1. TENERLO VICINO
Quell’isola era assolutamente il suo sogno, ma lo sapeva da sempre. Sentiva un profondo richiamo per il Paese di Wa, pur non conoscendo le origini di alcuni dei propri antenati che provenivano proprio da quel posto.
Il suo istinto l’aveva sempre spinto con tutto sé stesso ad andare a Wa ed adesso che c’era sentiva una frenesia mai provata. Era come se fosse nel suo ambiente naturale, ma pensando fosse dovuto ai samurai per cui lui era patito, non ci aveva riflettuto molto.
Non aveva approfondito il suo senso d’appartenenza, preferendo non perdersi nemmeno un dettaglio di quel paese che sognava sin da piccolo.
In quei giorni che era lì per ricognizione ed infiltrarsi nel popolo, avrebbe approfittato per comprendere e assorbire a fondo il profondo significato di quel paese, consapevole che non se ne sarebbe pentito.
Per questo il suo cervello aveva compreso vagamente le raccomandazioni di Kinemon e Law, quando gli avevano assegnato la sua copertura.
Riteneva d’aver capito il necessario, ovvero che era un ronin, ovvero uno spadaccino senza appartenenza che vagava in cerca di commissioni.
Perfetto, si era detto.
Aveva capito che lì il suo soprannome era Zorojuro e che non doveva assolutamente nominare Kaido, il clan Kozuki né Kinemon o gli altri samurai con cui si erano alleati.
E, ovviamente, ultimo ma non ultimo, non doveva far sapere che faceva parte della ciurma di Cappello di Paglia.
Facile.
Ce la poteva fare, insomma, non era complicato.
Per il resto avevano detto altre cose e Law gli aveva fatto un disegno strampalato che non aveva capito, infine gli aveva appiccicato qualcosa in fronte che aveva buttato senza leggere, seccato dall’essere trattato come un idiota, infine se ne era andato a zonzo.
Anche solo respirare l’aria di Wa era elettrizzante, incontrare persone con le spade addosso, comprendere e scoprire il loro stile di vita, così diverso da quello nel mondo là fuori da cui proveniva.
Tutto bellissimo, senza ombra di dubbio. Ma ad averlo catturato sopra ogni cosa non erano state le molte katane e spade intercettate, bensì le fiaschette di sakè che erano forse più comuni delle spade.
Sakè, si era detto.
Ecco cos’era a richiamarlo lì.
Altro che spade!
Appena l’aveva realizzato, gli era venuta su una tale sete da pensare che pur di assaggiarlo avrebbe accettato qualsiasi lavoro di bassa lega. Sapeva di doverselo guadagnare, ma non era un problema quello. Forse un po’, dal momento che nessuno lo conosceva e prima di ottenere delle commissioni da ronin doveva farsi un nome.
Un nome, si disse massaggiandosi il mento mentre gironzolava alla ricerca di un’idea.
Era un ronin solo di copertura, non di fatto, poiché se nessuno sapeva chi era, era totalmente inutile.
Come fare, dunque, per diventare veramente un ronin e di conseguenza avere dei lavori ed essere finalmente pagato in sakè?
Non sapeva veramente niente di quel posto, perciò iniziò aprendo le orecchie ed osservando, si sarebbe fatto guidare dal proprio haki, qualcuno in pericolo o bisognosi di protezione ci sarebbe stato, no?
La sua scarsa pazienza stava per cedere all’avventatezza, quando il suo istinto percepì la presenza di una persona con una certa importanza e raddrizzando le orecchie, si voltò alla sua ricerca.
Quando individuò un uomo un po’ più distinto degli altri, Zoro sorrise con un ghigno.
Era evidente che quel quartiere in cui stava vagando non fosse il migliore, lui ci stava benissimo e si sentiva a suo agio, ma quel bel signore era chiaramente in una zona non sua. Lo capì da come altri brutti ceffi con intenzioni totalmente malvagie, lo guardavano a distanza.
Non gli serviva l’haki per sapere cosa volevano fare sebbene il suo funzionasse alla grande.
Quell’uomo era solo e chiedendosi come mai uno così fosse lì senza scorta, individuò ciò che praticamente tutti lì a Wa avevano. La famosa fiaschetta di sakè.
Sperando fosse piena, si fece avanti a testa alta e sguardo di nuovo serio. Non doveva farsi vedere esaltato all’idea di menar qualche fendente e recuperare ciò che considerava vitale.
Avvicinò l’uomo poco prima dei malintenzionati che lo puntavano. Notò che aveva bevuto e probabilmente si era allontanato dai suoi quartieri proprio per un genere di attività meno edificante. Sarebbe stato facile.
Zoro si fece avanti sbarrandogli la strada, dritto e impettito, l’aspetto tipico da samurai, le tre spade all’obi legato alla vita. L’haori appoggiato sulle spalle come un mantello, senza le maniche infilate, mentre il kimono indossato nel modo classico.
Adorava quel vestito che gli aveva creato Kinemon.
- Che vuoi? - biascicò l’uomo stringendo la fiaschetta di sakè che dal rumore sembrava ancora a metà.
Zoro non sorrise, rimase serio e concentrato, attento agli attacchi che a breve sarebbero arrivati.
Per un momento pensò che sarebbe stato facile derubarlo della sua fiaschetta e andarsene abbandonandolo al suo misero e forse meritato destino, ma sapeva anche che aveva bisogno di una partenza per quella strada da ronin. Così decise di darsi da fare.
- Sei tu che vuoi qualcosa, non io. - rispose atteggiandosi. Non dovette sforzarsi molto, il suo stile era così di natura.
Pratico, di poche parole, saturo di forza che si vedeva ad occhio nudo.
L’uomo lo guardò stupito e meravigliato, ipnotizzato dal suo spirito. Zoro spostò lo sguardo di lato per indicargli di far caso al gruppo di persone che lo stavano circondando e solo allora egli voltò il capo. Nel realizzare che stava per essere attaccato, indietreggiò pensando che Zoro li capeggiasse.
- Ehi, andatevene, non voglio guai!
“E chi li vuole, quelli?” pensò divertito mentre un nome gli veniva in mente.
Un nome che al momento non era lì.
- Se non li volevi, non dovevi venire in un posto simile. - rispose calmo e scostante Zoro. Mise la mano ad una delle sue tra spade.
Non si mosse di un millimetro mentre ormai i banditi stavano per attaccare. Lui non ne sembrava turbato.
- Vattene!
- Se vuoi me ne vado ma non ti conviene. - disse senza scomporsi Zoro. L’uomo a quel punto capì nella nebbia della sua sbronza che non doveva essere del loro gruppo. In un secondo momento notò che lo stile era diverso, Zoro era chiaramente un samurai, mentre gli altri dei banditi qualunque.
- Sei un ronin... - mormorò sorpreso. Evidentemente non ne giravano tanti come avrebbe pensato.
Zoro annuì.
- Sono in cerca di qualche lavoretto e di compensi utili. E tu, mi pare, sei in cerca di protezione. Se vuoi ti scorto fino a casa, in cambio mi basterà la tua fiaschetta di sakè e la tua voce in giro sul mio conto.
L’uomo era impietrito, mentre la sbronza stava passando per la paura. I delinquenti erano praticamente intorno a loro, con armi in mano pronti ad attaccare, ma Zoro stava lì a trattare, per nulla preoccupato.
A quel punto capendo di non avere scelta e che lui era la sua migliore opzione, annuì tremante.
- Sì, sì, tutto quello che vuoi! Ma proteggimi!
A Zoro bastò quello e con un cenno affermativo del capo, fece un lieve sorriso di soddisfazione.
A quel punto, spostando gli occhi senza muovere un solo muscolo, afferrò una delle sue tre else e spingendo col pollice dell’altra mano, la fece scattare fuori dal fodero.
Piegò leggermente le ginocchia e con un solo movimento fluido, veloce ed efficace, fece volare a diversi metri di distanza tutta la banda che fino ad un istante prima gli era stata intorno.
Zoro si fermò ora di spalle all’uomo che aveva appena protetto, vedendo che il suo lavoro era già finito con un unico fendente ed una sola spada.
Facile e veloce.
Una passeggiata.
Rinfoderò la katana e si raddrizzò sollevando il capo mentre il consueto senso di soddisfazione lo invadeva. Non c’era niente di meglio che usare le sue spade.
Forse il sesso con Law ci andava vicino, ma era una cosa diversa.
A quel punto, capendo che il suo lavoro era di fatto finito, si voltò verso l’uomo ancora fermo lì esterrefatto a fissarlo. Era sbalordito ed incredulo e Zoro, sorridendo con mezza bocca, allungò la mano verso la fiaschetta. Capendo che reclamava il suo pagamento, gliela consegnò in fretta ben volentieri, un po’ spaventato da quel misterioso ronin fortissimo ed un po’ lieto di averne beccato uno al momento giusto.
A quanto pareva era diventato improvvisamente sobrio.
Con un sorriso più marcato, stappò la fiaschetta e bevve il primo sorso, alla sensazione di calore lungo la gola, Zoro spalancò l’occhio sano mostrando tutto il suo stupore.
- Buono! - esclamò dimostrando che era la prima volta che l’assaggiava.
- Non ne hai mai bevuto? - chiese l’uomo capendolo facilmente. Zoro non si affannò a negare senza pensare che questo avrebbe potuto facilmente identificarlo come uno straniero.
- Ma da dove vieni? - a quella domanda, Zoro tornò a guardarlo serio e minaccioso, sospendendo il bere. Capendo l’antifona, alzò le mani e scosse il capo.
- Non importa. Se mi accompagni a casa te ne darò altro. Sicuro che ti basta il sakè?
Zoro annuì ben lieto di quel patto così vantaggioso.
- Quello e le tue buone parole sul ronin Zorojuro che ti ha salvato e scortato sano e salvo. - specificò affiancandolo per accompagnarlo. A quel punto l’uomo accettò di buon grado, capendo che era meglio non indagare per rimanere vivo.
Sapeva di non averlo mai visto e sembrava appena arrivato da come assaggiava il sakè, ma si sarebbe fatto bastare la propria vita integra.
Ovviamente aveva esagerato, ma quel sakè con cui era stato abbondantemente pagato era così buono che non si era risparmiato.
A stomaco vuoto per di più, poiché non aveva pensato di chiedere cibo o soldi in cambio, ma a Zoro gli era bastato quello: sakè.
La testa si era riempita di un’euforica allegria carica di voglie e desideri.
Desideri che solo una persona in quel momento poteva soddisfare.
Appena tornò alla base, ovvero le rovine del vecchio castello Kozuki, dove Kinemon aveva stabilito la loro base segreta, era ormai notte inoltrata. Il solo ed unico lavoro che aveva ottenuto era arrivato in tarda serata.
Notò che gli altri erano arrivati e si erano già messi a dormire, decise di non svegliarli muovendosi goffamente fra le macerie di quello che non aveva più di certo l’aspetto di un castello.
“Dove diavolo è Law? Non se ne sarà andato per conto suo con la sua ciurma? So che gli ha dato istruzioni e che non stavano qua per non attirare troppo l’attenzione, ma pensavo che rimanesse con noi per tenermi d’occhio!”
Per quanto mezzo ubriaco e tendenzialmente perso in un mondo tutto suo, Zoro sapeva percepire le cose che per lui contavano.
Sapeva perfettamente che se fosse stato troppo efficace e ‘bravo, insomma, se non avesse dato preoccupazioni, quello scemo del suo ragazzo se ne sarebbe andato per chissà quale piano importante da attuare coi suoi uomini.
Non gli importava niente di piani, progetti e guerre.
In quel momento non c’era proprio niente da fare se non infiltrarsi e spiare, per quello non serviva separarsi.
Tuttavia conosceva Law. Sapeva che doveva tenerselo lì e c’era un solo modo, ormai, per adempiere a quel personale scopo.
“Se non lo trovo subito giuro che vado a fare così tanto casino in città che sarà costretto ad incollarsi a me tutto il tempo!”
Stava giusto per girare sui tacchi e andarsene all’adempimento di tale piano meschino, quando una mano l’afferrò da dietro, tirandolo per il kimono.
- Che diavolo combini? - ringhiò Law spuntando dall’ombra di non sapeva bene cosa e dove.
Al momento era tutto confuso e sfocato, ma la sola cosa che gli interessava era esattamente ciò che il suo sguardo mise a fuoco con gran spiccato ed evidente piacere.
Il viso di Law, seccato, serio, tanto per cambiare.
Non lo salutò, non disse ‘meno male, stavo per andare a richiamare la tua attenzione’. Si limitò a voltarsi, circondargli il collo col braccio ed infilargli la fiaschetta in bocca a forza.
Maniere tipiche e assolutamente sue.
Law non avendo scelta bevve il sakè, era la sua prima volta. Per quanto ormai fosse abbastanza abituato a bere, non era comunque il più esperto in quel genere di attività, infatti dopo alcune lunghe sorsate obbligate, si ritrovò con la testa che girava e la nebbia circa le proprie intenzioni iniziali.
Aveva un piano per sé ed i suoi uomini a cui aveva già dato direttive, allontanandoli da lì e dandogli un’altra base. Ma aveva da subito capito di dover rimanere per un po’ lì con loro, per controllare meglio quell’idiota di Zoro.
Non sapeva ancora come chiamarlo, sapeva che erano qualcosa, forse se l’erano detti, ma al momento, con il sakè già ben in circolo, non lo ricordava nemmeno.
Qualunque cosa fossero, sapeva d’aver fatto bene a non lasciarlo solo.
Gli altri se la cavavano, non erano un problema, ma Zoro assolutamente sì che lo era.
Una volta che riuscì a staccare la bocca dalla fiaschetta, prese il compagno di disavventure per il colletto e cercò di intavolare una severa conversazione di senso compiuto. Non molto facile, però.
- Ti sembra l’ora ed il modo di tornare? - sibilò infastidito. Fortunatamente il braccio di Zoro ancora lo stringeva, perciò era sufficientemente stabile visto che la testa iniziava a girargli.
“Maledetto tu ed il suo sakè!”
- Perché, in che modo sono tornato? - chiese Zoro senza capire e per nulla intenzionato a lasciarlo.
- Ubriaco! - esclamò logico. Zoro sorrise illuminandosi, nel ricordargli la cosa di cui probabilmente era più orgoglioso.
Alzò la fiaschetta con enorme soddisfazione.
- Sono riuscito ad ottenere una commissione da ronin e mi son fatto pagare in sakè! Non l’avevo mai assaggiato! È la cosa più buona che abbiamo mai bevuto, vero?
Law doveva ammettere che era buono, ma sentendosi poco incline alla perdita di controllo, si appuntò di non bere più per non farsi sopraffare.
- E le informazioni? - chiese per riportarlo all’ordine. Era difficile mentre la testa girava sempre più annebbiata.
- Quali? - chiese senza capire lo spadaccino facendosi serio.
Law alzò gli occhi al cielo esasperato.
- Dio, ma come fanno i tuoi compagni ogni volta? - con questo si coprì la faccia schiaffeggiandosi, sperando di tornare in sé.
Zoro rise e stringendolo con entrambe le braccia, la fiaschetta appesa al polso per il laccetto, gli leccò l’angolo delle labbra, scivolando poi su di esse.
Law avvampò spostando la mano istintivamente, finendo così per dargli un miglior accesso. Senza esitare Zoro gli infilò la lingua in bocca con una certa irruenza.
Era come bere ancora sakè, quell’aggiunta a quanto già ingurgitato controvoglia, lo destabilizzò del tutto. Voleva riportarlo all’ordine, consapevole che non erano propriamente al sicuro, ma la propria stessa lingua era ormai avvolta alla sua e sembrava starci benissimo, mentre rispondeva al bacio.
Specie quando si rese conto che lo stava abbracciando a sua volta, circondandogli il collo con le braccia. Al momento di sentire i loro inguini coperti solo da una ridicola e leggera stoffa di kimono e da quelle strane mutande, Law tornò con un minuscolo angolo di cervello in sé e voltando la mano verso l’alto, borbottò la parola per attivare il proprio potere. Lo fece mentre lo baciava, ma per fortuna fu sufficiente per spostare entrambi in una stanza nei sotterranei che conservava per miracolo anche una porta.
Una volta dentro decise deliberatamente di mandare al diavolo le proprie idee di tenerlo in riga e rimproverarlo, decidendo che l’avrebbe fatto l’indomani.
Al contrario scese con le mani fra di loro e apr’ i due kimono liberandosi prima dell’obi e delle rispettive spade.
Accarezzò la sua pelle calda che pareva aspettare solo lui, strisciò verso l’inguine avvolto da quell’indumento intimo che Kinemon aveva provveduto a fargli indossare insieme al vestito completo, tirò infastidito ed impaziente e quando la stoffa venne via, Law poté prendere finalmente l’erezione di Zoro unendola alla propria nel palmo della mano.
Zoro iniziò a muovere il bacino contro il suo, fra la sua erezione sempre più dura e la sua mano che le stringeva insieme. Scese con la bocca a baciargli e succhiargli il collo, ricoprendolo di brividi di piacere e quando entrambi erano vicini al limite dovuto anche al sakè che rendeva scarsa la loro resistenza, Zoro mormorò: - Ti voglio scopare...
Non dovette ripeterlo. Qualcosa scattò definitivamente in Law.
Il bisogno primordiale che ogni volta arrivava puntuale quando era con lui. Ad un certo punto si perdeva completamente, quasi da non sentirsi più sé stesso.
Era istinto e bisogno puro e quelli lo portava tutte le volte a perdersi in lui.
Senza aprirsi e togliersi il kimono, Law trafficò con la propria biancheria intima e dopo essersela tolta, silenzioso, si voltò e si spostò il kimono. Si scoprì le natiche che sporse verso di lui, si appoggiò alla parete e mordendosi il labbro sussurrò carico di una voglia incombente: - E allora muoviti... non ce la faccio più...
Zoro non se lo fece ripetere, si leccò la mano per lubrificarsi sufficientemente, infine dopo essersi fatto strada con le dita bagnate sempre di saliva, lo prese per i fianchi e lo penetrò con una spinta possente.
Law roteò gli occhi all’indietro finendo per chiuderli mentre si sconnetteva.
A volte aveva bisogno solo di quello.
Preferiva avere il controllo e comandare, prendere lui, insomma. Ma altre, era così come ora.
Con un bisogno tale di sentirlo dentro ed essere preso da lui tanto da impazzire.
Zoro iniziò a spingere con sempre più foga, le dita strette sui fianchi a tenerlo a sé. Tutto gli dava alla testa, ogni cosa, e coi brividi ormai arrivati ovunque, il loro piacere esplose insieme ricordando ad entrambi che si erano di nuovo appena persi.
Law lo sapeva che non avrebbe potuto continuare a stare lì ancora a lungo, Zoro lo rincoglioniva al punto che gli faceva dimenticare ciò che contava realmente.
C’erano dei doveri nell’essere capitano di una ciurma ed alleato di un’altra e sebbene avesse deciso di vivere nella libertà di ciò che desiderava, non poteva dimenticare la propria parola data ed il proprio ruolo.
Non l’avrebbe dimenticato, ma ancora qualche giorno si sarebbe concesso la libertà del piacere.
Fino a che non si sarebbe assicurato che quell’idiota che gli crollava addosso dopo l’orgasmo, non combinasse qualche disastro.
Perché tanto lo sapeva che l’avrebbe fatto, lo conosceva troppo bene.
Law si voltò e circondandolo con le braccia, cercò la sua bocca. Quando trovò il calore che preferiva, quello delle sue labbra calde e morbide, lo tirò verso il letto di fortuna che si era procurato nell’attesa del suo ritorno.
Per qualche giorno sarebbe stato il loro piccolo angolo di paradiso, scenario di un sogno proibito irripetibile che sarebbe esistito solo ed esclusivamente lì, nel Paese di Wa.