21. PROMESSA VINCOLANTE

mizomizo

Zoro aveva perso i sensi brevemente, poi quando si era ripreso non si era nemmeno più lamentato del dolore, era rimasto in silenzio tutto il tempo. 
Mihawk era consapevole di doverlo curare subito, ma con metà testa totalmente imbrattata di sangue decise di farlo nel bagno termale del castello. Una volta raggiunto lo posò a terra ignorando la strana condizione di Zoro che non parlava e non si lamentava. 
Non gli diede ordini, si limitò a tirare fuori il necessario per curarlo per poi radunare tutte le pezze di cotone e prepararle per la medicazione e la pulizia. Quando ebbe predisposto tutto, fece sedere Zoro nello sgabello ed iniziò a spogliarlo. Non c’era l’ombra di malizia dietro quei gesti, ma anche se ce ne fossero stati, Zoro non era chiaramente dell’umore e poteva capirlo. Aveva appena perso il loro duello e con esso il suo occhio. 
Avrebbe di nuovo ricordato per sempre l’individuo responsabile di tali deturpazioni ed umiliazioni, in quanto per il suo allievo ogni sconfitta era tale. Umiliazione. Vergogna. Oggetto di ossessione futura. 
Dopo di lui Mihawk spogliò sé stesso senza mai staccargli lo sguardo di dosso. Zoro non lo guardava, sebbene in casi normali si sarebbe innescato in una situazione simile. 
Una volta nudo, si sistemò nel secondo sgabello posto innanzi e senza dire mezza parola, con la sua apparente indifferenza, come aveva fatto all’inizio dei loro due anni di convivenza, Mihawk iniziò l’operazione. 
Zoro guardava di lato in un punto morto e non gli rivolgeva né sguardo né parola, così Mihawk usando l’acqua calda curativa delle terme, iniziò a ripulire dal sangue sia la ferita che tutto il resto intorno. 
Lasciò che lo scodellino di legno facesse ricadere l’acqua sul suo corpo iniziando dalla testa, accompagnò la mano per pulire bene i capelli incrostati, poi eseguì con attenzione la pulizia dell’orecchio e del viso fino ad arrivare all’occhio che sanguinava ancora anche se di meno. 
Era curioso di vedere la sua reazione, aveva scommesso su uno scoppio d’ira funesta, rabbia ed accuse, ma quella chiusura in sé stessa, quel nulla totale lo colpivano molto di più. Non riusciva ad interpretarlo e sebbene con un po’ di sforzo avrebbe potuto probabilmente leggergli dentro con l’haki, decise di stimolarlo a tirare fuori qualcosa. 
Non voleva che finisse così fra loro, anche se facendo quanto programmato aveva saputo sin da subito che l’eventualità di quella reazione c’era, ma trattandosi di uno orgoglioso e vendicativo come Zoro era stato da subito graniticamente sicuro che comunque, in qualsiasi modo, avrebbe ugualmente reagito. Aveva immaginato di vederlo gridare di essere un egoista del cazzo, codardo e qualcos’altro di poco carino per poi vederlo andarsene prematuramente. A quel punto avrebbe pregato a Perona di seguirlo e condurlo sano e salvo da qualche parte in attesa di riunirsi coi suoi amici. 
Si era figurato uno scenario del genere, un sacrificio accettabile per assicurarsi di rivederlo in futuro per vendicarsi. Ma così, con quella mancanza di reazioni, era imprevedibile capire cosa avrebbe fatto e come sarebbe finita fra loro.  
- Pensavo te la saresti presa a morte. - disse infine arrendendosi a cominciare quella conversazione per primo. 
Dopo aver tolto tutto il sangue e tamponato con un altra pezza di cotone imbevuta di disinfettante, rimase a premere sull’occhio mentre lo teneva fermo sulla nuca. 
Zoro continuava ad eludere il suo sguardo e a non fare una piega, doveva fargli male, stava schiacciando tanto per permettere alla carne di disinfettarsi anche in profondità e successivamente di richiudersi. Ma stava immobile e zitto come non sentisse nulla né fisicamente, né emotivamente. Mihawk però insisteva a fissarlo diretto e da vicino. 
- Mi hai deluso. - mormorò Zoro dopo un po’. Mihawk non sgranò gli occhi con sorpresa, si dominò a stento. Piegò però il capo alla ricerca del suo sguardo ancora spostato di lato. Manteneva un’aria indecifrabile come al solito, assolutamente calmo. Lo stava ancora studiando. 
- Davvero? - fece sempre tranquillo, come non fosse toccato da quanto successo. Voleva che Zoro si aprisse, che tirasse fuori tutto perché ormai lo conosceva e sapeva che celava molta rabbia. Doveva per forza essere così. Gli stava solo facendo un dispetto perché sapeva cosa voleva da lui e non glielo voleva dare, anzi, cercava di farlo sentire in colpa.
“Non mi farai usare l’haki per leggerti dentro, ragazzino. Fa l’adulto e spiegati come si deve.” pensò indispettito Mihawk.
Di nuovo, senza rendersene conto, finì per trasmettergli qualcosa di ciò che pensava, traducendolo in sentimenti che portarono al suo alunno il senso di quanto provava come se fosse stato realmente telepatico. 
Zoro spostò finalmente l’unico occhio rimasto sul suo e lo fissò torvo accontentandolo ed accendendosi. 

- Io infantile? E tu allora che per legarmi a te per sempre mi fai un altro segno addosso? Questo non è un cazzo di capriccio, un dispetto?
Ci aveva provato a trattenersi per non dargli soddisfazione, sapendo cosa voleva da lui, percependolo anche senza sforzarsi di usare l’haki. Gli arrivavano facilmente le intenzioni di Mihawk, in quel momento. Per mesi e forse un anno interno non gli era più arrivato nulla, adesso sembrava che gli andasse bene provare, volere, esigere, pensare, desiderare. Adesso non serviva più proteggersi da lui, erano agli sgoccioli, doveva essere sicuro di lasciarsi con lui come voleva. 
Tuttavia alla fine non era riuscito a mantenere l’indifferenza e la chiusura.
Appena sbottò, Mihawk fece un sorrisino vittorioso e Zoro se ne irritò ancor di più sbuffando. Girò la testa togliendosi le sue mani di dosso con dei gesti secchi, si prese da solo la pezza medicante e se la tenne continuando ad essere così ancor più infantile di prima. 
Odiava essere manipolato da lui. Era tutto ciò che gli era sempre piaciuto in quei due anni perché Mihawk gli aveva sempre dato piacere fisico e mentale, ma adesso improvvisamente lo odiava perché era la prima volta che manipolandolo aveva tratto un vantaggio esclusivamente personale. 
Quel che provava era così grande che non riusciva proprio a tradurlo a parole nemmeno provandoci e quello lì seduto davanti a lui con le braccia incrociate sul petto e la sua aria provocatoria addosso, non voleva altro che farlo parlare. Perché diavolo insisteva con quel metodo? Cosa cazzo c’era nel parlare di tanto utile e bello? 
- Non sono tenuto a spiegare le mie motivazioni. - disse tagliente cercando di provocarlo insistendo ad irritarlo. A questo Zoro sentendosi il suo giocattolo lo guardò di nuovo carico di fuoco come se avesse acceso una miccia pericolosa. Si sentì divampare da dentro perdendo totalmente il controllo. In quello non c’era più alcun piacere perverso, solo umiliazione e svilimento. 
- Vaffanculo Mihawk! - tuonò come non aveva mai osato, una delusione bruciante nel petto. 
Mihawk lo guardò sorpreso che arrivasse a tanto, ma era ugualmente divertito. Non sembrava prenderlo sul serio e lui nelle condizioni furibonde in cui era si sentiva come un toro a cui avevano sventolato il drappo rosso, infatti si alzò di scatto in piedi facendo rovesciare lo sgabellino con l’intenzione di andarsene così com’era, nudo e la ferita sull’occhio ancora aperta, ma Mihwk lo richiamò indulgente per impedirglielo. 
- Vieni qua che ti devo medicare. 
- Fottiti! - ruggì ancora. Era quasi arrivato alla porta quando la mano di Mihawk arrivò da dietro e la richiuse con un gesto secco. La sua presenza da dietro lo fece rabbrividire e per questo si montò ulteriormente di rabbia. Si voltò di scatto col gomito alto per allontanarlo e magari colpirlo, ma Mihawk schivò facilmente senza spostarsi. 
- Piantala! - continuò ancora Zoro ritrovandosi però con le spalle alla porta che non poteva aprire. Mihawk non lo toccava e non lo schiacciava da nessuna parte, ma si sentiva costretto. 
Rimase fermo in piedi davanti a lui a guardarlo in attesa, sembrava non ci fosse più niente fra loro, come se tutti quei due anni fossero stati totalmente cancellati ed era un’altra cosa che lo mandava fuori di testa. La complicità, l’erotismo, il desiderio reciproco, il prendersi cura di lui come se fosse una cucciolo prezioso, la consapevolezza di Zoro di star godendo come mai in vita sua. Niente. Tutto sparito.

Mihawk attese che smettesse di respingerlo in modo inutile e sciocco per poi prendergli il polso e spostarlo a forza, gli sfilò la pezza dalla mano e controllò con attenzione la ferita. Gli mise due dita sullo zigomo e due sulla fronte, premette per capire quanto era profonda e se avrebbe avuto bisogno di punti, poi vedendo che non era così si voltò e tornò alla postazione di prima per bendarlo. 
- Vieni. - fece solamente. Zoro rimase lì piantato sulla porta. Adesso era libero e se ne sarebbe potuto andare, eppure non si muoveva. 
Mihawk alzò gli occhi al cielo esasperato pensando che fosse ancora in fase infantile. 
- Ho detto vieni. - ripetè con più fermezza.
- Perché vuoi che io parli e mi apra e tu non lo fai? Perché sei così dannatamente criptico e mi manipoli? Se vuoi una cosa da me dimmela chiaramente, chiedimela dannazione! Non sono veramente un bambino, odio che mi tratti come se lo fossi! 
- Pensavo che ti piacesse essere comandato e manipolato da me... - disse malizioso Mihawk aspettando paziente nel proprio sgabellino. 
- Comandato per i nostri giochi erotici e per motivi accademici, per avere un ritorno piacevole anche per me, non manipolato esclusivamente per i tuoi scopi che non tengono minimamente conto di quel che provo io. - lo corresse ancora sul piede di guerra Zoro, ma meno furioso di prima. Le braccia ancora incrociate al petto, dritto sulla porta. 
- Adesso ti comando di venire qua e farti medicare. - disse esasperato. Zoro rimase ancora lì e Mihawk senza voltarsi per guardarlo, dandogli perciò le spalle in quella posizione, aggiunse più fermo, col tono da Padrone che evidentemente doveva riutilizzare. - Adesso. 
A quello finalmente Zoro si decise a venire, sospirò indispettito e si sedette. 
Quando lo vide di nuovo in viso vide che era imbronciato e confuso.
Mihawk non disse nulla, si limitò a concentrarsi sulla ferita che chiuse con una garza pulita con l’intenzione di praticargli il bendaggio. 
- Non servono punti, si rimarginerà così, però non vedrai più. L’occhio è andato. - comunicò freddamente come se non fosse niente di che.

Di fatto la palpebra era chiusa e non riusciva ad aprirla. Non era quello ad indispettire Zoro, non era una tragedia vivere senza un occhio. Poteva vivere anche senza due, per mesi l’aveva fatto, era andato tutto bene. 
Non era quello. Era il motivo per cui l’aveva accecato e come lo trattava ora. Anzi, come scappava. Perché era questo che faceva. Mihawk stava scappando. 
Mentre iniziò a bendarlo avvolgendogli la fasciatura intorno alla testa coprendo l’occhio sinistro, Zoro tentò con un altro sistema cercando di non essere più accusatorio. 
- Mi dici perché mi hai ferito? - il tono ora era più morbido e meno sostenuto. Cercava di calmarsi per ottenere ciò che voleva, una risposta sincera.
- Lo sai perché. L’hai già detto. Se non ti ho corretto è perché era giusto. - rispose saccente e distante il suo Maestro. Stava mettendo le distanze di nuovo. 
Il tentativo di gestione diplomatica di Zoro durò molto poco, infatti tornò ad arrabbiarsi e a prendere fuoco e gli prese i polsi fermandolo dal proseguire con la procedura. 
- Perché vuoi che io parli e mi apra e tu non lo fai? Dillo chiaramente. Perché hai cercato un modo per legarmi di più a te? 
Lo sapeva, certo che lo sapeva. L’aveva capito da un anno che Mihawk provava qualcosa per lui, ma aveva bisogno di sentirglielo dire. Improvvisamente ne aveva bisogno. Non per perdonarlo, ma per concludere degnamente quell’avventura incredibilmente sconvolgente. Perché non voleva che finisse freddamente fra loro.  
Mihawk non sembrava intenzionato a scoprirsi, non voleva rispondere a quelle domande e dirglielo a voce, ma alla fine rassegnandosi spostò lo sguardo sul suo e si arrese. 
- Perché sei mio e lo sarai per sempre e voglio che te lo ricordi ogni giorno che vivrai su questo mondo. Non te lo devi dimenticare mai, che sei mio. 
Le sue parole sibilarono fuori dalle sue labbra contratte come i versi di un serpente, i muscoli del volto trattenuti a stento dal fare delle espressioni. Zoro gli lasciò i polsi per prendergli il viso e avvicinare il proprio al suo, mentre i brividi per quelle parole ed il modo in cui le aveva pronunciate lo penetravano eccitandolo striscianti sotto la pelle fino a raggiungere le sue parti basse. 

Mihawk riprese a bendarlo e concluse senza ribellarsi alla sua presa improvvisa ed impertinente. Poteva leggergli dentro e sapere cosa pensava, cosa provava, ma ne aveva paura. Ne aveva veramente paura, perché già sapeva cosa vi avrebbe trovato. 
Non gli avrebbe nemmeno mai fatto la vera domanda che fremeva per fargli.
Amava il suo Capitano? Certo che lo amava, lo sapeva, ma non avrebbe retto quella risposta perché non voleva né sentirla né percepirla. 
- Mi hai ferito perché volevi che un giorno tornassi a vendicarmi? - chiese quasi retorico appoggiando la fronte, ora avvolta nelle bende bianche, contro la sua. 
Mihawk chiuse gli occhi cercando di mascherare quel che provava, sapendo che Zoro glielo sapeva leggere senza problemi. Ormai temeva che non avrebbe più funzionato nulla, nemmeno quello che aveva fatto in quell’ultimo anno. Evitare di provare e trasmettere per non fargli sapere cosa provava non era facile. Non lo era più, perché era troppo grande quel che sentiva. 
Zoro aprì meglio le gambe e si avvicinò incastrandosi alle sue, scivolò con le mani sulla sua nuca e chiuse l’altro occhio. Stava cercando di trasmettergli qualcosa senza dirglielo. Si stava concentrando perché non riusciva ad esprimere a parole quel che provava. 
Mihawk lo capì bene, sentì alla perfezione cosa provava. 
A modo suo lo amava, solo non quanto amava il suo Capitano, ma lo amava; provava qualcosa di così complesso da non saperlo descrivere a parole, non sapeva dire cosa fosse, ma c’era. 
Era oltre il rispetto, la stima e la gratitudine. Anche oltre la dipendenza sessuale. 
Era qualcosa di complicato e profondo. 
Quando lo sentì, quando lo provò, per Mihawk fu la pace, il sollievo, la dispersione della nebbia che l’aveva avvolto in quegli ultimi tempi. 
- Come puoi pensare che non tornerò da te? - sussurrò infine aderendo con le labbra alle sue, in attesa della sua risposta. 
Mihawk, sentendolo con le sue parole, con la sua voce, gli prese la vita con le mani e lo strinse forte. Un bisogno esplose. Il bisogno di certezza. 
- Promettimelo. - chiese con forza, esigendo una risposta sincera. 
Zoro staccò brevemente la fronte e aprì l’occhio facendosi guardare a sua volta, quando i loro sguardi furono incatenati, rispose calmo: - Lo prometto. Tornerò comunque da te. 
Non sapeva se l’avrebbe fatto per riprendere il loro rapporto di dipendenza, perché provava qualcosa per lui sul serio o per vendicarsi dell’occhio, ma quel che contava era che per un motivo o per l’altro sarebbe tornato e tanto gli bastava. 
- Ti aspetterò. - rispose aprendo la bocca e premendola sulla sua. Trovò immediatamente la sua lingua con la necessità di sentirlo, la stessa che esplose appena Zoro ricambiò il suo bacio venendogli incontro. 
Non fu in grado di aspettare, gli prese le gambe e se le sistemò strette intorno ai fianchi, poi lo sollevò alzandosi in piedi, infine lo portò nella vasca termale e lì, mentre l’acqua li avvolgeva calda e dolce, lo strinse a sé premendoglisi addosso. 
Rimasero lì a trarre sollievo dall’elemento che al momento contribuì a farli unire meglio, scivolando uno sull’altro. 

Zoro iniziò a strofinarsi sul suo bacino cercando la sua erezione con la propria. Aveva lo stesso bisogno che aveva lui, doveva sentirlo, ne aveva veramente bisogno. Continuarono a baciarsi e a carezzarsi mentre le braccia si stringevano a vicenda, ma quando fu impossibile resistere oltre, Zoro lo allontanò il necessario per girarsi di schiena e uscendo col busto oltre il bordo, si piegò e si appoggiò sul piano di pietra e legno che delimitava la piscina. Infine sporse le proprie natiche desiderose verso di lui. 
Lo sentiva come non mai, Mihawk era di nuovo carico di trasporto e sentimenti e non riusciva più a contenerli e a nasconderli, ma non se la sentiva di scappare. Erano belli, dopotutto. Così belli. Anche se i suoi non erano uguali, in qualche modo ne provava comunque. Qualcosa c’era, dentro di sé. Qualcosa che continuava a spingerlo verso di lui e a rigenerarsi tutte le volte che Mihawk lo prendeva per i fianchi e infilava dapprima le sue dita e poi la sua erezione. 
Non sembrava dolce, aveva troppo bisogno di entrare, sentiva anche lui la stessa necessità fisica ed interiore di quell’unione. Quasi con disperazione Mihawk scivolò dentro di lui e Zoro l’accolse inarcandosi e gemendo insieme a lui, muovendosi in sincronia alla ricerca del ritmo perfetto, andando incontro ad un piacere che non avrebbero dimenticato. 

Mihawk iniziò a penetrarlo aumentando sempre più l’intensità e la forza alla ricerca di una maggiore intimità, per sentirlo di più, averlo di più. Perché era suo, in qualche modo il suo Capitano non l’avrebbe mai avuto così come l’aveva lui.  
- Sei vincolato alla parola che mi hai dato. - sussurrò fuori controllo chinandosi su di lui, si premette sulla sua schiena e gli morse il collo parlandoci contro. 

Zoro si riempì di brividi e capì che in quel momento avrebbe risposto a qualunque suo ordine, ma sapeva anche che Mihawk non voleva tenerselo con la forza, perché doveva essere lui a volerlo. Era fatto così e gli piaceva da matti per quello. 
- Tornerò da te. 
Non disse né quando né perché, in quel momento non lo sapeva, ma sapeva solo che sarebbe tornato, ormai ne era sicuro. 

Appena lo udì, Mihawk si tese e lasciò andare il piacere che attraversò ogni parte del proprio corpo. Tremò scaricandosi con una tale intensità da sconnettersi con la propria mente. Non si rese conto d’aver portato la mano all’inguine di Zoro per aiutarlo a venire a sua volta. Non si accorse che aveva anche lui il suo orgasmo. 
Fu tutto semplicemente perfetto e giusto. I loro piaceri, i loro corpi allacciati, le sensazioni esplose e quella promessa. 
In qualche modo, per qualche motivo, un giorno Zoro sarebbe tornato da lui. 
Non importava quando e perché, lui l’avrebbe aspettato. 

Cullato fra le sue braccia, si sentiva di nuovo il suo essere prezioso e per questo la pace aveva tornato a regnare sovrana nel proprio animo, dopo una tempesta bella tosta. 
Zoro non era una persona romantica, ma sapeva essere sensibile con alcuni eletti oppure in certi determinati casi. Non voleva realmente passare le ore coccolato come se fosse una cosa preziosa, ma il fatto che a Mihawk piacesse e lo facesse stare bene, gli trasmetteva un piacere interiore e mentale. 
Mentre ci pensava, totalmente appoggiato al suo petto, fra le sue braccia, ancora dentro la vasca calda, capì cosa aveva provato Mihawk in quegli anni con lui, quando invece di seguire la propria volontà e trattarlo con gentilezza e tenerezza, l’aveva accontentato sottomettendolo per i loro giochi erotici. 
Non era ciò che Zoro voleva realmente, ma siccome lo voleva Mihawk, allora andava bene ugualmente. 
Le dita di Mihawk carezzavano a pelo d’acqua la sua cicatrice sul petto, nonostante il bagno avevano fatto attenzione a non bagnare la benda sull’occhio appena applicata. 
Osservava il bagno sotterraneo in cui erano per provare a capire cosa significava vedere con un occhio solo. Al momento era nella pace dei sensi, gli ormoni esplosi gli trasmettevano una sensazione di benessere psicofisico, ma supponeva che ci sarebbero stati effetti e che si sarebbe dovuto abituare. Avrebbe avuto una visuale a metà, ma non lo preoccupava visto com’era migliorato con la percezione. Non era la vista esteriore che contava, sapeva come usare     quella interiore, quella che contava. 
- Perché non me lo vuoi dire? - fece dopo un po’ Zoro poggiando la nuca all’indietro, nell’incavo del suo collo. Non era seccato o infastidito, ma totalmente calmo. 

Mihawk comprese perfettamente cosa intendeva e rimase del tutto intenzionato a non cedere su quel punto. 
- Perché conosco la risposta. 
Erano tornati a comunicare al loro livello superiore, come si leggessero nel pensiero.
Era bello e sicuramente Zoro non l’avrebbe potuto fare con nessuno, nemmeno col suo Capitano. Mihawk voleva crederci. 

Zoro rimase pensieroso per un po’ valutando le opzioni, non si girò per obbligarlo a guardarlo, accompagnò la sua mano sul proprio petto fino ad intrecciare le dita. Non perché avesse bisogno di quel contatto, ma perché sentiva che Mihawk ne necessitava. 
Il suo Maestro si era arreso ed aperto, non cercava più di non trasmettere nulla per proteggersi da lui, adesso era in totale resa, ma non glielo avrebbe mai detto ad alta voce, tuttavia Zoro voleva che quelle parole venissero pronunciate. 
- Sei innamorato di me, Mihawk? 


Note: penultimo capitolo, il prossimo è l'epilogo. Alla fine l'accezione erotica è sfumata diventando più sentimentale poiché Mihawk è davvero preso da Zoro, solo che non avendo un carattere facile ha agito in modo discutibile per legare Zoro a sé in qualche modo, consapevole che non può battere Rufy. Quel che prova Zoro per Mihawk è molto complesso e profondo, ma impossibile da definire a parole. Ci sentiamo nel prossimo per le conclusioni. Baci Akane