*Le cose stanno andando piuttosto bene, Daiki e Taiga ormai si stanno inserendo bene in squadra e non sembrano avere più problemi. Fino a che non se ne creeranno loro. Perché altrimenti si annoiano, è più forte di loro. Cosa succede se per caso abbassano la guardia e amoreggiano a scuola? E se vengono beccati? Buona lettura. Baci Akane*

20. CONSEGUENZE

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Le mani si chiusero sulla palla ricevuta ad alta velocità dal capitano e playmaker della squadra, appena l’ebbe fra i polpastrelli, non perse nemmeno un secondo e con la velocità della luce, Daiki tirò la palla con una rotazione del busto ed una torsione del braccio quasi innaturale. Una posizione impossibile per chiunque, ma la palla si insaccò perfettamente nel canestro nonostante il tentativo vano del difensore di fermarlo. 
- Mi sottovaluti ancora, eh? - fece raddrizzandosi a terra, una volta che il coach ebbe fischiato a lungo per decretare la fine della partita. 
Il compagno che per la partitella finale era stato suo avversario e marcatore, era uno dei più bravi della squadra, ma presto sarebbe stato spodestato da Taiga che si stava rivelando sempre più imbattibile. 
Non tutti erano realmente contenti di vedere i loro incredibili progressi non solo nel basket, ma soprattutto nell’inserimento nel club. 
Qualcuno era consapevole di rischiare il posto da titolare per colpa loro e questo li spingeva a cercare di migliorare a tutti i costi, come magari fino a quel momento non avevano ancora fatto. 
- E chi ti sottovaluta, dannazione? - rispose seccato Tim appena superato dalla sua mossa veloce. Prese la bottiglietta d’acqua che l’assistente della squadra forniva a tutti i giocatori a fine allenamento, rimasero a chiacchierare uno davanti all’altro, riprendendo le forze.
Non che Daiki fosse particolarmente stanco, era decisamente meno sudato e provato dell’altro. 
- Non credevi che avrebbe segnato in quella posizione! - si sovrappose Taiga con la sua tipica verve, senza peli sulla lingua. Aveva un ghigno dei suoi stampato sul viso e senza farsi problemi prese l’acqua di Daiki per berla non avendone presa una sua. 
Il compagno non fece una piega, gongolando per il complimento indiretto che gli stava facendo. Bevendo, Taiga mise un braccio intorno al collo dell’altro e gli si appoggiò, mentre lui rimaneva con le mani ai fianchi a fissare con aria di sfida il proprio marcatore appena battuto. 
- Non ho ancora capito quanto arrogante è! - si difese Tim punto sul vivo. Non era veramente arrabbiato con loro, dopo alcune settimane aveva imparato come tutti a conoscerli notando che si erano anche inseriti molto meglio di quel che avevano immaginato all’inizio.
Erano arrivati come due carro armati pronti a cercare rogne ed ora erano quasi perfettamente amalgamati e non solo, cosa più importante, anche accettati.
Del resto quando avevi a che fare con due fuoriclasse pieni di talento ancora non del tutto espresso, c’era da ammirarli e basta. Era difficile il contrario. 
- Che c’entra la mia arroganza? - chiese oscurandosi Daiki, sulla difensiva. Taiga ridacchiò spingendolo leggermente, restituendogli il resto dell’acqua che l’altro prese e finì. 
- Beh, ma lo sei in effetti... 
- Ho capito, ma che cazzo c’entra con il fatto che l’ho superato? Se sono più bravo non ci sono scuse! 
- Eri in una posizione impossibile per fare canestro, altri compagni erano messi meglio, lui stesso lo era...  ma non hai passato a nessuno ed hai tirato. Chi poteva pensare che l’avresti fatto da lì? Per questo ero indietro! Mi sono detto ‘non sarà così pazzo da tirare da lì!’ Ed invece lo eri! - si affrettò a spiegare Tim. In realtà per quanto seccato fosse dal fatto che si stessero rivelando sempre più bravi di lui, non riusciva ad avercela davvero con loro. Erano divertenti in un certo modo. 
- Se non è proprio costretto non mi passa la palla... e con costretto intendo che abbiamo davanti gente così forte che ci spinge ad unire le forze pur di vincere. - spigò Taiga sciogliendosi dal suo appoggio preferito e del tutto spontaneo. Si prese la parte inferiore della maglietta e si asciugò il sudore dal viso. 
- Ed è una cosa su cui dovete lavorare! È inaudito che voi due così forti non collaborate! - si intromise subito il capitano, Christopher, che come sempre aveva una faccia da perenne incazzato. 
- Per questo ci mettete sempre in squadra insieme! Ma noi ci divertiamo uno contro l’altro! - Daiki non perdeva un momento per essere polemico. 
- Allora fermatevi dopo per delle sessioni extra dove fate ciò che vi diverte tanto! Ma quando siete con noi, fate quello che è davvero utile per la squadra! 
Chris aveva in mente solo una cosa, la vittoria della squadra e per realizzarla elaborava strategie e tattiche perfette. Gli ci era voluto pochissimo per capire che quelle due teste calde erano un’arma perfetta se usata in combinazione. Peccato che fossero troppo testoni e tendessero a rivaleggiare fra loro. 
- Infatti lo facciamo! - sbottò ancora Daiki, Taiga se la rideva, adorava la sua vena bellicosa. Anche lui lo era, ma non così tanto e preferiva lasciarlo litigare col capitano al suo posto. 
- E allora che diavolo avete sempre da lamentarvi? 
- Ma chi cazzo si è lamentato? - non che Chris fosse meno permaloso e guerrigliero di Daiki. Per questo infatti finivano sempre per discutere. Il capitano li aveva decisamente accettati di buon grado in squadra, come tutti, ma questo non toglieva che non gli piacesse il caratteraccio di quella sottospecie di pantera rissosa, il suo compare era meno irritante in quanto accettava molto più facilmente indicazioni e consigli su come migliorarsi o cosa fare in allenamento, ma Daiki tendeva a voler fare di testa sua e discuteva su quasi qualsiasi cosa gli venisse detto.  
- Ogni volta che sento la tua voce mi viene voglia di chiuderti quella maledetta bocca con la schiuma a presa rapida! - non che poi lui fosse in grado di essere un capitano normale, la vena gli pulsava sulla tempia e come sempre esagerava. Il problema era che con Daiki proprio non riusciva a controllarsi e gli dava davvero enormemente fastidio che fosse così incredibilmente dotato, ancora più di lui negli scontri con gli avversari e nei canestri. 
Nonostante il litigio in atto, appena la vociona cavernosa del mister li raggiunse da dietro, tutti si zittirono girandosi ad ascoltarlo. In quell’istante si ritrovarono circondati anche dagli altri della squadra in attesa delle ultime parole dell’allenatore prima di poter andare a lavarsi e cambiarsi. 
- Avete dei punti di forza precisi e distinti evidenziati proprio dalla vostra arroganza, però dovete lavorare molto di più sul gioco di coppia. Non è sempre una gara. Ognuno ha il suo. A Daiki vengono bene i tiri da ogni angolazione, a Taiga tutto quello che concerne il salto. Uno ha elevazione e potenza, l’altro tecnica e velocità. Se uniste i vostri punti di forza sempre e non solo se messi alle strette, raggiungereste un livello praticamente imbattibile. 
L’allenatore sapeva che era meglio rendere partecipi i suoi giocatori dei progetti che aveva per loro, affinché lo seguissero qualunque cosa gli chiedesse di fare. Doveva essere capito e questo piaceva molto a Daiki e Taiga, al punto che nonostante gli facesse sempre fare cose che non gli piaceva, loro eseguivano senza discutere dimostrando già solo in questo un’enorme maturità rispetto a quando erano arrivati negli States. 
Il discorso cambiava per Daiki se a dargli ordini era Christopher.
I due giapponesi annuirono con arie decise a raggiungere quel livello di cui parlava, lo stesso che gli aveva detto Akashi, poi il mister parlò anche agli altri giocatori per poi dar loro il permesso di andare a lavarsi. 

Il sole stava iniziando a tramontare, indicando che presto sarebbe venuto buio, ma loro sembravano perfettamente in grado di continuare ad oltranza. Come capitava ogni volta che giocavano insieme da soli, che fossero a scuola o al campetto sotto casa, perdevano sempre la cognizione del tempo ma anche della stanchezza stessa. Erano in grado di andare avanti ore senza fermarsi. 
- Però sai che dopotutto Tim non aveva torto? - esclamò improvvisamente Taiga pronto a fermarlo, in posizione di difesa, bacino basso e braccia larghe. Un sorrisino ben stampato in faccia. 
- A dire che sono arrogante? Me l’hai già detto! 
Daiki non sembrava né turbato né offeso, stava palleggiando pensando a come segnare, conoscendo le sue sempre più eccellenti doti di difensore. Passarlo stava diventando sempre più difficile, ma questo rendeva i loro allenamenti più interessanti. 
- Sì, ma anche a dire che è per la tua arroganza che riesci a fare cose incredibili! 
Daiki si fermò un istante al complimento più diretto del solito e Taiga notandolo cercò di approfittarne per rubargli palla, tuttavia non ci riuscì perché coi suoi soliti riflessi selvatici, decise di tirare da dove era, seppure come sempre non fosse nella posizione più facile. 
Taiga non si fece trovare impreparato e ridendo rumorosamente, saltò lo stesso come se se lo fosse aspettato e riuscì a deviare il necessario il corso della palla, che prese il ferro e rimbalzò. In seguito si innescò subito una lotta per riprendere la sfera usando la loro tipica irruenza e forza che li fece scontrare e finire a terra uno sull’altro. 
Non era insolito succedesse.
Le prime volte erano finiti per picchiarsi e litigare, ma ormai era diverso. 
Dal placcaggio stile rugby di Taiga, Daiki si ritrovò sotto il compagno ma invece di dargli un calcio e gridargli malamente contro, si mise a sogghignare cercando di spingerlo con scarsissima convinzione. 
Infatti finì solo per accettare il suo ‘severissimo’ attacco e girare la testa di lato lasciandogli leccare il collo e l’orecchio.
- E questa che marcatura sarebbe? - fece divertito, per nulla intenzionato a prendersela e ribaltare le posizioni. 
- Molto stretta... ti piace? - gli sussurrò sorridendo malizioso, succhiandogli il collo sudato. Daiki strinse gli occhi felice e spensierato, ormai si sentiva sempre più così e non ne era ancora completamente abituato. Era semplicemente bellissimo divertirsi per ogni stupidaggine e passare dalla supremazia nel basket a quella sessuale. Finì così per tenerlo per un braccio intrecciando le dita alle sue con l’altra mano, continuando a tenerselo volentieri addosso e godere del suo solito lato maniaco.
Quando Taiga si stancava di giocare, cosa che succedeva comunque di rado, gli saltava addosso deviando tutto sul sesso. 
- Ma lo sai che siamo in palestra, vero? - gli sussurrò poco intenzionato a farlo smettere. 
- Mmm... chi vuoi che ci sia ora? - rispose l’altro preso dal sapore salato della sua pelle, mentre il bacino strofinava contro il suo già eccitato. 
- Eri tu che dicevi di dover stare assolutamente attento, o sbaglio? 
A quello sembrò come che la spina disinserita del suo cervello, venisse rimessa a posto e staccandosi di scatto, smise improvvisamente di molestarlo alzandosi da lui. Daiki lo guardò sorpreso ed infastidito insieme, incredulo che avesse smesso davvero così di botto. Stava per chiedergli se fosse rincretinito, ma la sua mano tesa gli fece capire che era solo ora di spostare ragionevolmente la loro sede in posti più sicuri. 
Così la prese ed in un attimo venne tirato su in piedi e trascinato per mano ritrovandosi a correre ridendo come matti verso gli spogliatoi ormai deserti. 
Appena dentro non persero tempo, si spogliarono in fretta e furia lanciando la divisa e l’intimo, insieme alle scarpe, totalmente a casaccio che finirono per spargersi ovunque. Poi si precipitarono nelle docce sotto l’acqua che scivolava calda sui loro corpi sudati, lavando via la stanchezza e la fatica. Le mani stavano già esplorandosi, carezzandosi pratiche come sempre, affamate più che mai dei corpi possenti e atletici. 
Taiga, quello che aveva iniziato per primo quella volta, spinse Daiki contro le piastrelle, proprio sotto il getto avvolgente e subito scese con la mano fra le sue gambe, masturbandolo con foga e stringendogli l’erezione. La bocca corse sul suo collo e sul suo mento, succhiando come se dovesse dissetarsi, riprendendo da dove si era interrotto prima. 
Daiki gettò la testa all’indietro abbandonandosi ai brividi della sua bocca sulla pelle sensibile, fino a che giunse sulle sue labbra su cui si avventò. Dopo collo e mento, gli succhiò anche la lingua che tirò fuori e contemporaneamente l’altra mano si intrufolò fra la schiena e la parete di piastrelle scivolose, scendendo sempre più fino a che le dita raggiunsero la sua fessura, nella quale si fecero strada abili e sapienti. 
Daiki sentendo cosa volva fare, imprecò ma inebriato al tempo stesso dal piacere trasmesso dalle sue mani addosso, si lasciò fare per un po’ fino a che non spostò la testa per riprendere il controllo della situazione. 
Ormai stava diventando troppo prepotente, il ragazzo. Non gli stava per niente bene, ovviamente, e girandolo con forza e decisione, prese il sopravvento in un attimo, chinandosi dietro di lui e piegandolo contemporaneamente in avanti.
Sparì con la bocca e la lingua fra le sue natiche e complice anche l’acqua calda che scendeva sinuosa sui loro corpi eccitati, si raddrizzò dietro di lui, lo prese per i fianchi ed in breve gli fu dentro con estrema facilità. 
Taiga rise immaginandosi che come sempre si sarebbero messi a lottare anche per chi faceva l’attivo, in realtà ormai il loro gioco preferito. 
A volta vinceva uno, a volte l’altro, ma in realtà ad entrambi andava bene comunque, purché alla fine si raggiungesse l’orgasmo.
E lo raggiunsero, quasi insieme, con l’acqua che lavava via le tracce del loro amplesso, avvolgendoli insieme alle braccia di Daiki che, una volta ottenuto l’apice, lo girò verso di sé accoccolandosi contro il suo collo caldo e pulsante. 
Rimasero così, abbracciati, a baciarsi totalmente persi uno nell’altro.
Ignari del caos che sarebbe scoppiato il giorno dopo per la loro incoscienza un po’ più spiccata del solito.
Normalmente Taiga era particolarmente puntiglioso e attento sul non farsi beccare, ma ormai le cose stavano andando così bene che non si era reso conto di aver calato la guardia, incauto. 
L’unica volta, forse, che si era realmente rilassato con Daiki in un posto non privato e sicuro. 
L’unica che l’avrebbe pagata. 
Ma essere felice con lui per una relazione che sapeva sempre più di quello e non amicizia con benefici o una mera questione sessuale, l’aveva semplicemente rilassato. 
E il giorno dopo avrebbero raccolto le conseguenze. 

Capirono che qualcosa non andava quando il mattino successivo furono accolti da Mike fuori dal cancello scolastico, solitamente si incontravano con lui e gli altri con cui avevano legato, i nuovi membri della band che il loro amico stava fondando, nei cortili della scuola, ma quel giorno era fuori. 
Li aspettava impaziente e preoccupato. Era molto espressivo, difficile non capire che stava succedendo qualcosa di strano. 
- Che succede amico? - chiese subito Taiga fermandosi davanti a lui, mani nelle tasche, spalle rigide. Daiki accanto a lui in una posa simile, un sopracciglio alzato per la medesima impressione che stesse per accadere qualcosa. 
Mike era imbarazzato, si tormentava la giacca troppo grande per il suo corpo esile che indossava sopra la divisa e si mordeva il labbro.
- Ecco, non so come dirlo... - iniziò bofonchiando rosso in viso, grattandosi la nuca. Non riusciva nemmeno a guardarli in viso. 
- Andiamo, parla o ti spacco la faccia! - sbottò Daiki perdendo la scarsa pazienza che aveva e facendo un passo in avanti. Mike sapeva che non l’avrebbe fatto davvero, ma sospirò decidendo che non c’era un modo migliore di un altro per dirlo. Così lo sparò chiudendo gli occhi, senza il coraggio di guardarli in viso:
- Ecco, qualcuno ha sparso la voce che state insieme! 
Taiga e Daiki rimasero di sasso a fissarlo increduli. Per un momento il tempo si fermò completamente, si sconnessero col mondo e si guardarono spalancando gli occhi. Ogni funzione vitale rallentò, come se si congelassero. 
Rivissero la sera precedente quando erano stati fin troppo incauti nella palestra, dopo la sessione regolare di allenamento. Si erano rotolati per terra pomiciando divertiti senza riflettere, abbassando la guardia. 
La felicità aveva fatto brutti scherzi.
- Oh merda... - fu Taiga il primo a reagire, mentre Daiki ancora non riusciva a realizzare a pieno cosa significava quello che aveva sentito. Non riusciva a figurarsi quanto sarebbe accaduto, né tanto meno a immaginare come lui stesso avrebbe reagito una volta nell’occhio di quel ciclone. Non aveva mai dovuto passare situazioni di bullismo indirizzate a lui, dato che al massimo il bullo era stato sempre lui.
- Mi dispiace ragazzi... per quello che vale io non credo a queste voci, ma non so perché improvvisamente siete stati presi di mira... 
Mike iniziò a parlare a macchinetta, super imbarazzato, stringendo le mani a mo di preghiera sotto il mento. 
Di nuovo non lo sentirono, i due si guardarono fra di loro ancora shoccati e poi Daiki disse a denti stretti, l’aria tesa, sull’orlo di una reazione che ancora non era definita, ma sapevano non sarebbe stata positiva:
- Sapevo che prima o poi sarebbe successo! Che palle! 
Non ci rifletté bene, dicendo così diede la prima conferma su di loro e Mike lo guardò sconvolto incapace di reagire anche a quello. Sentire delle strane voci era un conto, sapere che erano vere era un altro discorso.  
- Un momento, intendete dire che... che è vero? - chiese con una vocina stridula, cauto come se camminasse sulle uova.
A quel punto il panico si impadronì di Taiga. Si fermò fissando la prima reazione diretta a lui. Rivelarsi davanti ai loro amici in Giappone era un conto, lì era diverso.
Già dal fatto che parlavano di loro non era una cosa positiva, ma la reazione di Mike lo azzerò, per un momento. Prima che diventasse chiara, che pendesse da un lato o dall’altro. 
In quello, esattamente in quel preciso istante, poco prima che il suo comportamento si evolvesse in qualcosa e mentre quindi Taiga era sospeso in una dimensione parallela, Daiki venne inghiottito dal suo istinto, com’era solito fare. Lo afferrò per la giacca, lo tirò verso di sé minaccioso e senza pensarci un secondo, ruggì a cinque centimetri dal suo viso, il cervello totalmente staccato, il fuoco a divampargli in ogni fibra del suo essere:
- Sì che è vero, hai forse problemi? 
E lì, proprio lì, Taiga riconobbe il Daiki selvatico e attaccabrighe che aveva conosciuto in Giappone, quello che gli aveva fatto perdere la testa, con cui aveva avuto un sacco di problemi, lui come chiunque l’avesse incontrato, ma che aveva anche creduto d’aver salutato per sempre. 
Il vecchio Daiki tornò e non fu solo un lampo, un breve momento. 
Taiga, però, troppo sconvolto dal fatto che fosse noto che stavano insieme, proprio uno dei suoi peggiori incubi, rimase inebetito senza muovere un muscolo. 
- No, no, nessun problema! È che non me l’aspettavo, tutto qua! Site liberi di fare ed essere e dire ciò che volete perciò... 
Mike non riuscì a finire la frase, Daiki lo lasciò andare bruscamente e andò oltre a passo di carica, ignorandolo totalmente. 
Rimasti soli, i due si guardarono perplessi e mentre entrambi avevano molto da processare in un istante troppo breve, esitarono quel tanto da lasciare il loro amico entrare a scuola da solo.
Vennero richiamati dalle voci concitate e dai rumori di colluttazione, nonché dalle conseguenti urla e dalle chiare offese. 
Taiga dovette riprendersi subito e mettendo da parte il proprio piccolo panico personale, si precipitò verso l’interno, in direzione del caos. 
Fece in tempo per impedirgli di prendere a pugni dei ragazzi con cui si era spinto ed insultato.
I primi che lo avevano guardato con aria di scherno. 
Non aveva dato modo nemmeno di dire nulla. Gli era subito andato contro, spintonandoli tutti quanti.
Uno contro tre. 
Ma che problemi poteva farsi lui, che in Giappone nel momento in cui si era allontanato dagli amici ed era andato in depressione era diventato più simile ad una bestia feroce?
La stessa che ora Taiga aveva davanti, mentre lo tirava da dietro per le braccia, afferrandogli la giacca. 
- Piantala, ma sei pazzo? Così ti fai buttare fuori dalla squadra! 
Taiga riuscì ad attivare il ragionamento essenziale e andando ad istinto, mise subito come priorità sopra ogni cosa il basket.
Erano lì per quello, non c’era spazio per altro.
Le loro questioni private, chi erano, cosa facevano, non dovevano influire sul motivo principale per cui erano lì.
Il basket. 
- Non me ne fotte un cazzo, non mi devono rompere le palle! 
Un istante, Taiga se ne rese conto subito, mentre sentiva la sua forza mostruosa che a stento tratteneva e non sapeva per quanto sarebbe riuscito ancora. 
Tutto il bel lavoro di mesi per ammaestrare la pantera selvatica e pericolosa, era appena andato in fumo.
Ammaestrare, poi si disse da solo, mentre lo sentiva che si scrollava per andarsene, litigando intanto con praticamente tutti quelli che lo guardavano, a prescindere da come lo facevano. 
“Uno come lui non lo ammaestri, lo capisci e lo accetti com’è per impedirgli che si isoli e che faccia guai!”
E lui era un asso nel capirlo, ormai. 
Perché per quanto problematico fosse il suo carattere, aveva sempre avuto amici intorno e tanti se ne era sempre fatto facilmente. 
Poi era anche bravo a litigarci, si disse pensando a Tatsuya con cui però poi dopo del tempo era riuscito a farci pace. 
Rimasto indietro, non notò minimamente gli sguardi di scherno degli altri intorno a lui, gli scivolarono addosso come se non esistessero, mentre il cuore batteva forte in gola e la testa gli esplodeva. Sentiva il sangue pulsare nelle vene, con furia crescente, mentre realizzava una cosa che lo mandava in bestia più che mai. Lo realizzò mentre veniva attirato da altre urla, altri litigi, dovendosi così precipitare all’inseguimento di Daiki.
“Eh no!” pensò correndo come un pazzo verso il compagno. “Se pensa di rovinarmi questo progetto perché non è in grado di accettare qualche voce, si sbaglia di grosso! Adesso lo uccido se non la smette!”
Ma del resto, se Daiki era una pantera selvatica, lui era una tigre feroce. Di certo non da meno dell’altro. Forse, dopotutto, come sempre in realtà, l’unico in grado di gestirlo e domarlo.