NOTE: seguito di ‘La vera scoperta di sé’, si colloca nella serie ‘Nuova vita’ che dà anche il titolo alla presente fic (perché non sapevo come chiamare la serie che è composta in tutto da 4 fanfic che sono già tutte scritte). Nella prima il protagonista è Zoro nei due anni di convivenza con Mihawk: fra allenamenti e percorsi vari, supera limiti impensabili sia professionalmente che personalmente arrivando ad instaurare un rapporto molto poco convenzionale con lui, che sfocia nella dipendenza sessuale. In questa seconda fic divisa in 2, siamo alla fine della saga di Dressrosa, Doflamingo è appena stato sconfitto e seguiremo nella prima Law, nella seconda Zoro. Devo ammettere che ho avuto difficoltà con l’inizio e forse è poco scorrevole in qualche modo, ma non sono riuscita a migliorarlo molto, tuttavia da quando iniziano i festeggiamenti tutto decolla meglio. Ovviamente la parte migliore è il secondo capitolo che metterò fra 4 giorni.
Per sapere quando pubblico e cosa scrivo, c’è la mia pagina su FB.
Buona lettura. Baci Akane
CREDITS: I personaggi e la storia di One Piece sono di Oda, io scrivo per puro divertimento inventando tutto di sana pianta. Le fanart sono dei loro autori e non mie, sono solo prese in prestito per presentare i capitoli e nient’altro.
Non aveva programmato la sua vita fino a quel momento.
Quando aveva progettato la vendetta su Doflamingo l’aveva fatto usando la testa nonostante si trattasse di un’azione totalmente di cuore, però aveva comunque pensato al metodo più efficace e sicuro, consapevole che l’unico in grado di abbattere Doflamingo fosse Kaido.
Far sì che si scontrassero fra loro con l’ovvia dipartita del proprio acerrimo nemico, era stata l’idea più sicura e sensata.
Peccato che si fosse alleato con uno come Rufy sostenuto non certo da una ciurma in grado di riflettere al posto del suo capitano.
O meglio, sapeva che c’erano molti membri razionali, ma nessuno di loro era mai stato minimamente intenzionato a contrastare le follie impulsive del loro leder, di conseguenza il piano aveva preso una piega del tutto inaspettata. Le cose erano andate totalmente in un’altra direzione ed invece di abbattere Doflamingo per vie traverse, si era fatto coinvolgere nel farlo in prima persona in una battaglia totalmente alla cieca, disperata e da pazzi.
Non era da lui agire così, Corazon era quello che lo faceva, non lui.
Law guardò il volto provato di Rufy mentre dormiva sulle cosce di Rebecca e senza muoversi di un millimetro dalla propria posizione supina sulla pietra in quelle rovine, sospirò sentendosi sconfitto nonostante la vittoria. Dopotutto l’aveva saputo, una piccola parte di sé aveva perfettamente immaginato che le cose sarebbero andate così, per questo aveva voluto allearsi con lui.
La parte razionale di sé, che era predominante da sempre, gli aveva detto di averlo fatto perché quel tipo era sufficientemente forte e pazzo da accettare di fare guerra a due pirati così potenti.
Uno dei Sette ed uno dei Quattro non era una cosa da poco, ma nessuno a parte lui avrebbe accettato e aveva sempre pensato di aver bisogno dell’aiuto di qualcuno.
Si era detto così ogni giorno che si era spinto oltre il momento della proposta a Rufy che era arrivata quasi d’impulso per i suoi canoni.
Era vero, ma incompleto.
Il viso ammaccato di Rufy era sporco di polvere e lacrime, quelle che Rebecca versava incessantemente da quando aveva vinto e Law li aveva trasportati tutti lì sopra, in quel che rimaneva di uno dei palazzi di Dressrosa. Le stesse lacrime che sgorgavano dal suo cuore, nonostante vivesse tutto interiormente al contrario di Rufy, sempre così spontaneo, emotivo ed estroverso.
La verità era che Rufy non era solo così pazzo da accettare di fare guerra a Doflamingo e Kaido insieme, ma era fin troppo pazzo da farla lui in prima persona, quella guerra.
L’aveva realizzato tardi, una volta che le cose si erano evolute troppo per poterle fermare e controllare.
Il motivo per cui aveva cercato proprio Rufy per quel piano l’aveva capito mentre l’aveva trasportato con Zoro attraverso la città chiusa nella Gabbia, puntando dritto dritto Doflamingo per affrontarlo di persona senza nemmeno fermarsi a riflettere un secondo su quanto fosse impossibile come idea, né tanto meno provare a mettere in piedi una sorta di tattica.
Aveva scelto Rufy proprio per quello.
Sin dal primo istante in cui l’aveva incontrato a Punk Hazard, aveva capito, dentro di sé, che sarebbe andata così. Era impossibile che la propria razionalità ed intelligenza non avessero previsto ogni singola situazione.
Law tornò al momento in cui era stato trascinato a forza sul toro che correva per la città sotto gli ordini di Rufy, accompagnato dal fedele Zoro. Durante quell’attraversata delirante piena di pericoli e nemici continui che spuntavano da ogni parte ma anche di alleati inaspettati, Law aveva capito il punto principale della questione.
“Potevo servirmi della mia ciurma, sono abbastanza forti da riuscirci e soprattutto sanno eseguire i miei ordini. L’idea era solo di infiltrarsi qua dopo aver rapito Cesar e senza farsi notare far esplodere la fabbrica. Tutto qua. Potevo benissimo farlo coi miei compagni invece di allontanarli e relegarli a Zo in attesa del nostro arrivo a lavoro finito. Invece no. Ho visto Rufy ed ho capito che mi sarei alleato con lui e mi son raccontato la palla che solo lui era così pazzo da aiutarmi. Ma la verità era che volevo uno che lo fosse al punto da spingermi ad abbattere io stesso Doflamingo, di mio pugno! E su tutto il pianeta solo lui avrebbe potuto farlo, quello che due anni prima era stato così fuori di testa da andare contro tutta la Marina e la Flotta dei Sette. Uno che non si ferma davanti a niente, che ci mette la faccia e si butta a capofitto, non importa quanto è enorme l’impresa, disperata ed impossibile.
Ecco perché mi sono alleato con lui!”
In quel momento, con le manette di agalmatolite ai polsi che gli impedivano di partecipare alle lotte e aiutarli, Law aveva realizzato che era sempre stato questo quello che aveva voluto, ma era troppo razionale per farlo di sua iniziativa, così aveva cercato qualcuno che mandasse all’aria tutti i piani obbligandolo a farlo.
Adesso che era tutto finito e che quel pazzo aveva davvero realizzato il suo sogno facendo un miracolo, cosa gli rimaneva?
Non aveva mai pensato oltre la propria vendetta su Doflamingo, per gli ultimi 13 anni della sua vita era stato quello il solo scopo, era rimasto un pirata anche dopo aver lasciato la ciurma di Doflamingo. Convinto che se mai ci fosse riuscito o sarebbe morto nell’impresa o comunque poi non gli sarebbe più importato di nulla.
Non c’era mai stato un ‘dopo sconfitta di Doflamingo’.
Era sempre stato tutto esclusivamente quello al punto che durante la battaglia si era detto di voler rimanere accanto a Rufy nel caso in cui lui morisse, perché se Doflamingo avesse vinto, di sicuro lui non avrebbe voluto sopravvivere.
Ora era lì, alla fine di tutto, fra quelle macerie, non solo sconvolto dal fatto che quel tipo avesse veramente vinto e che Doflamingo fosse stato sconfitto, ma principalmente confuso.
Il suo nemico primario era stato abbattuto e fermato, Corazon era stato vendicato e lui era ancora vivo.
“Ed ora? Cosa dovrei fare ora di questa mia vita regalata prima da Corazon ed ora da Rufy?”
Mentre ci rifletteva per capire che diavolo dovesse fare della sua vita, come dovesse sentirsi e cosa dovesse pensare, realizzò d’aver associato Rufy a Corazon. Il suo salvatore, il suo eroe, la sua guida, un fratello, una famiglia, il suo tutto.
Ma sì, principalmente e sopra ogni cosa, il suo salvatore.
Aveva associato Rufy a Corazon.
Era ancora lì steso per nulla intenzionato a muovere un muscolo, non era così distrutto da non potersi alzare, ma non lo voleva ancora fare. Era in qualche modo sospeso fra il tutto ed il niente. Fra la vita e la morte, ma non fisiche, esclusivamente mentali.
Non aveva mai voluto fare veramente il pirata, l’aveva usato come mezzo per vendicarsi. Prima del mondo intero, poi di Doflamingo.
La verità era che non gli importava essere pirata e diventare un re, né imperatore.
Aveva solo cercato la sua vendetta.
Ora era lì shoccato a pensare che quel pazzo che era collassato dopo un’impresa impensabile, adesso era al pari di Corazon, in qualche modo.
“Gli devo un favore dello stesso calibro. Sin da subito non avevo minimamente intenzione di abbattere Kaido, l’ho ingannato per attirarlo nella mia rete, mi serviva si alleasse con me, ma è vero. Non mi serviva veramente. Per il piano che avevo in mente, potevo farcela coi miei uomini. Io volevo che lui facesse quel che ha sempre fatto. Un gran casino!
“Ma la verità è che quel che mi ha regalato è davvero enorme, perché va ben oltre la mia vita stessa. Ha realizzato il mio sogno più grande, vendicare Corazon, l’unica persona a cui io abbia mai voluto bene.”
Law chiuse gli occhi staccandoli dallo splendido cielo che ora si vedeva senza il filtro orribile di quella gabbia inscalfibile. Quella che ora era finalmente svanita.
Finì per sorridere rassegnato scuotendo il capo.
“Eh sì... gli devo proprio un favore dello stesso calibro. Non avevo minimamente intenzione di fare guerra a Kaido e sconfiggerlo, ma mi sa che adesso mi toccherà farlo sul serio. Perché da soli questa ciurma di pazzi non ce la possono fare, serve uno che usi il cervello per davvero!”
Eppure, nonostante per un tempo considerevole che non aveva saputo quantificare avesse pensato a molte cose su di sé, su Rufy, su Corazon e sul suo passato, ma anche sul suo futuro, non aveva saputo veramente rispondere alla domanda principale, la prima che si era fatto appena aveva capito che Corazon era stato vendicato e Doflamingo sconfitto e tolto di mezzo.
Cosa avrebbe fatto da lì in poi?
A parte l’atto immediato e concreto di restituire il favore al suo salvatore in seconda e aiutarlo ad eliminare Kaido.
Dopo che avrebbe fatto?
E soprattutto come?
Law aveva trovato la sua risposta solo diversi giorni dopo, quando poco prima di salpare dall’isola aveva parlato con Sengoku, presente insieme a Tsuru come supervisori dell’operazione della marina di pulizia finale dei criminali di Dressrosa, nonché per recuperare Doflamingo e la sua Family.
L’ex Grand’ammiraglio era l’unica altra persona oltre a Doflamingo e i suoi ad aver conosciuto Corazon, all’epoca era stato il suo superiore. Parlando con lui per degli ultimi chiarimenti proprio sulla loro comune conoscenza, aveva poi capito qual era sempre stato il suo vero desiderio.
Corazon aveva sacrificato tutto, per lui. Si era allontanato dalla sua famiglia vera, Doflamingo, e da quella putativa, la marina. Aveva abbandonato la sua sacra missione di fermare suo fratello e tutto solo per lui.
Perché il suo reale desiderio era stato non solo salvarlo, ma bensì liberarlo. Regalargli una vita lunga ed intera da poter vivere a pieno.
“Voleva che io fossi felice. Libero e felice. Voleva farmi ridere, divertire, godere della gioia della vita. Voleva questo per me. Ed ora che l’ho vendicato, non dovrei forse cercare di realizzare il suo vero desiderio?”
Era stato proprio Sengoku a dirglielo.
Il modo migliore per onorare la memoria di un grandissimo uomo come Rosinante, era vivere così come lui aveva sempre cercato di fare.
Cercando la felicità nella libertà.
“È questo che dovrei fare?” si chiese salendo finalmente sulla nave della salvezza che li avrebbe aiutati a scappare da Dressrosa e dalla marina che li inseguiva.
“Semplicemente vivere libero da ogni catena e cercare di essere felice e divertirmi come voleva lui?”
Law rimase per conto suo, chiuso in sé stesso a riflettere a lungo in mezzo al casino che si srotolava intorno per colpa di tutti i famosi alleati che li stavano aiutando ancora, in quel caso a scappare volendosi addirittura alleare con Rufy contro la sua stessa volontà.
Non gli interessava minimamente cosa facevano quella manica di scappati dalla legge, ma rimaneva pieno di pensieri vorticosi che non gli davano tregua e sapeva che si sarebbe arrovellato per giorni e forse per sempre, perché era qualcosa che era più forte di lui.
Principalmente era consapevole che nonostante la cosa più giusta da fare, fosse proprio quella che aveva detto Sengoku, non era così facile per lui.
Dopotutto aveva vissuto sempre per vendicarsi con rabbia e rancore. Il proprio scopo primario l’aveva portato ad agire pragmaticamente senza mai perdere di vista i suoi doveri.
Adesso però non ne aveva più.
Non c’era più rabbia a muoverlo, né vendette da portare a termine.
Essere pirata non era più un mezzo per fermare il proprio nemico, dunque cos’era?
Cosa avrebbe dovuto fare e come?
Law si sarebbe arrovellato il cervello probabilmente per sempre, senza trovare soluzioni.
Tuttavia la sua salvezza fu di essersi affiliato momentaneamente ad una ciurma notoriamente conosciuta proprio per non arrovellarsi mai il suddetto cervello.
Un paio di loro lo facevano, le ragazze tendenzialmente. Era quasi il loro compito, pensare al posto dei ragazzi. Poi c’era anche Sanji che era piuttosto bravo ad usare la sua materia grigia, ma lì dipendeva se c’erano donne nei paraggi, perché a quel punto gli si spegneva del tutto e ragionava con un altro genere di organo.
Dal momento in cui Doflamingo era stato sconfitto, Law non aveva fatto che riflettere su miriadi di cose, ma senza mai concedersi un sorrisino di entusiasmo, né un attimo di rilassamento.
Anche quando erano stati ospitati da Kyros per permettere ai feriti di riprendersi ed in particolare a Rufy, non si era concesso un istante di leggerezza.
Law volò a quei giorni con un flashback ad occhi aperti che lo trasportava indietro nel tempo di qualche giorno.
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I due samurai di Wa avevano recuperato di nascosto vari viveri in città, mentre il proprietario di casa aveva rivelato una riserva alcolica interessante che si era scolato quasi tutta Zoro. Alcuni dei suoi compagni gliene avevano rubato un po’, ma lui a parte che il cibo necessario per riprendersi e riempire il buco allo stomaco, non aveva sentito la necessità di bere.
Mentre Law stava ascoltando il racconto dell’amico di Rufy, Sabo, si addormentò pieno di mal di testa. L’ultima cosa che aveva fatto prima di partire per il mondo dei sogni era stato lanciare un’occhiata perplessa a Zoro che si scolava il vino come se non avesse un fondo od un limite.
Si svegliò qualche ora dopo, in piena notte, notando che il numero due dell’armata rivoluzionaria era sparito e che gli altri dormivano, l’unico sveglio era Zoro che tanto per cambiare beveva ancora con Kyros. Guardandolo, si chiese perplesso come facesse a bere tanto e se il vino avrebbe potuto togliergli quel dannato mal di testa che aveva ancora.
Tuttavia, per nulla intenzionato a lottare con lui per la supremazia della bottiglia, si riaddormentò.
Non si era mai concesso il lusso di bere, festeggiare e fare baldoria. In nessun caso. Dalla tragedia vissuta da bambino nella Città Bianca all’incontro di Doflamingo e Corazon ai successivi 13 anni, Law aveva solo ed esclusivamente vissuto per le sue vendette.
Era sempre stato totalmente focalizzato su quello. Ogni singola insignificante cosa fatta era stata in funzione di quello. Perciò non si era nemmeno mai ubriacato, aveva sempre rifiutato l’alcool per rimanere lucido.
Non aveva mai festeggiato, non si era mai lasciato andare, non aveva nemmeno mai contemplato il sesso od altri divertimenti e piaceri.
Vedeva i pirati lasciarsi andare facilmente ad esso, anche fra i propri compagni qualcuno se la spassava così. Non ci aveva mai visto niente di male, ma non aveva mai pensato che fosse un mezzo utile per i propri scopi, perciò così come con l’alcool e le feste, non lo aveva mai preso in considerazione né consumato.
All’ora delle riflessioni post battaglia, si rese conto di non avere più uno scopo preciso e nel non sapere quale dovesse essere, si chiese se quello fosse il primo momento per concedersi quelle cose di cui si era sempre privato.
Anzi, iniziò a chiedersi se non fosse doveroso farlo.
Non sarebbe stato giusto festeggiare e divertirsi e brindare a Corazon e alla pace nella quale ora poteva riposare?
I giorni successivi Law vide Zoro continuare a bere mentre gli altri si limitavano a riposare, riprendersi dalle ferite e aspettare il risveglio di Rufy conservando il cibo per lui.
Guardò a lungo lo spadaccino col vino e a parte che chiedersi come diavolo facesse a bere tanto, si domandò anche se dovesse prendere quella maledetta bottiglia e brindare a Corazon.
Alla fine pur avendo una sorta di strana gola mai provata, non lo fece essendo ancora molto confuso, oltretutto azzardando l’ipotesi che fosse colpa di Zoro. Vederlo bere tanto e con così gusto gli doveva aver scatenato una sorta di reazione psicologica.
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Law tornò al presente guardando i festeggiamenti esplosi con impazienza nella nave più grande fra quelle associate e adibite alla fuga.
Gli era rimasta la gola di quel vino che non aveva mai bevuto ed ora che se lo ritrovava di nuovo lì davanti ai suoi occhi, tornò prepotentemente come un treno in corsa. Dopo che gli autoproclamati alleati di Rufy discussero animatamente su come allearsi con lui e la sua ciurma in modo solenne, la festa aveva avuto inizio lasciando scorrere da ogni parte quintali di cibo e bere, così lui si era di nuovo ritrovato preda delle domande che si era fatto per giorni in compagnia di quell’alcolizzato che aveva bevuto come non ci fosse un domani.
Non per il cibo, ma più che altro per l’alcool e qualcos’altro. Qualcosa che non capì sulle prime.
“Se Corazon fosse qua vorrebbe che mi divertissi, mi ficcherebbe una bottiglia in gola e mi costringerebbe a bere a forza. Mi lancerebbe nella bolgia.”
Ci stava ancora pensando quando un braccio gli agganciò brutalmente il collo fin quasi a strozzarlo e rifilandogli un boccale in mano, gli versò dentro qualcosa decretando: - Ehi tu, vieni qua!
Zoro si era seduto accanto a lui attirandolo a sé con enorme prepotenza, forza e decisione. Il suo braccio intorno al proprio collo quasi lo soffocava fino a che scivolò sulle spalle una volta sistematosi comodo, come per assicurarsi che non scappasse.
- Che hai? - chiese scorbutico Law fissandolo guardingo, sapendo ovviamente che intendeva farlo bere visto che gli aveva messo in mano un boccale di birra. Tuttavia la sua domanda arrivava per il fatto che loro due non avevano praticamente mai avuto contatti uno con l’altro, si erano sempre tollerati a vicenda ignorandosi. Entrambi avevano fatto quello che dovevano.
Law aveva individuato in quel tipo che sembrava imparentato con qualche samurai alla lontana, una persona insolitamente sopportabile.
In quella ciurma erano in molti ad essere irritanti, chi più chi meno, ma in tutti c’era una sorta di senso d’essere lì, un talento, un’importanza, un pregio.
Fra tutti però quelli con cui si trovava più a suo agio per un comune modo di essere di base, cioè tranquillo e non esuberante od espansivo, erano stati proprio Zoro e Robin.
Perciò tutto si sarebbe aspettato da uno come lui, tranne che lo acchiappasse e lo tenesse a sé costringendolo a bere.
- Adesso tu berrai con me!
Era ovvio volesse quello, ma perché proprio con lui così d’improvviso?
Ma Zoro non gli diede tempo di specificare il genere di informazione che voleva ottenere, perché gli prese il boccale che gli aveva appena messo in mano e glielo spinse contro la bocca piegandogli la testa all’indietro.
A quel punto, Law, per non soffocare, si ritrovò costretto a bere.
Quello fu il primo sorso d’alcool della sua vita e non ebbe tempo per elaborare né goderselo, perché la sua mente pragmatica e razionale sembrava totalmente intenzionata ad ottenere la sua risposta.
- Perché diavolo vuoi bere a tutti i costi con me? - chiese infatti dopo essersi tolto il boccale di bocca a fatica, tossicchiando per la bevuta non proprio consensuale.
Zoro rise restituendogli la birra, poi sollevò la sua e brindò.
- Numero uno: è giorni che mi guardi bere e che hai gola di farlo anche tu! Ed onestamente non so perché diavolo non l’hai ancora fatto, visto quanto lo vuoi!
Law spalancò gli occhi irrigidendosi, era come farsi toccare da qualcosa che scottava, voleva scrollarselo di dosso ma gli sembrava di non poterlo fare. Sì, Zoro era forte, ma non lo stava di certo obbligando a star lì col suo braccio intorno al collo.
- Che stronzate, come fai a dire che... - tentò di difendersi come colto in fallo. Avvampò imbarazzato, ma Zoro aggiunse come un treno, ignorandolo totalmente.
- E numero due: perché sembri fottutamente simile a me, perciò sono sicuro che sai bere come me! - Law ebbe l’impressione che quella risposta anticipasse la propria domanda che non era riuscito a fargli. Che gli leggesse nel pensiero? Si era accorto che aveva avuto gola di bere per tutti quei giorni nel rifugio di Kyros ed ora aveva risposto alla domanda non specificata.
‘Perché credi che io voglia bere?’
- Ma che diavolo di risposta è? - fece polemico non convinto del senso logico di quel che diceva. Non poteva già essere ubriaco. Continuò a discutere senza suo malgrado riporre la birra né togliersi il suo braccio di dosso.
- Io mi diverto di più se c’è qualcuno che regge come me! Adoro le gare di bevute ma vinco sempre io e mi ritrovo subito solo a sostenere la gloria!
Law apprezzò il suo tentativo di spiegazione, ma voleva dissentire poiché riteneva quella ragione una cazzata, tuttavia Zoro lo precette ficcandogli in gola altra birra. A quel punto Law decise che per non morire soffocato fosse meglio accontentarlo, così continuò a bere da solo, dimostrandogli che poteva farlo senza rischiare l’annegamento.
Zoro si mise a ridere sguaiato e gli lasciò finalmente il boccale smettendo di spingerglielo contro la bocca prepotentemente per poter bere a sua volta, sempre continuando rigorosamente a tenergli il braccio intorno alle spalle.
Law si chiese perché non glielo togliesse e non gli restituisse spazio vitale, ma si dimenticò di girargli la questione. Dopotutto non era veramente insopportabile.
Alla fin fine bere in compagnia in quel modo era piuttosto bello.
Bere in compagnia.
Mentre Law, spinto da Zoro che faceva altrettanto, seccava tutta la birra, la sua primissima, si rese conto di cosa stava facendo e capì che Corazon sarebbe stato estremamente felice di vederlo in quel momento, anzi, l’avrebbe spinto a continuare e non fermarsi ad una. Se lo immaginò lì seduto a ridere come un matto, bevendo con loro.
“Vorrebbe che mi ubriacassi e riderebbe e sarebbe contento di questo braccio amichevole intorno al mio collo.”
Fu lì che capì finalmente qual era quel modo per onorare la memoria di Corazon. Proprio come aveva detto Sengoku.
Vivere così come lui avrebbe voluto.
Divertendosi e facendo anche cose stupide ed inutili, magari, ma per il puro gusto di festeggiare, ridere ed essere felici.
“Sono felice solo perché bevo e faccio festa? Non dovrei bere e fare festa perché sono felice, invece? E comunque ha ancora senso, per me, essere un pirata, ormai?”
Quella domanda non trovò risposta, ma fu Zoro a dargliela.
Come se in qualche modo avesse percepito i suoi pensieri, i suoi dubbi.
Gli prese il boccale vuoto di mano e lo allungò insieme al suo verso qualcuno dalla massa che distribuiva la birra e mentre se ne faceva versare ancora, sorrise allegro.
Il suo viso che aveva visto sempre serio, corrucciato, concentrato e rabbioso, ora era allegro e disteso. Sapeva ridere, divertirsi, bere. Quante altre cose sapeva fare, quel tipo così simile a lui, così apparentemente sempre serio, silenzioso e non espansivo?
Quante cose che anche lui voleva imparare a fare e che magari poteva insegnargli?
Aspettando i boccali, Zoro gli parlò come se avesse espresso quelle domande a voce alta.
- Essere pirati è un mezzo per essere liberi e felici. Non è un mezzo per ottenere sempre necessariamente qualcosa, vincere una guerra, vendicare qualcuno, trovare un tesoro. In realtà è semplicemente un modo per essere liberi e felici.
Sconvolto sia per il fatto che avesse parlato più di quanto non l’avesse sentito fare fino a quel momento, che per ciò che aveva detto, si chiese guardandolo da vicino se non avesse l’haki della percezione e se non fosse così forte da poter percepire addirittura i pensieri.
“Probabilmente è sì l’haki della percezione, ma dubito sia telepatico. Penso che comunque lo usi così bene da fargli percepire il senso dei miei pensieri. Deve essersi allenato molto per arrivare a questo livello.”
Quello fu l’ultimo pensiero ragionevole e coerente che ebbe, l’ultima cosa che analizzò.
Poi gli vennero restituiti i boccali, Zoro alzò il suo in attesa, il ghigno sempre stampato in faccia, sorprendentemente felice e sereno, senza più nessun cruccio.
- Divertiamoci! - disse Zoro.
In quello gli parve di sentire la voce felice di Corazon che gli rispondeva tramite la propria bocca, la quale si mosse da sola quasi ipnotizzata dalla forza e dalla convinzione di quel ragazzo appiccicato a sé che voleva qualcosa da lui, al di là del bere insieme per una stupida gara o perché in due era più bello.
- Divertiamoci! - rispose a sua volta spingendo il boccale contro il suo. Dopo il brindisi, bevvero insieme senza staccarsi gli occhi di dosso, ormai incatenati uno all’altro.
Decisamente voleva qualcos’altro da lui.
Oltretutto Zoro non lo poteva sapere, ma quelle erano le prime bevute alcoliche e da medico sapeva che la sua resistenza sarebbe potuta essere bassa se non nulla.
- Vedi che non scappo, eh... - disse infine dopo una lunga sorsata. La birra iniziava a fare effetto, la bocca aveva già vita propria.
Zoro rise.
- Non si sa mai!
Law voleva divincolarsi, avrebbe potuto benissimo farlo, ma si limitò a scuotere il capo e a continuare a bere e mangiare sotto il suo braccio forte e confortevole che non mollava.
Le parole di Zoro risuonarono nella mente sempre più sciolta, ma non annebbiata e nemmeno incoerente.
“Percepisce ciò che provano gli altri al punto di sapere come aiutarli senza che lo chiedano. È davvero interessante, questo tipo.” pensò Law euforico, forse lo era per via dell’alcool ma non si sentiva fuori di sé. Era in quella via di mezzo piacevole dove ci si divertiva senza motivo, le catene si scioglievano e si cominciava a lasciarsi andare e fare quello che probabilmente aveva sempre voluto.
O che nemmeno sapeva di volere.
“Essere pirati è un mezzo per essere liberi e felici. Ecco perché sarò ancora un pirata. Per cercare la mia felicità. E sono finalmente libero, proprio come voleva Corazon.”
Sollevò gli occhi al cielo mentre gli sembrava fosse un po’ più offuscato di prima e vedendo il viso buffo e sorridente di Corazon in una nuvola nel cielo verso il tramonto, sollevò il boccale e brindò a lui.
“Grazie di tutto, Cora-san. Non ti dimenticherò mai. E realizzerò la tua volontà a tutti i costi. Ora sono libero. E sarò anche felice.”
Bevve e appiccicato a lui Zoro fece altrettanto senza sapere a cosa avevano brindato e perché gli occhi di Law fossero così lucidi.
Lui probabilmente sapeva che l’alcool era la medicina dell’anima, specie di quelle abituate ed essere blindate in fondo ad una coscienza troppo logica e razionale.
Lo sapeva a sue spese, per questo gli piaceva bere. Perché poteva liberare quelle parti di sé che non scioglieva mai.
Law questo non lo sapeva ma lo immaginava benissimo e lieto d’aver trovato uno effettivamente simile a sé che però era in una sorta di fase successiva alla propria, quella che sperava di poter raggiungere in memoria di Corazon, decise che avrebbe preso da lui tutto ciò che sarebbe riuscito per liberarsi completamente.