10. PROVA DI PERCEZIONE

mizo

Zoro si sentiva sempre più come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. 
Gli pareva come se quel timer ora fosse agli sgoccioli. Questione di secondi, quasi. 
Di giorno in giorno quello stato peggiorava sempre più.
Nonostante avesse finalmente appreso bene l’haki dell’armatura dopo le difficoltà iniziali, Zoro si sentiva sempre più oltre il limite.
Erano passati alcuni mesi e durante questi Mihawk non gli aveva mai fatto toccare le spade.
L’aveva fatto allenare esclusivamente sugli haki che finalmente padroneggiava piuttosto bene, perfino quello della percezione.
Zoro giorno dopo giorno era riuscito sempre meglio a percepire sia le cose materiali inanimate che la presenza delle persone.
Dopo aver compreso in cosa consisteva quella capacità, aveva potuto affinarla.
Sentiva sia Perona che Mihawk. Percepiva i loro movimenti, anche quelli più silenziosi e quel giorno era arrivato il momento dell’ultima prova; se l’avesse superata a pieni voti, avrebbe potuto ufficialmente dire che l’haki della percezione era raggiunto, nonostante non riuscisse ancora a leggere bene e nel dettaglio le intenzioni di Mihawk. 
Certe cose gli riuscivano, ma sospettava che si trattasse solo di quelle che Mihawk stesso voleva trasmettergli, mentre quelle che Zoro voleva comprendere perché ne necessitava, come per esempio perché non gli facesse usare le spade e quando avrebbero fatto sesso, non c’era verso di percepirle e leggerle.
Era frustrato, ma sapeva che era questione di tempo e presto o tardi sarebbe riuscito anche in quello. 
Già comunque potersi liberare di quella benda significava aver raggiunto un livello più che buono sull’haki della percezione. 
Sentire ciò che lo circondava, vederlo senza guardarlo, era una cosa molto utile. Se non altro perché era uno dei compiti che gli aveva assegnato il maestro.
Era quasi del tutto cieco da mesi, adesso erano al punto dell’ultima prova, quella che gli avrebbe permesso di liberarsi della benda e passare ad altri allenamenti.
Mihawk gli aveva detto che per affinare il resto, ovvero leggere a piacimento le intenzioni degli altri e non quel che gli arrivava a caso al di fuori del suo controllo, gli ci sarebbe voluto semplicemente tempo e pratica, ma per quello la cecità forzata non l’avrebbe aiutato. 
La prova da superare era trovare Mihawk e Perona nascosti nel castello, ma oltre alla benda, Zoro avrebbe avuto anche le orecchie tappate. 
Privo totalmente di due sensi, non aveva scelta che muoversi affidandosi in tutto e per tutto alla percezione. 
La regola era stata chiara. 
Zoro li doveva trovare senza usare le mani per aggirarsi nel castello, doveva muoversi come se vedesse alla perfezione. Non doveva avere aiuti di alcun genere. 
Mihawk sapeva che Zoro non avrebbe barato. Ad un ordine così diretto del suo maestro, un allievo che adesso era diligente e preciso come lui non avrebbe mai e poi mai soprasseduto, per questo non si era preoccupato di controllarlo. 
Era contento di avere delle prove da affrontare che lo portavano a capire fino a che punto fosse arrivato nel raggiungimento di un determinato obiettivo, ma sapeva dentro di sé che era inutile.
Non importava quante cose gli riuscivano e quanto migliorasse.
Quello a cui teneva principalmente continuava a non cambiare. 
Niente sesso e niente spade. 
Zoro sapeva che c’era qualcosa dietro, ma sperava che se avesse superato quella prova, dopo aver anche imparato bene l’haki dell’armatura, Mihawk finalmente avrebbe tolto quei veti. 
Con quello spirito un po’ combattuto, Zoro si muoveva per il castello alla ricerca dei due abitanti. 
Sapeva che se si indispettiva, non riusciva a percepire bene.
Doveva essere rilassato, ma per esserlo doveva fidarsi di Mihawk. 
Gli aveva sempre dato prova di non pentirsi delle sue regole, per quanto incomprensibili. E si fidava. Si fidava veramente, specie arrivato al punto in cui erano e dopo tutto quello che era successo.
Lo stava allenando, anche se non nel modo che aveva immaginato. Non ci pensava più a ribellarsi, sapeva anche che le alternative non erano migliori. Come pensava di diventare più forte senza Mihawk?
Quel suo metodo così fuori dagli schemi lo mandava fuori di testa, ma sottostava perché glielo aveva giurato e sapeva che doveva ed era giusto. 
Non sapeva cosa diavolo gli passasse per la testa, ma faceva parte del gioco. 
Gli piaceva, dopotutto, no? Seguire la persona a cui decideva di affidarsi, che gli piaceva, che stimava, che rispettava. Seguirlo ciecamente senza riserve. 
Eppure era difficile, sempre più difficile.
Sapeva bene quanto tempo era passato e capiva che gli haki erano importanti, ma non comprendeva perché ci perdessero così tanto tempo. Non poteva contemporaneamente fare altro?
Ma ormai c’erano, lo sapeva. Zoro doveva, aveva bisogno di credere in quello.
Di essere ormai pronto.
Se avesse superato con successo quella prova, sarebbero passati ad altro. 
Quando svuotò la mente, si rese conto che oltre a camminare sicuro per il castello senza sbattere né usare alcun aiuto fisico, riusciva anche a percepire qualcosa.
Mihawk era lontano da lì, ma era quello che sentiva meglio. Aveva una potenza più elevata, così decise di andare direttamente da lui facendo attenzione a non sbattere o il giorno dopo avrebbero ricominciato da capo.
Non era la prima volta che lo facevano, ma ora Zoro si sentiva pronto. Il giorno prima ce l’aveva quasi fatta, ma poi aveva rovinato tutto pensando a quanto diavolo avrebbero perso tempo facendo nascondino. A quel punto aveva sbattuto contro la porta che l’aveva separato da Mihawk.
Adesso era diverso. Adesso aveva capito cosa sbagliava e cosa non doveva fare. 
Era lì che si vedeva la vera fede, no? Quando le cose si facevano difficili ed era un attimo fare di testa propria. 
Doveva mantenere la calma e continuare a fidarsi di Mihawk. Se superava quella dannata prova, poi sarebbero andati oltre.
Avrebbero usato le spade e magari per premiarlo avrebbero anche fatto sesso, finalmente.
Di orgasmi gliene aveva dati ed era anche stato sempre bello scambiarsi effusioni con lui, ma voleva il resto del pacchetto. Un pacchetto che sapeva gli stava riservando per le occasioni speciali.
Quando aveva imparato bene l’Armatura, Zoro si era illuso ed aveva pensato che sarebbe stata la volta giusta, ma poi non era successo, aveva solo continuato a trattarlo bene, ma comunque sempre e solo come il suo cucciolo privato, ma adesso era diverso. 
Adesso aveva capito.
Era sicuro d’esserci arrivato. Doveva essere proprio così come pensava.
Solo se superava la prova della percezione, gli avrebbe dato il premio che tanto voleva. Anzi, i premi. Sesso e spade. 
Niente di che, dopotutto. 
Solo il massimo. 
Ma per avere il massimo, doveva darlo prima lui e quella volta l’avrebbe dato.
Si era concentrato scacciando ogni fastidio e nervoso, nessun pensiero se non la certezza granitica che quel giorno ce l’avrebbe fatta e che quindi avrebbe avuto ciò che desiderava con tutto sé stesso da mesi. 
Perona era sempre più lontana, mentre Mihawk sempre più vicino.
Continuando a muoversi per il castello come se ormai fosse casa sua e lo conoscesse come le sue tasche, superò corridoi ed entrò in stanze sconosciute senza mai imbattersi in un solo ostacolo fisico. 
Senza l’udito era paradossalmente più facile perché non cercava aiuto da uno dei sensi alternativi alla vista. Non poteva. Doveva esclusivamente percepire e ci riusciva.
Ci riuscì infatti al punto da salire delle scale mai raggiunte. 
Camminare a caso era la sua specialità, ma adesso lo sentiva sempre più vicino.
Il suo maestro era lì, ovunque fosse il lì. Anche se si fosse trovato sul ciglio di un precipizio sarebbe andato bene, pur di raggiungerlo. 
Quando aprì l’ennesima porta, l’odore di chiuso e polvere gli fece capire che era in una specie di soffitta. Non ricordava d’averne pulite quando era arrivato, anche se aveva fatto tutto da cima a fondo. 
Evidentemente aveva ignorato la soffitta. Probabilmente l’avrebbe rimproverato, ma in quel momento non gli importava. 
Quando finì di salire le scale ed i suoi piedi furono sul pavimento in pietra, Zoro si voltò sicuro verso di lui e senza esitare gli sorrise. 
- Buongiorno, Maestro. - disse orgoglioso e trionfante. 
Finalmente ci era riuscito. 
Ok, mancava ancora Perona, ma non aveva importanza. Quello più importante era lì. Lì a pochi metri da lui. In una stanza in cui non era mai stato e che non aveva realmente idea, nemmeno vagamente, di come fosse.
Che mobili c’erano? Quanti ostacoli? C’erano scatole, cianfrusaglie, oppure era tutto libero e vuoto? 
Sapeva che era lì, ma Mihawk si guardò bene dal rispondergli così Zoro tornò serio e respirando si concentrò per non rovinare tutto. 
Doveva farcela. Doveva proprio toccarlo senza calpestare nulla né scontrarsi con niente. 
Cautamente iniziò a muoversi per poi captare qualcosa da Mihawk. Quasi un pensiero, ma forse più un disappunto. 
Stava andando troppo piano, così era facile evitare degli ostacoli dell’ultimo minuto e fingere di averli percepiti. 
Zoro si rimise in riga assorbendo ogni informazione che gli arrivava, consapevole che erano tutte volontariamente spedite dal suo maestro. 
Era bello perché era quasi come comunicare col pensiero, ma era anche frustrante perché lo poteva fare solo con ciò che Mihawk voleva. 
Era comunque sempre sotto il suo controllo e anche se doveva ammettere gli era piaciuto, adesso sapeva che gli mancava altro. 
Zoro tornò a muoversi ad una velocità normale e continuando a guardasi intorno senza mettersi più pressione, riuscì a muoversi come se vedesse. 
Non era così. Non c’erano visualizzazioni di alcun tipo, non si formavano forme chiare nel buio della sua testa. Gli oggetti non avevano energia vitale, non vedeva. Ma era come se li vedesse. 
O meglio.
Sapeva.
Zoro semplicemente sapeva che lì c’erano delle vecchie sedie raggruppate insieme, e che là c’erano delle scatole. 
Evitò anche un attaccapanni messo in mezzo quasi a caso. Zoro sorrise, probabilmente glielo aveva messo Mihawk prevedendo il percorso che avrebbe potuto fare. 
Zoro evitò anche delle vecchie stoffe impolverate raggruppate a terra ed infine raggiunse il suo maestro. 
Nessuna aura, nessuna forma, nessuna luce. 
Ma lo sentiva. Lo sentiva in una maniera che non era spiegabile. Lo sentiva e con un calore che lo schiaffeggiò trasmettendogli una gioia infinita, si allungò verso di lui e piegando il capo di lato, schiuse le labbra fino a trovare le sue.
Mihawk gliele concesse senza fare il prezioso né complicargli di proposito la prova. 
Era arrivato a lui onestamente e mentre si baciavano lasciando che le loro lingue giocassero insieme, le mani di Zoro rimanevano sempre ferme lungo i fianchi come ad aspettare il suo permesso. Perché sapeva, adesso lo sentiva bene, che doveva essere Mihawk a dirgli quando poteva usare ancora le mani. 
Dopo che le bocche si furono saziate a volontà, Mihawk gli sfilò i tappi dalle orecchie lasciandogli la benda sugli occhi, poi si staccò lievemente per poter mormorare divertito: 
- Puoi abbracciarmi. 
Dopo quell’ordine Zoro con la stessa gioia di prima e preda di un calore senza pari, gli circondò il collo con le braccia e aderendo al suo corpo tornò a baciarlo con più passione. 
Ce l’aveva fatta. 
Finalmente ci era riuscito.
Ora sarebbero passati alla fase successiva, sia a quella con le spade, che a quella col suo corpo. 
Pensandolo si lasciò cadere sulle ginocchia credendo la prova fosse finita, stava armeggiando con la cinta dei suoi pantaloni affamato della sua erezione, quando la sua voce lo fermò pacato. 
- Non dimentichi nessuno? - Zoro a quello si ricordò di Perona e sospirando insofferente si abbandonò col capo sul suo inguine nel quale non poté perdersi. 
“Va bene...” si disse infastidito. “È vero, la prova era trovare anche Perona, ho trovato solo lui. Non è finita.” 
In ginocchio davanti a lui, ancora bendato, con le mani aggrappate ai suoi fianchi e il volto affondato sul suo inguine, Zoro mugolò con un lamento d’assenso. Stava per alzarsi, quando l’immagine del volto sorridente e divertito di Mihawk affiorò nella sua mente ancora buia. 
Il senso di insofferenza e frustrazione venne sbaragliato da quello. Stava sorridendo davvero e lo sentiva, lo vedeva in qualche modo. Stava per alzarsi, quando la mano di Mihawk si posò sulla sua testa e lo carezzò come ogni tanto faceva trasmettendogli una strana gioia mista ad eccitazione. 
Era un gesto da padrone, ma gli piaceva da morire e tutte le volte che si sentiva così, bollente solo per la sua mano sulla propria testa, si sentiva deviato e malato. Ma il tempo passato lì con lui sarebbe stato una parentesi, un segreto fra loro, qualcosa che nessuno avrebbe mai saputo e condiviso. Una cosa solo fra loro, perciò tanto valeva dare fondo ad ogni istinto, tutti quelli che scopriva di sé. 
Non aveva senso frenarsi, era una cosa solo fra loro. Loro due e basta.
Pensandolo si rese conto d’avere un prezioso ed incredibile segreto con una delle persone che in quel momento desiderava e ammirava di più. 
Era quello che voleva superare e non c’era niente che volesse di più, per sé stesso, ma scoprire che persona era e quanto desiderabile fosse, lo faceva impazzire. 
Zoro aprì la bocca e mordicchiò la patta dei suoi pantaloni, proprio sopra il rigonfiamento della sua erezione ancora coperta dai vestiti. Lo sentì spegnere il sorriso per sospirare, lo sentiva caldo e voglioso, magari riusciva a fargli cambiare idea e rimandare il ritrovamento di Perona. 
Non parlarono, non ce ne fu bisogno. 
La mano di Mihawk dalla testa si spostò sulla cinta dei pantaloni e quando realizzò che se li stava aprendo, Zoro sorrise ed iniziò a leccare la stoffa capendo che ci era riuscito.
Non vedeva l’ora.
Glielo stava per dare, finalmente.
Fame. Una gran fame.
Ma sapeva che non avrebbero fatto sesso, in quel momento lo comprese, ma Zoro volle credere che fosse una questione di momenti e posti. Lì, con Perona ancora nascosta che aspettava di essere trovata e soprattutto in una soffitta polverosa, non era di certo il momento. 
Ma ugualmente quello glielo stava dando, almeno qualcosa, un piccolo premio. 
Affamato, con una gola ed una voglia alle stelle, senza toccarlo con le mani, si ritrovò finalmente la sua erezione in bocca e Zoro continuò a leccarlo fino ad avvolgerla completamente. Solo a quel punto usò le mani per scivolare dietro le sue natiche ed attirarlo contro di sé.
Le mani di Mihawk tornarono sulla sua nuca per fare la stessa cosa e mentre spingeva nella bocca, lui succhiava famelico con foga non riuscendo più ad attendere. 
Stava per prendere l’iniziativa, l’avrebbe fatto se non avesse significato sicuramente fare dei passi indietro ed indispettirlo. Quella notte voleva quel premio.
Il suo premio legittimo.
Aveva superato quella prova, così come quella dell’armatura. Adesso era ora del premio vero.
Si spinse da solo fino a sentire la punta contro la gola e prendendoglielo tutto, lo sentì ingrandirsi e pulsare. In quelle condizioni percepì ancora meglio che stava per venire. Gli parve quasi di vedere il liquido che si preparava ad uscire, sentiva ogni particella di Mihawk gemere di piacere ed impazzire e sapere di essere lui l’artefice di quello stato, lo riempiva di orgoglio e gioia. 
Fame, aveva una fame assurda, ora. 
Fame di lui.
Lo doveva avere, lo doveva avere.
Poteva rischiare di rovinare tutto? 
No, doveva aspettare, doveva aspettare quella notte, Mihawk glielo avrebbe dato di sua iniziativa e sarebbe stato perfetto.
Doveva.
Perciò con quella fame alle stelle, una fame inaudita mei provata prima, si sentì inondare la gola del suo liquido caldo che raccolse con entusiasmo, non per il sapore che di per sé non era particolarmente buono, ma per il fatto che fosse suo.
Sentì la soddisfazione di Mihawk, oltre che il suo godimento e la sua estasi.
Era contento di lui e di come si era dominato, di come gli era stato sotto senza ribellarsi nonostante l’avesse voluto e per un momento, un solo momento, l’avesse quasi fatto. 
Ma alla fine era rimasto lì in ginocchio davanti a lui e non si era ribellato saltandogli addosso per passare alla fase successiva di quei giochi erotici fra loro. 
Si aggrappò alle sue cosce, sentiva il proprio membro gonfio pulsare impazzito, il bisogno fisico di toccarsi per venire a sua volta lo stava uccidendo, ma Mihawk glielo doveva permettere. Non voleva rovinare nulla, assolutamente nulla per quella notte. 
Perciò non prese nemmeno quella iniziativa, che di solito gliela lasciava. 
Zoro ingoiò il suo piacere e attese col volto nascosto sul suo inguine che sapeva di sesso, quel sesso che per ora era solo un antipasto. 
La mano di Mihawk tornò a carezzarlo dolcemente, da padrone, e Zoro sentì che gli mancava di nuovo poco. 
“Dimmelo, ti prego. Dimmi che posso... non ce la faccio.”
Mihawk finalmente si decise a concederglielo, anche se non quello che Zoro aveva sperato realmente. 
- Toccati pure. - mormorò suadente. Solo la sua voce roca, prova del piacere che l’aveva inondato, un piacere dovuto a lui ed alla sua bocca, istigò Zoro che corse felice con la mano nei pantaloni e appena si chiuse sull’erezione dura ed eccitata, ci mise poco a venire. 
I brividi lo scossero completamente e gettando la testa all’indietro, lasciò che gli schizzi ricoprissero il pavimento, avendo cura di non macchiare Mihawk.
Quando l’orgasmo si fu sfogato del tutto, lasciandolo in una pace dei sensi dove era sfinito, si accasciò seduto ai suoi piedi, appoggiando la testa alle sue gambe a cui era anche aggrappato con le mani, come non volesse perdersi nulla di lui, come non potesse. 
Mihawk continuò a permettergli di rimanere appoggiato in quella posizione tossica, quasi, e per nulla normale. 
Quella notte, si disse Zoro. Quella notte avrebbe avuto il resto. 
- Adesso trova Perona. Non sarà facile dopo aver avuto questo orgasmo, ma se ci riesci potrai toglierti la benda. - con questo Mihawk si chinò e gli rimise i tappi lasciandogli un bacio sulle labbra che lo rigenerò.
No, non era per niente facile ritrovare la concentrazione e rischiava di fare un disastro e mandare tutto a quel paese, ma si sarebbe impegnato a costo di metterci un secolo. 
Era ora di andare oltre e niente e nessuno glielo avrebbe impedito. 

Mihawk non aveva avuto dubbi, sapeva che quella volta Zoro ce l’avrebbe fatta, aveva perfettamente capito i tempi con cui avrebbe raggiunto i suoi obiettivi, se non altro i primi. 
Nonostante l’orgasmo e la distrazione a cui si era scioccamente ma comprensibilmente sottoposto, Zoro era riuscito a ritornare in sé e a riprendere il test. 
Ci aveva messo un po’, ma anche Perona era stata trovata. 
Nel complesso aveva impiegato molti mesi, ma alla fine usava sufficientemente bene l’haki della percezione, così come quello dell’armatura. 
La questione con quest’ultimo era più complicata dell’altra, perché una volta riuscito ad usarla in modo normale, doveva imparare a farla fluire nelle spade, cosa che fra l’altro era la più difficile. Per cui una volta raggiunto lo step dell’utilizzo base dell’Armatura, era necessario fargli usare di nuovo le spade.
Era riuscito ad impedirglielo con la scusa che prima di tutto aveva dovuto imparare il resto, senza l’haki usare le sue tre armi era inutile, ma adesso che aveva raggiunto quell’obiettivo primario, era giunto il momento tanto agognato da Zoro. 
L’allenamento si era basato sin dall’inizio su quello. Uno degli insegnamenti principali che gli voleva dare era l’uso dell’armatura fluente, adesso doveva per forza passare alla seconda fase. Pertanto era obbligato a permettergli di riprendere le sue adorate katane in mano, cosa che gli aveva impedito per mesi per poterlo comprimere per bene.
Ma c’era, Mihawk lo percepiva. Sapeva che il livello di compressione di Zoro ormai era alle stelle, oltre non avrebbe tenuto più. 
A quello delle spade andava aggiunto il discorso sesso: Mihawk aveva deciso infatti di praticare l’astinenza sessuale con Zoro concedendogli solo semplici orgasmi e delle coccole. Tutto questo solo per rivelare l’haki del Re Conquistatore. 
Negandogli ciò che voleva tanto, cioè le spade ed il sesso, Mihawk era convinto che Zoro sarebbe scoppiato dando prova di possedere l’haki più importante di tutti.
Sapeva che Zoro si era convinto che al raggiungimento della Percezione, l’avrebbe premiato accontentandolo col sesso, ma si sbagliava. 
Glielo avrebbe concesso solo se avesse usato il Re Conquistatore. 
Per questo Mihawk continuava ingiustamente a negare le due cose a cui lui teneva tanto. 
“Ormai ci siamo, quando continuerò a negarti quello che desideri senza nemmeno darti un briciolo di spiegazione, esploderai e allora avrò la prova che hai anche quell’haki. È raro ed è difficile da usare, ma una volta che ne sei consapevole, che sai di averlo, e che lo usi per caso, lo potrai usare di nuovo quando sarà il momento. Non andremo oltre al fartelo tirare fuori, ma so che ormai ci siamo.”