Amici Sotto Il Cielo

 

Che ci faccio qui?

Che senso ha la mia vita ridotto in questo stato?

Non posso muovermi senza che qualcuno mi guardi improvvisamente, per scrutare ogni mio passo.

Non posso alzare nemmeno un braccio senza provare dolore.

L’inutilità della mia vita ridotto in questo stato è palese e allora perché non mi viene concesso almeno la libertà di scegliere come devo continuare?

Mi guardo intorno con finta indifferenza.

So fingere bene, questo devo ammetterlo.

Almeno una cosa me la devo concedere.

Mio fratello sta scrivendo qualche cosa con profondo interesse.

So che ha un alto senso del dovere e il compito che gli è stato assegnato lo porterà a termine perfettamente.

E’ tornato ad essere il Gran sacerdote.

Dopo l’esplosione finale in Hades la nostra Dea ci ha dato dono della vita di nuovo.

Un’ulteriore prova del suo immenso amore per noi.

Ma dirlo così è come sminuire quello che ha fatto.

Una nuova vita.

Una nuova possibilità di vivere portando a termine quello che ci era stato assegnato all’inizio dell’universo.

I ricordi antichi ogni tanto cercano di affacciarsi nella mia realtà ma io li scaccio immediatamente.

Potrei rimpiangerli e sprecare così questo dono incredibile.

…Ma non è forse quello che sto facendo?

Essere qui a lamentarmi sentendo dolore per ogni più piccolo movimento mentre mio fratello sta compiendo il suo dovere con encomiabile serietà non è sprecare un dono immenso come è la vita?

Quella vita che avevo già donata senza riserve e che invece mi è stata restituita?

Mi alzo in piedi ignorando la fitta che mi è salita dalla schiena e dalle gambe mentre Saga alza la testa e mi guarda, terribilmente serio.

Mi vuole bene, lo so.

E so che il bene che mi vuole è secondo solo a quello per la nostra Dea.

Diverso certo, ma non certo più piccolo.

Eppure non mi basta.

Sento che è diventato una prigione questo suo amore, una prigione dorata certo… ma pur sempre una prigione.

Io devo capire.

Devo capire perché solo io provo tutti questi dolori ogni volta che mi muovo.

Da quando siamo tornati solo io sono ridotto così.

Credevo che passasse subito… ero fermamente convinto che tutti stessero provando questo strazio del corpo che urlava ogni volta che facevo un sol piccolo movimento.

Con il passare delle settimane ho capito invece due cose: solo io stavo così male.

E che il dolore del corpo non era nulla se paragonato a quello dell’anima.

<< Dove stai andando?>>

La sua voce è calda e profonda.

Solo con mè è così.

Perché non riesco ad accontentarmi e a ridargli un po’ di tutto quello che mi sta regalando?

Eppure ho un moto d’insofferenza.

Mi trattengo all’ultimo momento e alzo le spalle leggermente, nascondendo una smorfia dietro a un sorriso di cartone.

<< Vado a fare un giro… forse trovo Aphrodite che ha voglia di…>> faccio un vago cenno con le mani.

E’ la prima scusa che mi è venuta in mente.

E forse regge.

Saga sa che Aphrodite è l’unico che mi parla senza soppesarmi e senza secondi fini.

Non è che si fidi di me.

Mi rispetta.

Punto.

Anche se non ho ancora capito perché.

Ma adesso non ho voglia di vederlo a dire il vero…adesso non ho voglia di vedere nessuno che non sia il cielo e la terra.

Sono rinchiuso qui dentro da troppe ore, a far niente.

Ad autocommiserarmi.

Adesso basta.

<<mm… Stai attento… cerca di…>> si ferma quando vede l’espressione del mio viso.

China la testa con un moto di stanchezza e torna alle sue carte.

Mi volto e me ne vado mentre la delusione si allarga sempre più  nella mia anima.

Delusione verso me stesso… e verso Saga.

Non sono più un bambino.

Ho dimostrato la mia fedeltà alla nostra Dea dando tutto ciò che avevo per Lei.

Perché non si fidano un po’ di me?

Perché non lo fai fratello?

Mentre, in egual misura, cresce il rancore verso me stesso… voleva solo aiutarmi e io l’ho ferito un’altra volta.

Ferito… mi viene alla gola una risata beffarda… Saga ferito…potrei ridere ad alta voce se non temessi di far uscire un singhiozzo.

L’aria pulita e tersa entra in ogni più piccola cellula e mi riempie di sollievo.

Mi allontano lentamente svuotando la mente e cercando di non pensare a niente.

A niente che non sia l’attimo in cui ho riavuto il mio corpo.

Stupore.

Grande e immenso.

Gioia.

Per un attimo eterno sono stato invaso dalla gioia.

Gioia perché riavevo indietro qualche cosa che credevo perso per sempre.

Una nuova possibilità.

L’ultima.

Athena mi dava una nuova possibilità e io non l’avrei sprecata.

Questo ho pensato.

Nemmeno per un istante mi è venuto in mente la possibilità di rifiutare.

Se mai l’avevo avuto questa possibilità.

Non mi sono sentito immeritevole.

Perché questo voleva dire mettere in dubbio ciò che Athena aveva appena fatto.

La mia fede per Lei era immensa.

E’ immensa.

Se mi ha fatto dono della vita di nuovo vuol dire che me lo merito.

Che anche lei di me si fida.

Una fede ricambiata.

Soltanto così si nutre e può continuare a vivere.

Alzo la testa… sono arrivato al mare.

E seduto su uno scoglio c’è Aphrodite.

Che ci fa qui?

Lo osservo da lontano per un attimo: E’ sempre bellissimo.

Il corpo rilassato in una offerta totale ai raggi di questo sole ancora freddo.

Si sta rigenerando, questa è l’impressione che dà di se.

I capelli che si muovono come un’onda dorata sotto l’azione del vento leggero mi fanno muovere di qualche passo verso colui che è, di fatto, tutto quello che assomiglia ad un amico nella mia attuale nuova vita.

<< Buongiorno Kanon…chi ti porta qui a quest’ora del mattino?>>

sorrido leggermente mentre accelero i passi.

Mi ha “sentito” anche se sono stato silenzioso e, da alcuni minuti, immobile.

Del resto perché dovrebbe essere diverso?

<< Pensieri sparsi…>>

perfetto.

Risposta degna di me.

Un leggero sorriso distende la sua bocca.

Si volta a guardarmi mentre io avanzo tra le rocce fino a fermarmi accanto a lui.

Non dice altro.

Aspetta che io dica una risposta degna di chiamarsi tale.

Invece di sedermi me ne sto qui, a guardare il mare infinito e a tenere i ricordi lontani dalla mia mente.

<< Mi sento in gabbia.

Punto.

Non so come altro spiegarmi…>>

<<Facciamo una camminata…vuoi?>>

La sua risposta mi spiazza completamente.

Senza aspettare altro si alza con eleganza e si incammina lungo la piccolissima strada che costeggia il mare.

Dove devi badare bene ai tuoi passi se non vuoi inciampare e finire tra le rocce aguzze.

Che cosa avrà in mente?

E’ lui che spezza per primo il nostro silenzio, silenzio che stava diventando pesante, almeno per me.

<< La tua gabbia è perfetta per te.

Guardala bene… non la trovi su misura per le tue necessità?>>

Ma che cosa sta dicendo?

E’ impazzito per caso?

Su misura per…me?

Riprende dopo un attimo, e sembra che si gusti ogni singola parola di quello che dice:

<< E sai il perché?

Perché sei stato tu a costruirtela.

Soltanto tu.

E’ più facile restare chiusi dentro le nostre gabbie e soffrire di un dolore conosciuto e a noi quasi caro… che rischiare e mettersi in gioco di nuovo.

E deludere un’altra volta chi ripone in noi speranze che riteniamo ingiuste.>>

Ogni parola viene presa dal vento e portata lontano sul mare.

Ma ha il tempo di imprimersi nella mia mente e di lasciare il segno.

Riprende con un sospiro leggero, i passi appena più lenti, come ad assaporarsi ogni attimo di quello che stiamo facendo:

<< Senti dolore ad ogni passo che fai, vero?>>

Sussulto impercettibilmente mentre il mio corpo ride soddisfatto alle sue parole,

non aspetta una risposta, continua come  niente fosse:

<< Ti sei chiesto il perché è così, perché solo tu e non sei riuscito a trovare una risposta…>>

Adesso basta!

Mi fermo voltandomi verso di lui minaccioso ma…mi trovo davanti alla sua schiena e al mantello che si muove leggero nel vento freddo.

Come faccio ad arrabbiarmi davanti ad un…mantello?

Mi sento puerile e sciocco.

E geloso anche.

Vagamente assimilo questi sentimenti non propriamente adulti…mentre una domanda importante si fa strada nella mia mente: “ come fa a sapere?” Nemmeno Saga se n’è accorto.

Sono un cavaliere, so controllare il male, anche il più terribile come quello che sto provando.

Come lo ha capito?

Il pallido cavaliere dei pesci si volta verso di me, due occhi turchesi affondano nel mio sguardo, seri, quasi severi.

E’ arrabbiato con me.

Senza dubbio.

Potrebbe mettersi in fila… dopo di me.

Nessuno lo è più di me stesso…

<< Non ti ha mai sfiorato il cervello che sei tu stesso a provocarti tutto questo dolore?>>

Che accidenti sta dicendo?

E’ impazzito?

Adesso me ne vado, non sto qua ad ascoltare i suoi vaneggiamenti…

Ma la sua voce mi ferma immediatamente.

E’ tagliente come un rasoio e non ammette repliche.

Onestamente…non l’ho mai sentito così.

<<Non ti azzardare ad andartene adesso.

Non ho finito.

Athena ti ha fatto un dono stupendo …e tu, nonostante tutte le tue nobili parole, lo stai buttando via.

Non capisci il perché, non accetti di riprendere a vivere quando eri nell’oblio e ti stava bene così.

E’ più dura darsi da fare …vero?

E’ più difficile rischiare e perdere.

Ma mettiti in testa due cose Kanon: Nessuno potrà darti delle certezze.

Ma soltanto speranze.

Athena è la Dea della Giustizia… e noi siamo stati richiamati per questo.

Mai Lei farà un atto che non sia di giustizia.

Mai.

Devi fidarti di lei.

E non solo con le parole.>>

Lame roventi.

Il mio corpo è attraversato da lame roventi che lo stanno segando in ogni sua giuntura, in ogni suo nervo,

<< e per finire…>>

si avvicina a me fino a fermarsi a un centimetro dal mio viso,

i suoi occhi stanno riempiendo tutto il mio cielo…

<< ricordati che ognuno di noi ha attraversato il suo inferno personale.

Ognuno di  noi.

Ma è qua, pronto a dare la sua vita di nuovo.

Altre mille volte.

E non ti dico che ci vuole  molto più coraggio nel vivere di nuovo che nel morire mille volte.

Sarebbe troppo banale e scontato>>

Si allontana e se ne va.

I capelli mossi dal vento.

Il mantello che accarezza l’aria.

Bellissimo.

Molto più di quello che i miei occhi possono vedere.

Mentre dei gabbiani lanciano i lori richiamo nell’aria.

 

La notte accoglie il mio corpo che si adagia sul letto.

Sono stanco, come se avessi percorso tutta la Grecia a piedi.

E in effetti mi sembra proprio di averlo fatto…

Ma è una stanchezza sana.

Senza altro dolore che quello naturale e giusto.

Non provo altro.

Potrei affermare che sono guarito se una voce non mi ripetesse incessantemente… se sono sicuro di essere mai stato malato.

Dovrei andare a ringraziare Aphrodite domani.

Se non temerei di sentirlo ridere ironico chiedendomi il perché.

Non c’è bisogno di queste cose tra di noi.

Tra di noi.

Assaporo queste due parole con cura, facendole scivolare nelle mente.

Sono anche io uno di loro.

Di noi.

E so che non basterà una vita intera per dimostrare ad Athena quello che questo vuol dire per me.

Quello che la Sua fiducia vuol dire per me.

Ma ci proverò.

Fino all’ultimo mio respiro.

Io ci proverò.

Fino a che resterò sotto questo cielo.

Io ci proverò.

E’ il mio ultimo pensiero.

Prima di scivolare nelle carezze della notte.