4. ISPEZIONE

mizo

Nessuno dei due poteva certo dire che il giorno precedente fosse stata la prima lezione reale. 
Zoro aveva fatto un po’ come gli era parso, sovvertendo alle sue indicazioni di riprendersi dalle ferite e andando comunque a combattere con altri umandrilli. 
A Mihawk non era andato molto bene, ma aveva voluto dargli una lezione e fargli capire che se non lo ascoltava, oltre ad essere punito, c’erano delle conseguenze sostanziali nel suo apprendimento. 
- Se io ti dò un indicazione c’è un motivo preciso dietro e anche se tu non lo capisci o non lo condividi, ti devi fidare di me o non andrai da nessuna parte. Il tuo apprendimento sarà troppo lento e mi deluderai. Non vuoi deludermi, vero? 
Con quest’ultima domanda apparentemente fredda, l’aveva guardato sottile e inquisitore e lui aveva contratto la mascella cercando di resistere dal fare qualsiasi espressione o gestualità. 
Sapeva che il proprio sguardo gli faceva molto effetto, specie se era proprio quello che voleva. 
Dopo la colazione, si erano messi in un’enorme salone vuoto del castello. L’aveva adibita a stanza per gli allenamenti. Essendoci fuori gli umandrilli, non potevano disporre liberamente dell’esterno fino a che Zoro non sarebbe stato in grado di conquistarsi la loro stima o intimidirli a sufficienza. 
- Perché non mi fai andare fuori a combattere con loro? Ieri ho lasciato il lavoro a metà... - rispose invece il ragazzo dimostrando di non aver ancora capito bene cosa pretendeva da lui in quanto allievo. 
Mihawk sospirò cercando di non adirarsi. Chiuse gli occhi e prendendosi le mani dietro la schiena, continuò a camminare mentre lui stava in piedi al centro della sala. Sulle pareti c’era una pregiata collezione di armi, principalmente spade. 
Per il resto c’erano dei pesi per allenare i muscoli ed altre attrezzature che sarebbero state utili nell’addestramento. 
Zoro indossava i vestiti che gli aveva prestato Mihawk, una maglietta ed i pantaloni di tuta comodi, i pochi vestiti semplici che aveva erano ora suoi. 
- Te lo sto dicendo. Se ti do un’indicazione tu la esegui anche se non sei d’accordo e non la capisci. Perché io so meglio di te cosa è meglio. Da ora in poi voglio che tu sia il mio allievo fino in fondo e che esegua qualsiasi cosa ti dica. Perché odio ripetere le cose e odio essere deluso, perciò fa in modo che quello che si è verificato ieri non si ripeta. Era il tuo primo giorno e non avevamo parlato, non sapevi le mie regole, perciò non ti punirò. Ma da ora in poi, se dovessi deludermi e andare contro quel che ti dico, non ci andrò leggero. - spiegò calmo e tagliente, sempre camminandogli intorno come un falco che controlla la sua preda per capire quando sia meglio divorarla. 
Zoro inghiottì a disagio, probabilmente non era abituato a sentirsi parlare così, sicuramente era uno in grado di eseguire gli ordini ma solo se stimava la persona che glieli dava, ma quella cosa doveva cambiare. Non doveva eseguire i suoi ordini perché lo stimava, bensì perché era il suo maestro. 
- Capisco. - disse finalmente senza discutere o polemizzare. Aveva capito in fretta come comportarsi, perciò compiaciuto proseguì con la spiegazione del suo metodo. 
- Se ti dico che devi riprenderti prima di combattere ed addestrarti, è perché so che è meglio così. Ieri hai fatto di testa tua e sei andato a combattere con altri umandrilli e cosa hai ottenuto? 
Non ci teneva a spiegare le proprie motivazioni, ma voleva fargli capire che aveva veramente sempre ragione e che doveva sempre seguirlo fedelmente a prescindere dalla comprensione delle sue indicazioni. 
- Sono svenuto e mi hai dovuto portare via. - rispose serio. Zoro manteneva una posizione eretta, mani unite dietro la schiena, spalle dritte, mento sollevato. Guardava dritto davanti a sé e a momenti nemmeno batteva ciglio. 
Si faceva sul serio.
Mihawk fece un sorrisino che sparì quando, camminando sempre piano e sicuro, tornò davanti a lui. 
- È stato un allenamento inutile. Non hai imparato niente. Non ti è servito se non a ritardare la tua guarigione. Se mi prendo un compito lo porto fino in fondo e con totale successo. Perciò esigo che tu mi ascolti. - con questo si fermò davanti a lui, ad un metro di distanza, in una posa simile alla sua. 
- Mi ascolterai d’ora in poi? 
Zoro annuì. 
- Totalmente. 
- Qualunque cosa io ti dica, Zoro. Qualunque. - sottolineò assottigliando gli occhi dorati che penetrò nei suoi grigio-verdi. 
Aveva un colore affascinante e soprattutto il suo sguardo era orgoglioso e carico di fierezza. Stava facendo violenza su sé stesso per non rispondergli e ribellarsi. Sapeva che voleva combattere e non poteva perdere tempo a guarire. 
- Qualunque. - rispose ancora Zoro. Vedeva le vene esposte sulla fronte e sul collo ad indicare che stava facendo un enorme sforzo. Ma rimaneva fermo, da bravo allievo, sapendo che la cosa più importante era mantenere il suo posto. 
- Fino ad oggi eri un pirata che eseguiva qualsiasi ordine del suo capitano e che per lui era disposto a morire e mettere da parte la propria ambizione. Da oggi per due anni non sarai più quello. Da oggi per due anni sarai solo ed esclusivamente il mio allievo. Voglio che non ci sia niente sopra di me, capito? - Zoro annuì. Mihawk fece un altro passo verso di lui e a quel punto erano pochi centimetri a separarli. I loro corpi dritti uno davanti all’altro non si toccavano per poco. 
- Devo essere la tua massima priorità. Sarai solo il mio allievo. Non sarai un vice, né un amico, un compagno, uno spadaccino, uno che deve mantenere delle promesse. Niente. Ti spoglierai di qualunque cosa tu sia stato fino ad ora e sarai solo il mio allievo. Od io ti caccerò e non avrò una seconda parola. Non avrai altre occasioni, sono stato chiaro? 
Zoro contrasse la mascella, respirò a fondo guardandolo dritto negli occhi da quella vicinanza. Faticava a non esplodere e ricoprirlo di insulti, si vedeva che era sotto un enorme sforzo, ma annuì. 
- Chiarissimo. 
Tuttavia Mihawk non ancora soddisfatto annullò la brevissima distanza rimasta e toccandolo coi piedi e le gambe, lo sentì sussultare e trattenere il fiato.
Non distolse lo sguardo. 
- A chi appartieni Roronoa Zoro? - sussurrò poi non più piatto e gelido ma volutamente seducente. Seducente come un padrone che parlava a qualcuno che gli stava sotto. 
Zoro ancora non respirava, ma nemmeno rispondeva. Fermo, sorpreso, non più preda della rabbia ma di qualcos’altro. Una sorpresa insperata. 
Mihawk gli prese il viso con una mano e strinse le dita sulle guance con forza e prepotenza. 
- A chi appartieni? - chiese senza ombra di dubbio su quale fosse il senso di quella domanda. 
- A te. - rispose Zoro consapevole che non avrebbe potuto deluderlo ed infastidirlo. Non c’erano seconde possibilità.
- Sarò molto esigente. Ma alla fine dei due anni ti prometto che non ti pentirai di nulla. - promise allentando la presa sul viso. Zoro riprese a respirare impercettibilmente. Annuì piano. 
- Ti seguirò. 
- Sono la persona più importante per te in questo momento? - continuò. Zoro ancora non lo deluse, capendo perfettamente cosa voleva e come accontentarlo. Come compiacerlo. 
- Lo sei. 
- Dillo bene. 
- Sei la persona più importante per me in questo momento. - Mihawk inarcò le sopracciglia esortandolo silenzioso a continuare a compiacerlo. - non ti deluderò. Farò tutto quello che è necessario per far sì che tu mi trasformi nello spadaccino che sarà in grado di batterti. 
Mihawk avrebbe voluto dire ‘comincia col riuscire ad infilarti nel mio letto.’ Ma non poteva. 
Solo vedendolo parlare così iniziava a sentire quel calore che aveva ardentemente sperato di provare. 
Non doveva aspettare Shanks. Adesso lo sentiva anche con Zoro. 
Fece un sorrisino sentendo la propria erezione premere contro la sua che era nelle stesse condizioni, ma decise di cuocerlo ancora un po’, perciò fece un passo indietro e lo lasciò. 
Gli occhi di Zoro erano liquidi ed il volto era ancora immobile sotto uno sforzo sempre più grande. 
Aveva sentito che anche lui si era eccitato e questo era assolutamente innegabile, ma sapeva anche di dover aspettare che fosse lui a prendere l’iniziativa. Guai se fosse uscito dai ranghi, sarebbe stato assolutamente inaccettabile. 
Voleva essere lui a disporre del suo allievo e sottoposto. 
- Non hai grandi necessità di rinforzare il tuo corpo. - disse poi tornando al suo tono freddo e professionale, mentre lo scorreva con sufficienza attraverso i vestiti. Zoro a quel punto fece un’aria interrogativa. 
- Come fai a dirlo? 
Sebbene fosse tentato di dirgli di spogliarsi per farsi valutare, con un lampo di malizia rispose sinceramente: - Ho già avuto modo di ispezionarti bene. 
A quella allusione per nulla velata che era chiaro si riferisse alla sera precedente, quando l’aveva lavato, Zoro comprese e arrossì deliziosamente. 
Detestava essere un peso, glielo lesse in quel colore vivido sulle guance e nel modo in cui distolse lo sguardo per la prima volta da quando avevano iniziato quella lezione preliminare. 
Mihawk faticò a non sorridere deliziato, rimase in controllo e proseguì. 
- A parte le ferite che guariranno in qualche giorno, sei fisicamente in ottima forma. Nel tempo libero potrai allenare liberamente il tuo corpo. In quello non hai bisogno di indicazioni. Continuerai anche con le meditazioni. 
Questa volta non gli chiese come faceva a sapere che le faceva. Finalmente iniziava a capire veramente come voleva che facesse. 
- Ma adesso finché non potremo iniziare gli allenamenti come si deve, pulirai da cima a fondo il castello. 
Con questo gli diede le spalle e fece per avviarsi, ma la reazione spontanea di Zoro lo fermò. 
- Eh? 
Mihawk si fermò mantenendo la posizione. 
- Pulirai il castello. Hai detto che mi ripagherai facendo qualsiasi cosa. Inizia con questo. Non ho sudditi. Non voglio seccatori in giro, perciò approfitterò per farti pulire casa mia. 
Zoro non si lamentò dicendo che era grande. Acconsentì di buon grado. 
- D’accordo. - del resto era vero. Doveva ripagarlo in qualche modo e visto che era terribile ai fornelli, quello lo poteva fare. Era il minimo.
Mihawk però fece un sorrisino divertito siccome non lo vedeva. Sentiva nettamente la sua delusione. 
Aveva sperato gli chiedesse un pagamento di un altro genere. 
“Per quello c’è tempo. Prima pulisci il castello, poi passeremo a quello...”
Suo malgrado, disse calmo: - Quando avrai finito di pulire tutto il castello, dovresti essere guarito e allora controllerò il tuo corpo per vedere se sei in condizioni di cominciare sul serio. 


Bruciante delusione era dire poco. 
Aveva sperato gli dicesse di soddisfarlo sessualmente, per tutto il tempo gli aveva dato ad intendere che gli avrebbe chiesto quello. Non sapeva se prostituirsi in cambio di preziosissime lezioni di spada fosse giusto, sapeva che non sarebbe stato un problema, anzi, una perfetta soluzione. 
Tuttavia la sua fantasia dovette subire un brutto crollo dal momento che non glielo chiese. 
Una volta solo nell’enorme salone vuoto, sospirò abbassando le spalle deluso finendo per strofinarsi l’inguine attraverso i pantaloni. Era ancora eccitato. 
“Ma anche lui lo era, non sono idiota. Me l’ha schiacciato addosso. Credo mi voglia cucinare lentamente o mettere alla prova. Aspetterà che gli salti io addosso? Penso che non sia uno che gli piace se gli altri prendono l’iniziativa. È un padrone, gli piace comandare. Oltretutto se lo deludo in qualche modo, mi caccia. È stato chiaro.”
Ripensò a quando gli aveva fatto dire che era suo e che nessun altro era sopra di lui. 
“Saranno due anni più interessanti di quel che credevo!” si disse mordendosi il labbro carico di una voglia matta. “Mi farà impazzire. Lo so.”

Non ci aveva messo molto a pulire il castello. Alternando la pulizia alla meditazione, riprese gli esercizi di rinforzo fisico quando gli parve di sentirsi meglio.
Il tutto allietato dalla vocina per nulla melodiosa di Perona che doveva sentirsi sola. 
Passava il tempo a lamentarsi con lui, ma fra una stupidaggine e l’altra gli fece sapere qualcosa di utile.
‘Quell’uomo odioso’ era presente nella Guerra per la Supremazia. 
Zoro guardò Mihawk seduto a leggere il giornale nella sua solita poltrona, le gambe accavallate, la camicia mezza slacciata.
Si morse il labbro, poi prese un respiro profondo e con aria determinata, lo chiamò. 
- Vuoi che pulisca anche la tua camera? - disse senza salutarlo. 
Mihawk sollevò lo sguardo dal giornale posandolo con sufficienza su di lui. 
- Hai già finito tutto? 
Zoro annuì. 
- Mi manca solo la tua camera. - era imbarazzato a dire quelle cose, ma doveva fare quello che era necessario sia per compiacerlo che per rimanere il suo allievo. 
In ogni caso aveva bisogno di lui. 
Mihawk scosse il capo. 
- No, la mia non serve. - poi chiuse il giornale. - Ci hai messo meno di quello che pensavo. Credevo non fossero per te le pulizie. - prese il calice di vino e lo sorseggiò osservandolo, consapevole che non era lì per comunicargli la fine dei suoi lavori di domestico, ma per altro. 
Quel tipo era imprevedibile ed anche se voleva andarci a letto il più possibile, voleva anche sapere delle cose da lui e non era scontato gliele dicesse. Non lo conosceva per niente ed il suo haki non era utile al momento. 
Mihawk aveva innalzato un muro altissimo fra sé e gli altri, quel muro era sempre lì ed era impossibile capire chi lui fosse in realtà, perciò era sempre teso e sul chi vive, ma non lo odiava. Non più. Non solo perché ora ne era attratto, ma anche perché aveva bisogno di lui. 
- Hai detto che quando avrei finito mi avresti valutato. Vuoi che lo faccia Perona? Di solito dici a lei di curarmi... 
Era capitato soprattutto il primo giorno, quando era arrivato in condizioni pietose e l’aveva implorato di addestrarlo. 
Mihawk scosse il capo rimanendo impassibile e illeggibile. Finì il vino e posò il calice alzandosi in piedi. 
- No, lo farò io. Sono io il tuo maestro, devo capire precisamente in che condizioni sei. 
Con questo lo precedette fuori dal salone. Zoro rimase fermo un attimo a guardarlo per poi seguirlo non sapendo cosa aspettarsi. 
Voleva sapere da lui cosa era successo quel giorno, sapere di Rufy, ma non sapeva se sarebbe stato aperto al racconto. Oltretutto a parte quel primo giorno quando gli aveva fatto intendere che sarebbe stato il suo giocattolo sessuale con sguardi allusivi ed erezioni inequivocabili, l’aveva totalmente ignorato. A stento avevano mangiato insieme. 
Lo destabilizzava e lo confondeva, ma era anche vero che in quei giorni non si erano allenati perché come da lui predetto doveva aspettare di guarire. 
Mihawk lo condusse nella sua stanza dove ormai c’era tutto il necessario per le medicazioni e lo precedette al letto davanti cui si fermò rimanendo in piedi in attesa. 
- Togliti la maglietta. - disse indifferente. Zoro si strofinò le labbra tornando in lotta con sé stesso.
Da un lato voleva rimanere concentrato per sapere quello che voleva, dall’altro sperava lo molestasse. Lo sperava ardentemente. 
Forse non gli piaceva molestare una mummia, così si sentiva con tutte quelle bende addosso. 
Zoro lo raggiunse e camminando si sfilò la maglietta. Gli sembrava di essere di nuovo quel famoso giocattolo sessuale di quel giorno e di prepararsi a fare sesso; sebbene fosse quello che sperava, si sedette sul letto e attese che Mihawk lo controllasse.
Lo fece mettere a gambe incrociate al centro e lui si sedette accanto e guardandolo senza inclinazioni particolari iniziò a srotolare le bende partendo dal fianco.
Lentamente e con le sue lunghe dita affusolate, iniziò a svolgere le fasce circondandolo con le braccia per arrivare al lato opposto, mentre lo faceva lui teneva alte le proprie per permettergli di compiere l’azione agevolmente.
Mihawk era serio e concentrato e faceva in modo di sfiorarlo ma mai toccarlo bene, sebbene avrebbe potuto approfittare della situazione e sperava l’avrebbe fatto. 
Era pieno di brividi, ma respirava poco e rimaneva in silenzio come lui che non lo guardava mai in viso.
- Ti devo chiedere una cosa. - fece poi prendendo coraggio e sperando gli avrebbe risposto. 
- Mm? - rispose Mihawk senza guardarlo. Aveva quasi finito di togliergli le bende che ora erano rimaste solo intorno al collo, una parte molto sensibile. Zoro teneva i propri occhi sul suo volto sperando di cogliere anche la più piccola inclinazione. 
- Tu c’eri quel giorno nella guerra per la supremazia, vero? 
Mihawk annuì senza scomporsi. Quando ebbe finito di togliergli tutte le bende, lo guardò raddrizzandosi. Era sempre seduto nel letto con lui, ma lo stava valutando con aria critica. 
- Mi diresti come è andata? Ho letto nei giornali, ma so che non dicono mai tutto. 
Mihawk pareva indifferente a quel che gli aveva chiesto, con le dita passò i segni che adesso sembravano essersi parzialmente rimarginati, aveva un’ottima capacità di guarigione. 
Glielo lesse anche se il suo viso rimaneva impassibile. I suoi polpastrelli sui segni più vividi lo fecero sussultare e rabbrividire di più, ma non per il dolore. 
Era di nuovo eccitato, ma si richiamò all’ordine. 
Era un momento pessimo e perfetto per tutto e niente insieme. 
Era confuso. 
- Non sono sicuro ti faccia bene saperlo. Quel che conta è che il tuo capitano stia in qualche modo bene, no? Lo sta aiutando gente in gamba. - gli concesse dicendogli di girarsi per controllargli la schiena. 
Zoro radunò le ginocchia sotto di sé gli diede la schiena. Le sue mani si posarono fra le scapole valutando altri segni che non sapeva come erano. 
Zoro afferrò la stoffa sulle cosce e strinse cercando di dominarsi, ma non era facile. Gli stava piacendo più di quel che doveva. 
Si morse il labbro e con sforzo continuò a parlare sperando di non gemere. 
- Devo saperne di più. Tutto quello che puoi dirmi di lui. - per questo parlava piano e sottovoce, in modo intimo.
- Perché vuoi saperlo? Per te è una tortura, non ti aiuterà. - lui appariva invece indifferente.
- Perché io dovevo esserci e non c’ero. - la risposta fu immediata, ora le mani stringevano forsennate i pantaloni e il volto era deformato in una smorfia di rabbia e rimprovero. Si stava odiando, in quel momento. Era il minimo si torturasse così. 
Mihawk, capendo esattamente il motivo per cui voleva saperlo, sospirò e rimanendo alle sue spalle prese una crema antibiotica e gliela passò sulle ferite ancora un po’ aperte. Nel farlo i brividi tornarono a contrapporsi al proprio fastidio interiore. 
Di nuovo quella lotta. 
Zoro si sentiva spaccare in due, ma proprio in quello Mihawk iniziò a raccontare.
Il suo tono era calmo ed indifferente, né tagliente, né duro. Era come se leggesse un articolo sul giornale con noia. Non aveva animo. 
Però gli stava dicendo quel che era successo soffermandosi in particolare su tutto quello che ricordava del suo capitano. 
Nel raccontare, lo fece girare di nuovo verso di sé e lui eseguì totalmente assorbito da quel che diceva. Mentre parlava si figurava la scena come se fosse lì e totalmente assorbito, i brividi per l’eccitazione dei suoi tocchi incredibilmente delicati vennero messi da parte. 
Quando gli mise la crema nelle ferite sui pettorali, si soffermò in particolare sui capezzoli e lì Zoro trattenne il fiato in una scarica d’eccitazione che di nuovo lo distrasse dalle personali torture a cui tentava di sottoporsi. 
Dopo i capezzoli, toccò la vecchia cicatrice che gli aveva fatto lui, era sempre molto sensibile in quanto la pelle era più sottile lì, ma il fatto che fosse lui a toccargliela, come attratto da essa nonostante fosse annoiato dal racconto che gli faceva, gli fece stringere le labbra e trattenere il fiato. Stava di nuovo per morire, ma era un momento veramente sbagliato per deconcentrarsi e pensare al sesso. Gli stava parlando di Rufy, dannazione!
Sapeva che si vedeva che era eccitato, i pantaloni ad altezza inguine erano gonfi, ma non distolse lo sguardo dal richiamandosi all’ordine con un’enorme forza mentale. 
Mihawk si fermò e lo guardò come se lo stesse studiando, infine con una piccola punta di ammirazione, posò la crema e prese le bende riprendendo a fasciarlo, ma molto meno di prima. 
Gliele mise solo nella parte superiore del torace in quanto il resto non sanguinava più.
- Era spezzato. Non ho mai visto una persona così spezzata. Non so cosa possa aver fatto Jimbe con lui dopo, ma il tuo capitano era dilaniato. Mentalmente andato. È tutto qua quello che posso dirti, non so altro di lui, dopo. 
Zoro sospirò annuendo rendendosi conto fra una tortura e l’altra che aveva finito.
Forse fargli parlare di Rufy mentre gli metteva letteralmente le mani addosso era stato stupido, avrebbe potuto approfittare, ma era troppo importante sapere del suo capitano e aveva pensato che il momento dell’ispezione sarebbe potuto essere abbastanza intimo per spingere Mihawk a parlare. Infatti era andata così.
- Vorrei sapere un’altra cosa. - fece a quel punto Zoro mettendosi la maglietta a malincuore, rimanendo seduto sul letto con lui accanto come in attesa di qualcosa. - Perché te ne sei andato quando è arrivato il Rosso? 
Mihawk fece un sorrisino indecifrabile che non gli fece capire cosa pensava, era illeggibile e sembrava dire mille cose senza dirne nessuna realmente. 
Chiuse gli occhi e rispose vago: - Non combatto più contro di lui. 
Zoro voleva sapere perché, ma era consapevole che non gli avrebbe comunque risposto e avendo già tirato troppo la corda, decise di chiuderla lì. 
- Grazie del resoconto. Era importante sapere. - fece chinando il capo. 
- Domani cominceremo a fare qualcosa, ma non andrai fuori a combattere con gli umandrilli, non sei ancora all’altezza di quel gruppo. Lo farai quando te lo dirò io. - specificò freddamente sempre seduto accanto a lui come dovesse fare ancora qualcosa. Zoro annuì contento che almeno potesse cominciare in qualche modo, tuttavia vedendo che rimaneva lì in attesa di qualcos’altro che non capiva, lo guardò inarcando le sopracciglia in una muta richiesta. 
A quel punto Mihawk piegò la testa sconcertato della sua stupidità. Era così ovvio cosa voleva.  
- Non credi di dovermi dare niente in cambio della mia gentilezza nel raccontarti di quel giorno? 
Zoro avvampò violentemente, colto del tutto impreparato a quello, nonostante fosse una delle cose a cui aveva agognato di più, ma non aveva pensato sarebbe potuto essere così facile e che avvenisse così in fretta. Non c’erano dubbi che alludesse a quello, c’era un unico senso a quella frase e lì, nei suoi occhi dorati trasformati in quelli di un padrone in attesa, Zoro non si tirò indietro e allargando le braccia mentre il cervello si spegneva definitivamente, si lasciò cadere all’indietro stendendosi sul letto lì accanto a lui in attesa. Totalmente alla sua mercede.
Non ci sarebbe stato bisogno di parole e delucidazioni.
Le cose sarebbero semplicemente iniziate a succedere senza concordare nulla. Perché era veramente superfluo e ovvio. 
L’eccitazione divampò, mentre rimaneva lì a guardarlo ancora seduto sul materasso con quei suoi occhi magnetici ed inquisitori. Occhi che lo mandavano letteralmente fuori di testa. 
Finalmente era arrivato il momento di soddisfarsi. Anzi. Di iniziare a soddisfarsi. 
L’avrebbe accontentato in tutto, del resto doveva compiacerlo e comunque era stato davvero gentile nel raccontargli di quel giorno.
Qualunque cosa avrebbe voluto non si sarebbe tirato indietro. 
Non parlò, non disse niente e quel silenzio, mentre gli si sottometteva velocemente quasi come non avesse atteso altro, piacque enormemente a Mihawk. Zoro lo percepì, non ebbe dubbi. Il silenzio lo eccitava. Il silenzio accompagnato dall’obbedienza e dalla sottomissione. 
Adesso il momento dell’attesa e della preparazione era finito. 
Era ora di passare alla parte divertente e fare sul serio in ogni senso, in ogni campo. Senza riserve.