5. PUGNO ALLO STOMACO

zolawzolaw

Trafalgar non sentiva la necessità di parlarne per il semplice fatto che non sapeva nemmeno con chi farlo. Non si era mai confidato su nulla, il solo con cui eventualmente avrebbe potuto parlare era Bepo ma lui era un orso perciò non poteva sicuramente essere utile su certe questioni. 
“Non c’è niente di male nel concedersi un po’ di piacere fisico.” si disse alla fine del loro cammino. Giunsero così alle rovine del castello di Oden in un paio di ore, non ci impiegarono molto ed incredibilmente non incapparono in danni. O meglio non ne fecero. 
La cosa che sorprese tutti fu l’impressione che lì sopra diventasse notte: sulla cima della collina dove un tempo sorgeva un magnifico e regale castello, c’era come una nuvola che calava una fitta nebbia su tutte le rovine. Una nebbia che appannava la vista e creava un’atmosfera inquietante, di quelle che penetrano le ossa e ti lasciano senza fiato. 
Appena arrivarono nella zona, tutti improvvisamente si zittirono, nessuno ebbe stranamente voglia di scherzare ed in un gruppo chiassoso sempre voglioso di giochi e chiacchiere come il loro, fu subito indicativo. 
Zoro come gli altri percepivano una strana atmosfera che aleggiava tutt’intorno, come se ci fossero dei fantasmi che abitavano quelle macerie. Lui era molto sensibile allo spirito delle spade, nel paese dei samurai non era strano che percepisse qualcosa, ma non riusciva a catturarlo e a metterlo a fuoco. 
Era come se ci fossero delle grida rimaste intrappolate lì dentro. 
Raggiunto il castello vero e proprio, o meglio ciò che ne rimaneva, notarono le tracce di un gravissimo incendio che aveva raso al suolo la maggior parte di quella che un tempo era stata una splendida costruzione. 
Kin’Emon ed il suo gruppo, fece loro attraversare tutte le mura in pietra rimaste per portarli al centro del giardino interno, un enorme spiazzo al centro del quale si ergevano delle lunghe colonne di pietra con sopra delle incisioni. 
Quando tutti i nuovi arrivati lessero i nomi, ci rimasero di stucco. 
Il colpo che sentì Zoro fu come un pugno fortissimo allo stomaco. 
- Lapidi... - disse qualcuno a mezza voce. 
- Le loro lapidi... - lo corresse qualcun altro. Di Kin’Emon e dei suoi samurai, compreso Momo. 
Il silenzio fu assoluto nonostante lo shock fosse alto, tutti guardarono il loro compagno che li aveva portati fino lì in attesa di spiegazioni. 
- Che significa? Perché ci sono le vostre tombe? - chiese Trafalgar impaziente, stufo di aspettare oltre. 
A quel punto Kin’Emon prese respiro e con aria seria e solenne, spiegò il resto della storia taciuta. 

Ovviamente c’era un solo motivo per ergere delle tombe. 
Le tombe erano per i morti, non per i vivi. 
Ci fu un momento in cui tutte le persone riunite lì pensarono che fossero dei veri fantasmi, che fino a quel momento non si fossero resi conto di aver avuto a che fare con dei morti. 
Complice l’atmosfera lugubre e spettrale, probabilmente.
Poi ci fu il magone, un nodo che salì dalla gola e gli impedì di respirare per tutto il tempo che Kin’Emon raccontò la loro triste storia, peggio di quello che già avevano saputo. 
Detronizzato il loro signore e ucciso, Oden Kozuki, il glorioso regnante del Paese di Wa di un tempo, loro erano stati spediti nel futuro in avanti di venti anni dalla moglie di Oden che aveva un potere dei frutti del diavolo, per permettergli di vendicarsi in quello che sarebbe stato il loro domani. In quel tempo la donna era stata uccisa insieme a chiunque fosse dalla loro parte, il castello andò in rovina e i nove samurai, compreso il figlio erede Momo, creduti morti nell’incendio, vennero ‘seppelliti’ lì dentro in un luogo che di sacro in realtà non aveva niente. Un luogo che sapeva solo di maledizione. 
Ora, venti anni dopo, tutti li credevano morti ed il nome Kozuki era infangato e considerato un crimine nominarlo. 
La lunga vendetta consisteva nel radunare tutte le forze possibili interne ed esterne a Wa, gente disposta ad aiutarli, fra cui chi ancora rimaneva fedele al Signore di un tempo, per poi riappropriarsi del trono. 
Ad aver capeggiato la rivolta era stato Orochi, aiutato dall’imperatore pirata Kaido.
- L’hai sentito? - chiese Zoro serio a Trafalgar dopo che i due si ritrovarono insieme ai bordi esterni delle rovine. 
Trafalgar si era allontanato da solo chiedendo un momento per riflettere, Zoro trovando strano quella necessità l’aveva raggiunto silenzioso. 
Il chirurgo si girò verso di lui, ma poi tornò al muro di nebbia fitta che aleggiava sulla sommità della collina. 
- Cosa? 
- Il pugno allo stomaco quando ha detto che per tutti sono morti. 
Trafalgar chiuse gli occhi ed inarcò le sopracciglia. 
- Incredibilmente. 
I due rimasero a riflettere sulla storia e sul piano che ora avevano completo. 
- Che faremo? - chiese poco dopo Trafalgar abbassando lo sguardo cupo e confuso. Non capiva come doveva sentirsi in merito. Loro erano lì per sconfiggere tutti insieme il nemico comune, ovvero Kaido. Si erano uniti tutti i gruppi che puntavano ad eliminarlo, non avevano motivazioni molto nobili dietro. 
- Andremo e ci infiltreremo con le coperture che ci fornirà Kin’Emon e raccoglieremo informazioni e accoliti per la battaglia finale. L’hai sentito anche tu il piano, sei più bravo di me in queste cose! - disse Zoro stupito che gli chiedesse una cosa simile. 
La vena di Trafalgar si ingrossò sulla tempia mentre la necessità di picchiarlo lo inondava. 
- No, asino! Intendevo in senso lato! - Zoro lo fissò corrucciato. 
- Eh? - Trafalgar così gli diede un pugno sulla spalla non riuscendo a trattenerlo. 
- Mi chiedo con chi mi sono messo a fare affari! - l’altro ricambiò il pugno seccato. 
- Beh puoi sempre andartene ed agire da solo, chi te lo impedisce? 
- Il buonsenso! Da solo non posso farcela contro un imperatore! 
Trafalgar si prendeva anche la briga di rispondergli, a volte si stupiva di quanto ottuso potesse essere Zoro per quanto fra tutti fosse uno dei meno irritanti. A volte però il livello di fastidio saliva alle stelle. 
- Senti, non ho studiato per cui non usare termini strani! - concluse offeso lo spadaccino che ancora una e se ne sarebbe andato. Il collega prese un respiro profondo, nemmeno lui aveva studiato, ma aveva letto tantissimo per colmare le sue lacune. Evidentemente le priorità di Zoro erano state altre. Diventare forte, per esempio. Stringere legami solenni. Mettere l’onore sopra ogni principio. 
- Noi siamo venuti per sconfiggere un nemico comune, Kaido. Per poter un giorno dominare i mari, trovare lo One Piece e tutte queste stronzate... - spiegò freddamente tornando calmo nel fissare davanti a sé quella coltre di nebbia fitta, sembravano fuori dal tempo, sospesi in uno spazio indefinito. - Questa gente si gioca il diritto di essere vivi, l’onore della propria casata e anche di loro stessi. Si giocano cose importanti, mentre sono creduti dei fantasmi. - Zoro rimase colpito dalla sua confidenza e si fece serio pensandoci. 
- Il risultato sarà lo stesso, anche se il peso delle loro motivazioni sono maggiori e più solenni. 
Trafalgar lo guardò senza capire e lui ricambiando disse sicuro di sé, con il suo tipico ghigno sulle labbra: - Vinceremo noi e Kaido scomparirà dallaTerra! 
Sentirglielo dire con una fede e convinzioni simili aprì qualcosa in lui, non speranza ma la consapevolezza che non importava il motivo, importava quello che si faceva. 
Importava il risultato finale. 
- Se uno riacquisterà l’onore ed il diritto di vivere e qualcun altro invece solo una posizione più di vantaggio nella gara per un tesoro finale... beh, chi se ne frega, no? - Trafalgar si ritrovò a sogghignare nella sua stessa maniera e annuì alzando il pugno verso di lui in segno di un brindisi immaginario, l’altro lo ricambiò scoccando le nocche con le sue, pensando che finalmente iniziava una nuova fase. 
- Sai, io amo l’inizio dei nuovi piani! - fece poi seguendo quell’idea. 
- Io preferisco la fine, se riescono bene. - Zoro ridacchiò. 
- Quello è scontato. Ma l’inizio è come una nuova avventura... non sai cosa succederà anche se speri in qualcosa di particolare. Potrebbe accadere di tutto. - Trafalgar lo guardò curioso con le mani nelle tasche in segno di rilassatezza, sentendosi assurdamente meglio e più leggero. Guardò uno Zoro eccitato e felice che luccicava di una luce intrigante. 
- Ti piace il mistero? 
- No, mi piace l’idea che qualcosa accada. Non importa cosa, purché succeda! 
Trafalgar rimase interdetto. 
- Ma potrebbe andare male... - Zoro alzò le spalle. 
- La staticità è la vera morte. - concluse sicuro lo spadaccino. Trafalgar ci rifletté, dava spunti di conversazione e riflessione interessanti, normalmente non amava parlare, ma se trovava il via non aveva una testa tanto vuota. Forse aveva bisogno della persona giusta. 
- Cosa pensi che succederà quando e se otterrete quello per cui state tanto combattendo? Se realizzate ogni cosa... 
Zoro lo guardò sorpreso della sua domanda, non ci aveva mai pensato. Si perse nei suoi occhi circondati da due occhiaie scure sempre perenni, il suo pallore spettrale che si sposava bene con quel posto lugubre. Il vero fantasma a volte sembrava lui. Poi sorrise ed alzò le spalle circondandogli il collo col braccio senza esitare. 
- Berrò fino a svenire! - non era una vera risposta, ma per il momento la sua mente non riusciva a concepire un momento così ipotetico e alto di desiderio. 
Trafalgar si ritrovò trascinato da lui verso gli altri come se dovesse festeggiare qualcosa, come quando l’aveva costretto a bere a Dressrosa. Senza rendersene conto si trovò a seguirlo circondandogli la vita con un braccio per non cadere. Fecero alcuni passi così, elettrizzati entrambi per motivi diversi. 
- Sei proprio eccitato... - disse Trafalgar calando lo sguardo sul suo inguine gonfio, Zoro non capì ovviamente cosa intendeva e non notò il suo ghigno divertito e malizioso, perciò rispose sinceramente: 
- Ti ho detto che amo l’inizio dei nuovi piani! 
- È solo l’adrenalina che ti scorre in circolo all’idea di qualcosa di complicato e difficile... - glielo spiegò da un punto di vista medico, sapendo che non era eccitato per lui, ma l’altro rise: 
- Qualunque cosa sia non vedo l’ora di iniziare! - e la strana tristezza percepita prima, era scemata via in un attimo, quasi, lasciando solo voglie. Voglie diverse per entrambi, in uno d’avventura, in un altro di sesso. 
Precisamente quello.
E con lui, per giunta. 
Trafalgar lo capì e spostò la mano dalla vita al fianco, fino alla cintura che reggeva le spade, ancora un po’ e avrebbe potuto toccare altro. Ma a quel punto arrivarono dagli altri e separandosi si diedero un tono, evitando di sembrare due amiconi che andavano ad una sagra. O che da quella sagra ci tornavano.