*La vera essenza di Zoro, quella più profonda ma che lo caratterizza più di ogni altra cosa, inizia a venire fuori. Quel suo seguire ciecamente le persone di cui si fida e che stima senza farsi domande né discutere mai. Questo suo aspetto è semplicemente spettacolare e adesso vedremo perché. Buona lettura. Baci Akane*

9. NELLE SUE MANI

mizo

Quando Perona era uscita dalla cucina avendo finito di sistemarla, si era fermata incuriosita di capire cosa stavano facendo. 
Mihawk era seduto sul divano e non sulla sua solita poltrona, mentre Zoro stava fermo in mezzo alla stanza come un palo. 
Rimase ad osservarli per un po’, poi Mihawk gli fece il cenno di andarsene con aria gelida e lì lei prendendosela sbraitò di continuare pure quegli stupidi giochi noiosi senza di lei, che se non era gradita non aveva importanza. 
Se ne andò lamentandosi, ma Mihawk una volta che ebbe la certezza di essere soli, sospirò soddisfatto, infine tornò a posare lo sguardo acuto e curioso sul suo allievo. 
Zoro stava fermo in mezzo da quando era sfilato dalle sue braccia. 
Era stato incredibilmente bello essere di nuovo preso da lui. L’aveva tastato per capire chi o cosa fosse e gli era piaciuto, ma ancor di più gli era piaciuto sentire come Zoro ne aveva approfittato. 
Non se ne era accorto probabilmente, ma entrambe le volte aveva continuato a toccarlo non per bisogno personale, ma per volontà.
Gli era piaciuto essere toccato da lui, anche se era stato del tutto casuale. 
Voleva che Zoro capisse, che lo percepisse, lo sentisse. 
Mihawk lo voleva. Voleva essere toccato da lui, voleva che prendesse l’iniziativa e che poi capisse anche fin dove potesse arrivare e quanto dovesse andare avanti. Ma voleva. Voleva che gli facesse qualcosa, così come prima quando gli era finito addosso accidentalmente e poi aveva approfittato per abbracciarlo.
Quella stretta era stata terribilmente calda e morbida, così avvolgente che la voleva di nuovo.
Guardandolo attento, iniziò a pensarci ardentemente e quando vide che Zoro finalmente si muoveva dopo essersi concentrato e calmato, sorrise compiaciuto vedendo che veniva diretto da lui senza usare le mani per evitare gli ostacoli.
Pessima mossa. 
Finì addosso al lungo tavolone da cerimonia che arredava il salone. Soffocò una risata solo per evitare di farsi individuare, Zoro imprecò pesantemente, ma si raddrizzò e riprese a muoversi circumnavigando l’ostacolo, questa volta usando le mani per aiutarsi. 
Aveva comunque capito dove si trovava, non era andato a caso, né in direzione del calore del caminetto acceso come di consueto. Aveva capito che non era seduto alla sua solita poltrona. 
Quando finalmente lo raggiunse, non si mosse di un millimetro dalla sua posizione. Era eretto con le gambe accavallate e le mani intrecciate sul grembo, in attesa. 
Tratteneva il fiato per non aiutarlo, ma Zoro arrivò finalmente al divano e dopo aver toccato il sedile, arrivò alle sue gambe.
Piano risalì sulle cosce, non cercò di molestarlo, non approfittò per toccargli l’inguine. Salì lento e sicuro sul torace e quando arrivò al volto, glielo riprese fra le mani, infine si chinò e lo baciò sicuro e senza esitare. 
Finalmente non pensò provando a capire se gli andasse una sua mossa, un bacio o qualcos’altro. Lo fece e basta. 
“Dotato.” pensò Mihawk. “Straordinariamente dotato.” 
Aprì le labbra come a premiarlo e lasciò che le loro lingue si incontrassero in una fusione voluta e desiderata da entrambi. 
Mihawk sciolse gambe e braccia e da quel gesto Zoro dedusse facilmente che voleva gli si sedesse a cavalcioni, cosa che fece senza esitare, quasi come glielo avesse detto a voce o l’avesse preso lui per i fianchi sistemandoselo sopra. 
Quell’iniziativa che Zoro aveva preso leggendogli dentro senza probabilmente rendersene conto, fu una conquista più per Mihawk che per il suo allievo. 
Lo prese per la vita accogliendolo e lo sentì andare in fiamme ed eccitarsi. Lo sentì anche fisicamente, oltre che emotivamente. 
Per certe cose non servivano gli haki.
Mihawk sorrise sulla sua bocca ancora intrecciata alla propria, ma Zoro non si sciolse, non poteva guardare il suo sorriso, ma solo percepirlo tramite e continuò ad aderire e a giocare con la sua lingua come se in realtà gli stesse facendo un dipinto per capire come appariva il suo sorriso.
Il bacio divenne incandescente ed il bisogno di entrambi crebbe, bisogno che Zoro manifestò abbracciandolo di nuovo. Gli cinse le braccia intorno al collo e senza paura aderì il corpo al suo facendogli sentire quanto desiderio avesse di lui.
Più che desiderio, però, sembrava una necessità profonda di perdersi in lui. Di essere preso e fatto suo.
Zoro lo voleva con tutto sé stesso e sperava che dopo di quello, per premiarlo, l’avrebbe fatto, ma Mihawk voleva pressarlo ancora un po’ prima. 
“Mi dispiace, ma è presto per quello.”
Infatti invece di correre con le mani a spogliarlo con quella di prevaricare e farlo suo, ricambiò l’abbraccio e lo tenne a sé come se fosse il suo tenero cucciolo bisognoso di coccole. 
Un’immagine e una sensazione che lo intossicò molto più di un orgasmo. Qualcosa di così bello che non pensava avrebbe più potuto restituirlo al suo capitano, al termine di quei due anni. 

- Bravo ragazzo... - sussurrò contro la sua bocca, stregato da come gli si dava senza esitare. Zoro rabbrividì sentendo una gioia assoluta.
Era estremamente eccitato e contento insieme. 
Ci era riuscito. 
Sapeva di esserci riuscito.
L’aveva percepito, anche se il resto ovviamente no. Ma lui l’aveva percepito.
E non solo. Aveva capito quel che voleva.
Per tutto il tempo che si era concentrato su di lui e che si era sincronizzato con lui, aveva avuto in mente quell’immagine. 
Un abbraccio. 
Mihawk voleva quello. Prima l’aveva fatto per caso, ma doveva essergli piaciuto, visto però che il gioco fra loro era che lui capisse da solo cosa voleva, non glielo aveva detto. Ma lui l’aveva capito.
Non solo se l’era tenuto su di sé, gli aveva anche fatto i complimenti. 
Dei complimenti, fra l’altro, molto da padrone, se ne rendeva conto. 
‘Bravo ragazzo’ era come quella carezza sulla sua testa di quella sera. 
Era terribilmente bello per quando assurdo e voleva solo implorarlo di prenderlo, ma sapeva, sapeva bene che il suo maestro aspettava qualcosa di particolare, prima di farlo suo e di concederglielo. Non sapeva cosa, ma sapeva che era così e lui non poteva di certo dissentire. Andava bene, insomma. Lui sapeva cosa era meglio ed era sicuro, ormai, che non si sarebbe mai pentito di niente.  
- Spogliati... - sussurrò al suo orecchio Mihawk.
Per un momento Zoro andò a fuoco, un’ondata di calore lo colpì devastante e l’erezione si fece dura.
“Davvero lo faremo ora? Qua?” 
Erano in salotto e non in camera, ma non era quello a farlo dubitare nonostante l’enorme speranza ed il falso indizio. 
Lui sapeva. L’aveva appena percepito che Mihawk voleva qualcosa da lui prima di fare sesso. Non sapeva cosa, ma era così. 
Perciò tornò a calmarsi e mentre i battiti  tornavano ad un livello accettabile, scese da lui e si spogliò senza discutere, senza ovviamente togliersi la benda dagli occhi.
Una volta che si fu tolto tutto senza risparmiarsi nulla, sapeva che lui invece era ancora fermo sul divano e che era ancora totalmente vestito. 
Si sentì eccitare ancora di più all’idea. Cosa voleva da lui? Cosa gli avrebbe fatto?
Mihawk aspettava, prima di dirgli cosa voleva, perciò capì che doveva essere lui ad arrivarci da solo.
Zoro, nudo con l’erezione dritta in attesa, prese un respiro e dopo un po’ si rese conto che la privazione della vista lo stava realmente aiutando. Non ci avrebbe mai creduto razionalmente, sebbene sapeva che se il suo maestro gliel’aveva imposto significava che era utile. 
Però solo lì, nel buio assoluto della propria mente, un buio forzato, si rese conto che vedeva meglio le immagini. Doveva essere calmo e non nervoso, doveva rilassarsi e spesso era più facile a dirsi che a farsi, ma quando ci riusciva, grazie a quel buio vedeva benissimo. 
Tornò a vedersi abbracciato a lui come prima, così senza farselo dire gli salì di nuovo addosso e nonostante il fastidio dei suoi vestiti ancora addosso che strofinavano sulla propria pelle del tutto libera, venne accolto dalla sue grandi mani che se lo sistemarono addosso come prima, prendendogli questa volta le natiche. Le strinse fra le dita e l’attirò a sé premendosi addosso il suo bacino nudo e l’erezione tesa. I pantaloni a separarli, ma era comunque lì. Tutto lì. La loro eccitazione, il loro piacere, la loro voglia.
Voglia che non venne trattenuta da quegli abiti e dalla volontà di Mihawk di aspettare a farlo suo. 
Zoro strisciò col viso sul suo collo mentre lo cingeva con le braccia dimostrando tutto il suo bisogno e la sua disposizione totale. 
Gli si stava dando completamente e senza riserve, nella speranza che presto gli desse il resto, che lo premiasse ancora. 
Mihawk però lo premiò, anche se non come lui si era aspettato. Iniziò a muoverselo addosso prendendolo per i glutei e strofinandoselo, gli mordicchiò il collo leccandolo e succhiandolo.
Zoro sapeva che non avrebbe avuto altro, ma al punto in cui era bastò per venire, troppo eccitato ormai. 
Quando gli macchiò la camicia poiché era lì che si strofinava la sua erezione gonfia, Zoro cercò il suo orecchio. 
- Scusami, non volevo sporcarti... 
Mihawk gli prese il viso fra le mani e se lo indirizzò a piacere. La prima cosa che fece sue furono le labbra, poi salì a leccargli la fronte proprio lì dove a forza di sbattere contro porte e muri aveva finito per sanguinare. 
Mihawk calmo e dolcemente leccò via il suo sangue dalla fronte, tenendogli il volto fermo con le mani. Quelle mani che fino a quel momento avevano fatto di lui tutto quel che avevano voluto e che sperava avrebbero continuato. 
Era intossicante e sconvolgente essere nelle mani di qualcuno, ma sapeva che era così bello solo perché ammirava e rispettava la persona che lo aveva. 
Una personalità forte e dominante, qualcuno con lo spirito del comando e del controllo.
Quel genere di persona, a quanto pareva, lo ubriacava da matti al punto da godere ancora di più nell’essere controllato, dominato e sottomesso a lui.
Totalmente nelle sue mani. Era lì che era ed era lì che voleva rimanere. 
Non importava se non voleva fare già sesso con lui e voleva qualcosa che ancora non sapeva. 
Quel che contava era che sapeva non si sarebbe pentito di essere lì. Lì nelle sue mani.
Zoro rimase abbracciato contro il suo corpo forte ancora vestito, pulsante, caldo e virile. Abbandonato a lui e alla sua volontà. Consapevole che poteva solo godere, proprio come aveva ardentemente voluto diventando il suo allievo.
Due obiettivi.
Diventare forte e godere e sapeva che sarebbe riuscito in entrambi grazie a lui. Perché ormai si fidava ciecamente. 
“Essere comandato, dominato e gestito dalla persona che desidero e che è forte. La persona che ammiro, che stimo e rispetto. È questo che sono, allora. È questo che mi piace e che mi fa impazzire. Adesso che lo so come penso di farcela a stare accanto a Rufy senza compromettere il nostro rapporto? Questa cosa con Mihawk doveva servire anche a questo. A riuscire a farmi stare calmo con Rufy, ma ho la sensazione che non farò che desiderare che mi dia un comando sessuale appena lo rivedrò. Prima almeno non avevo idea di che cosa mi piaceva, ma adesso he mi conosco meglio è un vero casino e sospetto che alla fine di questi due anni mi conoscerò ancora meglio e sarà pure peggio. Ma ormai non si torna indietro. Ormai si va avanti a qualunque costo, qualunque cosa io scoprirò di me stesso in questo strano cammino.”

Le loro mani erano allacciate mentre Mihawk lo conduceva alla camera. Gli aveva fatto rimettere i pantaloni giusto per la decenza, ma sapeva che a quell’ora Perona dormiva. 
Zoro, totalmente arrendevole, lo seguiva per i corridoi del castello che non stava minimamente memorizzando. 
Una persona sufficientemente intelligente sarebbe riuscito ad imparare almeno i passi per i luoghi più utilizzati ed evitare di sbattere di continuo ovunque, ma lui non era di quel tipo.
Era razionale e logico, ma non acuto ed ingegnoso. Non a caso i piani li lasciava sempre a Nami o al cuoco da strapazzo che pur irritante, era sufficientemente bravo con quel genere di cose. 
Lui preferiva seguire il capo, in quel caso si trattava del maestro.
Era nella pace dei sensi e aveva constatato finalmente che eseguendo ciecamente tutto ciò che lui gli diceva poi non se ne sarebbe pentito, anzi, ne sarebbe stato ben felice. 
Perciò quando poi dopo essersi rimesso i pantaloni, Mihawk gli aveva preso la mano, lui non l’aveva sfilata imbarazzato, né gli aveva chiesto niente. 
Aveva le proprie spade in una mano insieme al resto dei vestiti, l’altra invece era allacciata alla sua e lo seguiva docilmente senza farsi domande.
Per lui era rilassante fidarsi della persona a cui giurava obbedienza, sapeva che finché si fosse meritato la sua stima, Mihawk non l’avrebbe deluso e quindi non c’era da turbarsi con dubbi e dilemmi, né c’era bisogno di ragionare su nulla. Bastava eseguire. 
Era facile, lineare e diretto. 
Senza dover pensare e riflettere e comprendere poteva concentrarsi meglio sull’obiettivo e sul compito assegnato.
Anche ammesso che Mihawk avesse qualcosa in mente che lui ignorava, Zoro sapeva che sarebbe andato bene comunque.
Quando raggiunsero la camera, Mihawk gli prese le cose di mano e gliele posò a posto per evitare che le buttasse in disordine non vedendo e nemmeno percependo ancora nulla. 
- Pensi che riuscirò a vedere senza usare gli occhi? - disse Zoro fermo in mezzo alla stanza, dove l’aveva lasciato una volta entrato. 
Lo sentiva muoversi appena, da tanto che era leggero, ma quel che sconvolgeva ed infastidiva Zoro era che non riusciva a vedere la sua aura. Sapeva di doverci riuscire, ma il fatto che faticasse e che se ci provava di proposito non c’era verso di percepire nulla, lo mandava fuori di testa. 
A quel punto i sensi impazzivano e non poteva sperare di combinare nulla. 
- Non ti avrei bendato, altrimenti. Sai che non faccio mai niente inutilmente. - rispose pacato Mihawk.
Sentendolo parlare senza poterlo guardare, Zoro si rese conto che riusciva a distinguere meglio di prima le inclinazioni della sua voce. Prima gli sembrava sempre freddo e scostante, adesso gli pareva fosse morbido e gentile, ma ancora non ne era così tanto sicuro. 
Gli sembrava si stesse spogliando e preparando, ma lui rimase fermo in attesa e quando le dita affusolate di Mihawk si infilarono nella cinta dei suoi pantaloni, una scossa elettrica l’attraversò accelerandogli i battiti di nuovo. 
Si lasciò fare totalmente abbandonato e quando fu nudo, le mani di Mihawk si posarono sui suoi fianchi. A quel punto percepì il viso vicino al suo, gli sembrava separato da lui solo per qualche centimetri. Zoro respirava piano, attento ad ogni indizio. Adesso che l’aveva toccato si sentiva di nuovo calmo, nonostante fosse sempre eccitato con lui addosso o nelle vicinanze. 
Era un’eccitazione che non lo confondeva, a destabilizzarlo era sempre il nervoso, la fretta, l’impazienza. 
- Ti fidi di me, Zoro? - chiese suadente il maestro. Zoro annuì. 
- Ciecamente. - lo disse di proposito concludendo con un sorrisino divertito a dimostrazione che adesso si sentiva finalmente a suo agio tanto da usare giochi di parole. 

Mihawk sorrise a sua volta e gli sfiorò le labbra come premio per la risposta che aveva gradito. 
Ci aveva messo poco, pochissimo, anzi, ad abituarsi a quella momentanea cecità forzata. Non era da tutti. 
Non riusciva a trovare dei trucchi per muoversi in sicurezza per il castello, al massimo usava le mani con la piena consapevolezza che doveva presto togliersi anche quel vizio. 
Zoro sapeva cosa doveva fare, forse non il motivo, non sempre, ma visto che gli si era affidato, semplicemente faceva. Punto. Senza domande se non qualcuna ogni tanto, il minimo dopotutto. 
Tendeva a dubitare di sé, ma non di lui e Mihawk notandolo si compiacque. 
Lo prese per la mano di nuovo e se lo tirò verso il letto, lo fece stendere e quando si fu messo sul fianco come di consueto, chiuse la luce e gli si stese dietro abbracciandolo come ogni sera. 
Lo strinse contro il proprio petto lasciando che la sua schiena giovane e possente aderisse al proprio torace, infine scivolò con la mano intorno alla vita e risalì sul petto alla ricerca della cicatrice. 
A quel punto Zoro sospirò rilassandosi e lui sorrise felice che fosse arrendevole e a suo agio con lui.
Ci aveva messo poco anche in quello, oltre che ad abituarsi alla condizione visiva e accettare gli aiuti. 
Sarebbe stato veramente difficile rinunciare ad uno che capiva così in fretta di chi si poteva fidare e che gli si dava senza riserve né ribellioni.

Zoro allungò la mano ricevendo la maglia da Mihawk, ma si rese conto che era diversa da quella usata il giorno prima e deducendo che doveva avergliela cambiata, si infilò la camicia che si lasciò aperta com’era da propria abitudine con quel genere di abbigliamento. 
Prese poi i pantaloni, diversi anche quelli, e li indossò a sua volta senza discutere sul fatto che non serviva decidesse lui anche cosa mettere. Dopotutto gli aveva appena fatto la gentilezza di evitargli di andare a tastoni per tutta la camera alla ricerca dei vestiti. 
Una volta a posto, si prese le spade sapendo perfettamente dove erano poiché come al solito le percepiva e lo seguì fuori dalla camera, ma solo quando era in corridoio si rese conto che non lo stava tirando per la mano e a quel punto Zoro capì finalmente cos’era la percezione che Mihawk voleva imparasse. 
- Ehi! - esclamò entusiasta sentendosi inondato da una gioia intensa ed improvvisa. 
- Cosa? - chiese Mihawk rallentando e affiancandolo. Zoro si voltò verso di lui indovinando la sua posizione senza sbagliare. 
- Non ti devo toccare! Riesco finalmente a percepirti! 
- Peccato! - esclamò Mihawk spontaneo ma senza particolari inclinazioni. Sembrava del tutto normale, per lui, che Zoro il mattino successivo fosse riuscito lì dove la sera precedente aveva fallito. 
Zoro non afferrò il sottinteso e proseguì come non avesse detto nulla. 
- È che pensavo di dover ‘vedere’ qualcosa, capisci? Invece non è così! Non è che si vede qualcosa! O meglio, non è detto! Le spade le vedo, ma te... te ti sento... non so come spiegare, ma ti ho seguito senza pensarci ed ecco che ci sono riuscito! 
- Perché eri rilassato e non ci provavi a tutti i costi. Te l’avevo detto di abbandonarti. - rispose calmo Mihawk che non pensava fosse niente di speciale visto che era quello che Zoro in realtà sapeva già fare senza esserne consapevole. Adesso grazie a quel trucco, finalmente lo era. 
- Essere consapevoli aiuta a far usare meglio la capacità. Più sai che puoi fare una cosa e più la fai meglio. È un trucco mentale. - spiegò Mihawk di nuovo professionale, non era più freddo e scostante e Zoro si chiese, seguendolo dentro al salone, se in realtà non avesse sempre travisato affidandosi troppo al senso della vista. 
Attraversarono l’enorme stanzone teatro la sera precedente di effusioni tenere che vennero immediatamente riesumate nella mente buia di Zoro. 
Buia ma in un certo senso più illuminata che mai. 
Il ricordo di quanto fatto e di quegli abbracci rigeneranti fece comprendere quel ‘peccato’ uscito dalle labbra di Mihawk e prendendolo per il polso sicuro, lo fermò prima di arrivare all’altra porta, quella che dava alla cucina. 
Il maestro si fermò guardandolo in attesa, ma lui l’abbracciò di nuovo strofinando il viso contro il suo in uno spontaneo e straordinariamente tenero guancia a guancia. 
- Se vuoi che ti tocchi, basta che tu lo pensi. Sarò in grado di sentirlo, adesso. 
Ne era fermamente convinto, ora, specie in virtù di come ci era riuscito bene la sera prima.
Farlo e riuscirci per caso gli aveva permesso di comprendere come rifarlo di proposito e come funzionava quella cosa. 
Nel caso dell’immagine mentale che appariva a Zoro associata a Mihawk, adesso aveva capito che si trattava precisamente di quello di cui avevano parlato qualche sera prima, quando gli aveva detto che nel rapporto fra loro, quello al di fuori del maestro e dell’allievo, Mihawk voleva che Zoro percepisse la sua volontà e che la eseguisse. 
Adesso, finalmente, anche se a scoppio ritardato come suo solito, ci era arrivato. 

Mihawk sorrise lieve sempre controllandosi più del necessario, poi lasciandogli una carezza fugace sul sedere, sfilò dentro la cucina dove Perona era già pronta con la colazione. 
Era contento. La verità era quella. 
Zoro stava procedendo esattamente nel modo in cui lui aveva previsto, ma non ne aveva mai dubitato, altrimenti non l’avrebbe preso con sé.
“Ed io dovrei restituirlo a Cappello di Paglia, fra due anni?”
Sedendosi a tavola per primo, guardò come Zoro in relazione alla propria posizione andava dritto al suo posto senza sventolare mani e cercare indizi su dove andare. 
Zoro era il suo primo allievo, ma sarebbe anche stato sicuramente l’unico. 
Quelli così dotati erano rari e sapeva non ne avrebbe incontrati altri.