NOTE: questa è l’ultima fic della serie ‘La cosa più preziosa’. Ambientata subito dopo la finale della Winter Cup, Taiga e Kuroko hanno battuto Akashi facendolo tornare com’era prima ed è ora delle varie conclusioni finali.
Per chi non ha visto l’anime: Akashi è il vecchio capitano della squadra dei Miracoli, il responsabile del loro successo, ma anche del loro disumanamento. Ha due personalità, una buona ed una cattiva. Nel corso degli ultimi anni ha avuto il sopravvento quest’ultima che ha ottenuto un grandissimo successo senza mai perdere con le rispettive squadre, trasformando i vari compagni di turno in grandi campioni, ma a scapito della loro anima. Daiki è stato quello più colpito da questo suo sistema, poiché l’ha trasformato in un grandissimo giocatore, ma totalmente privo di sentimenti e per questo depresso e demotivato per la sua eccessiva forza. Nella finale in questione l’Akashi cattivo viene battuto da Taiga e Tetsuya, così quello buono, l’originale, può tornare a galla e rimettere le cose a posto.
In quest’ultima fic si tirano i fili in particolare per Daiki, perciò ho parlato anche di Satsuki così come l’ho interpretata io e Akashi, che è un personaggio che adoro e di cui vorrei scrivere anche se non l’ho ancora fatto. Infine, ovviamente, vedremo come Taiga e Daiki vivono questo importante traguardo e come proseguono nella loro relazione. Come sempre, le fan art che metto sono trovate in rete e non mie e le ho usate per ispirarmi in alcune scene. Dopo metto alcune note finali. Intanto Buona lettura. Baci Akane

LA SECONDA PORTA

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Forse non aveva le forze, forse le aveva esaurite completamente appena la palla era entrata nel cerchio e l’arbitro aveva fischiato decretando la fine dell’incontro e annunciato la loro vittoria. 
Forse un po’ gliene erano rimaste per la gioia e l’esultanza. 
Ma poi, nel caos di quel che era successo dopo, aveva cominciato a sentire che scemavano via come acqua fra le dita. 
Quell’acqua dove era rimasto immerso per la maggior parte del tempo, giocando al completo di ogni sua capacità inimmaginabile. 
Appena era emerso le gocce erano corse sul suo corpo abbandonandolo, lui aveva provato a raccoglierle, trattenerle, ma non c’era più riuscito ed una volta asciutto, si rendeva conto che non sarebbe riuscito nemmeno a muoversi. 
Taiga provò un moto di confusione mentale, per un momento, come durante la partita, quando poi si era ripreso grazie al pubblico, a Daiki che aveva gridato a gran voce sia il suo che il nome di Kuroko, per incitarlo, così come Kise, Midorima e tutti gli altri. 
“Qualcuno, ci sarà qualcuno che mi aiuterà a tornare negli spogliatoi...”
Dopo i saluti e le premiazioni, c’era stato il caos in campo, gente che entrava e gli stringeva le mani complimentandosi, interviste, via vai e confusione. 
Gli si era appannata la vista e improvvisamente le gambe gli erano diventate di piombo, non era riuscito a muoversi di un millimetro. 
Aveva cercato qualcuno in grado di dargli una mano, ma Kuroko stava parlando con un incredibilmente affabile Akashi e non voleva interromperlo. Ognuno dei suoi compagni era con amici e familiari. 
Cercò qualcun altro, un viso noto, ma non riconobbe nessuno.
Confusione mentale. 
Stava diventando tutto nero, quando nel mezzo di una folla improvvisamente sconosciuta, anche se non era tale, vide lui.
Il suo viso stava avanzando nel corridoio che portava dagli spalti al campo da gioco. 
Era sceso. Appena lo vide Taiga riprese a respirare e si concentrò su di lui, la vista si schiarì e le gambe tornarono a muoversi.
Mosse alcuni passi incerti e traballanti verso di lui, lo raggiunse e si fermò, piantato. 
Era al limite, un altro e le ginocchia gli avrebbero ceduto. 
Ma Daiki gli era davanti, un po’ più in parte rispetto agli altri, coperto dal tunnel dentro cui era. Intorno della gente che li ignorava completamente, nessuno li notava, erano tutti presi dalla loro felicità. 
Daiki gli sorrideva, ma i suoi occhi avevano qualcosa. Qualcosa di diverso dal solito.
Brillavano, anzi erano illuminati da una luce viva. 
Avrebbe voluto toccarlo e dirgli qualcosa con tutto sé stesso, per assicurarsi che stesse bene, che non fossero davvero lacrime quelle che vedeva. 
Ma fu Daiki a mettergli una mano sulla guancia.
Forse qualcuno li avrebbe visti, forse sarebbero finiti nei guai, avrebbero avuto qualche rogna. 
Una minuscola parte del suo cervello lo pensò, ma notò alcune figure mettersi intorno a loro, a proteggerli come se gli facessero scudo. 
Un giovane dai capelli neri e lisci, una donna dai capelli biondi... un cane? Aveva sentito l’abbaiare di un cane?
Gli stava venendo da starnutire, ma la mano di Daiki prese intensità e strinse come se si stesse aggrappando alla sua ancora. 
Sorrideva e piangeva, ora ne aveva la certezza. Le lacrime scivolavano sulle sue guance. 
Taiga, sconvolto, tornò in sé in un attimo.
Capì che i due che li stavano coprendo erano Tatsuya e Alex e si sentì al sicuro. 
- Grazie. - mormorò Daiki. Non riuscì a dire altro. 
- Per aver battuto Akashi? - chiese confuso, ancora sotto shock per le sue lacrime. 
- Anche, ma soprattutto per averlo riportato al suo posto. Il vero Akashi. Quello gentile. - rispose Daiki avvicinandosi ancora a Taiga. Abbassò la mano dalla guancia e gli prese la mano. 
Li avrebbero visti? Si appoggiarono alla parete del corridoio nascondendosi meglio. 
- Beh, è stato un effetto collaterale... volevo solo batterlo e portare la squadra alla vittoria. - ammise imbarazzato, non abituato a certe scene sentimentali. 
Daiki strinse le dita alle sue, agganciandole. 
- Grazie anche per aver aperto la seconda porta e aver capito chi era il guardiano. - disse ancora, usando la metafora che aveva trasmesso anche a Taiga, con la quale era riuscito a capire meglio la zona. 
- Ci arriverai anche tu. - rispose senza fare lo sbruffone per sdrammatizzare sminuendolo. Era riuscito in qualcosa che a Daiki non era mai venuto. Ma non lo disse. Era serio. 
- Non credo, il secondo livello della zona è essere forti con la squadra, usare i tuoi compagni per rendere al massimo le tue capacità. Io non ho un tale rapporto con loro, ormai. L’avevo con Tetsu, ma... non mi sono mai fidato fino a quel punto... 
Taiga lo interruppe avvicinandoglisi, fregandosene di poter essere visti. Erano ben coperti dai loro amici e dalla posizione, ma c’era comunque il rischio che potessero essere notati e non erano ancora pronti a rendere noto a nessuno la loro relazione. Se non a pochi eletti. Molto pochi. 
Ma lui gli si appiccicò con la sua tipica prepotenza, poi a tu per tu, fissandolo deciso negli occhi, disse sicuro: 
- Ma adesso sei tornato il Daiki di una volta, quello pieno di vita che ama gli amici. Farai gruppo con la tua squadra e la prossima partita Seirin-To’o sarà ancor più combattuta ed indimenticabile! 
Ne era certo, lui lo sapeva perché aveva ormai visto l’altro Daiki, quello che aveva perso per colpa del suo enorme talento e dell’isolamento nel quale l’avevano lasciato Akashi e gli altri. 
Daiki sospirò e si asciugò le lacrime annuendo, sentendosi meglio, sereno, positivo. 
- Sarà una bella sfida riuscirci. 
Sapeva che doveva essere un percorso spontaneo, non poteva essere manovrato per la volontà di aprire quella seconda porta. 
Ma il segreto era aprire sé stessi agli altri ed era una qualità che un tempo aveva avuto abbondantemente, essendo come una calamita in grado di attirare gente.
Sentiva che stava lentamente tornando quella persona, perciò magari poi sarebbe successo. 
Taiga ci credeva, perciò valeva la pena farlo anche lui.  

Daiki non se ne era reso pienamente conto, ma mano a mano che Taiga aveva fatto i suoi progressi in campo, addentrandosi e capendo sempre meglio la zona, anche lui da fuori, da lontano, solo guardandolo, aveva capito perfettamente tutto quello che aveva passato lui.
Ogni singolo istante, ogni impressione, pensiero e rivelazione avuta, anche Daiki dagli spalti l’aveva appresa appieno, come l’avesse vissuta lui stessa.
Appena Taiga aveva capito che davanti alla seconda porta non c’era un guardiano che gli impediva di aprirla, ma Kuroko, il suo compagno chiave nel basket in quella fase della sua vita, e che era lì ad aspettare che si decidesse a varcare la soglia, anche Daiki l’aveva compreso. 
Non si era reso conto, non lo poteva sapere, e nemmeno Taiga ovviamente, ma la loro connessione interiore era ad un livello tale da arrivare alle medesime impressioni contemporaneamente e non perché le vivevano entrambi, ma perché le viveva uno dei due e l’altro semplicemente lo sapeva. 

Dopo la partita Taiga, appena riuscì a riprendersi, venne trascinato con gli altri a fare festa. Per l’occasione si era unito a loro anche il padre di Rika che li aveva aiutati con gli allenamenti speciali prima della partita contro il To’o. L’uomo, che ormai si era affezionato alla squadra allenata dalla figlia, aveva pensato bene di pagare una cena a tutti, per festeggiare e congratularsi con loro. 

- Potevamo chiedere ai ragazzi di mangiare un boccone insieme, intanto che aspettavi... - disse Satsuki accompagnando Daiki fuori dai cancelli dell’enorme stabilimento dove sorgeva il palazetto dello sport, dove avevano appena disputato la finale. 
- Mmh... tanto non penso che si tratterrà molto... era stanco morto... - rispose sovra pensiero Daiki senza specificare il soggetto e dando la prima reale conferma diretta della sua relazione con Taiga. 
Appena lo fece, se ne rese conto e spalancò gli occhi fissandola di scatto come un gatto a cui avevano appena pestato la coda. 
Satsuki ricambiò con uno scoppio di risate allegro. 
- Sono davvero contenta per voi, lo sai? - andò dritta al sodo saltando il dialogo preliminare del ‘allora lo sapevi? Da quanto?’ E via dicendo. 
- Così avrai campo libero con Tetsu... - fece maligno cercando di non dare peso ad una situazione che un po’ l’aveva. Pesava in qualche modo.
Pesava ammettere che stava con qualcuno, con Taiga poi... uno con cui aveva sempre litigato ogni volta che l’aveva incontrato davanti agli altri... ammettere che stava con lui non era una cosa che aveva ancora fatto. 
Tetsu era diverso, era lui che li aveva spinti insieme, aveva giocato a far Cupido, perciò non glielo aveva detto lui, era Tetsu ad averlo fatto in realtà.
Satsuki non era scema, l’aveva capito e poi lui non l’aveva propriamente nascosto, ma non era nemmeno stato palese. 
- Tetsu lo amo profondamente, da sempre, lo sai. Ma come lo amano tutti. Il punto è che lui non ha mai amato me. E nemmeno ora... 
Satsuki pensava ai suoi molti rapporti coi membri della Teiko e poi ora con il Seirin. Dopotutto era l’ex di Daiki, non sarebbe mai stata la sua storia. 
La rendeva malinconica, pensarci, ma era una delle tante cose che aveva sempre saputo. Che Tetsu non sarebbe mai stato suo come lei aveva sperato. 
Raggiunta la via principale, dove c’erano molti locali e ristoranti, poco distanti dal palazzetto, si guardarono intorno alla  ricerca di quello che poteva fare al caso loro, quando una voce da dietro li richiamò.
- Ehi, ragazzi... 
Era familiare, ma al tempo stesso non l’avevano sentita dai tempi delle medie. Non con quella sfumatura particolare, così gentile e calma. 
Daiki spalancò gli occhi, prima di girarsi verso Akashi. Il cuore scioccamente in gola e quasi una sorta di paura.
In realtà l’aveva incontrato all’inizio della Winter Cup, quando li aveva radunati per salutarli, ma non era stato lui. Non il vero lui. 
Satsuki si fermò prima di girarsi, lanciò un’occhiata preoccupata a Daiki e lo guardò teso, serio. Per un momento pensò che potesse andarsene senza dire nulla. 
Era andato quando li aveva convocati quel giorno, ma poi erano successe molte cose. Si erano come svegliati tutti, in qualche modo. Lui soprattutto.
Ma in realtà ognuno di loro era stato scosso dal sonno profondo in cui erano caduti. Letargico, quasi. 
Erano stati Tetsu e Taiga a svegliarli tutti.
Anche con Akashi l’avevano fatto. 
Per questo Daiki si girò lentamente, alla fine, e ancora sospeso in una specie di sogno troppo bello per osare svegliarsi, pieno di sentimenti potenti e contrastanti uno con l’altro, lo guardò.
Era ancora lui, quello che aveva scorto alla fine della partita, quando era tornato l’Akashi originale, quello gentile, il leder carismatico che aveva costruito non solo una squadra fortissima, ma che li aveva resi davvero felici, per un periodo della loro adolescenza. Prima che, sempre lui, anche se forse non lui sul serio, rovinasse poi tutto.
Sentimenti contrastanti. 
Amore-odio. 
Gratitudine-rancore. 
Sicurezza-paura. 
- Akashi... - salutò incerto Daiki, Satsuki accanto a lui, stretta al suo braccio, incerta su come comportarsi. 
Akashi sorrise più affettuoso, era solo. 
- Ti avevo intravisto e ci tenevo a salutarti... 
- Non ci vediamo dai tempi delle medie, eh? - disse consapevole che quello visto poco tempo prima era l’altro, non lui. 
Akashi annuì, aveva un’aria strana, scossa. 
Non avevano mai avuto un rapporto particolarmente stretto e forte, non come l’aveva avuto con Ryota o Tetsu. Daiki andava d’accordo con tutti, ai primi tempi della Teiko, prima che tutto si guastasse. Anche con Akashi. Ma non era mai stato il centro del suo mondo, né aveva avuto qualcosa di diverso che con gli altri. Ma era stato in grado di capirlo e di permettergli di esprimere il suo potenziale al massimo.
Se era diventato il numero uno della loro squadra e poi uno dei più forti giocatori di basket scolastico, doveva ringraziare lui ed il suo talento nel tirare fuori il massimo dagli altri.
Ognuno aveva il proprio, ma Akashi li aveva sempre indirizzati nella strada giusta, il maestro d’orchestra. 
Gli doveva qualcosa, forse. 
Dopo averlo odiato da matti per aver rovinato tutto e averlo gettato in una profonda depressione, come aveva odiato Tetsu per non essere riuscito a salvarlo, poteva anche essergli grato, alla fine. 
In qualche modo ora vedeva ciò che aveva fatto, prima di cedere alla paura di perdere. 
Si era sempre chiesto ‘perdere cosa’, dopotutto non si poteva capire Akashi sul serio, ma aveva parlato molto con Tetsu, dopo che avevano fatto pace ed erano tornati amici.
Secondo lui si era ritirato preda del terrore di essere sconfitto, di perdere, gli aveva detto più volte. 
Ma non aveva mai capito di preciso perdere cosa, visto che poi alla fine per non perdere forse una sfida di basket e magari molte partite a seguire, visto che non era mai stato sconfitto, poi aveva perso loro. Degli amici.
Lo erano stati, vero?
Per un periodo si era sentito parte non solo di una bella squadra, ma anche di un gruppo di amici affiatato. Ognuno diverso e con difetti che poi erano emersi estremizzati più che mai, ma lo erano stati. 
- Mi dispiace. - disse Akashi dopo un po’, riflettendo mentre lo osservava come se non lo vedesse da una vita, come se dovesse valutare tutto quel che gli era capitato nel frattempo, chi era diventato, quanto aveva sofferto e come stava ora. 
Daiki rimase di sasso, shoccato. Si fece serio e senza saper cosa dire, chiese sconvolto: 
- Di cosa? 
Non l’aveva mai sentito scusarsi. 
- Per averti permesso di perderti. - rispose calmo. Aveva un’espressione particolare. Malinconica, pentita, ma gentile. La sua distintiva gentilezza che aveva sempre fatto tutti pensare che fosse un vero principe, in realtà. Per i suoi modi distinti ed eleganti ma soprattutto per quella. Per la sua gentilezza pacata. 
Daiki si sentì gli occhi bruciare e fu solo la mano di Satsuki stretta sul suo braccio ad impedirgli di piangere ancora. 
Che serata assurda era quella?
Non poteva frignare di continuo.
Dal momento in cui era stato sconfitto da Taiga non aveva fatto altro che guardare in faccia il sé stesso fragile e capire quanto debole e delicato fosse. Se ne era vergognato. ma non aveva potuto evitare di vivere questo suo lato a pieno.
Ora era all’apoteosi della fragilità e non voleva, non voleva disperatamente esserlo. 
Prese un respiro profondo, sorrise forzatamente, nascondendo la voglia di piangere, annuì e tese la mano.
Il braccio era forte e sicuro del gesto, le dita aperte verso di lui, in attesa che Akashi prendesse la sua mano.
Non erano mai stati migliori amici né fratelli né altro. Forse amici normali. Ma più che altro, Akashi era stato il suo condottiero e l’aveva seguito nell’inferno in cui l’aveva guidato per poi abbandonarlo. 
Aveva chiuso lui stesso le porte dietro di sé, andandosene, una volta che ce l’aveva portato là dentro. 
Nemmeno Tetsu, Ryota, qualcuno. Nessuno.
Solo la presenza di Satsuki al di là della porta, gli aveva permesso di non allontanarsi da lì. L’unica sorella che gli era rimasta testardamente vicina nonostante avesse sempre preferito e amato Tetsu. 
Akashi, i suoi splendidi occhi rosso rubino, entrambi rossi finalmente e non sporcati dalla presenza dell’altro dorato, dell’intruso, prese la sua mano.
Non stava piangendo, ma lo sentiva, dentro di sé, che quel ragazzo abituato a nascondere le sue emozioni ora lo stava facendo.
Percepì le sue lacrime di gioia e gli sorrise. 
- Dobbiamo cercare di rivederci tutti quanti, ora che sei tornato. 
Ed era incredibilmente normale parlare così, anche se poteva essere scambiato per un pazzo che parlava ad un altro pazzo e forse in qualche modo lo erano. Ma nel loro mondo era tutto normale e lo vissero così in quel momento. 
Finalmente si poteva ricominciare ufficialmente a vivere. 


Quando Taiga gli aprì la porta di casa, era arrivato da poco e si era trascinato dentro togliendosi le scarpe e gettando giacca e borsone all’ingresso. 
Aveva quasi raggiunto il divano dove aveva tutta l’intenzione di buttarcisi sopra e dormire, quando Daiki aveva suonato.
Appena vide il suo viso, tutta la stanchezza e l’appannaggio svanirono in un istante e fu come se una scarica elettrica l’attraversasse riportandolo per l’ennesima volta in vita. 
Daiki stava di nuovo piangendo.
E bene.
Non poco, non qualche lacrima traditrice.
Piangeva della grossa, forte. 
Immediatamente, sconvolto più che mai, lo prese e lo tirò dentro chiudendo la porta, poi mise le mani sulla nuca e l’attirò a sé, gli nascose il viso contro il collo e lo strinse forte, stringendogli le braccia intorno al collo.
Immerse le dita nei capelli corti mentre lui si aggrappava a lui come alla sua ancora di salvezza.
Rimase lì a piangergli appeso, stretto, singhiozzando a lungo, incapace di smettere.
Era ufficialmente uscito da quel tunnel, da quell’abisso, da quell’orribile posto solitario e quella porta, ora, si era richiusa definitivamente alle sue spalle lasciandolo finalmente libero davvero. 
Taiga aveva aperto la porta e l’aveva liberato, ma era Tetsu  ad averlo condotto lì e poi ci aveva portato anche i suoi vecchi amici, dopo aver liberato anch’essi.
L’ultimo Akashi.
Le sue scuse gli avevano tolto l’ultima sicura.
Era libero. Era di nuovo vivo. Sé stesso.
Daiki non avrebbe mai dimenticato quello che aveva provato in quel momento. Mai. 

Taiga era fisicamente sfinito, aveva tirato troppo oltre il proprio limite e si era trascinato decisamente al di là delle sue forze. 
Aveva voluto festeggiare coi suoi compagni, ma nonostante avesse mangiato il quadruplo degli altri, alla fine si era addormentato sul piatto, così i suoi compagni l’avevano accompagnato a casa.
Adesso a quell’ennesimo scatto adrenalinico, si era ripreso sufficientemente per non crollare, ma ormai sentendo e capendo il senso di quel pianto disperato che gli aveva stretto il cuore e al tempo stesso sollevato, si sentiva di nuovo cedere.
Non fu qualcosa di improvviso, fu un abbandono di forze lento e progressivo.
Dal sostenere Daiki e stringerlo a sé, divenne un appoggiarsi a lui fino a sentirsi le ginocchia piegare. 
Daiki smise di piangere di colpo, sentendo che lo stava letteralmente sostenendo lui e che gli stava completamente pesando addosso. 
Dall’aggrapparsi a lui passò così al tenerlo su, lo resse impedendogli di scivolare a terra e cercando di guardarlo in faccia, si rese conto che stava dormendo.
- T-Taiga? Ti sei addormentato? - chiese perplesso non sapendo se preoccuparsi o arrabbiarsi. In un momento simile si addormentava? In piedi?
MENTRE LUI PIANGEVA COME UNA FONTANA ESPRIMENDO PER UNA VOLTA I SUOI SENTIMENTI PIÙ PROFONDI? 
COME DIAVOLO OSAVA?
Ma poi la consapevolezza di ciò che aveva fatto e che era così anche un po’ per lui, perché sì ci aveva tenuto a vincere per sé stesso e poi per la squadra, ma anche per lui.
Sapeva di aver aggiunto un sacco di carico alle sue spalle ed ora che la pressione era svanita, soprattutto adesso che stava bene, e piangendo glielo aveva dimostrato, non ne poteva più.
Così alla fine sospirò e lo rimise in piedi.
Taiga era più sul dormiveglia, ma lo seguì in camera come una specie di sonnambulo. 
Una volta vicino al letto, lo buttò sopra scocciato, invece che accompagnandolo dolcemente. 
Lo guardò mettersi sul fianco e accoccolarsi addormentato.
Ronfava della grossa.
Nemmeno mezza parola romantica, un ‘ti voglio bene’, qualcosa, qualsiasi cosa.
Nulla. 
Dormiva e basta.
Un abbraccio ed un bel sonno.
“Che fidanzato che mi sono trovato!”
Pensò divertito, aprendosi la zip della felpa e togliendosi i calzini, valutò se spogliare Taiga ma decise di tenerselo per l’indomani, quando gli avrebbe fatto obbligatoriamente consumare il suo premio.
Gli tolse solo i calzini, spense le luci della casa e con un sorrisino divertito, rassegnato ma anche sereno si buttò sul letto e cingendolo da dietro aderì contro la sua schiena. Lo agganciò con le gambe e baciandogli il collo per dietro, lo abbracciò lasciandosi cullare da quella splendida sensazione di pace. 
Forse la prima di quel calibro.
Così totale ed incontaminata, senza una sola increspatura. 


Morbido e solido allo stesso tempo.
Ma non era il suo cuscino al quale era abituato a dormire abbracciato da sempre.
Era caldo e... respirava? 
Taiga aprì gli occhi di scatto e appena lo fece, la luce che filtrava parzialmente dalle finestre chiuse, gli permise subito di vedere una forma abbracciata a sé che a sua volta lui stava abbracciando. 
Abbassò gli occhi e riconobbe il suo ciuffo di capelli scuri e sorrise. 
Per un momento aveva avuto paura fosse Alex che, per qualche assurda ragione, si era infilata nel suo letto come sempre nuda. Adesso stava in un appartamento suo, perciò non avrebbe dovuto più temere. 
Taiga baciò la testa di Daiki e si rilassò rimanendo così come erano.
Gli dormiva abbracciato, entrambi sul fianco rivolti uno verso l’altro. Il viso di Daiki era immerso nel suo petto ed il suo respiro era regolare. 
Per un momento rimase a riflettere su quello che era successo la sera prima, cercando di ricordare. Come era finito nel letto con lui, coi vestiti addosso? Era strano. 
Sicuramente non avevano fatto sesso, non perché l’avrebbe ricordato, ma perché di certo poi non si sarebbero rivestiti. 
“Devo essere crollato appena è arrivato da me... ricordo che...” Quando ricordò che piangeva, un lampo oscurò il suo viso, preoccupandosi. 
Un conto era la commozione di gratitudine post partita che gli aveva sorprendentemente dimostrato, un’altra era quel pianto disperato.
“Deve essere successo qualcos’altro...” pensò valutando che però se dormiva in quel modo stava sicuramente meglio. 
“Avevo capito che era fragile, dai discorsi di Kuroko, principalmente, ma anche da come si è comportato con me. Mi sono innamorato della sua aggressività che nascondeva proprio le sue debolezze. Più che debolezze direi paure e fragilità, appunto. Non sono debolezze, sono meravigliosi modi di essere.”
Pensando alla fragilità, gli venne in mente Akashi. Da come gliene aveva parlato Kuroko, sia prima della partita che dopo, aveva capito cosa era successo. Era tornato l’Akashi buono di un tempo e probabilmente era stato possibile grazie alla fragilità di quello che aveva momentaneamente preso il suo posto per tutto quel tempo.
Vincente da un punto di vista pratico, ma estremamente fragile appena le sue forze venivano superate. Al punto da cedere, arrendersi e non solo.
Spezzarsi.
“In quel momento, in panchina, quando l’avevamo superato, quando avevamo superato l’Akashi più forte e devastante, quello senza cuore e con un talento assurdo e l’occhio dorato, si è totalmente spezzato. Ma è tornato l’altro dopo di quello. L’altro, quello che per paura di perdere aveva lasciato il posto a lui, all’Imperatore.” Soprannominò così fra sé e sé l’altro Akashi, quello devastante. 
“In realtà quello più forte dei due è lui, l’Originale. Peccato che avesse paura di perdere. L’avrà superata?”
Pensando ad Akashi e sapendo che Kuroko era stato con lui tutta la sera, capì che forse a ridurre in quello stato Daiki era stato proprio il suo ex capitano. 
Sospirò scacciando tutti quei pensieri e le ipotesi, soprattutto le preoccupazioni.
Ogni cosa era passata ed avevano superato l’ennesimo ostacolo. 
Taiga baciò la testa di Daiki, il quale iniziò a svegliarsi e sollevando il capo, gli consegnò la fronte posandogliela sulla bocca. 
Taiga sorrise e baciò anche quella parte del suo volto. 
- Buongiorno. - mormorò roco. 
- Mmm... - rispose l’altro senza riuscire ancora a dire nulla. 
Le loro gambe erano intrecciate insieme e le mani di Taiga carezzavano pigramente la sua nuca e la schiena, quelle di Daiki erano sui fianchi del compagno, giocavano sotto la maglia a solleticargli la pelle calda e sensibile. 
- Come stai? - chiese Taiga riferendosi al fatto che stava piangendo, la sera prima. - Mi dispiace di essere crollato in quel modo, non abbiamo parlato... cosa è successo? - non glielo aveva mai chiesto.
Non gli aveva mai fatto domande dirette sui suoi problemi personali né su altre cose che lo riguardavano. 
Era la prima volta. 
Daiki capì che dovevano essere progrediti nella loro relazione senza rendersene conto. In una partita erano entrambi maturati. 
- Ti interessa davvero? - chiese provocatore, cercando di farlo arrabbiare per non parlarne. Ora se ne vergognava. Aveva frignato tutta la sera, praticamente. Non era mai stato un piagnone, ma forse alla fine era uscito quel lato di sé che aveva sempre soffocato con tutto sé stesso.
Quello fragile. 
Non voleva essere così. 
- Coglione, se te lo chiedo mi interessa! - brontolò Taiga prendendogli i capelli sulla nuca invece di accarezzarlo. Daiki ridendo risalì con le mani, lo cinse forte e se lo tirò sopra di sé girandosi supino, sulla schiena. In quel movimento nascose il viso contro il suo collo. 
Taiga, sorpreso dal gesto, si dovette appoggiare sulle mani mentre gli montava obbligatoriamente sopra, sgranò gli occhi meravigliato ed una vampata di calore lo invase sentendo per benino tutto il suo corpo, ma soprattutto il suo respiro contro il suo collo, le labbra sul suo orecchio tremavano. 
- Ho parlato con Akashi, andando via. 
Era la prima volta che si confidava realmente, parlando di qualcosa che gli era capitato e di come si era sentito. 
Lo fece sentendone il reale bisogno di farlo.
Se non glielo avesse chiesto non ne avrebbe parlato, ma in realtà avrebbe voluto farlo. 
Era dall’inizio della loro ‘strana cosa’ che aveva sentito quel desiderio di confidarsi con Taiga, ma solo a patto che a lui importasse e glielo chiedesse. 
Si era messo questo come paletto, anche se poi in realtà a volte avevano finito per parlare lo stesso, in qualche modo, delle cose che volevano. Cose profonde, senza andare troppo oltre o addentrarsi. 
Ma sentendo che finalmente glielo chiedeva, si era emozionato ed aveva nascosto così il suo viso, gli occhi chiusi. 
- Mi ha detto che gli dispiaceva di avermi permesso di perdermi. - sussurrò piano, non credendoci ancora realmente che una cosa simile fosse accaduta sul serio. 
Taiga spalancò gli occhi sconvolto, capendo l’importanza enorme di quello che Akashi aveva fatto.
- Kuroko mi ha detto tutto. - disse a quel punto per fargli sapere che capiva cosa significava. Daiki sorrise contro la sua pelle ed annuì. 
- Lo immaginavo. Ha fatto bene. - non era arrabbiato, ma sollevato. 
Taiga si issò sulle braccia, rimanendogli sopra. Lo guardò attentamente per capire come stesse.
Aveva gli occhi ancora rossi, ma sembrava sereno, in viso. Le braccia sempre intorno alle sue spalle, ma più molle. 
- Come stai ora? - ribadì dunque. Daiki annuì.
- Libero da catene che non immaginavo di avere. Ero finito rinchiuso in una stanza e non me ne ero reso conto. Tetsu era sempre rimasto lì fuori ad aspettare che ne uscissi, ma non ho mai avuto la forza di farlo da solo. Lui non è mai riuscito ad aprire la porta e nessuno degli altri lo ha aiutato. Hanno tutti permesso che io rimanessi lì. Akashi per primo. Anzi. Forse Akashi ha chiuso lui quella porta, per permettermi di esplorare tutto il mio grande talento. 
In realtà lo sapevano tutti che era andata così. Che l’Akashi Imperatore aveva usato quel metodo di isolamento forzato proprio per far sì che Daiki diventasse ancora più forte. Aveva chiuso lui quella porta e Tetsuya non era riuscito a riaprirla. 
- Sì è scusato di questo. - concluse poi, non sapendo se sarebbe riuscito ad aggiungere la parte più importante della questione. 
Daiki si sentiva libero, felice, leggero perché qualcuno aveva aperto quella porta e l’aveva liberato, ma non era stato né Akashi, né nessun altro dei suoi vecchi amici, tanto meno Tetsu. 
Era stato Taiga a buttare giù quella porta.
Tetsu aveva cercato la persona in grado di farlo, ma non era mai riuscito ad aprirla da solo. 
In qualche modo era merito suo, ma senza di lui sarebbe rimasto lì dentro per sempre. 
- L’importante è che tu ora stia bene. - disse Taiga carezzandogli protettivo il viso. Daiki sorrise sentendosi di nuovo debole per colpa sua. Pensò che sarebbe affondato di nuovo se lui se ne fosse andato. Si sarebbe rinchiuso di nuovo, ne aveva il terrore.
A quell’eventualità, un lampo oscurò il suo volto che si increspò, gli afferrò i capelli sulla nuca e la maglia sulla schiena, lo attirò giù verso di sé e nascose di nuovo il viso contro il suo collo. 
- Non so se riesco a stare bene da solo. Mi sono sentito libero perché ho capito di essere fuori da quel posto di merda, ma ho paura che... che se tu te ne vai, quella porta tornerà a chiudersi e nessun altro riuscirà più a liberarmi. 
Taiga avrebbe voluto dirgli che ora aveva recuperato i suoi vecchi amici, che si erano tutti liberati a modo loro dei rispettivi problemi che gli impedivano di essere ‘umani’ piuttosto che solo dei talenti infiniti. 
E poi avrebbe voluto dire che nessun Akashi Imperatore lo avrebbe rigettato là dentro. 
Ma si perse nell’ammissione d’amore più bella ed inaspettata di tutte. 
- Non permetterò mai a nessuno di chiuderti lì dentro. Guai a chi ci prova. Lo ammazzo. - lo disse spontaneo, senza rifletterci molto, commosso profondamente per la splendida dichiarazione che aveva fatto a modo suo. 
Lo sentì tremare nel respiro, probabilmente stava per scoppiare di nuovo a piangere, ma decise di sorridere, prendergli il viso fra le mani, sollevarsi e strisciare sulla sua pelle liscia fino a raggiungere alla cieca la sua bocca. 
Aderì prepotentemente infilandosi con la lingua, fino a costringerlo ad accoglierlo e venirgli incontro. 
Fu come uno schiaffo.
Uno di quelli che davi quando uno si chiudeva in un circolo vizioso ed allora gli davi uno schiaffo per farlo riprendere o per sgridarlo. 
Taiga aveva quei metodi e di solito usava letteralmente le mani, ma in quel caso aveva qualcos’altro in mente. 
- Non mi hai ancora dato il mio premio. - fece scivolando dalla bocca all’orecchio. - Ti ricordo che ho vinto. - aggiunse come se non avesse appena fatto una confidenza sensazionale. 
Daiki si sentì di nuovo leggero e bene, ma non aveva avuto dubbi in merito. Sapeva che Taiga era quello giusto, ormai. 
Ogni volta faceva la cosa migliore per aiutarlo. 
Parlarne ancora l’avrebbe affondato, lui l’aveva capito ed era passato ad altro. Qualcosa di decisamente più bello. 
Così si mise a ridere perché Taiga invece che baciarlo sensualmente, si mise a leccarlo lì sulla pelle sensibile del suo orecchio e del collo. Sentendo la sua risata, Taiga si alzò a cavalcioni su di lui, sollevato, constatando che ci era di nuovo riuscito, a tirarlo fuori dai suoi bui improvvisi. 
Era un’altra splendida sfida, quel ragazzo. Non solo sul basket. 
E lui si esaltava con le belle sfide. 
Si tolse la maglia rimanendo a torso nudo, poi si mise sulle ginocchia abbassandosi i pantaloni e i boxer e si leccò le labbra con aria sadica. Daiki si stava riaccendendo proprio come piaceva a lui. 
Con la sua stessa espressione vogliosa e maliziosa, mordendosi la bocca, infilò il dito nella catenina e l’attirò giù su di sé, poi gli circondò le spalle con le braccia e gli consegnò il collo, facendolo riprendere da dove si era interrotto prima, obbligandolo a leccarlo e baciarlo lì dove gli piaceva di più.
Taiga rise sulla sua pelle e lo accontentò dopo averlo mordicchiato, scatenandogli brividi inaspettati. Le mani subito a frugare sui suoi vestiti che, afferrati, glieli alzò togliendoglieli brutalmente, senza troppe cerimonie. Staccandosi dal suo collo per farlo, tornò scendendo giù ad occuparsi famelico del resto del suo corpo. 
Aveva fame, una gran fame. Sia reale che figurata. Più figurata, in quel momento. 
Aveva dovuto aspettare a lungo e il giorno prima l’avevano già fatto, ma ora era diverso.
I loro stati d’animo lo erano.
Non c’erano più pensieri di mezzo, pressioni, doveri e questioni in sospeso. 
Adesso stavano bene e si erano uniti emotivamente più che mai.
Non erano mai stati così bene ed ora Taiga voleva appropriarsi del suo splendido corpo atletico e felino. Leccò divorando la sua pelle più scura rispetto alla propria e come se fosse una tigre che assaggiava la sua preda, raggiunse il suo bacino. Daiki lo sollevò permettendogli di togliergli velocemente i pantaloni e i boxer. Leccò l’inguine e mordicchiò l’interno delle cosce finendo poi per occuparsi della sua erezione, ormai già piuttosto reattiva. 
Daiki mugolò spingendo verso la sua bocca, le mani sulla sua nuca ad attirarlo a sé, dettando non solo il ritmo, ma obbligandolo con la sua tipica prepotenza a prenderlo tutto in bocca, fino in fondo.
Taiga non si tirò certo indietro e continuando a farlo, passò a masturbarsi da solo, mentre si sentiva eccitato dai suoi modi. 
Arrivato vicino al limite, Daiki non resistette e lo spinse via da sé con la famosa prepotenza di prima, quella che per l’appunto eccitava tanto Taiga. Lo buttò di lato e gli si avventò sopra ricambiando il favore, gli prese le mani e gliele bloccò alte ai lati del viso, poi glielo prese con le dita e lo rivolse verso di sé, stringendo ai lati della bocca costringendo ad aprirla e a tirare fuori la lingua. Fece altrettanto e gli venne incontro leccandola. 
Era quello il Daiki che Taiga voleva.
Quell’animale sensuale che lo divorava facendolo suo.
Lo divorò scendendo sul suo corpo, mordendolo e graffiandolo senza esagerare, rimanendo sul limite di un piacere che non aveva mai provato.
Quello che aveva sempre immaginato dovessero essere gli amplessi con lui. 
Aprì le gambe ed iniziò a spingere in alto il bacino verso di lui, quando si fermò troppo sui suoi capezzoli torturandoli, mentre con le mani si occupava della sua erezione, Taiga iniziò a pregarlo spingendo la nuca sul cuscino. 
- Ti prego, Dai... prendilo in bocca... 
A tale richiesta Daiki non resistte. Specie al ‘Dai’. Era la prima volta che lo diceva. 
Così lo accontentò raggiungendolo con la bocca, lo avvolse e lo succhiò infilando subito le dita sotto, nella sua apertura. 
Di nuovo quella combinazione delle due cose, portò Taiga vicino all’orgasmo. Iniziò a spingere più forte e gemere. 
Un gran bel premio, si disse febbrile non capendo più niente. 
- Sto morendo... - implorò infatti. - Devi entrare... 
- Mmm? - fece crudelmente Daiki, continuando a leccare anche sotto l’erezione, alternando le dita alla lingua per prepararlo proprio a quello. 
- Scopami adesso! - ordinò chiaramente. 
Daiki di nuovo cedette, non potendo più aspettare e gli prese le gambe, gliele sollevò allargandole, si leccò la mano e si lubrificò il membro dritto e duro, infine si appoggiò a lui, accostò la punta all’apertura ed una volta che fu pronto lo guardò, si chinò su di lui e fissando i suoi occhi pieni di una preghiera eccitata, gli succhiò il labbro entrando con una spinta possente. 
Taiga roteò gli occhi all’indietro, schiacciando di nuovo la nuca all’indietro, si inarcò e si tese per poi, alla seconda spinta più decisa, rilassarsi. 
Entrò più facilmente del giorno prima e gli fece meno male, i brividi lo invasero mescolandosi presto alle fitte di dolore iniziali e quando Daiki iniziò a muoversi lentamente e sinuoso come una pantera, le dita di Taiga lo afferrarono per le scapole e la schiena, tenendolo su di sé. 
Finalmente, si disse. 
Finalmente era lì in lui, completamente e senza riserve.
Mentre si muovevano e si fondevano sempre di più diventando un tutt’uno ad ogni spinta, capirono entrambi la differenza dal giorno prima. 
Farlo per un bisogno fisico momentaneo e farlo liberi da ogni costrizione e pensiero. 
Emotivamente uniti più che mai. 
Era un’altra cosa, forse non poteva dire che stavano già facendo l’amore, ma era comunque più sconvolgente e bello della volta precedente. 
I gemiti di entrambi si unirono e quando Daiki trovò il punto di piacere di Taiga, questi iniziò a gridare di non fermarsi e di andare più forte in quel punto. Daiki lo accontentò e lo guardò venire, gli schizzi bianchi si stesero veloci sul suo addome scolpito e si eccitò ancora di più leccandosi le labbra. 
Lo toccò con un dito, glielo spalmò e poi se lo succhiò, fece di nuovo il gesto mettendoglielo però nella sua bocca. Taiga, completamente immerso nel piacere più intenso, dove i sensi erano ormai impazziti e sentiva il suo corpo come non aveva mai fatto, accolse il suo dito col proprio stesso sapore e lo succhiò ormai completamente catturato da lui. 
Dopo di questo Daiki si riprese e tornò a spingere, aumentando l’intensità, preda del proprio piacere, sia fisico che mentale.
Taiga sapeva premere tasti a modo suo che nessun altro poteva. 
L’aveva lì sotto di sé, gambe aperte, braccia larghe, abbandonato, inarcato verso di lui, l’espressione in pieno godimento, accaldato, arrossato e macchiato del loro peccato. 
La visione più bella che avrebbe potuto desiderare. 
Daiki raggiunse l’orgasmo a sua volta e dopo essersi alzato con la schiena, tendendo ogni muscolo del suo corpo e chiudendo gli occhi, abbandonato al piacere più intenso e totale, vide la stanza buia nella quale era sempre rimasto chiuso per tutti quegli anni.
Adesso non era più una stanza. 
Era un portico. 
Sapeva di essere sempre rimasto lì dentro, ma sapeva anche che ora era diversa da come era sempre stata.
Non c’erano più pareti né finestre né porte.
Era un tetto, c’erano delle colonne ed era tutto aperto, uno spazio in un verde spettacolare, un angolo di paradiso, alberi, un fiume, un cielo azzurro sereno. 
Non ci sarebbero più state porte da chiudere o pareti opprimenti. 
Niente di niente. 
- Ti amo, Taiga. - pronunciò lasciandosi andare di schianto su di lui, stendendosi sopra, ansimante e realizzato. 
Era felice. Quella era l’essenza della felicità pura. 
La consapevolezza che comunque sarebbero andate le cose, la sua prigione non avrebbe più minacciato di essere tale. 
Non era più quella che era stata fino ad ora.
Adesso era un angolo di paradiso, dove vivere con la persona che amava, quella che sapeva aveva aspettato dalla nascita, uno cresciuto come lui con lo street basket per affrontare sfide interessanti, gente forte, migliorarsi e superare di continuo i propri livelli. 
La persona con cui migliorare, a cui chiedere aiuto nei momenti di bisogno, che si sarebbe presa cura di lui. Qualcuno da amare con tutto sé stesso. 
- Ti amo anche io. - disse Taiga, sentendo gli occhi bruciare come non mai. Lasciò delle piccole lacrime traditrici e vedendole, Daiki sorrise sapendo come si sentiva. Gli nascose il viso e gli permise di piangere, raccogliendo la sua commozione e la sua felicità. 
Si erano trovati. Non si sarebbero più lasciati andare.
Era presto pensarlo, ma era una certezza assoluta. 
Lo sapevano e basta. 
Niente più porte da aprire, solo un posto meraviglioso in cui vivere insieme. 

FINE

NOTE FINALI: intanto ringrazio chi ha letto e seguito queste mie fic, vi invito a seguire la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst  dove aggiorno su ciò che scrivo e quando pubblico, potete anche chiedermi ciò che volete. 
Questo è stato il mio primo approccio su questa bellissima serie che, ricordo, ho solo visto come anime e non ho letto in manga. 
Mi sono da subito appiccicata ossessivamente a Daiki e Taiga, che trovo una coppia insuperabile perché diversa dalle solite ‘seme-uke’ per intenderci. Sono molto stimolanti e di fatti ho anche già scritto un’altra long fic sempre su di loro, in una versione diversa da quella di questa serie. 
Quest’altra fic si chiama provvisoriamente ‘Non proprio l’ultima volta’ ma è un titolo che potrebbe subire variazioni, è di 22 capitoli, è completa ed inizierò a pubblicarla già dalla prossima settimana. 
Ci sono moltissime altre coppie e personaggi che adoro e di cui vorrei scrivere, per esempio Kuroko e Kise, oppure Akashi e Kise (ebbene sì, mi intrigano anche loro due in qualche modo anche se non saprei dire perché), Midorima e Takao. Comunque Akashi è super intrigante e vorrei scrivere qualcosa, vedremo se ci riuscirò. 
Penso di non avere altro da dire, perciò grazie per avermi seguito. 
Baci Akane