*Continua la settimana di ritiro magica che precederà la partita contro il team americano, l'ultima di Taiga in Giappone, l'unica con Daiki. Iniziato per puro divertimento sessuale e togliersi uno sfizio che ha capito di volere un po' tardi (come suo solito), si rende conto che giorno dopo giorno sta diventando sempre più difficile l'idea di separarsi da lui e non ci metterà molto a capire che quello che ha con lui non ha molto a che fare con 'una botta e via', come credeva. Daiki, questo, lo sa già, ma non sa cosa gli nasconde. Come sempre, non sono fan art mie ma trovate in rete che ho usato per scrivere alcune scene. Buona lettura. Baci Akane*

7. ESSERE VIVI

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Vedendoli particolarmente stanchi, Seijuro decise di concludere un po’ prima l’allenamento di quel pomeriggio. Era stato più intenso degli altri poiché puntava alle partite e a diversi schemi, volendoli provare tutti in tutte le combinazioni fino a che non si sentiva sufficientemente soddisfatto, era come una partita infinita e massacrante. Iniziando a seccarsi nel vedere che verso la fine non davano più il massimo, condizione essenziale per l’efficacia del programma, stabilì dunque la fine dell’allenamento pomeridiano.
- Non ha senso se non siete al massimo. Così non mi serve a nulla! - aggiunse irritato senza guardare nessuno. 
- Quello potevi evitare di dirlo ad alta voce... - gli fece notare ridacchiando Ryota, mentre gli altri, chi più chi meno, se la prendevano. 
Tutti tranne Tetsuya che era collassato sul pavimento senza riuscire quasi a respirare. 
Atsushi si chinò a guardarlo, picchiettandolo con il dito sull’anca per vedere se fosse ancora vivo. 
- Ehi, sei ancora fra noi? 
Tetsuya mosse a stento il pollice in alto come per dire che c’era, ma non si mosse di più né parlò, così Ryota decise di lasciar perdere Seijuro che si stava paurosamente avvicinando alla versione Imperatore Cattivo e crudele, e corse a soccorrere il suo adorabile cucciolo riverso a terra, chiamandolo a gran voce con estrema agitazione. 
- Così però muore davvero... - commentò schietto Atsushi vedendo come lo scuoteva facendogli uscire la bava alla bocca. 
Ryota fissandolo male, prese in braccio Tetsuya come una principessa e geloso e possessivo se lo portò via, seguito a ruota dagli altri che ridevano e li prendevano in giro. Seijuro era già andato via prima di loro, parlando insieme al mister e alle manager dei risultati ottenuti quel pomeriggio, che comunque non lo soddisfacevano del tutto, perfezionista com’era. 
Taiga e Daiki, con la palla sotto al braccio di quest’ultimo, in piedi vicini a fissare l’ingresso del tunnel, si guardarono girando lentamente le teste con le medesime espressioni imbronciate, insoddisfatte e perplesse. 
- Stanchi per questo? 
- Bah, sono proprio dei rammolliti!
- Si vede che siamo noi i più forti, non c’è molto da dire! 
- Eh appunto... 
- Che dici, ce li facciamo qualche uno contro uno? 
- Ovvio, nemmeno da chiedere! 
E così dicendo si spostarono in metà campo, a qualche metro dal canestro, si misero in posizione e rilasciando la palla, fissandosi sempre negli occhi con aria famelica, cominciarono le scintille. 
Scintille che proseguirono poi negli spogliatoi fortunatamente vuoti, dove sembrarono continuare a scontrarsi a modo loro. Si trattava di una lotta, in effetti... ma per la supremazia sul corpo uno dell’altro. 
Taiga del tutto intenzionato a fare l’attivo, spinse Daiki contro l’armadietto accartocciandogli la maglia della divisa d’allenamento, quasi stracciandogliela, mentre gli divorava la bocca con prepotenza. 
Daiki, con la stessa identica intenzione nonostante i buoni propositi di essere più altruista per migliorarsi, lo spinse a sua volta sulla panca sfilandogli i pantaloncini e gli slip sportivi. Gli allargò le gambe e gliele mise attorno ai propri fianchi. 
- Brutto bastard... - tentò di lamentarsi Taiga realizzando che di nuovo voleva prevalere. Il compagno però si chinò sulla sua bocca e gliela tappò con un bacio appassionato, prendendo completamente possesso della sua lingua che gli succhiò impedendogli di parlare. 
Contemporaneamente si tirò fuori l’erezione già dura così come quella di Taiga, tali erano dalla danger zone durante lo scontro in campo. 
Quando stare in piedi uno davanti all’altro era diventato impossibile perché primeggiava l’urgenza di toccarsi e strofinarsi piuttosto che superarsi e battersi a basket, Daiki aveva lanciato la palla alle proprie spalle facendo accidentalmente canestro, e l’aveva trascinato negli spogliatoi. 
Prese le loro erezioni in mano, le strofinò insieme facendo scivolare la saliva sopra e quando l’eccitazione salì ulteriormente, Taiga imprecò un’ultima volta. 
- Non sarai sempre tu a fottermi! 
Daiki rise sadico, in risposta si mise il dito in bocca, se lo riempì di salive e glielo infilò dentro facendosi strada. 
Dal borbottare al gemere fu quasi una cosa sola, per il rossino, che si limitò a scivolare in avanti col sedere e allargare meglio le gambe.
Aveva una voglia incredibile di entrargli dentro e farlo suo, ma ancor di più doveva avere il suo orgasmo o scoppiava, così lo lasciò fare. 
Priorità, si disse mentre lo sentiva finalmente entrare duro e lubrificato. 
Fu più facile del giorno precedente, una passeggiata, quasi. 
Un colpo ed era già dentro. Usò altra saliva, mentre si muoveva in lui, per scivolare meglio e ad ogni spinta divenne più naturale e semplice farlo suo e possederlo. 
Ad ogni colpo entrava più in profondità e Taiga lo sentiva meglio e più diventava grande e duro dentro di lui, più il piacere aumentava al punto che si aggrappò alle sue spalle gemendo senza ritegno. Dovette mettersi in bocca la propria maglietta sollevata per non gridare di più, stava per chiamarlo per nome, totalmente assorbito ed immerso nel piacere più intenso mai provato. 
Complice la danger zone ancora attiva dagli allenamenti, poi amplificata nell’atto sessuale, l’orgasmo per entrambi fu come l’eruzione di un vulcano. Dirompente e sconvolgente. 
Ogni senso esplose e si mescolò sconnettendo le loro menti e ci misero un tempo considerevole a riprendersi.
Le gambe molli, quelle di Taiga avvolte intorno ai fianchi di Daiki, le braccia sul suo collo, le labbra nel suo orecchio ancora ad ansimare senza forze, la vista annebbiata, i muscoli che tremavano, la pelle madida di sudore. 
- Cos’è che volevi? - chiese malignamente Daiki sapendo cosa aveva cercato di fare prima. Questi in risposta lo morse e lui, ridendo, lo prese fra le braccia, stringendogli i glutei fra le mani e lo sollevò portandolo sotto la doccia, avvinghiato a lui come un koala al suo albero. 
- Lo sai che ti tromberò io e che non te lo farò fare sempre a te, sai? - rispose biascicando nel getto caldo dell’acqua, senza capire quando gli aveva effettivamente tolto la maglia e quando lui si era tolto il resto dei suoi vestiti. 
Daiki rise e il suono che fece nel farlo con gusto, piacque a Taiga al punto che pensò che tutto sommato poteva concedergli ancora un paio di volte di supremazia. Se era lui a volerlo consapevolmente, non c’era niente di male. Non era una sconfitta, era una decisione, era diverso. 
“In fondo è fottutamente bello quando ride, sto stronzo!”
Lentamente, senza accorgersene, si rese conto che dirgli della sua partenza alla fine della settimana che ormai stava giungendo al termine, sarebbe stato difficile. Al tempo stesso, impossibile da evitare. 
“Non è nemmeno un mio compagno di squadra, tanto meno un mio amico. Perché dovrei dirglielo? Ai miei compagni del Seirin lo devo dire. Ma a lui perché?”
Perché ormai lo sapeva. 
Non era solo una semplice botta di vita, una normale e banalissima toccata e fuga. Non lo era per niente. Non lo era più. 
“Quando cazzo ho sbagliato qualcosa? Perché è sicuro che qualcosa l’ho sbagliato se è diventato più difficile dirlo a lui che agli altri miei compagni di squadra! Merda!”

Quella era la vita.
Anzi.
Era quello essere in vita. Essere vivi.
Daiki sapeva che non si trattava solo di piacere fisico e di orgasmi, era di più. 
Quello che lentamente, nell’arco di qualche mese, Taiga stava diventando, era più di un paio di belle scopate e delle belle sfide, era più del divertimento, era più di qualcosa di superficiale e passeggero che volendo poteva ottenere da chiunque. 
Era la consapevolezza che solo lui poteva farlo sentire in quel modo.
Era iniziato da quando l’aveva battuto a basket, anzi. Da quando gli era stato davanti esaltato senza paura né abbattersi, nonostante la prima sonora sconfitta subita. 
Non aveva avuto paura di lui e non si era perso d’animo. Aveva riprovato a superarlo a basket fino a riuscirci. 
Quel momento in particolare era stato quello in cui Taiga l’aveva penetrato, poi era andato ben in profondità durante la partita, quando l’aveva superato e battuto, e lì gli aveva afferrato l’anima incatenata e l’aveva liberata. 
Da quell’istante in poi era stato come un lento crescendo che si era trasformato in un’ossessione. 
Dal momento in cui gli aveva restituito l’anima, ma non solo. Da quando gli aveva mostrato come si viveva con essa. Ecco, lì poi era cresciuto ogni cosa. Tutto. 
Adesso si sentiva vivo ed era inebriante, sconvolgente e bellissimo. Così bello che non poteva più farne a meno e sapeva che non avrebbe minimamente importato cosa sarebbe successo, ma non avrebbe mai rinunciato a quella sensazione, a quel benessere, a quell’essere vivo. Così tanto vivo. 
E dannazione, c’entrava sicuramente Taiga, visto che aveva voluto portarselo a letto quasi da subito, fino a riuscirci. Fino a non poterne più fare a meno, di essergli dentro, di godere con lui e di divertirsi a basket creando qualcosa di sempre più bello.
Ma no, non era solo basket e sesso. Era qualcos’altro. 
Perché aveva sempre giocato a basket, anche prima di perdersi, quando ancora si divertiva ed era una persona normale. Ed aveva anche fatto del buon sesso. Ma non si era mai sentito così.
“Lui mi ha salvato ed è come se dentro di me, da qualche parte, sentissi che nessun altro potrebbe fare di nuovo la stessa cosa. È quasi come... come se sapessi che posso continuare ad essere vivo solo con lui.”
Sconvolto dai suoi pensieri post orgasmo, l’ennesimo, si avvolse a lui nel letto e lo strinse, mentre Taiga, sfinito, faceva altrettanto ormai già addormentato. 
La sua ancora di salvezza. 
E lì, proprio lì mentre si addormentava anche lui, lo percepì. Come una sorta di istinto animale tipico suo che normalmente aveva solo giocando a basket. 
C’era qualcosa nel corpo che stringeva, nei suoi nervi che non lasciava andare nemmeno nel sonno. Nel respiro non rilassato e regolare. 
Qualcosa nel modo in cui lo teneva forte a sé, come se fossero una coppia consolidata da anni. 
Qualcosa nel modo in cui, dormendo, gli baciò la fronte. 
“Questo qui mi nasconde qualcosa. Ed è anche qualcosa di grosso.”
Ma appena lo pensò, si addormentò definitivamente. 

“Sta diventando impossibile nasconderlo. Ho come la sensazione che quando glielo dirò mi sentirò una merda per averlo fatto troppo tardi. Eppure non è solo sesso e divertimento? Non era solo questo? Perché tanto partirò e anche se volessi altro, non potrei ormai. Il mio futuro è troppo importante, questo è solo una bella sfida e delle splendide scopate. Splendide. Ma solo questo.”
Al suo risveglio Taiga continuava a pensare alle stesse cose che in qualche modo aveva elaborato sognando, al punto che non ritrovò Daiki steso abbracciato a sé come si erano addormentati.
Appena realizzò che non era giù con lui, spalancò gli occhi per cercarlo, con l’ansia che gli sparò una dose da cavallo improvvisa.
Ansia per cosa? Per non averlo abbracciato a sé nel letto?
Ma stava scherzando?
Quando realizzò che era ancora lì, ma solo semplicemente seduto con il ginocchio abbracciato ed il mento sugli avambracci che lo fissava imbronciato, Taiga si preoccupò. Sia perché vedendolo lì l’ansia andò subito via, sia perché lo fissava in modo strano. 
- Che c’è? - chiese subito rauco senza dire altro. 
Daiki ancora rimase in silenzio a fissarlo straordinariamente serio ed assorto, come cercasse di leggergli dentro. Come se i suoi occhi da pantera dannatamente sexy lo sbaragliassero col suo istinto. 
Vedendo che ancora si ostinava a non rispondergli, si alzò a sedere a sua volta, piegando le gambe e appoggiandosi sulle mani. 
- Ehi! - tuonò ancora, insistendo infastidito senza bisogno di dire nulla di specifico per capirsi.
Daiki accentuò il broncio e l’aria seccata, poi si voltò verso di lui mettendosi in ginocchio, gli prese il viso con entrambe le mani e lo rivolse verso di sé, avvicinandosi al suo fin quasi a baciarlo.
Quasi.
In realtà lo stava scrutando a fondo. 
Davvero molto a fondo. 
Taiga si sentì a disagio, letto dentro come forse mai era successo, ma non riuscì a muoversi e ad impedirglielo. Rimase lì fermo alla mercede di quello sguardo inquietante.
- Cosa mi nascondi? 
Taiga spalancò gli occhi non più assonnati e lo fissò stordito. 
Come faceva a saperlo? 
- Perché? - avrebbe comunque opposto resistenza. 
Daiki si avvicinò ulteriormente fino a vedere ogni singolo insignificante dettaglio del suo viso, ancora le pieghe del letto su metà faccia. 
- Hai dormito di merda, sei teso. L’ho sentito mentre ti dormivo abbracciato! 
Taiga ripensò brevemente con un flash al sogno che aveva fatto. 
Alle lacrime che gli aveva visto versare quando gli aveva detto che partiva. 
- Siamo solo due che si divertono insieme in tanti modi, no? - gli chiese come se cercasse conferma di quello che gli aveva detto all’inizio, pochi giorni prima. 
Daiki, sorpreso che riesumasse quel concetto, si irrigidì e si allontanò lasciandogli il viso, ma annuì.
- Certo, che altro dovremmo essere? - rispose come se lo ricordasse a sé stesso, invece che pensarlo davvero. Difendendosi istintivamente, capendo che ce n’era bisogno.
- Niente, volevo solo esserne sicuro. - concluse girando la testa dall’altra parte ed odiandosi per quella risposta di merda. - Perciò se ho qualcosa non te lo devo dire per forza! 
A quello l’altro si attivò del tutto, tornando il tipico Daiki, perennemente arrabbiato che reagiva male al cento percento. 
Lo prese per il colletto della maglietta attirandolo a sé con aria furiosa: 
- E allora vaffanculo! Volevo essere gentile! Che razza di risposta è? 
Taiga gli prese il colletto a sua volta e l’attirò a sé minaccioso, allo stesso modo, solo per rispondergli a tono: 
- Quella che mi pare! 
- Quella che ti pare è comunque una risposta di merda! 
- Oh mi dispiace che non ti piaccia! Come posso rimediare? O scusa, non me ne frega un cazzo! 
- Ma lo sai che oggi sei proprio uno stronzo? Fatti una sega, per oggi! 
- Io la sega me la faccio, ma sono sicuro che sarai tu a non resistere dal succhiarmelo! 
Sbraitando come un idiota, furioso come se avesse ragione, Taiga si alzò sulle ginocchia, si tirò fuori l’erezione ed iniziò a masturbarsi davanti alla sua faccia. Non stava minimamente pensando se non ad un modo efficace per zittirlo. E litigare e scopare con lui, a quanto pareva, era l’unica cosa che funzionava con quell’idiota. 
Daiki, spiazzato da quel gesto tanto estremo ed esagerato quanto da lui, si morse il labbro infuriato ben intenzionato a non dargli soddisfazioni, ma resistette pochi secondi. 
Quando lo vide diventare grande a pochi centimetri dalla sua faccia, mandò al diavolo sia lui che sé stesso, lo prese per i fianchi, gli tolse la mano e si sostituì ad essa prendendoglielo in bocca con foga e desiderio. Lo stesso che mise su di sé nel prendersi l’orgasmo da solo, mentre Taiga aveva il suo nella propria bocca. 
Ebbero dunque il primo orgasmo del mattino, quello che non spiegava lo strano comportamento di Taiga, ma che metteva un cerotto su una ferita che si stava per aprire. 
Mettere le distanze, improvvisamente, era diventata la cosa più difficile mai fatta. Forse però lo era metterle con lui in particolare.