*La tensione è alta e Daiki è versione pantera selvaggia ingestibile pronto a sbranare chiunque lo guardi. Riuscirà Taiga a gestirlo e fermarlo oppure manderà tutto a quel paese in un attimo? Ci sono momenti nella vita di chiunque che ti fanno aprire gli occhi e capire ciò che conta veramente, per Daiki e Taiga è arrivato quel momento. Questo è il penultimo capitolo, il prossimo è l'ultimo. Grazie a chiunque abbia fatto quelle bellissime fan art che mi hanno ispirato a scrivere e a quelli che hanno letto e commentato. Sono davvero felice che la mia fic abbia preso. Buona lettura. Baci Akane

21. FASE FINALE

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Daiki era andato in modalità pantera selvatica. In un attimo tutti i mesi passati ad uscire dalle tenebre in cui era affondato, erano stati spazzati apparentemente via.
Non ragionava più, spingeva od insultava chiunque lo guardasse male, si spalleggiasse o ridesse, addirittura. 
Non aveva minimamente preventivato l’idea di finire in una situazione simile, ovvero essere scoperto. Ne avevano un po’ parlato, più Taiga che lui in effetti, ma solo ora capiva perché era stato tanto apprensivo su quel punto. Aveva pensato fosse strano uno che viveva tutto così come veniva, che fosse tanto ansioso su quella questione, ma non si era soffermato molto.
Ora capiva.
Non avrebbe mai immaginato di essere tanto infastidito dall’idea di essere lui quello bullizzato.
Anche se poi era un termine eccessivo, nel suo caso, visto che di quelli che volevano provare a sottometterlo a suon di prese in giro e dispetti, nessuno in effetti ci riusciva davvero. 

Non era nemmeno arrivato all’aula della prima ora quando, nei corridoi davanti agli armadietti e quindi a moltissimi studenti, trovò uno particolarmente suicida che non gradì il suo spintone in seguito al commento ad alta voce, poco carino. 
- Frocio! - non aveva detto di più. Tanto era bastato, molti di quelli spinti non avevano aperto bocca. Daiki che in quel momento stava passando, nemmeno si girò.
Lo spinse direttamente con riflessi e velocità tali da rendere impossibile anche solo parare la sua mano. 
Il ragazzo che l’aveva offeso era alto e ben piazzato ed era dell’ultimo anno, faceva parte di uno dei gruppi peggiori della scuola e di sicuro non si sarebbe sottomesso facilmente come gli altri. 
Infatti sebbene sorpreso dal suo spintone - tanto veloce e forte quanto puramente incosciente visto che la maggior parte degli studenti ne era terrorizzato - si riprese subito e ricambiò con la stessa mossa. Daiki dopo la sua era andato subito oltre, come se non esistesse più, perciò non aveva visto arrivare la sua contro spinta che da dietro lo fece saltare in avanti fino a piegarsi. Per poco non cadde di faccia. 
Rimase in piedi e a quella reazione, l’unica ricevuta fino ad ora in seguito alle sue molte scariche di rabbia, si voltò e di nuovo veloce come un lampo, alzò il pugno stretto vicino alla faccia feroce più simile ad una bestia.
I muscoli del corpo tesi, gli occhi due fessure blu oblique che scintillavano di rabbia, la stessa che per molto tempo l’aveva caratterizzato nella sua vecchia scuola. Il ragazzo quella volta era pronto, avendo notato il temperamento del suo nuovo rivale, perciò non si sarebbe fatto cogliere impreparato.
Era in procinto di parare il colpo e restituirglielo, aveva già il pugno serrato alzato di lato, quando si rese conto di non aver bisogno di incassare nulla.
Spostò l’avambraccio sinistro dal viso e vide.
Il suo amico l’aveva preso per il polso e con una forza mostruosa l’aveva completamente bloccato. 
Il giovane teppista sogghignò, alzò le spalle e contento di non dover faticare troppo, alzò il pugno destro già a disposizione per colpirlo, tuttavia venne fermato anche lui.
Una presa forte l’aveva artigliato per la spalla e strattonato facendolo finire contro gli armadietti. 
Quando vide chi aveva osato tanto, la rabbia cieca che gli era montata addosso si placò.
Era il capitano della squadra di basket.
Inimicarsi Christopher Roads era una delle poche cose stupide da evitare persino per un pessimo elemento come lui. Nella scuola ce n’erano un paio da cui girare al largo per svariati motivi, lui era uno di quelli. Finire sotto la sua ala protettiva era un gran colpo di fortuna. Imprecò a denti stretti, seccato per non poter più esprimere le proprie ‘opinioni’.
- Non ti disturberà più. - disse a denti stretti e sguardo truce ma deciso. 
Il giovane teppista, di nome Karl, sapeva che sarebbe stato vero perché lui aveva una sola parola e la manteneva sempre. Ma non era quello il problema, non gli interessava ‘non essere più disturbato’, quanto proprio divertirsi a modo suo con qualcuno di finalmente interessante. Quel giapponese non era affatto male per i propri sfoghi personali!
Il problema con lui era che allo stesso modo in cui potevi stare tranquillo se garantiva per qualcuno, se Christopher Roads ti prometteva di distruggerti, in un modo o nell’altro ci riusciva senza finire mai nei guai né rischiare il posto in squadra.
Era questo a renderlo tanto pericoloso. Aveva risorse che nessuno comprendeva e Karl non ci teneva a finire nel suo mirino.
- Ha iniziato lui! - rispose raddrizzandosi e scostandosi dagli armadietti mentre si sistemava la giacca della divisa. 
- Sì, come no! Mi hai insultato tu! - ruggì Daiki che ancora cercava di liberarsi per continuare l’opera interrotta. Taiga non glielo avrebbe mai permesso, lo teneva ancora circondandolo da dietro con un braccio, mentre l’altro teneva il suo teso ed in procinto di sferrare il pugno.
Intanto intorno a loro si era radunata una folla di studenti che speravano in qualcosa di eccitate e qualche rissa interessante, molti filmavano, gli occhi di tutti brillavano quasi assetati.
A nessuno in realtà importava del loro orientamento sessuale, molti nemmeno li conoscevano. Semplicemente era la novità, era qualcosa di diverso da fare. 
Daiki era feroce, non si sarebbe mai fermato e Taiga non avrebbe potuto tenerlo per sempre.
Chris lo capì in un attimo, dopo avergli lanciato uno sguardo per capire se la situazione si era sedata. Ma i suoi occhi, che così furibondi e selvaggi non li aveva ancora visti, parlavano chiaro. Così decise di prendere ancora di più in mano la situazione e fare quello che gli veniva meglio. Il capitano. 
- Sia chiaro a tutti! - tuonò quindi rimanendo al centro di quel cerchio che si era creato. Fissava tutti i telefonini che riprendevano e gli studenti in prima fila. Alzò il dito e lo puntò contro ognuno di loro, poi lo abbassò e furioso ma con un’autorità carismatica, proseguì a muscoli tesi. 
- Ciò che sono questi due non fotte un cazzo a nessuno! Sono giocatori di basket! È questo che deve importarvi! Venite a guardarli giocare sabato alla prima partita, vi assicuro che canterete i loro nomi. Sono i nostri nuovi assi. Guai a chi li tocca. Dovrà vedersela con me e con tutta la squadra. 
Era come una garanzia. Nessuno replicò, nessuno osò parlare, ma Daiki si calmò colpito dalla sua presa di posizione, dalla sua difesa e soprattutto da come il suo solo intervento calmò subito tutti. Nessuno aggiunse benzina sul fuoco sebbene sarebbe bastato poco per scatenare di nuovo la bastia, ma quando vide che funzionava si calmò. 
Daiki abbassò il pugno e smise di tirare, così Taiga lo lasciò. 
A quel punto Chris in una falcata fu davanti ad entrambi, ma fissando esclusivamente Daiki, appiccicandosi al suo corpo, toccandogli il naso col suo in modo virile e severo, sibilò con un tono autoritario che non avrebbe mai ammesso repliche.
- Se ti vedo di nuovo spingere qualcuno sei fuori dalla squadra. 
Nessuno se non lui e Taiga lo sentirono, non alzarono la voce, non risposero, non si mossero.
Daiki nonostante Chris in quel momento fu davvero minaccioso, e nonostante da quando era lì dentro non avesse fatto altro che litigare con lui, non indietreggiò di un millimetro. Rimase a fissarlo negli occhi, dritto ed impettito. Ma non lo spinse, non si riaccese. 
Annuì. 
Non disse nulla. 
Chris poi guardò Taiga. 
- Vedi di gestirlo o ci andrai di mezzo anche tu! 
Taiga fece un cenno, poi lo ringraziò piano. Il capitano non disse altro, serio e ancora arrabbiato si voltò e vedendo ancora tutti lì a fissarli con curiosità morbosa, tuonò di nuovo: 
- VIA DI QUA! LO SPETTACOLO È FINITO! 
Poco dopo la folla si disperse, la campanella della prima ora suonò e tutti andarono nelle rispettive aule, tranne Daiki e Taiga. Quest’ultimo infatti prese il suo compagno per il polso e trascinandolo per i corridoi andò dritto verso le scale che salivano sul terrazzo chiuso del tetto.
Arrivati al solito pianerottolo, il loro rifugio, lo lasciò e si girò verso di lui.
Non parlò subito, il cuore ancora gli batteva furioso nel petto.
Era consapevole d’aver schivato un proiettile. Che per miracolo non passava nessun insegnante in quel momento e che, sempre per qualche altro miracolo, Daiki non aveva dato un pugno a nessuno, se non spintoni ed insulti. 
Ci era mancato poco, era arrivato in tempo, ma il disastro si era quasi aperto sotto i suoi piedi.
Per un momento si era immaginato fuori dalla squadra; se non fosse stato per Christopher, così incredibilmente bravo a domare bestie selvagge, sarebbe successo l’irreparabile. 
Stava ancora radunando le idee per capire da cosa cominciare e cosa dire, ancora spossato, shoccato, fuori di sé e pieno di emozioni contrastanti, ma più di tutto paura.
Quella paura profonda di perdere ciò che teneva di più di tutti.
Ma lì si rese conto che non sapeva più cos’era, quel qualcosa a cui teneva più di tutti.
Guardò Daiki che ancora si muoveva come un forsennato per calmarsi i nervi ancora a fior di pelle e realizzò che non era certo che fosse il basket ciò a cui teneva più di ogni cosa. 
Sì, aveva agito con il basket come primo pensiero, ma poi? Era quello, di fatto, ciò che lo terrorizzava di più? 
- Fanculo, al massimo cacciano me! - sbottò Daiki seguendo le sue elucubrazioni mentali impetuose. Fu come se attaccasse una spina a Taiga e gli permettesse di capire e vedere con chiarezza. 
- Che hai detto? - chiese basso e teso. 
Daiki si fermò davanti a lui, un metro circa, braccia larghe, aria ancora iraconda. 
- Se torna a succedere qualcosa e mi scateno di nuovo, se non riesco a fermarmi e faccio qualche cazzata, cacceranno me! Tu non devi metterti in mezzo! Non fare un cazzo e non ti toccheranno! Basta che vada io nei casini! Non devi affondare anche tu! Non ti rovinerò questo percorso. 
Taiga non avrebbe mai immaginato, ad un certo punto della loro relazione, di arrivare a sentire una cosa simile.
Si fermò completamente, si accorse non respirare nemmeno. 
Le braccia lungo i fianchi, non più alcun muscolo teso.
Solo lo shock, quello ben diverso da prima. 
Lo shock che ti permette di capire senza ombra di dubbio cos’è che hai sempre cercato fino a quel momento. Quello che hai trovato senza rendertene conto prima di ora. 
“Non era una chance per praticare il basket a livello agonistico. Era trovare la persona più importante al mondo, innamorarmi, essere amato così.” 
Sentì il fuoco ardere dentro di sé, ma non per la rabbia. Era un fuoco dolce. 
Quasi rigenerante. 
Sapeva sarebbe finito lì, negli occhi, sotto forma di stupide lacrime. 
- Perché fai tutto questo? Perché questa dannata guerra? - chiese sapendo la sua risposta, volendo solo accertarsi d’aver capito bene. 
Daiki, sconvolto che glielo chiedesse, fece mezzo passo verso di lui, allucinato. 
- Come perché? Non posso permettere che niente ci rovini. Rovini noi! Nessuno ci toccherà, nessuno deve anche solo azzardarsi a farci passare l’inferno solo perché stiamo insieme! Nessuno ci sottometterà, né ci maltratterà! Tu pensa a giocare a basket, a difenderci ci penserò io! 
Taiga aveva degli spasmi interiori. Voleva disperatamente evitare di piangere, ma non era facile realizzando ciò che stava dicendo. Quello che significava.
Cosa che probabilmente nemmeno lui che l’aveva detto aveva capito. 
Mosse il mezzo passo che li separava, sfiorando il suo corpo, ma non lo toccò ancora del tutto. Serio, per sottolineare un’ultima volta quanto sentito, chiese piano, senza la forza nemmeno di usare la voce alta. 
- Per te siamo più importanti noi del basket? 
A quel punto e solo lì Daiki realizzò cosa era successo ed avvampando si grattò la nuca, senza però muoversi né ritrattare. 
Fissò in aria, poi in basso per trovare il coraggio di ammettere ciò che impulsivamente aveva appena sbandierato. 
- So che avevamo detto che eravamo qua solo per il basket e che nulla avrebbe dovuto rovinare questa nostra esperienza. Ma ho capito che ci sono cose più importanti. E credo che quella cosa... - esitò. Si morse il labbro, si raddrizzò, smise di grattarsi la testa come uno sciocco, abbassò le braccia e lo fissò solenne, serio, con coraggio. - quella cosa siamo noi. 
Per Taiga fu il colpo di grazia. Non riuscì a dire nulla prima di abbracciarlo.
Solo quando lo fece, nascondendo il viso contro il collo e liberando finalmente le lacrime, riuscì a dirlo.
- Ti amo, stronzo! 
Non l’aveva capito realmente prima di quel momento. 
Aveva sempre vissuto tutto senza riflettere, con in mente solo il basket. Poi si era infilato lui, ma aveva pensato potesse essere al massimo un buon sesso.
Ed infine quando? Quando era diventato di più?
Quando era arrivato al pari del basket? 
Quando erano arrivati ad innamorarsi? 
Perché non aveva dubbi che anche per Daiki fosse la stessa cosa, forse lui lo amava anche di più. Era andato alla cieca, senza esitare, pur di difenderli e proteggerli, ignorando il basket. 
Avevano avuto la fortuna di fare colpo sulla persona giusta, il loro capitano che alla fine era un cane pericoloso che però proteggeva fedelmente i propri umani preferiti.
Pensandolo, sorrise risalendo dal suo collo, mentre le braccia di Daiki lo stringevano dopo una prima sorpresa, sconvolto dalle sue lacrime. 
Gli prese il viso per sollevarlo e guardarlo, assicurarsi che sì, stava piangendo davvero. 
Taiga voleva dire qualcosa su Chris, il loro cane da guardia, e la fortuna che avevano avuto di nuovo nell’aver incontrato le persone giuste così come era successo in Giappone.
Voleva dire che sì, forse si cambiava vita, si dovevano mettere da parte vecchi amici e cambiare esperienze, ma poi altri erano lì per te. Altri amici nuovi, altre belle esperienze, nuove vite da vivere. 
E quindi per quanto fosse brutto andare via e cambiare qualcosa di bello, poteva valerne decisamente la pena. 
Ma non riuscì a dire nulla. Perché Daiki decise di rispondere alla sua dichiarazione, altra cosa che da uno che fino ad appena un anno prima era chiuso in una depressione oscura, era decisamente impensabile. 
- Ti amo anche io, brutto idiota. Ci penserò io a te! 
- Non osare! Ti giuro che se ti fai buttare fuori dalla squadra per proteggere la nostra reputazione ti uccido! Mi faccio cacciare anche io, sappilo! Non esiste che mi lascerai solo qua! 
“E da quando tutto questo è diventato un noi? Non era un ‘è il mio sogno fatti da parte?’”
Daiki lo pensò, ma sorrise, scosse il capo come ad arrendersi e finalmente smise di lottare contro tutto e tutti, sempre. 
Posò le labbra sulle sue, erano salate per le lacrime versate, ma gliele asciugò con i pollici e schiudendole aderì meglio, infilò la lingua, si trovò con lui e quel sapore, poco dopo, era dolce e avvolgente. 
Così morbido, così bello. 
Priorità. Nella vita ce n’erano sempre, e cambiavano.
Cambiavano ogni volta.
Dipendeva da chi incontravi e da cosa facevi con quella persona.
Se facevi la guerra o se ti arrendevi. 
Daiki dopo la guerra e le tenebre, si era lentamente arreso alla vita, ai colori, all’anima.
Quell’anima che Taiga gli aveva restituito senza nemmeno chiederglielo. 
Gliel’aveva data e basta. 
“Perché l’anima non è una condizione del tuo essere, non è qualcosa che sta dentro di te. L’anima è la persona che riesci ad amare e che ti ama. Tetsu non ha cercato qualcuno che mi restituisse la mia anima chiusa da qualche parte dentro di me. Tetsu ha cercato proprio la mia anima, l’ha trovata e me l’ha portata. E se qualcuno oserà mai toccarlo o rovinarlo in qualche modo, non esiterò a fare tutte le stragi che servono. Guai a chi me lo toccherà.”
Finirono seduti sui gradini, Daiki aveva preso deciso Taiga e se l’era praticamente tirato addosso sedendosi al contrario, continuando a baciarsi. Le dita di una mano intrecciate alle sue, mentre l’altra lo circondava protettivo stringendolo per le spalle. 
Saltarono l’ora intera e anche quella successiva, storditi e sconvolti da quanto appena appreso, qualcosa di troppo grande, importante e addirittura devastante per poter semplicemente essere messo da parte. 
Continuarono a baciarsi fino a che non sentirono le bocche intorpidite, così Taiga decise di smettere con quella pratica piacevole e si spostò in parte scivolando giù con la schiena. Si stese sul gradino accanto a Daiki, appoggiò la testa sulla sua gamba e rimase ad osservarlo da sotto, mentre anche l’altro lo guardava con aria estatica, quasi in una estraniazione totale di sé. 
Si sentivano nuovi, diversi, e volevano capire come, goderne, comprendersi. 
- Abbiamo avuto fortuna, con un capitano come Chris. Potevamo finire in una squadra piena di gente di merda... - fu la prima cosa che riuscirono a dire dopo un tempo indefinito. 
Daiki annuì stringendosi nelle spalle, ripensando ad Akashi, Tetsu e tutti gli altri. 
- Pare che siamo tipi fortunati, in effetti... per quanto Akashi fosse un pezzo di merda una volta posseduto dal suo alter ego stronzo, quando era in sé, specie poi quando vi è tornato, era il nostro collante ma non solo. Ci ha sempre protetto. Purtroppo nessuno è perfetto... 
Taiga rise.
- Nessuno è perfetto è un eufemismo! È un pazzo! Ha doppie personalità e l’altra è la cattiveria pura! Forte a basket, per carità, ma un demonio comunque!  
Daiki rise a sua volta, rilassandosi, ed in quello il suo viso si aprì in una luce nuova. Taiga, da sotto, lo guardò trovandolo più splendido di sempre e non trattenne una mano con cui l’accarezzò sul volto, scivolando in particolare sulle labbra. Daiki, rilassato e felice, gliela prese e chiudendo gli occhi gliela baciò senza paura di mostrarsi per quel che era. 
- Dovremo scusarci con Chris, ringraziarlo e promettergli che terremo la testa a posto. 
- Sicuramente brontolerà qualcosa del tipo ‘basta che ci fate vincere, altrimenti sarete fuori squadra a calci in culo!’
Daiki aveva imitato la sua parlata e la sua espressione da perenne incazzato, Taiga ghignò divertito e si alzò al suono della campanella della terza ora che stava per cominciare. 
Si stiracchiò rimanendo seduto vicino a Daiki il quale lo guardò rilassarsi e sospirare guardando il cielo terso, dove un sole poco caldo, quel giorno, li baciava con dolcezza. 
Si avvicinò al suo fianco, appoggiò la fronte alla sua tempia, Taiga chinò il capo di lato verso di lui e chiuse gli occhi con un sorriso di dolce abbandono. 
- Ti giuro che nessuno ci toccherà mai. 
- Non è il genere di giuramento che volevo sentire... - commentò divertito ma per nulla severo, senza muovere un muscolo né alzarsi. 
- Niente e nessuno rovinerà mai il nostro paradiso. 
- Devi dire che ti impegnerai ad arrivare all’NBA, questo è quello che voglio sentire. Metterai il basket al primo posto? - ma ancora mentre parlavano non si muovevano. Daiki appeso al suo braccio, la fronte contro il viso di Taiga, abbandonati, sorridenti, felici.
- Non posso, sei tu al primo posto ormai. E saranno solo cazzi tuoi! - concluse divertito. Taiga scosse il capo, sospirò e sebbene fosse felice di sentirlo, gli diede un pugno al fianco che lo fece scattare in piedi dalla sorpresa oltre che dal dolore. 
- Non sono una principessa da salvare e proteggere, coglione! Mi proteggo da solo! 
Non erano veri litigi, scesero insieme bisticciando, ma entrambi ridevano allegri, mentre sapevano che da lì cominciava un altro nuovo capitolo, più bello degli altri, e che in qualche modo, insieme, ce l’avrebbero fatta.