7. STIMOLANDO L’HAKI

mizo

Per la verità Zoro non aveva idea di cosa gli stesse succedendo, né che era qualcosa di manovrato e voluto da Mihawk per fargli usare alla perfezioni i suoi haki.
Quando era agitato e confuso, Zoro non capiva più niente e così l’haki della percezione andava a quel paese, ma non doveva succedere. Non se lo poteva permettere. Doveva usarlo sempre al massino in qualsiasi circostanza e stato d’animo e soprattutto anche con le persone più illeggibili e confondenti. 
Oltre a quello, Mihawk stava cercando di stuzzicare quello del Re Conquistatore che sentiva aveva in sé. Non tutti lo avevano, ma lui sì. 
In altre parole, aveva già iniziato a sua insaputa l’addestramento serio. 
Una volta alzati dal tavolo, Mihawk lasciò che Zoro aiutasse Perona a sistemare le cose della colazione ed uscì dalla porta che dava direttamente nel corridoio del palazzo, ma invece di aspettarlo nella sala degli addestramenti, rimase lì fuori dalla cucina. 
Le braccia conserte, l’aria severa e gelida, non furiosa come prima, ma sicuramente sostenuta. Sempre il suo muro d’acciaio a proteggerlo da qualsiasi essere vivente. 
Una volta finite le faccende, Zoro uscì dalla stessa porta, ma ritrovandoselo lì in quella posa ad aspettarlo inequivocabilmente risentito, si fermò sorpreso in totale subbuglio. 
Gli piaceva.
La verità era che a Mihawk piaceva da matti vedere Zoro in quello stato, pieno di ribellione bruciante che non riusciva a domare, ma l’avrebbe fatto per lui. Per stargli sotto e trovare il piacere che agognava. 
Non se ne sarebbe pentito. Ne sarebbe valsa la pena. Tutti i sacrifici, assolutamente. 
I due si guardarono, poi dopo un po’ di silenzio totale, Mihawk allargò il braccio indicando l’uscita. 
- Quella è la porta, se non vuoi essere addestrato da me. 
Zoro spalancò gli occhi meravigliato, tese tutti i muscoli del suo corpo e trattenne il fiato. Sentiva fin da lì il suo cuore battere impazzito nel petto, nel panico, in completo allarme. 
Lo sentì mentre veniva invaso da un sacro senso di terrore. Sapeva d’aver sbagliato e sapeva che aveva un solo colpo per rimediare. Non poteva mancarlo.
Avrebbe fatto di tutto per rimanere lì con lui, ma dentro di sé era ancora in piena lotta e confuso. Non sapeva come comportarsi con lui perché non lo capiva e non voleva essere solamente addestrato, voleva anche il piacere sessuale. 
Oltretutto il suo carattere non facile e tanto meno docile, non lo aiutava. 
Si stava sforzando dal momento in cui gli si era inginocchiato davanti, ma sapeva qual era il suo istinto reale. 
Non era paziente, né obbediente, però non era scemo ed anche se era molto orgoglioso, una volta che fissava un obiettivo, sacrificava ogni cosa di sé, a costo di umiliarsi pur di ottenerla.
Quanto voleva il suo sapere con la spada? Ma ancora di più, quanto voleva il piacere? 
Dopo un istante in cui si guardarono in completo silenzio, immobili, Zoro gli arrivò davanti per nulla intenzionato a virare verso l’uscita e con ogni muscolo e nervo teso fino allo spasmo, completamente contro ogni più piccolo istinto e desiderio personale, mise un ginocchio a terra e chinò la testa. 
- Mi scuso per il mio comportamento ribelle. Eseguirò ogni ordine riguardo l’addestramento. 
Mihawk rimase subito colpito non dal gesto, ma dalle parole che specificavano il riferimento esclusivo all’addestramento. 
Del resto sul piacere sessuale non avevano parlato, avevano solo agito ma non era stato esplicato nulla. Si erano capiti con l’istinto e la percezione, ma non ne avevano parlato. Era comprensibile la sua confusione, però Mihawk voleva usasse il suo haki per comprendere i suoi desideri.
Non sapeva le regole per ottenere il suo piacere, era vero, però le doveva percepire, se le voleva conoscere. 
Zoro non nominò quell’aspetto e Mihawk decise di assecondarlo e vedere quanto ancora sarebbe riuscito a resistere. 
“Devi comprimerti ancora, non è abbastanza per farti esplodere.”
Mihawk si chinò il necessario per mettergli un dito sotto il mento, infine gli alzò il capo e facendosi guardare negli occhi da lui a quella vicinanza di pochi centimetri, disse basso e penetrante. Gelido. 
- Non succederà di nuovo, perché la prossima volta ti caccerò invece di farti scegliere. 
Zoro era ancora teso ma anche di nuovo eccitato, in quel preciso istante capì una cosa importante che fino a quel momento non gli era mai riuscita di realizzare. 
Gli piaceva essere comandato e dominato da certe persone, nonostante scalpitasse per ribellarsi.
Mihawk sentiva ogni cosa del suo stato d’animo, lo leggeva con estrema facilità e sapeva che Zoro voleva alzarsi, saltargli addosso, ribaltarlo sul pavimento e baciarlo furiosamente. Ma non lo fece.
Annuì. 
- Non succederà più. Sono solo molto nervoso, è una situazione nuova e devo abituarmi. Ma lo farò presto. 
- O sarà peggio per te. - concluse Mihawk raddrizzandosi e dandogli la schiena per avviarsi alla sala dell’addestramento. 
Sentì distro di sé Zoro sospirare di sollievo mentre lui si riempiva di orgoglio e desiderio. 
“Avevo ragione, è una bestia selvaggia. Ma le bestie selvagge in realtà desiderano solo trovare un padrone; non lo sanno, ma è così. Ed io sarò quel padrone.”


Dopo un altro intero giorno di quello che un esperto del settore avrebbe definito ginnastica di recupero, Zoro non si sentiva affatto meglio.
Non era un problema pregarlo in ginocchio se era per ottenere ciò che voleva, ma solo finché si trattava dell’addestramento con la spada. 
Al di là di quello, una parte di sé si rifiutava categoricamente di implorarlo, nonostante volesse con tutto sé stesso il piacere sessuale. 
“Comunque non posso più permettermi di contraddirlo sugli allenamenti, perché la prossima volta mi caccerà davvero. È frustrante, ma fa parte della disciplina dell’arte della spada. Bisogna saper stare al proprio posto e dominare ogni parte di sé, anche la più prepotente. So che è così anche se non me lo dice. Poi forse è anche vero che non ho ancora del tutto recuperato fisicamente. Lui vede due anni come tanti giorni davanti a noi, perciò pensa che non serva correre, ma io sono impaziente e mi vedo lontano dal livello che voglio adottare. Due anni non mi sembrano abbastanza.”
Alla fine dell’intera giornata di esercizi fisici, conclusa poi con un’ora e mezza di meditazione che l’aiutò solo in parte a placare la propria tempesta interiore, Zoro stringeva le sue tre spade da cui non si separava mai anche se sapeva non le avrebbe ancora usate. 
Mentre andava in camera per lavarsi, si trattenne a stento dal sfoderarle. Aveva bisogno di usarle, gli sembrava d’averle abbandonate e non c’era niente sopra di esse, nemmeno Rufy. Ma se il suo maestro gli diceva di non farlo, non poteva contravvenire. Era un ordine preciso che riguardava l’addestramento per il quale aveva implorato ben due volte. 
Stava per varcare la soglia quando si rese conto di essere davanti alla sua vecchia camera, quella che gli avevano assegnato i primi giorni.
Prima di entrare si fermò chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare a quel proposito. 
“Beh, i vestiti che mi aveva prestato sono tutti qua e comunque finché non mi dice che diavolo vuole da me in modo chiaro ed esauriente, userò il mio buon senso!”
Il suo buon senso, però, non era molto saggio, tendeva anzi ad essere un po’ suicida. 
Era un senso che più che buono, era primordiale. 
Sapeva che usando la propria camera quando sia la sera prima che poi quel mattino, Mihawk gli aveva detto chiaramente che si sarebbe trasferito nella sua stanza e di conseguenza poteva usare i suoi vestiti, ma Zoro entrò nella sua vecchia camera decidendo di basarsi sul semplice fatto logico che il primo giorno gli aveva prestato dei vestiti e che quindi doveva usare quelli e dal momento che i vestiti in questione erano in quella camera, lui era lì che doveva andare a cambiarsi. 
Non c’entrava per nulla il provocarlo per spingerlo a togliere quel muro gelido nuovamente innalzato fra loro. No, per niente.
Mihawk sembrava schizofrenico, prima sembrava volerlo inglobare in sé, poi lo abbandonava come se avesse sbagliato qualcosa ovviamente senza spiegarglielo. Ma lui sapeva di non aver sbagliato niente. 
“E come diavolo faccio a sbagliare se non mi dice nulla?”
Ignorò la vocina che gli diceva che invece qualcosa gliel’aveva detta eccome. Di trasferirsi nella sua camera. 
In generale sulle regole al di fuori dell’addestramento non si era detto nulla e finché non sarebbe successo, avrebbe agito di testa sua. Con quel famoso pessimo buon senso suicida. 


Quando Zoro si ripresentò a tavola per la cena con la solita brontolante Perona che insisteva nel dire che solo per il fatto che Mihawk la ospitasse, lei non era realmente tenuta a rendersi utile in casa ma che lo faceva perché era buona, Mihawk era di nuovo chiuso al di là del suo gelido muro e lo ignorava. 
Zoro sapeva che doveva averlo visto usare la sua vecchia camera, ma decise di usare la sua stessa moneta e ignorarlo.
Se lui lo faceva, perché non doveva imitarlo? Era stufo di indovinare i suoi capricci solo per delle scopate che ancora non arrivavano.
Che però sarebbero state sicuramente splendide, meravigliose soddisfacenti e utili. 
Si sedette così a tavola lieto che Perona riempisse quel pesante silenzio congelante con il suo vortice di parole a cui nessuno dava retta, mentre dentro di sé si chiedeva se avesse davvero potuto resistere così due anni.
“Ma sono stato io ad impostare la relazione in quel modo, perché volevo assolutamente scopare con lui. Adesso solo perché lui per accontentarmi vuole che indovini i suoi capricci non è che posso prendermela. Insomma, non ne abbiamo parlato apertamente ma è come se l’avessimo fatto. È come se io gli avessi detto ‘mi scoperai?’ E lui mi avesse poi risposto ‘sì, a patto che tu faccia quel che voglio io’. Ma fin qua sarebbe andato anche benissimo. Peccato che il resto del dialogo è stato ‘e cosa vuoi che faccia?’ e lui mi abbia risposto ‘indovina!’. Sì, certo, ci posso provare. Un po’ ci sono riuscito ed è andato tutto bene, ma poi evidentemente qualcosa non l’ho capito e a lui gli è girata la luna. Sarà così sempre? Se voglio che mi scopi devo indovinare quel che desidera? E se non ci riesco, cosa? Dovrò spararmi seghe per sempre? Non mi bastano le seghe. Mi sparo seghe da mesi! Sono stufo di quelle! Ho bisogno di un uomo e lui mi stuzzica troppo. So che vuole qualcosa di specifico da me, ma cosa?”
Rimase in perfetto silenzio per tutta la cena, così come aveva fatto Mihawk. Perona era stata la sola a parlare facendosi lunghi monologhi da sola, quando poi avevano finito, il proprietario di casa si alzò lasciandoli senza dire mezza parola, così Zoro come di consueto aiutò a sistemare la tavola e la cucina. 
- Avete per caso litigato? - chiese Perona mentre lavavano insieme i piatti. 
- No, perché? - in realtà non poteva dire che avessero litigato. Per farlo due dovevano discutere ad alta voce e la cosa non si era mai verificata. Si erano detti delle cose, tutto lì. Ma nessun litigio o discussione. Nessuno scambio.
Perona alzò le spalle scuotendo il capo polemica. 
- Oh, ma che me ne importa! Fate come volete! È solo che essere l’unica che parla a volte e faticoso! Rimpiango così tanto Thriller Bark... - a quel punto tornò a parlare dei tempi con Gekko Moria in quel posto dove si erano di fatto incontrati e scontrati. 
Zoro si sconnesse tornando ad ignorarla, pensando invece che da lei per accettarla come inquilina aveva semplicemente preteso si occupasse delle faccende base della casa, come cucinare, sistemare e forse fare il bucato. 
“Dubito pretenda gli faccia da cagnolino.”
Ma non poteva di certo dire che fosse quello ad infastidirlo. Fare da cagnolino andava bene, se poteva essere scopato da lui. Posto poi che i cani non venivano scopati dai loro padroni, nella realtà. 
A quel punto si corresse uscendo dalla cucina che avevano finito di sistemare. 
“Non è che mi considera un cagnolino, ma una sua proprietà di cui può disporre a piacimento qualunque sia il suo desiderio.”
Sospirò storcendo le labbra e accartocciando il volto in un’espressione scontenta. 
Guardò Perona andarsene dicendo che non ci voleva stare un minuto di più con due così musoni e silenziosi e che preferiva andare a parlare da sola davanti allo specchio, così una volta soli Zoro si mise le mani in tasca e rimase fermo immobile dov’era. 
Era incerto sul da farsi, era lui che voleva essere scopato da Mihawk. Era lui che per quello scopo si era fatto fare di tutto nella speranza che lo facesse davvero. Poi la delusione nel vedere che non era successo l’aveva destabilizzato e fatto arrabbiare. 
Il problema era la mancanza di chiarezza in merito a quella cosa. Sull’addestramento le regole c’erano state e dopo qualche momento di incertezza, le cose sembravano funzionare. 
Ma su quel secondo argomento forse era ora di parlarne apertamente. 

Mihawk stava ancora leggendo, questa volta un libro, sorseggiando il suo vino solito davanti al caminetto acceso della sera. 
Sentiva chiaramente tutti i suoi stati d’animo tempestosi. Faceva e disfaceva, pensava un sacco ed era completamente nel caos. In quello stato non avrebbe mai potuto usare l’haki della percezione. Il primo giorno ci era riuscito benissimo ed aveva fatto tutto alla perfezione, ma poi era bastato stuzzicarlo un po’ per gettarlo nel caos. 
Rimase curioso a vedere come l’avrebbe gestita, sentendo che stava disperatamente cercando di trovare una soluzione da solo.
Zoro voleva far sesso con lui e questo era un fatto fin troppo evidente, ma non riusciva a far pace con sé stesso sul modo in cui intendeva riuscirci senza rischiare di essere respinto o peggio cacciato. 
Senza staccare gli occhi dal libro, pensando che si sarebbe di nuovo docilmente seduto ai propri piedi aspettando che gli desse da bere il vino che voleva tanto, oltre che il resto, rimase di sasso nel sentirlo sedere nel divano.
Era un divano antico in stile col resto dell’arredamento, ma non era propriamente vicino alla poltrona che lui aveva invece spostato rivolgendola di proposito verso il caminetto. 
Si era creato la sua postazione preferita, perciò di fatto quel divano era fastidiosamente lontano dalla propria poltrona. 
Mihawk non riusciva più a concentrarsi sul libro, anche se fingeva di leggerlo nella totale indifferenza. 
- Quando pensi che tornerò ad usare le spade? - chiese Zoro iniziando da un argomento che non era spinoso come l’altro di cui invece voleva chiaramente parlare. 
“Dunque si chiama fuori dai giochi? Ha deciso di rinunciare al sesso che tanto voleva con me? Niente più piacere sessuale? Si limiterà al rapporto ‘maestro allievo’?”
Non ci poteva credere, principalmente perché sentiva chiaramente cosa provava. 
- Quando sarai pronto. Non manca molto, oggi sei andato piuttosto meglio, il tuo corpo è quasi tornato ai propri fasti.
Zoro annuì sinceramente contento e Mihawk voleva ordinargli di sedersi ai propri piedi, ma non poteva farlo. Doveva capirlo da solo cosa voleva. 
- Dopo andrò ad affrontare quel gruppo di umandrilli? - continuò con le domande relative all’allenamento come per capire cosa aspettarsi, Mihawk allora rispose ancora con indifferenza, come se gli facesse un favore o più che altro se non ci fosse un reale motivo per non rispondergli. 
- Per quelli hai bisogno di migliorare o ti ritroverai di nuovo come il primo giorno, grondante sangue, ed io ti dovrò di nuovo lavare e curare. Perderemmo di nuovo un sacco di tempo. 
Zoro sembrò interessato a quel discorso e si protese a guardarlo senza spostarsi da quel maledetto divano che ora voleva bruciare. 
- Ah sì? Perciò prima mi insegnerai qualcosa di nuovo con la spada? - fece speranzoso illuminandosi davanti a quell’inattesa prospettiva. 
Mihawk a quel punto chiuse il libro, prese il calice di vino e lo sorseggiò spostando i propri occhi dorati su quelli carichi di interesse di Zoro. Troppa distanza fra loro. 
- Di cose nuove con la spada te ne dovrò insegnare molte, Zoro. 
Lui però la prese bene, forse per il fatto che sapeva di essere ben lontano dal livello che voleva ottenere, perciò nel sapere che gli avrebbe insegnato molte cose si rianimò eccitandosi. Non quell’eccitazione che riguardava loro, quella con cui la sera prima gli aveva potuto mettere il proprio pene in bocca. 
Un’eccitazione genuina rivolta alla sua enorme passione per la spada e la forza. 
Si infastidì che fosse quello, ora, a dominarlo. Doveva essere lui, la voglia del suo piacere, del sesso insieme, a dominarlo. Era quello che voleva vedere. Perché in quello, lui era il suo protagonista al posto delle spade. 
Non ne era geloso, ma voleva divertirsi e Zoro era ora l’unico che potesse riuscire in quel compito. 
- Dove andrai a dormire, stanotte? - chiese Mihawk poi mettendolo improvvisamente alla prova e senza più veli e muri di ghiaccio. 

Zoro annaspò per un momento ritrovandosi bruscamente catapultato in un altro piano, come se fosse precipitato dall’alto senza paracadute. Non se l’era aspettato, non aveva potuto attutire la caduta. 
Lo guardò battendo gli occhi, poi capendo che non gli avrebbe permesso di far finta di niente su quello, decise di mantenere i propri propositi.
Per la verità nemmeno lui voleva far finta di nulla. Voleva davvero quel piacere assoluto con lui, ne aveva bisogno o appena avrebbe rivisto Rufy sarebbe scoppiato un disastro. 
Prese un respiro profondo, chinò lo sguardo e facendosi forza, disse piano: - Dove vuoi che dorma? 
Non voleva fare così, ma pensava che fosse Mihawk a pretenderlo. Si sforzava di essere come credeva che quell’uomo lo desiderasse, però la verità era che voleva salirgli sopra a cavalcioni ed infilargli la lingua in bocca. 
- Devi indovinarlo tu. 
A quella risposta improvvisa e assolutamente strana, Zoro lo guardò sorpreso tendendosi sul posto mentre sentiva di nuovo il proprio corpo iniziare a fremere e scaldarsi. 
- Cosa? 
Mihawk bevve ancora guardandolo negli occhi, anche se lontani lo penetrava con due lame affilate. Si sentiva nudo davanti a lui. 
Zoro non mosse ancora un solo muscolo. Aveva una voglia matta di bere quel vino, ma non poteva fare nulla al momento. Non poteva tirare la corda. 
- A parte per gli ordini espliciti che ti darò e che riguarderanno prevalentemente l’addestramento con la spada, io voglio che per tutto il resto, specie noi due, tu indovini cosa voglio. Lo devi sentire. 
Zoro rimase ancora seduto immobile, di nuovo ipnotizzato da lui. Il cuore che galoppava ancora, l’eccitazione che strisciava ancora capendo quel che per tutto il giorno l’aveva tormentato facendolo impazzire. Ecco lì ogni risposta a tutti i suoi dubbi. 
Non ci poteva credere. 
- Col mio haki? 
Finalmente Zoro capì di cosa si trattava. Mihawk annuì e bevve ancora, poi riempì di nuovo il calice e lo posò sul tavolino accanto alla poltrona. Infine rimase lì con la gamba accavallata a guardarlo in attesa che capisse e facesse. 
- Devo allenare il mio haki della percezione cercando di capire cosa vuoi da me? 
- Se vuoi qualcosa te lo devi conquistare. E non parlo del mio sapere con la spada. 
Zoro si strofinò le labbra ed improvvisamente vedeva tutto alla perfezione. Il vetro smerigliato venne pulito e tutto si mostrò a lui chiaro e limpido. Come aveva fatto a non capire? 
Era un test per mettere alla prova il suo haki, usando una cosa che lui voleva da matti. 
Il rapporto con lui.
Quello intimo. Sessuale. Il piacere. L’orgasmo. 
La seconda cosa che cercava da lui dopo la spada. 
Zoro così rimase fermo a ricambiare il suo sguardo, poi guardò quel bicchiere pieno di vino che non stava toccando. Era per lui, quel vino.
Mihawk sapeva che lo voleva, ma c’erano delle condizioni per darglielo.
A quel punto, capendo, vedendo, percependo di nuovo tutto chiaramente, Zoro inghiottì a vuoto assetato e accaldato, con le voglie di nuovo alle stelle e lì decise di andare fino in fondo. 
Lì, proprio in quel momento, Zoro decise che non si sarebbe tirato indietro davanti a nulla e che si sarebbe buttato dentro a quell’esperienza totale di piacere che sapeva non avrebbe mai più potuto vivere se non lì, con lui, in quel modo. 
“Bene.” pensò alzandosi dal divano. Andò al caminetto davanti alla sua poltrona, mise un altro legno, infine si sedette ai suoi piedi.
Appena lo fece Mihawk sciolse le gambe accavallate e le schiuse leggermente permettendogli di appoggiarsi con la schiena alle ginocchia. 
Finalmente, una volta che fu lì in quella posizione, Mihawk spuntò da dietro col calice di vino, gli mise una mano sul mento e sollevandoglielo oltre che tenerlo fermo, gli accostò il vetro alle labbra. 
Gli fece scendere il vino all’interno della bocca fino a svuotare completamente il calice, come a premiarlo per fargli capire che aveva finalmente capito bene, che era quello il modo di usare l’haki della percezione e doveva continuare in quel modo. 
La sensazione del vino lo inebriò immediatamente trasmettendogli un’immediata ondata di calore. Calore che non sapeva se fosse in realtà dipeso dall’alcolico o dalla sua mano sul mento e dal fatto stesso che gli aveva dato da bere. 
“O forse è perché l’ho capito, finalmente, e l’ho accontentato. L’ho realizzato. È questo che mi sta eccitando tanto? Se mi sento così solo per questo, cosa succederà quando avrò realizzato pazientemente tutti i suoi capricci?”
Pensandolo, per poco non corse a toccarsi con la mano, ma si fermò.
Mihawk non glielo aveva permesso. 


Note Finali: la fan art non esprime precisamente la scena da me descritta nella quale nessuno sguaina spade e nemmeno fa cenno di farlo, ma era quella che più si avvicinava a quanto descritto da me poiché Zoro gli sta in ginocchio davanti e Mihawk gli è chino sopra e si guardano intensamente da vicino. Finalmente sono riusciti a comunicare quel minimo per permettere a Zoro di progredire in quel piccolo progetto personale che è l'autorealizzazione sessuale. Da qui in poi il livello salirà ancora, sempre lentamente, ma costantemente. Sono felicissima di vedere che la fic piace, grazie per i commenti e a chi legge. Alla prossima. Baci Akane