18. IL GIOCO DI CUI HAI BISOGNO
Nonostante le grandi aspettative della sera, Zoro si era svegliato grigio come si era sentito negli ultimi tempi.
Unicamente quando si era ritrovato da solo nel letto aveva pensato fosse strano e quel grigiore era andato via via scemando.
Mihawk si era alzato da solo ignorandolo, era una cosa che aveva fatto ai primi tempi, mentre negli ultimi mesi era stato estremamente dolce, in modo insospettabile.
Anche quando lo svegliava con gli orgasmi gli piaceva, non che poi baci e carezze non andassero bene, ma lo facevano sentire strano, come destinatario di qualcosa che non gli sembrava giusto avere. O forse perché non potendo ricambiare, si sentiva meschino e a disagio.
Non era incapace di essere dolce, si immaginava ad esserlo con Rufy, sperava di poterlo essere un giorno, di averne il coraggio, ma con Mihawk non si sentiva di volerlo essere.
Aveva bisogno di altro da lui.
Quando lo incontrò a colazione, Mihawk stava leggendo il giornale del mattino, altra cosa che non faceva da un po’. Il giornale gli arrivava sempre al solito orario, ma lo lasciava in parte e lo leggeva solo di sera, quando aveva tempo. A colazione la sua preziosa attenzione era per lui, facevano conversazione, si comportavano quasi da coppia. Non nel modo classico, perché non si tenevano la mano né si scambiavano continue effusioni, ma era un rapporto comunque diverso.
Zoro non disse nulla, ricordando quel famoso ‘domani’ che aveva sentito la sera precedente.
“Deve aver capito cosa mi serviva. Peccato che non me lo dice. Volevo mi leggesse dentro per aiutarmi perché non sapevo di cosa avevo bisogno, adesso sembra l’abbia capito perché è diverso, ma non mi dice cos’è. Suppongo che non posso pretendere troppo. Ma era questo che volevo? Che mi ignorasse? Mica mi rispedirà nell’altra camera? Non era questo che...”
- Mangia abbondantemente, non avremo tempo per pranzare, oggi. Gli allenamenti saranno molto più intensi. - disse Mihawk con freddezza.
Zoro annuì senza dire nulla. Gli andava più che bene. Qualunque cosa avesse, gli bastava essere allenato, il resto era un extra.
La giornata non fu tanto diversa dal solito, nel senso che Mihawk si comportò da Maestro come aveva sempre fatto in quei mesi, in modo serio e professionale. Tuttavia l’allenamento fu effettivamente più intenso in quanto lo portò finalmente sul campo, gli fece affrontare di nuovo gli Umandrilli, degli avversari sempre utili per testare il proprio livello.
Quella volta gli aveva ovviamente permesso di usare le spade con l’ordine preciso di immettere quanto più riusciva l’Armatura nella spada.
Al momento Zoro riusciva farlo solo con la destra e non per molto, voleva che riuscisse ad utilizzarla al meglio e il più a lungo possibile per poi passare anche alla sinistra e a quella che usava con la bocca.
L’ultima sarebbe stata la più difficile, ma se voleva diventare più forte con le sue tecniche, era essenziale che lo facesse.
Mihawk quello glielo spiegò bene, pragmatico, poche semplici parole ma esaurienti. Zoro l’apprezzò e si esaltò all’idea di combattere di nuovo contro qualcuno ed in modo decente.
Niente più prove allucinanti che avevano portato ad esplosioni senza senso.
Si fidava del suo Maestro e se diceva che aveva il Re Conquistatore gli credeva, ma era anche convinto che non sarebbe mai più riuscito ad usarlo e che si fosse trattato di una parentesi dovuta all’estenuante sistema usato in tutti i mesi precedenti.
Non pensava che avrebbe mai subito di nuovo una pressione tale da spingerlo ad esplodere, ma non immaginava cosa gli avrebbe riservato il futuro.
L’addestramento in esterna andò bene. Per la prima volta Zoro riuscì ad usare la spada con l’Armatura in combattimento. Usò sempre e solo la tecnica ad una spada, trovando difficile usare due metodi diversi contemporaneamente. Se una spada era pregna del suo haki e le altre due no, non riusciva a concentrarsi bene e rischiava di distrarsi.
Gli avversari erano temibili, perciò ne usò tutto il giorno solo una e per la fine della giornata fu piuttosto soddisfatto nel riuscire a mantenerla col suo haki per molto tempo.
Un conto era impregnarla, un altro era usarla in combattimento mentre lo faceva, un altro ancora era farlo a lungo.
Alla fine però riuscì in tutto e con un entusiasmo alle stelle, sia pure stremato, venne fermato da Mihawk che con freddezza e compostezza gli disse che era ora di rientrare.
- Adesso va’ dentro e fai meditazione per ricaricarti. Per oggi basta così.
Dicendo questo, Mihawk si voltò dandogli le spalle senza concedersi nemmeno mezzo sorriso.
Zoro ormai aveva la certezza totale che Mihawk fosse arrabbiato con lui, ma non capiva perché. Si chiese se dovesse usare l’haki per provare a capire, ma ricordandosi gli esiti scarsi dei giorni precedenti, decise che non avrebbe avuto senso. Ormai Mihawk non desiderava più niente ed era come se si concentrasse per non provare nulla, capiva che era un modo per tenerlo lontano dalla sua coscienza, un metodo diverso dalla stanza buia, però era qualcosa che aveva sempre cozzato contro la dolcezza riservatagli negli ultimi tempi.
Ora no, si disse Zoro. Ora Mihawk era coerente.
“Perché non prova e non vuole più niente da me? Che è successo? È come se stesse battendo in ritirata, ma è Mihawk, mi risulta difficile crederci!”
Sospirando scosse le spalle e rinfoderando la spada si avviò verso il castello, sulla sua scia.
Qualunque cosa fosse, non poteva certo forzarlo. La sera prima era stato colpito in pieno stomaco dai sentimenti di quell’uomo, adesso sembrava in fuga. Non ci voleva un genio a capire che le due cose erano collegate. Si stava proteggendo dai sentimenti perché sapeva che comunque Zoro se ne sarebbe andato.
“Non posso certo impedirglielo. È la cosa migliore per lui ed è quello che speravo facesse. Quando ho capito che si stava innamorando di me mi sono spaventato, ma per fortuna è intelligente e sa da solo cosa è meglio fare.”
Passò la solita ora a meditare e riuscì meglio del giorno precedente. Il nervoso era calato grazie alla riuscita della tecnica, sapeva che da lì cominciava la parte più complicata. Doveva riuscire a fare la stessa cosa anche con la sinistra e poi con la bocca. Come si usava l’armatura con la bocca?
In meditazione decise di lasciar perdere tutte queste curiosità finendo per vagare nella propria coscienza mentre si ricaricava il KI.
A cena Mihawk ancora leggeva il giornale del mattino e non disse nulla. Perona lanciava loro occhiate sorprese e curiose, ma si guardò bene dal fare domande che sapeva non avrebbero ottenuto risposta, così riempì tutto quel pesante silenzio con le sue solite chiacchiere senza senso che nessuno dei due uomini con lei ascoltò.
Una volta finito, Mihawk si alzò andando in salone come di consueto, senza dire mezza parola e a quel punto la fanciulla chiese a quello che era quasi un compagno di disavventure cosa fosse successo. Zoro si strinse nelle spalle perplesso, ormai anche un po’ preoccupato.
- Non ne ho idea. Niente in realtà...
- Sembrate due bambini! Ieri eri tu il nevrotico, oggi è chiaramente lui quello col ciclo! Questo succede perché non parlate! Non l’avete mai fatto, siete due musoni che usano l’haki per comunicare e se non lo fate più con quello, non è che vi mettete a farlo come le persone normali, ve ne state direttamente zitti. Ma questo non vi aiuta, anzi! Se avete dei problemi e non ne parlate questi diventano voragini! Siete due imbecilli, questo è il riassunto!
Perona come sempre non si era sprecata, però Zoro non poteva di certo dire che non avesse ragione.
Forse doveva seguire il suo consiglio e parlarne? Dopotutto la sera precedente Mihawk gli aveva detto qualcosa di simile, no?
Dovevano parlare come le persone normali, ma di fatto avevano solo fatto sesso senza dirsi più nulla.
“E quel ‘domani’ cos’era? E quei sentimenti che mi ha trasmesso inavvertitamente? Forse è questo. Non voleva che li sentissi. Non voleva che capissi che li prova ed adesso si sta allontanando. Certo, si sta proteggendo e sono d’accordo che lo faccia, ma così... non so se resisterò un anno intero in questo modo.”
Zoro sospirò alzando gli occhi al cielo scontento, realizzando di essere un’autentica anima in pena.
In un anno lì con lui era passato per mille modalità diverse e alla fine non gli erano andate bene nessuna. Quando l’aveva comandato a bacchetta gli era piaciuto, ma l’aveva riempito di dubbi. Poi era finito per esplodere e quando era successo Mihawk era diventato dolce e l’aveva lasciato libero di fare quel che voleva. Adesso però che si sentiva di nuovo nervoso ed inquieto, capiva che voleva qualcosa di cui non riusciva a capire ed ecco che Mihawk tornava a diventare freddo come il ghiaccio e lui si sentiva peggio.
“Ma c’è qualcosa che mi va bene?”
Sapeva che doveva capirsi e accettarsi per stare meglio e rinforzarsi, ma se non ci riusciva era difficile.
Una volta che Perona se ne fu andata in camera come ogni sera, Zoro varcò la soglia del salone e rimase fermo in piedi indeciso su come comportarsi. Doveva assecondarlo e ignorarlo? Doveva provare ad usare l’haki? Cosa doveva fare?
All’ennesima domanda sospirò insofferente osservandolo.
Mihawk era sulla sua poltrona, nel tavolino accanto c’era la bottiglia di vino ed un solo calice, in mano un libro avendo evidentemente finito il giornale.
Il fuoco scoppiettava come di consueto e l’atmosfera sembrava come quella prima famosa sera. Quella da cui era iniziato tutto.
Da quando l’aveva lasciato libero, gli aveva lasciato addirittura la facoltà di bere il vino con un calice suo. Al calice spesso aveva preferito la bottiglia intera e Mihawk gli aveva concesso anche quello.
Adesso una bottiglia, un calice e il gelo fra loro.
“Non so davvero che diavolo fare. Si protegge da me, è chiaro. Ma non credo mi stia bene, in realtà. Adesso che sono qua con questo dio dei ghiacci, no. Anche se razionalmente capisco che ha ragione.”
Zoro decise di stendersi nel divano buttandosi come un bisonte scontento, provando ad assecondarlo rimanendogli però nei paraggi e pronto a tutto.
Mihawk senza distogliere gli occhi dal libro, disse solo una parola. Chiara e piatta.
- Qua.
Dal solo tono Zoro capì subito e venne ricoperto dalla testa ai piedi da un lungo brivido di piacere immediato. Quel piacere che prelude a quello più intenso ed effettivo.
Zoro alzò la testa dal bracciolo del divano e lo guardò per capire se avesse sentito bene, ma era impossibile il contrario. Era stato gelidamente chiaro.
Mihawk stava ancora leggendo, con la mano libera prese il calice e bevve un sorso, aveva le gambe accavallate.
- Lo devo ripetere? - chiese tagliente, sempre senza distogliere l’attenzione dalla lettura.
Zoro saltò su incredulo, il cuore iniziò a battergli impazzito, l’eccitazione saliva fra le gambe. Era vero, non l’aveva sognato.
Dopo essersi alzato gli si mise davanti in attesa di capire se voleva che si spogliasse o cosa facesse, ma Mihawk senza nemmeno parlare o spostare gli occhi, posò il calice, aprì le gambe e si slacciò i pantaloni.
- Giù. - comandò di nuovo.
Zoro stava per scalpitare. Capendo che era tornato a fare il Padrone, si rese conto che era quello, era precisamente quello che gli era mancato da matti e che negli ultimi tempi aveva ardentemente sperato. Non perché gli piacesse essere comandato, sebbene in parte fosse così. Tanto meno perché quei giochi di potere lo eccitavano da matti.
Principalmente quello significava che Mihawk era tornato ad essere la sua guida, il suo faro nella notte. Capendo che ora sarebbe uscito dalla nebbia in cui era finito in un modo o nell’altro, si inginocchiò davanti a lui e sedendosi sui talloni lo guardò in attesa con l’eccitazione alle stelle e la speranza che gli desse altri ordini.
Perversione, ognuno ne aveva una. Qualcosa che lo eccitava anche se era discutibile e forse pure sbagliato in qualche modo. Quella era la sua. Non sapeva se l’aveva sempre avuta, ma si sentiva già sereno rispetto all’inquietudine dei giorni precedenti.
Limitarsi ad eseguire gli ordini, al di là del sesso anche se in quel momento si trattava di quello, era confortante. Non vedeva, ma sarebbe comunque arrivato dove doveva perché la persona di cui si fidava di più in quel momento, lo stava guidando.
Adesso era Mihawk, poi sarebbe stato di nuovo Rufy e pensando che un giorno sarebbe potuto essere lui a comandarlo, magari anche sessualmente, l’erezione si impennò sotto la stoffa dei pantaloni. Voleva tirarsela fuori e masturbarsi, ma Mihawk era in modalità Padrone e doveva aspettare il suo permesso.
Fantasticare su Rufy che gli comandava di succhiarglielo fu deleterio, non riusciva a contenersi e vedendo che Mihawk continuava a bere senza dargli nulla né tirarsi fuori l’erezione per offrirgliela, divenne sempre più difficile gestirsi.
“Ti prego, dimmi qualcosa. Dammi da bere, dammi il tuo cazzo, ordinami di leccarti i piedi, non importa. Ho bisogno di un ordine o scoppio.”
Perversione. Follia. Un limite oltre il quale sapeva sarebbe finito senza pentirsi perché sarebbe rimasto tutto lì, fra loro due. Sapeva che di lui si poteva fidare.
Dopo un tempo crudelmente infinito, Mihawk chiuse il libro e lo posò, prese un gran sorso di vino e lo tenne in bocca, poi penetrandolo col suo sguardo altezzoso e fortemente sensuale, si chinò lievemente verso di lui e gli prese il mento con un dito sollevandoglielo. A quel punto Zoro capì e sgranando gli occhi con un moto di felicità aprì la bocca. Mihawk accostò la propria ed infine gli fece scivolare dentro il vino concedendogli di bere.
Zoro ingoiò pensando a quando avrebbe potuto farlo anche col suo seme. Non stava più nella pelle, doveva averlo, ne aveva bisogno.
Mandò giù fremendo d’eccitazione e Mihawk rimanendo verso di lui a pochi centimetri, sempre con il dito sotto il mento, sussurrò seducente: - Vuoi il mio cazzo?
Zoro annuì frenetico e speranzoso, gli occhi bollenti come ogni altra parte di sé.
- Sì ti prego.
Gli era mancato.
- Cos’è che vuoi? - chiese ancora con quel tono saccente.
- Succhiarti il cazzo. - disse subito Zoro senza vergogna e ritegno.
- Vuoi solo questo?
- Voglio bere.
- Il vino?
- No...
Mihawk fece un sorrisino vittorioso e malizioso.
- Quanto ti era mancato tutto questo?
Sapeva bene a cosa si riferiva.
- Da impazzire.
Non serviva dire che fino a quell’istante non aveva capito che il nervoso dei giorni passati fosse quello, ma era contento, contento oltre ogni limite che Mihawk di nuovo l’avesse capito così bene.
Sapeva che forse non avrebbe più incontrato nessuno in grado di capirlo e accontentarlo meglio di lui.
Finalmente Mihawk si raddrizzò con la schiena, si tirò fuori l’erezione e scivolò un po’ in avanti nel sedile della poltrona. A quel punto appoggiò le mani ai braccioli e attese.
- È tuo. - disse infine come una sorta di premio.
Zoro si eccitò ancora, non perché finalmente poteva metterglielo in bocca e succhiarlo facendo quei bei giochi di potere.
Ma perché sapeva che dopo gli avrebbe detto quelle parole. Quelle parole che al momento voleva immensamente sentire.
Ne aveva bisogno.
Zoro rimase completamente fermo in quella posizione, inginocchiato e seduto sui talloni e senza usare le mani poiché non gli aveva dato il permesso, raggiunse la sua erezione che iniziava a ingrossarsi, la leccò fino ad avvolgerla con le labbra. Appena iniziò, lo sentì pulsare e delinearsi. Gli piaceva anche a lui farlo così, anche se in quei mesi si era lasciato andare ad un alto profondo lato di sé che sicuramente nemmeno lui stesso aveva pensato di avere.
Quella dolcezza era bellissima, ma era giusto che Mihawk la indirizzasse a qualcuno in grado di apprezzarla e ricambiarlo, qualcuno che lo meritasse davvero e che provasse le stesse cose.
Zoro iniziò a succhiare e pompare andando sempre più veloce, voleva toccarsi e masturbarsi, ma non glielo aveva permesso perciò rimase fermo con le mani, anche se il proprio membro era duro e scalpitava per un po’ di soddisfazione.
Sapeva cosa doveva fare e lo fece, andò fino in fono e quando finalmente lo sentì esplodergli nella bocca, Zoro ingoiò contento, eccitato oltre il limite. Aveva bisogno di masturbarsi, ne aveva bisogno da morire, ma mandare giù il suo seme fu un orgasmo mentale che non immaginava gli sarebbe piaciuto tanto. Non era il sapore del liquido che finiva nella sua gola, ad essere speciale, anzi. Non lo era per la verità. Era quello che significava. La sottomissione sotto una forma così netta e precisa, come gli piaceva.
Adesso forse glielo avrebbe detto. Zoro aprì gli occhi sollevandoli implorante verso di lui, scivolando con la bocca fuori dal suo pene.
Mihawk a quel punto gli mise una mano sulla nuca, lo carezzò e dopo essersi chinato, aderì con le labbra sul suo orecchio. Una volta lì, basso e sensuale, mormorò:
- Bravo ragazzo. - Zoro per poco non venne così. Fu attraversato da delle violenti scariche di piacere che partirono dall’orecchio e dalla comprensione che finalmente glielo aveva ridetto. Gli era mancato anche quello, assurdamente, follemente.
- Adesso puoi toccarti. - gli permise.
Zoro si raddrizzò con la schiena e strisciò leggermente indietro per avere più spazio, allargò un po’ le gambe rimanendo sempre a terra e appoggiandosi ad una mano, si tirò fuori la propria erezione già dura e sul punto di esplodere. Infine si strofinò.
Mihawk si riempì gli occhi di quella splendida visione meravigliosa.
Il suo ragazzo lì seduto a terra, praticamente in ginocchio, la sua erezione dura in mano a strofinarsela, la testa all’indietro, l’aria abbandonata, il volto rosso di piacere ma non imbarazzo. Quel piacere che ora divampava in lui per il premio appena avuto, perché aveva finalmente capito cosa gli era mancato in quei giorni.
Mihawk era appena venuto e non ne aveva bisogno, ma per premiarlo ancora di più perché se lo meritava, gli carezzò la coscia con il piede risalendo poi sul torace.
Sentendolo, Zoro raddrizzò la testa e aprendo le labbra tirò fuori la lingua aspettandolo. Quando vi adagiò l’alluce, Zoro venne con un tale intensità da venire scosso da profondi fremiti.
“Meraviglioso. Maledettamente meraviglioso. Il modo in cui ti dai alla persona da te designata è sconvolgente. Il tuo dannato capitano è davvero fortunato, ma se non saprà approfittare dell’enorme rara fortuna che ha per le mani, è un idiota ed un pazzo.”
A questo seguì un altro pensiero fulmineo che arrivò allietandogli l’umore ancor di più. Fece un sorrisino malizioso soddisfatto indicando con una mano di mettersi su di sé.
Zoro era ancora perso nell’estasi, totalmente fatto di un piacere tanto mentale quanto fisico, mentre lo stesso suo sperma ora macchiava il suo ventre e la sua mano.
Ma si riavvicinò a lui infilandosi nuovamente fra le sue gambe aperte e si mise lì dove Mihawk gli aveva detto.
Avvolse la sua vita con le braccia ed adagiò la testa sul suo inguine ora a riposo, così come avrebbe potuto fare il suo cane fedele.
Mihawk si fece sfuggire un sorriso dolce consapevole che ora non lo guardava, mentre la realizzazione che l’aveva colpito lo risaldò riempiendolo di speranza.
“Se non dovessi trovare tutto questo in qualcun altro, scommetto che tornerai. E non credo sia facile trovare quello che abbiamo ora, che ti piace tanto e che ti rende dipendente da tanto da diventare nervoso quando non lo facciamo così. Perciò dopotutto devo solo aspettare che tu ritorni strisciando. Le mie braccia e le mie gambe saranno sempre aperte per te, la mia meravigliosa bestia selvaggia addomesticata.”
Mentre lo pensava chiuse gli occhi realizzato e contento, lasciando che le proprie mani carezzassero la sua nuca rilassandolo fino a farlo addormentare così.
Aveva dovuto svegliarlo per andare in camera, una volta là gli aveva detto di spogliarsi e stendersi. Era tornato a sistemarlo sul fianco, ma rivolto verso l’altra parte per poterlo abbracciare da dietro, aderendo il proprio corpo nudo e possente al suo altrettanto ben allenato. Una volta così tornò al suo capriccio preferito e strisciando con la mano sul suo ventre, trovò la cicatrice in rilievo e lì rimase a toccarla scivolando su tutta la sua lunghezza.
Lentamente si rilassarono di nuovo entrambi, ancora persi nell’estasi dell’orgasmo avuto prima, ma con una lucidità incredibile. Adesso vedevano tutti e due, vedevano molto bene, ma soprattutto Zoro vedeva. Mihawk ne era consapevole.
Sentendo che non dormiva più, con le labbra sul suo collo per dietro, gli chiese se stesse meglio.
Zoro annuì.
- Non avevo idea... - mormorò poi sommesso, forse si vergognava un po’, ma era normale.
- Che ti mancassero questi giochi?
- Essere sottomesso e comandato.
- Sono dei giochi. - Mihawk voleva metterlo alla prova per capire fin dove la sua consapevolezza attuale arrivasse. Zoro ci pensò per poi rispondere: - Non so se è solo questo. È qualcosa di più perverso. Forse va oltre anche questo.
- Ti avevo promesso che in questi due anni avresti scoperto parti di te che non avresti mai immaginato. Dunque a quali conclusioni stai arrivando? - chiese calmo continuando a giocare con la sua cicatrice all’altezza ora del petto.
- Che sono un pervertito. - disse di getto ridacchiando subito dopo stemperando un po’ l’imbarazzo. Poi sospirando aggiunse: - E che ho bisogno costantemente di essere guidato da qualcuno. Non posso stare solo, mi perdo se sono solo.
Mihawk non aveva idea di quanto letterale fosse quell’affermazione, oltre che figurata. Zoro era l’essere più disorientato sulla faccia della Terra ed ora quel suo difetto aveva un senso molto più profondo.
- Ti ho lasciato libero per farti capire meglio te stesso. - mentì, anche se non del tutto. In parte l’aveva lasciato libero per proteggersi da quel legame che si stava creando con l’utilizzo dei loro haki nella maniera in cui lo stavano facendo, ma alla fine aveva ottenuto l’effetto opposto. Quel legame si era consolidato di più, da parte propria, e sapeva che Zoro l’aveva capito, ma sapeva anche che non avrebbe mai detto nulla a proposito.
Forse per lui tornare a quel tipo di rapporto di Padrone e Sottomesso era confortevole anche per quello, pensava che finché facevano cose così perverse nessun sentimento si sarebbe potuto rinforzare fra loro. Ma non era così. Più Zoro gli si dava in quella maniera, più lui perdeva la testa.
Non c’era un modo per lui di impedirgli di innamorarsi, ma ormai era sicuro che sarebbe tornato. Che vedendo che non trovava da nessun altra parte quello che aveva avuto lì con lui, poi sarebbe tornato per riprendere.
Perciò era più sereno e lo poteva serenamente accontentare su tutto. Se voleva essere comandato, l’avrebbe fatto perché sapeva che avrebbe solamente innalzato il livello di dipendenza da quel tipo di rapporto.
- Stavo impazzando. - commentò poi Zoro. Mihawk annuì.
- Me ne sono accorto.
- Ho bisogno di essere guidato, da solo mi perdo. Non lasciarmi più vagare liberamente.
Mihawk sorrise contro la pelle sensibile del suo collo e lo baciò rinforzando la presa delle braccia intorno al suo corpo, stringendoselo contro ancor di più.
Zoro sospirò spostando la mano sulla sua che ancora gli carezzava la cicatrice.
Oh sì, si disse Mihawk contento. Sarebbe tornato di sicuro da lui.