NOTE: tredicesima fic della serie La cosa più importante, penultima della serie. Finalmente Taiga ha parlato al suo ex e chiarito con lui, dopo aver deciso di rimanere amici, si sente meglio, anche se ha un momento di liberazione dove si scioglie un nodo che non sapeva di avere. Ma Daiki è lì per lui. Le fan art non sono mie ma trovate in rete ed usate per ispirare più o meno alcune scene. L’ultima fic, la prossima settimana. Buona lettura. Baci Akane

LA GIUSTA DIMENSIONE

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Liberazione. 
Taiga provò un tale senso di liberazione e leggerezza, ma soprattutto sollievo, che quando sentì la mano di Tatsuya stringergli la spalla e chiamarlo ancora una volta ‘fratellino’, gli erano salite le lacrime agli occhi. Le aveva trattenute con tutto sé stesso, anche se gli occhi gli erano bruciati da matti.
“Aveva ragione Kuroko. Possiamo essere rivali e amici, anche se non siamo fatti per essere fidanzati. Chissà, magari è successo per sbaglio e non avremmo dovuto o quello ci ha fatto crescere ed è stato prezioso per qualche ragione. Ma la nostra dimensione è l’amicizia. Forse è vero che ognuno ne ha una e la mia non era Tatsuya, così come quella di Daiki non era Kuroko. Siamo noi due le nostre dimensioni giuste?”
Lo pensò davvero per la prima volta in quel momento e come citato dai suoi pensieri, quando si girò per vedere se Tatsuya se ne era andato, non trattenne più le lacrime.
Forse se sarebbe rimasto solo per un po’ sarebbe riuscito a ricacciarle indietro, ma quando Daiki si fece avanti da dietro la scalinata di pietra del solito campetto sotto casa, dove si era nascosto per non disturbarli, Taiga si sentì come se ogni tensione lo abbandonasse all’istante. 
Ogni freno che lo teneva dritto e teso venne sciolto di schianto e quando sentì le lacrime fluirgli fuori dagli occhi, proprio lì dove le aveva trattenute a stento per almeno un anno se non più, si voltò dandogli le spalle.
Non voleva farsi vedere debole. 
Daiki aveva bisogno di una persona forte, vicino. E poi cosa avrebbe pensato vedendo che dopo la chiacchierata col suo ex, piangeva?
Patetico imbecille; cos’era, un bambino?
Ma la mano di Daiki lo prese con decisione ed un pizzico di prepotenza e lo voltò verso di sé nascondendogli subito il volto in lacrime contro la sua guancia ed il suo collo. 
Taiga si aggrappò istintivamente alla sua giacca, come non ne potesse più e rimase lì a piangergli addosso. 
Daiki non disse nulla per un po’, lo tenne a sé, proteggendolo dal mondo che per fortuna in quel momento non esisteva. 
Poi, quando lo sentì respirare con meno scatti, mormorò al suo orecchio, carezzandogli la nuca: 
- Sei stato bravo. - le lacrime ebbero l’impulso di aumentare, ma poi aggiunse piano e profondo: - adesso andrà molto meglio. Te ne accorgerai quando scenderai in campo, che non avrai più un peso che non sapevi di avere. 
L’aveva visto lui stesso, giocando in allenamento dopo aver sistemato le cose con Tetsu. 
Taiga si rese conto di riuscire a respirare meglio, poco dopo. Si rese conto di avere la mente lucida, libera e sgombra da qualsiasi pensiero.
Solo in fondo rimaneva Kuroko e quello che aveva passato con Akashi, ciò che gli aveva raccontato ieri sera. 
Ora che sapeva cosa gli era successo, cosa era capitato soprattutto a Daiki, capiva molte cose. Aveva molte informazioni e consapevolezza che giravano vorticosamente. Ma non erano dei pesi, erano dei bisogni.
Bisogni di metterle a posto e sistemare per loro quello che avevano subito. 
Voleva parlargliene, ma non sapeva bene come fare, perciò decise che ci avrebbe provato a fatti. 
Gli venivano meglio. 
Si staccò dal suo viso e cercò il suo orecchio dove sussurrò piano, ma sicuro. 
- Ho bisogno che andiamo su da me. Ho bisogno di te. Di sentirti completamente. 
Era una necessità, ma non per colmare la mancanza di Tatsuya e quel punto messo. Una linea di demarcazione nel loro rapporto che era sempre stato troppo confuso. 
Era il bisogno di sentire la sua anima e capire che alla fine Kuroko l’aveva salvato da sé stesso. 
Quando gli aveva raccontato il modo in cui Akashi aveva permesso che Daiki si perdesse pur di creare una squadra imbattibile, come anche Kuroko stesso non era stato in grado di aiutarlo, gli era salita dentro una tale frenesia incontenibile. Al punto che se l’era presa col suo amico sgridandolo, dicendogli che non avrebbe mai dovuto accettare tutto passivamente. 
Aveva capito che era girato sempre tutto intorno a Daiki, in qualche modo.
Sia il modo in cui Akashi aveva creato la Generazione dei Miracoli, che quello che poi Kuroko aveva fatto successivamente, una volta andato via dalla Teiko. 
Tutto quello che ognuno degli attori in scena aveva fatto, era girato intorno a Daiki. 
Il modo in cui si era perduto, quasi senza speranza, ed ora come Kuroko, tramite lui, era riuscito a salvarlo.
Aveva dovuto cercare una persona in grado di batterlo, battere uno come Daiki, dalla potenza devastante e rinforzare una squadra non all’altezza della Generazioni dei Miracoli. 
Aveva plasmato il suo concetto di basket, ovvero divertirsi con degli amici, e ne stava avendo ragione.
Ma per Taiga, ora, la cosa più essenziale era assicurarsi che Kuroko ce l’avesse davvero fatta. Che lui ce l’avesse fatta. 
A salvare Daiki. 
Sapere lo stato in cui era finito alla Teiko era stato devastante, in qualche modo. Più che battere quello stronzo di Akashi, era assicurarsi che ora stessero tutti bene.
Di Kuroko lo sapeva, l’aveva visto la sera prima che adesso stava bene ed aveva le sue risposte. 
Ma Daiki?
Sapere tutto aveva cambiato qualcosa in lui. 
Era prioritario lui, ora. 
Daiki capì che Tetsu doveva avergliene parlato ed annuì sorridendo malizioso. 
- Sicuro di volerlo fare prima della partita? 
Taiga annuì prendendogli la mano e trascinandolo all’interno del palazzo, verso casa sua. 
Lo era. 
Anzi, era sicuro di un’altra cosa, in particolare. 
- Sono certo di non poter giocare senza. Devo accertarmi di una cosa. 
- Se sono bravo a letto? Lo sono, non ti preoccupare... - Daiki sapeva di cosa parlava, ma cercava di sdrammatizzare, oltretutto odiava che si parlasse di quello che aveva passato e della sua enorme fragilità. Se ne vergognava. 
Taiga lo ignorò in ascensore, continuando a tenerlo per mano, fissando per terra e pensando con cura cosa dire di tutta la marea che provava dentro. 
- Più diventavi bravo, più stavi male emotivamente. - disse infine, senza andare nel dettaglio di qualcosa di cui magari non voleva parlare. 
Daiki non si incupì, come si sarebbe aspettato. Guardò lo specchio davanti a sé, all’interno dell’abitacolo che li portava al piano del suo appartamento. Al suo silenzio, Taiga alzò lo sguardo e lo cercò. I due così si poterono guardare e quando Daiki sorrise sereno, finalmente gli rispose: 
- Ma alla fine Tetsu aveva ragione. Alla fine ho incontrato la persona eccezionale, il mio degno avversario. 
Taiga, rimanendo serio, lo guardò sempre attraverso lo specchio, il cuore in gola per il terrore improvviso di quella risposta. L’incapacità, per quello, di guardarlo negli occhi. 
- Sono solo questo? Un degno avversario? 
Daiki a quello si girò verso di lui, le porte si aprirono, ma lui invece di uscire prese Taiga e lo voltò di prepotenza verso di sé, gli prese il viso con una mano e lo guardò deciso, sempre con quello sguardo sereno e maturo. Quello di uno che era cresciuto tantissimo nelle ultime settimane. 
- Sei la persona eccezionale che voglio accanto a me, quello che mi capisce e sa come prendermi. 
- Ci puoi giurare che so come prenderti... 
Intendeva a schiaffi, ma il doppio senso nella testa di Daiki era in realtà uno solo, quello sconcio, e con un sorrisino malizioso disse: 
- Ma davvero? 
Taiga stava per rispondere a tono, ma le porte si richiusero e Taiga mise la mano allungando il braccio di lato, per impedirgli di serrarsi. Tuttavia Daiki lo trattenne tornando improvvisamente serio, prendendogli il viso anche con l’altra mano. 
- Non mi hai salvato perché mi hai battuto. Mi hai salvato apprezzandomi così come sono, con tutti i miei difetti assurdi. Mi hai salvato perché non avevo bisogno di un’ombra vicino in grado di illuminarmi. Ma di un’altra luce che mitigasse la mia. Così da non farmi sentire solo. 
Taiga, di nuovo con la commozione di prima, lasciò le ante dell’ascensore e gli prese il viso fra le mani a sua volta, ricambiando con intensità il suo sguardo.
- Non sei solo per davvero. Non lo sarai mai. 
E mai era forse una parola davvero grossa, dopotutto erano ragazzi, quante cose potevano cambiare? Ma in quel momento, proprio perché erano ragazzi, erano anche in grado di credere ciecamente alla parola ‘sempre’. Pensarla sul serio nel momento in cui la si diceva. 
Così ci credeva anche Daiki, che Taiga sarebbe rimasto sempre lì.
Ma dentro di sé sapeva che, seppure un giorno si sarebbero magari allontanati, comunque avrebbe trovato un altro come lui in grado di abbracciare la sua luce e non farlo sentire solo. Di essere lì con lui a qualunque costo, in qualsiasi circostanza. 
“Ma poi perché no? Dopotutto quello che ho patito, perché non dovrebbe essere lui, la persona della mia esistenza?”
Pensandolo con granitica certezza, Daiki baciò Taiga aggrappandosi emotivamente a lui, oltre che fisicamente. Strinse le mani sul suo viso, aderì le labbra e rimase così, a sentire il suo calore, la sua forza, la sua stabilità.
Decise che avrebbe fatto lui qualcosa per Taiga, in quelle ore antecedenti alla finale. 
Così da farlo scendere in campo già carico e rilassato.
Quello stato d’animo perfetto per la zone, ma non solo.
Per affrontare un mostro apparentemente invalicabile. 
Perché lui ci credeva.
“Se è arrivato all’anima di tutti noi della Generazione, ed a modo suo l’ha fatto con tutti, arriverà anche a quella di Akashi, quella buona che sta là dentro da anni, che è stata soffocata da quello stronzo che c’è fuori. So che è ancora là.”

Varcare la soglia di casa sua, fu come far scendere un velo trasparente su di loro. 
Un velo di desiderio che finalmente non si sarebbe interrotto sul più bello, come le altre volte, ma sarebbe stato soddisfatto al cento percento. 
Taiga condusse Daiki al salotto spazioso e una volta al centro si girò verso di lui, imbarazzato, non sapendo bene come cominciare. 
Non era una cosa automatica se lo facevi decidendolo in quel modo.
Ma Daiki non aveva quel problema.
In un istante se lo ritrovò addosso e senza toccarlo se non col suo corpo, rimase fermo esattamente lì dov’era, sorridendo malizioso e sicuro di sé.
Si sfilò la giacca e solo quel gesto eccitò Taiga, che dall’imbarazzo iniziò ad innescarsi. 
Si appoggiò a lui a sua volta, con le mani sul petto ad aprirgli i bottoni della camicia, ma soprattutto col bacino sul suo, separati dai pantaloni. 
Il desiderio divampò, mentre lo aiutava a spogliarsi, ma quando stava per togliergli anche la camicia dalle braccia, Daiki iniziò a scivolare giù, strusciando sul suo corpo senza staccargli gli occhi dai suoi. 
Lo sguardo prometteva un piacere senza fine e la voglia aumentò in entrambi. 
Daiki si sedette nel divano dietro di sé, rimanendo aderente a Taiga in piedi a guardarlo dall’alto. 
Con le dita gli aprì i pantaloni scivolando dietro, sui suoi fianchi e poi sui glutei. Se ne appropriò stringendoli e attirandolo a sé. 
Taiga gli afferrò la camicia dalla schiena e l’alzò con impazienza, togliendogliela, infine scivolò sulla sua nuca, immerse le dita nei capelli corti e si beò della folle sensazione incredibile di avere il suo viso che si strofinava sul suo inguine. C’era ancora la stoffa dei boxer e usava la bocca per farlo impazzire. 
Come osava quello stronzo provocarlo in quel modo senza succhiarglielo come si doveva?
Indispettito lo spinse indietro facendolo appoggiare allo schienale, una volta seduto bene, gli salì sopra a cavalcioni e aggredì la sua bocca, succhiandogli la lingua. 
Una volta che l’ebbe seduto sopra di sé, Daiki gli afferrò la maglietta e gliel’alzò togliendola ridacchiando divertito. L’aveva acceso per bene e in effetti aveva sperato in una sua reazione. 
Più che reazione. 
Taiga si stava strofinando sul suo corpo sollevando le anche, l’inguine contro il suo, i pantaloni abbassati e i boxer ancora addosso, ad infastidirli. 
Ci sapeva fare il ragazzo. 
Ovviamente non poteva essere da meno e infilò le dita dentro l’elastico della biancheria intima, intrufolandosi ben preso nella sua fessura. 
Taiga si inarcò tutto come un gatto, smettendo di occuparsi della sua lingua, si sollevò sulle ginocchia dandogli un migliore accesso e Daiki gli abbassò del tutto anche quel po’ che indossava, che ora era sulle cosce ad infastidirli. 
Giocò con la sua apertura ancora un po’, per poi scaraventarlo poco dolcemente giù da sé. 
Taiga finì con il sedere, ormai scoperto, per terra. Daiki gli andò sopra e gli prese subito il resto dei vestiti tirandoglieli via impaziente, poi si alzò in piedi e finì di spogliarsi fissandolo carico di promesse.
Taiga rimase a terra a guardarlo mentre si spogliava per lui, mostrando la sua erezione che aveva a lungo desiderato. 
Quando lo ebbe nudo davanti a sé, senza doversi toccare, si sentì impennare da solo. Daiki lo notò con piacere e si strofinò l’erezione da cui gli occhi assetati di Taiga non si staccavano. 
A quel punto, come sotto ipnosi, rimanendo per terra, Taiga si alzò sulle ginocchia, gli prese le cosce e strisciando con le mani arrivò all’altezza di ciò che gli interessava, prendendolo finalmente in bocca. 
Succhiò e lo fece suo, con le mani di Daiki che accompagnavano i movimenti sempre più intensi della sua testa contro il suo inguine, col desiderio alle stelle che si impennò subito. 
Oltre le loro aspettative. 
Avevano immaginato qualcosa di dolce e sentimentale, per un momento. Fino a che non si erano letteralmente saltati addosso. Da lì in poi erano stati come sempre, puro istinto. E l’istinto di due felini non poteva che portarli a quello. 
Sentendosi vicino all’orgasmo, lo tirò via per i capelli, cosa che stimolò Taiga invece che rivoltarlo contro. Notando che sorrideva soddisfatto, Daiki lo spinse sul divano girandolo per dietro, lo appoggiò contro lo schienale mettendolo in ginocchio. 
Daiki si occupò della sua apertura con la lingua e le dita, preparandolo alla fase successiva. Contemporaneamente, mentre lo sentiva gemere ed inarcarsi carico di piacere, usò l’altra mano davanti e lo masturbò aiutandolo a perdersi in un piacere che sentiva essere intenso. Tutto il suo corpo glielo diceva, lo sentiva fremere, gemere, tendersi in ogni sua particella verso di lui. Spingeva e allungava la testa come un gatto che faceva le fusa.
Daiki lo vide preda di un piacere estremamente intenso e lo lasciò venire, consapevole che la combinazione della stimolazione di entrambe le parti era qualcosa di incredibile, per un ragazzo. Forse con pochi paragoni. 
Per lui, però, niente superava quello. 
Quando fu venuto, lo abbracciò da dietro appoggiandosi su di lui, il torace sulla sua schiena, le braccia intorno alla vita, le dita a stuzzicare i capezzoli e la bocca sull'orecchio, poi sul viso ed infine sulle labbra. La mano di Taiga a cercare la sua testa, i capelli, per tenerlo a sé in qualche modo nonostante la posizione. 
Poi, quando ebbe strofinato a dovere la propria erezione fra le natiche ormai pronte, Daiki lo girò adagiandolo sulla schiena e improvvisamente rallentò l’intensità selvaggia dell’amplesso. 
Gli prese le gambe e gliele piegò in alto, appoggiandosele sulle spalle. Lo guardò in attesa che capisse e quando gli fece un cenno di nuovo eccitato all’idea di cosa stava per succedere, scivolò in lui con un unico movimento fluido e deciso.
Entrò con una parte, poi si fermò lasciandogli il tempo di abituarsi, si ritirò con il busto e uscì quasi del tutto, lasciò scivolare la saliva sul proprio membro duro e rientrò. La seconda volta fu più facile ed entrò quasi del tutto.
Il resto lo fece con calma, con movimenti lenti e sicuri che aumentarono di forza ed intensità, fino a trovare un ritmo comune perfetto. Un ritmo che li fece salire in un nuovo piacere, specie per Daiki.
Dopo tanto tempo, forse troppo, anzi decisamente troppo, tornò a provare piacere in quell’atto che dopo Tetsu era stato privo di senso ed emozione.
Adesso non solo era incredibilmente bello, mentre tutti i brividi lo ricoprivano dalla testa ai piedi. 
Ma era bello a livello mentale. Non lo sapeva spiegare. 
Aprì gli occhi e lo vide febbrile, abbandonato sotto di sé all’atto. Il dolore si era sostituito al piacere, era lì per lui, si fidava, lo voleva e stava bene.
Era la persona giusta.
Lo capì mentre aderì alla sua pace interiore.
Taiga non aveva paura, non aveva ansia.
Stava per affrontare una partita difficilissima ed importantissima, ma pensava agli amici, al loro percorso, alla salvezza delle loro anime. Pensava a stare bene emotivamente. Pensava agli altri ed al loro piacere, al loro sentimento. 
Sentì gli occhi bruciargli, ma trattenne le lacrime. 
Era vivo.
Era di nuovo definitivamente vivo. Si chinò e si abbandonò all’orgasmo, appoggiandosi a lui, alla sua bocca, al suo corpo. Alle sue braccia forti che l’accolsero e lo tennero dolcemente ma decise a sé. 
- Il segreto per entrare subito nella zona, è pensare alla cosa più importante della tua vita. Nel tuo caso sono gli amici. Alla voglia di aiutarli e fare bene per loro, all’importanza che loro hanno nella tua vita. Se lo farai, entrerai subito nella zona. - rivelò al suo orecchio.
Taiga, ancora preda dell’orgasmo di prima e di quel piacere assurdo ed intenso appena provato, sentiva ancora le tracce bollenti di Daiki dentro di sé e faticò a focalizzarsi sulle sue parole. 
Aprì gli occhi e cercò i suoi, poi una volta che lo ebbe guardato, capì cosa intendeva e sorrise. 
- Allora non avrò problemi ad entrarci. - disse sicuro di sé.
Daiki rise sulla sua bocca. 
- Sei il solito sbruffone! Guarda che se perdi farai una figura di merda colossale! 
Ma sapeva che non era vero, perché anche se avesse perso, avrebbe dato tutto quello che poteva e non avrebbe fatto nessuna figura. 
- Vincerò anche per te, brutto stronzo! Perché quel pezzo di merda si deve pentire di averti fatto quel che ti ha fatto. A te, a Kuroko e a tutti gli altri. Ma soprattutto a te. 
Perché in fondo era vero che l’unico ad essersi realmente perso rispetto a com’era prima, era proprio lui, al contrario degli altri che a modo loro erano sempre stati ciò che erano. Isolati, magari, ma comunque sempre loro stessi, ognuno con la propria inclinazione, chi più tendente alla prepotenza, chi all’indifferenza, chi alla ricerca del compiacimento. 
E poi c’era stato Kuroko, che si era perso e poi ritrovato subito grazie al suo amico. 
Ma a Daiki ci avevano pensato loro. Ci aveva pensato lui. E ci avrebbe continuato a pensare.
Strinse le braccia intorno al collo, dopo aver sciolto la posizione e steso le gambe. Daiki sopra di lui, nudi uno sull’altro, stretti, abbandonati e felici. 
Era quasi come essere aggrappato alla propria ancora di salvezza, lo sentiva così, sotto di sé. 
Così decise di condividere con lui un altro segreto sulla zona che nessuno più di lui aveva mai esplorato fino a quel punto. 
- Andare nella zona è come varcare un portone all’interno del quale c’è acqua. Ti immergi nell’abisso e più vai a fondo, più usi le tue capacità al massimo. Ma c’è un ultimo livello, arrivato al fondo. Un’altra porta da attraversare, davanti cui però c’è un guardiano. Devi sconfiggerlo, per poterla passare. Io non ci sono mai riuscito. Magari tu ci riuscirai. 
- E cosa c’è al di là di quella seconda porta? - chiese catturato dalle parole ma soprattutto dal loro suono intenso. Aveva respirato pochissimo, per non perdersi un solo sussurro che contro la sua pelle l’aveva ricoperto di brividi. Soprattutto, però, per non distrarlo da quella rivelazione importante ed incredibile. 
Aveva ragione, stare nella zona era come immergersi negli abissi. 
- Non ne ho idea, non sono mai riuscito ad aprirla. - concluse con un pizzico di fastidio ed imbarazzo per non essere mai riuscito a passare di livello. - Ma con Akashi dovrai assolutamente cercare di attraversare quel secondo portone. Perché quando lui userà il massimo del suo Emperor Eye, non so se la tua Zona di base basterà. - ammise con crudele sincerità. Quella che Taiga apprezzava di più in assoluto. 
- Ce la farò. - disse quindi, sicuro di sé. Ogni volta che si trovava davanti a qualche ostacolo insormontabile, un avversario fortissimo, lui si gasava e si caricava di una felicità incredibile. Perché anche se sapeva di non essere ancora al loro livello, non vedeva l’ora di raggiungerlo. Era consapevole che ce l’avrebbe fatta. Ed anche essere battuto era uno spunto per migliorarsi e riprovarci fino a superare l’obiettivo. 
Era questa la differenza fra loro. La gioia nell’avere qualcuno di più forte davanti per trovare lo stimolo a lottare per uno scopo. 
Daiki aveva sempre giocato, e non lottato. E non per uno scopo, semplicemente perché gli piaceva il basket. Poi aveva perso quell’amore ed aveva continuato per la vittoria, perché vincere gli aveva regalato quel brivido che ancora ne valeva la pena. 
Infine, quando anche quello si era sbiadito fino ad essere impercettibile, era rimasta la speranza di trovare un giorno qualcosa che valesse la pena di affrontare. Qualcosa che lo stimolasse comunque. 
Perché in fondo, anche se l’aveva lasciato con la cocente delusione di non essere capito da Tetsu, aveva sempre creduto in lui. Alla fine aveva avuto ragione. Gli aveva portato Taiga. 
- Grazie per avermi salvato. 
- Lo stavi chiedendo disperatamente. - asserì Taiga baciandogli la testa dolcemente, sereno. Le mani ad accarezzargli la schiena ricoprendolo di brividi. 
- Ti resta solo l’ultimo miracolo. - sussurro roco contro la sua pelle, lì dove le clavicole si incontravano e la sua bocca appoggiava pigramente. 
Ed entrambi sapevano di chi parlava.
- Pensi che ce la posso fare? 
- Da solo no, ma con Tetsu sì. Non ho dubbi. Alla vostra maniera, il vostro basket combinato. 
Ci credeva anche Taiga, ora. Lo sapeva anche lui. Come sapeva che ora, grazie alla pace raggiunta dopo aver parlato a Tatsuya e aver finalmente fatto l’amore con Daiki, stava finalmente, veramente bene.
Ora era pronto.