, avevano parlato di proposito ad alta voce indicando apertamente Daiki e Taiga.
Come gli altri, anche loro si erano fermati in uno degli spogliatoi, quello che normalmente era usato dalla squadra ospite, e si erano cambiati mettendosi una divisa comoda per giocare a basket. La loro era quella che avevano usato in Giappone al Seirin e al To’o, entrambe le versioni erano nere ed erano simili. Avevano voluto portarsele come ricordo e come porta fortuna. 
Non si preoccuparono minimamente di sembrare sempre più due con la testa montata.
- Guardate, giocavano a basket in qualche squadra, prima... 
Risero vistosamente, sgomitandosi. 
- Chissà quanto schifo potevano fare...cosa sono, giapponesi? Cinesi? Quanto schifo fanno da quelle parti?
- E sono venuti qua pretendendo di entrare in squadra con noi? 
Jack aveva voluto di proposito lasciarli andare da soli senza presentarli.
Nel gruppo dei nuovi che facevano il provino per entrare in squadra, c’erano diversi stranieri e non aveva mai specificato che nazionalità avessero, solo l’allenatore ovviamente lo sapeva e, presente a bordo campo con una cartellina in mano ed una lista di nomi, li guardò senza far loro alcun cenno. Deciso come Jack a metterli alla prova non a basket, ma testando il loro carattere. 
Nella lista i loro nomi erano già spuntati con il visto dell’ok, ma erano comunque lì poiché avrebbero fatto il provino come gli altri. Pura formalità. 
- Li senti, Taiga? - disse liberamente ad alta voce Daiki appoggiandosi sul compagno, arrivandogli da dietro e mettendogli il gomito su una spalla, il viso vicino al suo. Gli parlava all’orecchio, ma non piano. Voleva chiaramente farsi sentire bene da tutti. 
- Certo che li sento! Non sanno nemmeno distinguere i giapponesi dai cinesi. Io andrei a nascondermi di vergogna, al loro posto! 
Taiga aveva un’espressione seria, feroce, tipica da tigre in procinto di attaccare, mentre Daiki aveva un sorrisino mellifluo stampato in viso. Era molto sicuro di sé e li derideva pur senza dire cose particolari. 
- Sarà divertente mostrare il nostro basket, non trovi? 
Taiga in risposta aprì la mano all’indietro verso di lui e Daiki gli batté il cinque. 
- Voi due farete un provino diverso, dopo. - l’allenatore parlò loro prima ancora delle presentazioni, senza farsi sentire dagli altri. I due ragazzi lo guardarono contrariati, ma riconoscendolo come l’autorità della squadra, sottostettero subito. - So già a che livello siete, devo prima fare una scrematura con loro e poi faremo un provino finale dove ci sarete anche voi. Nel frattempo potete riscaldarvi in fondo, quel canestro non lo useremo. 
La palestra era enorme ed aveva un campo grande da basket nel senso più lungo, circondato dagli spalti per gli spettatori e, da un lato, le panchine delle due squadre con relativo ingresso ai due spogliatoi. Ma la palestra contava due ulteriori campi più piccoli, per gli allenamenti, che erano in verticale, ognuno in una metà campo. In totale i canestri presenti erano sei, ma il campo principale era uno. 
L’allenatore, un uomo di colore, alto, muscoloso e che incuteva un certo timore e rispetto immediati, era chiaramente la persona che nessuno lì dentro avrebbe contestato in alcun modo. 
Indicò loro uno dei due canestri e successivamente la cesta dove prendere un pallone. Nell’altro di fronte al loro, era radunata la squadra principale che già aveva iniziato ad allenarsi. Alcuni membri, però, sembravano aver ricevuto dei compiti speciali ed avrebbero aiutato nella scrematura iniziale, questi erano insieme ai nuovi arrivati ed erano sparsi nell’altro campo minore, che avrebbero usato. 
Daiki e Taiga annuirono sentendo il rispetto portato di natura a quell’uomo che non gli diede sensazioni sgradevoli.
Così sotto gli occhi esterrefatti di tutti, soprattutto del giovane dai capelli biondi, corti e gli occhi azzurri con cui avevano parlato il primo giorno e che ora era rimasto straordinariamente in silenzio per tutto il tempo a fissarli, i due ragazzi recuperarono un pallone ed andarono al canestro indicato.
- Non fanno la scrematura? - chiese uno della squadra che aveva avuto parole al veleno per loro, rivolto proprio al ragazzo biondo. Questi con una smorfia contrariata per la questione, scosse il capo senza aggiungere altro. 
Costui, evidentemente il capitano della squadra, era l’unico ad aver avuto la dritta in anticipo, in seguito alla quale aveva intuito da solo che loro due dovessero essere effettivamente i famosi stranieri reclutati dal loro talent scout. 
- Beh, essere bravi in un contesto dove gli altri sono autentiche schiappe e farsi notare così è facile... adesso sarà il difficile! - si affrettarono a commentare. 
- Già... devono distinguersi qua fra i bravi! 
Non li avrebbero accettati facilmente, ma non sembrava turbare affatto i protagonisti di tante cattiverie gratuite. 
Daiki e Taiga, infatti, aspettando l’inizio del provino di scrematura che attirò presto l’attenzione di tutti gli altri, iniziarono a riscaldarsi. 
- Sei teso? - chiese con un ghigno divertito Daiki, mettendosi col fianco al canestro con la palla fra loro, pronta ad essere rilasciata al momento di iniziare. 
- E di cosa? Di fare ciò che facciamo praticamente ogni giorno? - rispose allo stesso modo, divertito, Taiga, chinandosi sulle ginocchia e abbassando il baricentro pronto a saltare e scattare. 
- No, ma metti che soffri la pressione... quell’uomo è il gran capo, se lui dirà che gli facciamo schifo, siamo fuori! 
Daiki lo faceva apposta e Taiga lo sapeva, era sadico e godeva nel torturare il prossimo. Era una delle qualità che l’avevano cotto a puntino. 
Taiga, infatti, aumentò il ghignò mentre lo sguardo si faceva tipicamente feroce e serio. 
- Io che soffro la pressione? Mi hai mai visto soffrirla? 
- No, ma non ti ho mai visto prima di entrare in campo contro di me... sarai stato sicuramente teso, quelle volte... - Daiki citò di proposito le loro partite con le vecchie scuole, pensando in particolare alla prima, quando il loro divario era stato abissale. 
- Oh, non preoccuparti... vedi, ho una strana tendenza... - Daiki alzò finalmente la palla e la lasciò, in quella frazione di secondo nella quale era sospesa e nessuno la toccava, la mano di uno sotto e quella dell’altro sopra, Taiga concluse: - io, coi più forti mi esalto! 
Così dicendo prese per primo la palla e con uno scatto si spostò e saltando si ritrovò, nell’aria, con già gli occhi rossi che scintillavano. 
Daiki, per nulla meravigliato, scattò verso di lui e saltò in contrasto per fermarlo. Anche il suo sorriso era acceso e divertito, così come i suoi occhi brillavano di scintille blu. 
E fu lì che la danger zone si innescò, come sempre subito. 

Ogni gruppo era concentrato a fare il proprio dovere, chi ad allenarsi per conto proprio, chi ad aiutare nel provino e chi, appunto, a farlo. 
Ognuno fisso nel proprio dovere, ci misero poco a distrarsi e notare quella strana cosa che stava succedendo sotto il canestro nell’angolo. 
Difficile il contrario, quando due giocatori finivano in zona e, per giunta, in risonanza uno con l’altro.
Quello che Daiki e Taiga offrirono ai nuovi compagni fu esattamente quello spettacolo che avevano preteso di vedere per accettarli e dimenticare le loro sbruffonate. 
A nessuno piaceva personaggi del genere, esaltati e convinti di essere i migliori. L’unico modo per farsi accettare era mostrare qualcosa che fosse esattamente all’altezza delle loro parole.
E quello lo fu.
Tutti immediatamente si fermarono dal giocare o dall’allenarsi. Ogni palla si bloccò dal palleggiare, ci fu un silenzio immediato completo e tutti, ma proprio tutti, si concentrarono su ciò che si consumava in quel canestro, con quei due ragazzi giapponesi che avevano fatto di tutto per farsi notare e per essere odiati. 
Ma lì, mentre Daiki esibiva delle manovre impossibili, velocissime come lampi e Taiga rispondeva  con le proprie di una potenza esplosiva, nessuno ricordò più perché gli erano stati sulle palle. Perché detestarli? Gli erano stati antipatici, certo. Avevano fatto i palloni gonfiati. Insopportabili, forse. Anzi, sicuramente. Eppure come era possibile non rimanere con la bocca aperta a fissarli inebetiti?
- Ecco perché erano così teste di cazzo! 
Sussurrò uno dei compagni che li aveva criticati più ferocemente. 
- Perché avevano ragione... 
In quello, come se li sentissero anche se non era così, poiché persi totalmente in un mondo a parte dove nessuno esisteva, Taiga per rispondere ad una manovra tecnica pazzesca di Daiki, decise di usare una delle sue armi più forti e sfruttando la sua elevazione senza pari, lo saltò del tutto in altezza ed eseguendo un air walk, andò a canestro. 
Daiki scosse il capo ridacchiando con la consapevolezza che avrebbe usato quella mossa. 
- Il Meteor Jamp lo userai contro quegli imbecilli dei nostri futuri compagni? 
Il meteor Jamp, ovvero la mossa più forte in assoluta di Taiga, gli veniva solo nella zona, ma non la esibiva spesso nemmeno negli scontri serrati contro Daiki perché doveva essere in uno stato d’animo particolare per poterlo eseguire. 
Taiga col ghigno soddisfatto e trionfante, prese posizione di difesa mentre Daiki si apprestava ad attaccare, per nulla stanchi. 
- Quello me lo riservo per i momenti che contano realmente. Non per dei perdenti. - Daiki iniziò a farsi avanti, palleggiando veloce come suo solito, fino a far sparire la palla alla vista. - Se noti, infatti, nemmeno contro di te lo faccio spesso. 
Taiga gli diede la stoccata velenosa di proposito perché quello era il loro modo di comunicare. Daiki rise esaltandosi e scattando gli vorticò intorno ad una velocità spropositata, poi senza che Taiga se ne rendesse conto, mise la palla in canestro proseguendo la loro sfida. 
- Uno è velocissimo ed ha una tecnica fine e precisa, l’altro ha una potenza esplosiva ed un elevazione fuori dal comune... 
Continuarono a commentare i futuri compagni di squadra che si erano totalmente disinteressati sia ai loro allenamenti che al provino dei nuovi che non riusciva a ripartire, tutti troppo presi da quello spettacolo. 
- Ora capisco cosa intendeva... - disse il capitano al mister, aprendo totalmente la sua espressione che da arcigna e perennemente incazzato, divenne sorpreso e ammirato in modo così spontaneo da non poterlo trattenere.
L’allenatore sorrise soddisfatto. 
- Sono migliorati un sacco dai video che ho visto. - rispose contento, lasciando che i suoi giocatori si mettessero a bordo del loro mezzo campo a guardarli giocare, dimenticandosi totalmente dei doveri. 
- E hanno tutta l’aria di poter migliorare ancora... - ammise senza remore il ragazzo dai capelli biondi, tenendo la palla sotto il braccio e fissando i due giapponesi intenti a dar ancora più spettacolo. 
- Lo faranno. - rispose sicuro di sé l’uomo, dopo di questo gettò un fischio acuto con le labbra senza l’uso né del fischietto né delle dita, assordò il ragazzo accanto che lo fissò torvo tornando alla sua tipica espressione, poi con la sua vociona tonante disse rivolto a Taiga e Daiki. 
- Voi due siete dentro, non serve il provino finale! 
Solo allora Daiki e Taiga si resero conto di essere circondati da quelli che fino a quel momento li avevano criticati. Tutta gente che ora li ammirava colpiti, annuendo e convenendo che decisamente era inutile fare alcun provino, totalmente ricreduti sul loro conto. 
 Lì, vedendosi improvvisamente accettati da tutte quelle persone che fino a quel momento erano stati ostili con loro, gli venne in mente Akashi e la sua fissa per il farli giocare insieme innescando quel basket spettacolo, sfruttando la danger zone. 
- Secondo te l’aveva previsto, Akashi? - chiese Taiga senza dover specificare a cosa si riferisse in particolare. 
- Che grazie al nostro basket spettacolo avremmo conquistato il mondo e che ci saremmo arrivati collaborando? - rispose Daiki. Sorrise. - Lui è Akashi, prevede il futuro. Te l’avevo detto, no? 
Taiga rise, scosse la testa e prendendo la palla, riprese a giocare. 
Era così ovvio. 
- Dì, ma sei contento? Siamo ufficialmente in squadra! 
- Perché, avevi dubbi?
- No, nemmeno uno!
- Sììì certo... te la facevi sotto! 
- Brutto coglione, adesso ti faccio vedere chi si fa chi! 
- Voglio proprio vederti se hai il coraggio di farlo qua!
- Oh, non sfidarmi! 
E così andarono avanti ad oltranza.

Ci avevano messo poco a trovare il loro angolo. Un posto su una rampa di scale che dava nel terrazzo sul tetto che, essendo chiuso a chiave e proibito agli studenti, non era frequentata da anima viva. 
Il talento per i posti isolati era di Daiki perché dopo che era entrato in depressione e si era isolato diventando il cupo, scorbutico, selvatico Daiki che aveva tramortito molti esseri viventi, si era sempre nascosto nei tetti di qualunque edificio, sia scolastico sia sportivo. 
Ogni terrazzo sul tetto o affine era suo. 
Perciò, nonostante fosse tornato il vecchio Daiki, quello di compagnia che legava in un attimo con tutti e che si divertiva con chiunque, il vizio era duro a morire e a fine lezioni e allenamenti, aveva cercato il terrazzo sul tetto che ogni scuola doveva per forza avere.
Quel liceo fottutamente per bene dove gli studenti avevano le divise, ovviamente aveva chiuso le porte a chiave, ma la rampa c’era ed era gloriosamente isolata. 
Quando si era avviato là alla ricerca proprio del tetto per avere la propria base segreta, cosa a cui ormai teneva, aveva tirato giù una serie di imprecazioni. Ma poi aveva alzato le spalle e si era lasciato cadere seduto sulle scale, soddisfatto ugualmente per il posto deserto. 
- Andrà bene comunque! - esclamò infatti appoggiandosi sui gomiti e svaccandosi con le gambe larghe. Gli occhi blu corsero su Taiga che, perplesso, rimase alla base della rampa a fissarlo senza capire cosa stesse facendo. 
- Che combini? - gli aveva detto che cercava un posto, ma aveva supposto che gli servisse l’ufficio di qualcuno oppure un aula, un bagno, qualcosa che avesse senso essere cercato. Non certo le scale che davano sul tetto sigillato. 
Daiki sorrise sornione con l’aria da gatto troppo cresciuto. 
- Mi godo la mia nuova base. Volevo trovarla entro oggi. Ogni volta che frequento un posto nuovo, trovo sempre dove nascondermi. Solitamente è dove passo la maggior parte del tempo per far sì che non mi rompano le palle. 
Anche se Satsuki poi lo trovava sempre, ma lei era sua sorella, in pratica. Era normale lo trovasse. 
Taiga, ancora perplesso, si guardò intorno grattandosi la nuca, poi scuotendo la testa si lasciò cadere su uno dei gradini più in basso, con una pesantezza che denotava lo stress accumulato e la stanchezza del primo allenamento con la sua nuova squadra. 
- Contento tu! - disse solamente senza commentare le sue strane manie. 
I due indossavano la nuova tuta della squadra che gli era stata fornita alla fine della sessione. Avrebbero dovuto indossarla sempre negli eventi ufficiali riguardanti il club, ma loro ovviamente l’avevano già provata e l’avevano ancora addosso. 
La divisa di gioco l’avrebbero avuta fra qualche giorno, quando le avrebbero personalizzate per loro e per tutti i nuovi arrivati. 
Daiki ridacchiò scivolando in giù di qualche gradino fino a raggiungerlo, gli si sistemò dietro e allargando le gambe se lo incastrò in mezzo. Si spostò in avanti col busto e prese Taiga costringendolo poco dolcemente ad appoggiarsi addosso. Un braccio pendeva per avanti, sul torace, l’altro era abbandonato di lato, sul proprio ginocchio piegato. Taiga non lo respinse, non si irrigidì e non tentò di andarsene. 
Sorrise mentre dopo aver dato un’occhiata per assicurarsi che davvero non ci fosse nessuno, si mise volentieri su di lui e piegando la testa di lato l’appoggiò sulla sua spalla. Daiki lasciò cadere il capo in avanti con stanchezza, una stanchezza che normalmente liberava solo nel ‘suo posto’. Per quello per lui era importante trovarlo ed averne sempre uno.
Ma la sua stanchezza, solitamente, non era mai fisica, bensì emotiva e mentale.
Adesso era fisica, perché emotivamente stava finalmente bene.
Ed anche mentalmente. 
Lo bocca cercò il suo collo e lo baciò, Taiga ne rimase sorpreso, come lo era stato del resto, ma non si oppose né commentò prendendolo in giro, distinguendo quel Daiki da quello solito, spaccone, sbruffone e insopportabile. 
C’erano momenti, infatti, in cui si vedeva quello piccolo e fragile che era crollato sotto l’enorme peso di un talento troppo grande. 
Ripensando ai discorsi fatti con Kuroko che gli avevano permesso di conoscerlo meglio, in profondità, sollevò il braccio e chiudendo gli occhi gli carezzò la nuca. 
- Siamo in Paradiso, bello. E lotteremo per rimanerci con tutti noi stessi. 
Esprimere ad alta voce e con estrema naturalezza esattamente ciò che si stava agitando nell’animo scombussolato di Daiki, colpito da quanto accaduto in palestra anche se non aveva voluto darlo a vedere, fu per Taiga un puro impulso che aveva seguito. 
Semplicemente ormai conosceva Daiki, il vero Daiki, quello che gli aveva rubato ogni piccolo pezzo di sanità mentale e che l’aveva reso dipendente. Lo conosceva anche senza rendersene conto. Non aveva più bisogno di rifletterci per capirlo. Lui sapeva perché diceva e faceva determinate cose. 
Lui l’aveva sempre capito, in realtà. Meglio di chiunque altro.
Al punto da restituirgli la sua anima chiusa a tripla mandata dentro di sé.
Daiki sorrise contro la sua pelle e gli baciò il collo, non lo carezzò, non fece altro, non andarono oltre quel gesto e quell’appoggiarsi uno contro l’altro, ma il calore provato fu il completamento di una giornata perfetta. 
Ce l’avevano fatta. 
Ce l’avevano fatta insieme. 
Come se non bastasse, essere finalmente capiti fu per Daiki il colpo di grazia. 
Alla fine era uscito dal suo tunnel oscuro. Grazie al ragazzo che aveva fra le braccia e che non avrebbe mai e poi mai lasciato più andare. A nessun costo. 
La sua luce, la sua anima.