Dedicato A Te

Quella notte una musica dolce e piena di nostalgica attesa riempì l'aria e penetrò attraverso le mura fino a giungere dove lui stava riposando.

Lo svegliò dolcemente, come se una mano candida e calda si fosse posata sulla sua pelle nuda, accarezzandolo.
Rimase un attimo ad ascoltare, stupito.
Non capiva da dove provenisse ne dove volesse giungere.
Non aveva un suono preciso.
Era piuttosto come... un insieme di voci leggere e soavi.
Tante voci fuse in una sola, un'unica melodia che le racchiudeva e parlava alla sua anima.
Il ragazzo si mise a sedere nel letto, la leggera coperta scivolò giù lentamente, fino a posarsi delicata sulle sue gambe.
Non riusciva a capire che cosa stava succedendo.
Alzò le mani e si spostò i capelli dalle orecchie, quasi che così facendo potesse ascoltare meglio.
Rimase li, immobile, le mani ancora ai lati del volto, il corpo aperto e pronto ad ascoltare.
Ascoltare per la prima volta qualcuno o qualcosa che non usava le parole.
Né forzava la sua volontà per farsi udire.
Ma, semplicemente, esisteva.
Penetrando in lui così profondamente da fondersi.
In un tutt'uno.
Parole che si trasformavano in note.
Frasi che diventavano sinfonia e dissetavano lievi la sua anima.
Come dare acqua ad un assetato.
Come una nuvola che si scioglie lenta sopra un deserto.
Sembra non lasciare il segno...ed invece.
Invece al mattino il deserto è fiorito.
Si era sentito arido come quel deserto.
Fino a quando quella musica non entrò in lui forzando dolcemente il suo voluto isolamento, penetrando in ogni sua piega, in ogni anfratto.
Facendolo diventare musica lui stesso.
Dove aveva sbagliato fino a quel momento?
Se mai errore si poteva chiamare quel dolore sordo che apriva in due il suo petto e scavava a fondo nella sua anima.
Un'anima in cui lui non credeva più.
Pensava che l'unico scopo della sua vita fosse quello di vivere e di morire da solo.
Pur vivendo tra la gente si sentiva in mezzo alle dune di un deserto.
Essere solitario che si fondeva con la sabbia facendo crescere nelle sue profondità le spine di quelle piante che vivevano soltanto nel deserto e che si cibavano con la poca linfa vitale che resisteva ancora.
Non aveva sbagliato.
Questo era venuto a dirle colui che stava suonando le corde invisibili di tutti coloro che si fondevano in quella musica.
Lui non aveva sbagliato affatto.
Aveva soltanto permesso a chi non sapeva parlare di dirgli come doveva vivere.
Aveva permesso a chi non era capace di pensare di forzare la sua volontà facendo leva sul suo amore per loro.
Infine aveva fatto si che chi non sapeva vivere vivesse al posto suo.
E tutto questo per il troppo amore.
Suo per loro.
Allargò le braccia e sentì chiara la musica aumentare di volume, intensificare le sue note e avvolgerlo completamente.
E fu questo che conquistò completamente il suo cuore.
Così come era arrivata se ne andò.
Cessò improvvisamente ma non per questo l'abbandonò.
Ormai era in ogni sua fibra.
In ogni parte di se stesso.
Faceva parte di lui e aveva portato la pioggia nel suo deserto.
Che stava già fiorendo.
Si alzò così com'era, andò alla finestra e la spalancò.
La notte si stava scolorendo lasciando il posto all'alba.
Era in quel momento particolare dove giorno e oscurità si incontravano.
L'unica volta.
Attimo insuperabile, unico nell'universo.
Quanti ne aveva persi.
Non sarebbe accaduto mai più.
Questo pensò mentre si stagliava contro la finestra aperta, figura immobile eppure già in movimento.
Completamente protesa verso la vita.
L'unica vera vita.
Con la musica dentro di se.