Fantasia
 
La notte scorre lenta tra noi mentre le braccia del mio amore mi avvolgono, protettive.
“Lui” è protettivo con me… lui, il mio Shun mi stringe  a se come se avesse paura che qualcuno potesse portarmi via da lui.
Abbasso un po’ il viso e lo bacio sui capelli morbidi che mi solleticano il collo…oggi è un anno e tre settimane che vivo da solo.
Oggi, come un anno fa, io e Shun ci siamo messi insieme.
Dopo la battaglia con Hades il mondo aveva ripreso la sua corsa folle, ignaro di quello che lo aveva sfiorato.
Io, come gli altri miei fratelli del resto, non riuscivo a dimenticare quello che era successo e, notte dopo notte, rivivevo l’attimo eterno in cui il mio maestro Camus si era voltato verso di me, il modo in cui mi aveva sorriso…la sua dolcezza immensa.
Quella dolcezza che io ero certo lui avesse nel suo cuore.
E poi era diventato vento.
Risento nelle orecchie il mio grido di dolore che si mescola con quello che ogni notte non riuscivo a trattenere.
Anche Seiya urlava… sul suo corpo cicatrici che forse, con il tempo, sarebbero guarite…nella sua anima invece segni indelebili, per ricordargli che lui aveva dato la sua vita per la giustizia.
Per la speranza.
Shiryu non urlava ma ogni notte lo sentivo voltarsi nel letto…la sua camera era di fianco alla mia e le volte in cui camminava sul pavimento senza sosta erano molto di più di quelle in cui si addormentava, sfinito.
Shun… lui non faceva niente.
Notte dopo notte dopo notte combatteva la sua battaglia personale contro quella parte di se stesso che moriva dal dolore, senza emettere un solo lamento.
Senza far pesare su di noi la sua battaglia personale.
Lasciai io per primo.
Mi cercai un appartamento avvisando solo Lady Saori e me ne andai lontano da quella casa… sperando di riuscire così a tornare a vivere senza il peso di due occhi verdi che mi scavavano l’anima.
Senza la mia impotenza che mi assaliva ogni mattina, quando lo vedevo arrivare in silenzio, con le occhiaie e la pelle sempre più trasparente.
Un appartamento …diciamo una stanza e mezza va… giusto per essere più chiari.
Ma a me bastava… bastava per provarci almeno…a ricominciare.
Tre settimane dopo, il 9 Settembre per essere esatti, mi stavo preparando per tornare nella villa e fare gli auguri al mio piccolo amore… dandogli anche il regalo che gli avevo comperato.
Un libro.
Nulla di più anonimo…era un libro di poesie di un autore Russo… forse anonimo si… ma speravo che li Shun potesse trovare una chiave per arrivare a… dove?
A me forse?
Ero veramente disperato per non rendermi conto di quello che stavo facendo… e di chi avevo lasciato.
Me ne resi conto quando la porta suonò e lui si presentò li, davanti a me.
Pallido, dimagrito… i capelli ancora più lunghi di come li ricordavo…e gli occhi che bruciavano di determinazione.
<< Sono venuto per invitarti alla festa alla villa stasera…>>
lo guardai a bocca aperta…una…una festa?
Lui continuò imperterrito, le guance in fiamme ma lo sguardo deciso
<< per il mio compleanno…è stata Lady Saori a insistere e devo dire che ha ragione…dobbiamo ricominciare a vivere.
E credo  che questo sia il momento giusto.
Non perché io sia così immodesto da ritenermi importante…>>
Non lo feci finire.
Mi feci da parte afferrandolo per un braccio e facendolo entrare.
Stava dicendo un mucchio di sciocchezze…tirai fuori un filo di voce… la sua pelle era liscia, morbida…calda sotto le mie dita.
Gli lasciai il braccio a malincuore e feci il sorriso più sincero che riuscii a racimolare…
<< Mi hai preceduto…stavo per venire a portarti il mio…regalo>>
Ero imbarazzato accidenti… come potevo io, Hyoga essere sul punto di balbettare?
Che potere aveva su di me quel piccolino dopo soltanto tre settimane che non lo vedevo?
Tre settimane…avevo fatto passare tre settimane senza di lui.
<<E devo dirti un’altra cosa…dopo di che deciderai se venire o meno stasera…>>
si avvicinò a me e io …io rimasi li a sentire di nuovo il suo profumo leggero e fresco… di sapone, di pulito.
A distinguere le pagliuzze più scure intorno all’iride.
A sentire la mia pelle che si tendeva pericolosamente…per il desiderio di sentirlo, di toccarlo.
<< Dimmi… ma forse è meglio se ci sediamo…>>
“ di di no… di di no…” implorava la mia mente…se mi sedevo vicino a lui nell’unico divano della stanza non sarei mai riuscito a non toccarlo.
Che Athena mi perdoni ma io… io avrei finito per afferrarlo e stringerlo a me.
<< Oh… non importa.
Visto che sei già pronto è meglio restare qui… >>
Lo guardai interrogativamente… adesso si che mi ero preoccupato del tutto!!
Che cosa doveva dirmi di così importante?
<<Hyoga…io ti amo…>>
Torno al presente con un sorriso, quei sorrisi così rari che solo lui riesce a vedere.
Chi, conoscendo Shun… avrebbe detto che un giorno avrebbe saputo pronunciare per primo quelle parole… a suo fratello per giunta?
Sospiro piano nel ricordare la mia reazione… nulla.
Il silenzio più attonito seguì le sue parole.
Non riuscivo a crederci.
Povero amore mio… chissà cosa pensò in quei momenti?
Vidi i suoi splendidi occhi oscurarsi sempre più e perdere il calore che li animava prima.
Quando fece un passo indietro mi riscossi.
Era stato più coraggioso di me, molto più coraggioso… come sempre del resto.
Lo afferrai per il braccio una seconda volta e lo feci finire contro di me.
L’altro braccio gli cinse la vita mentre mormoravo a bassa voce
<< …anche io ti amo Shun…anche io…>>
E mai, nemmeno una volta in questo anno, mi sono pentito di quello che ho detto.
E fatto.
Mi guardo attorno nella stanza, cullato dal suo respiro calmo.
Se sono tornato a vivere è grazie a lui.
Se la mente non è schizzata via impazzita è perché lui ha vinto se stesso e me principalmente e mi ha dichiarato il suo amore per primo.
Non sono tornato alla villa.
Abbiamo deciso che era meglio non stare sotto lo stesso tetto in queste condizioni, con il desiderio di noi che cresceva attimo dopo attimo.
Per sette mesi siamo riusciti a vincerlo…con enorme fatica.
Volevo che si abituasse lentamente al nostro corpo.
Volevo che il desiderio di essere uniti anche fisicamente fosse così grande da superare tutto quanto.
Anche il fatto che abbiamo lo stesso padre.
Le carezze erano sempre più spinte… più audaci.
Ogni volta facevo una fatica terribile ad allontanarlo da me quel che bastava per non violentarlo.
E lui sembrava capire…perchè si ricomponeva e mi dava un bacio casto sulla guancia… tornando ad accoccolarsi accanto a me senza chiedermi altro.
Fino a cinque mesi fa.
Sento risvegliarsi in me il desiderio appena sopito quando ripenso a quella meravigliosa prima volta.
Quella volta andai oltre alle carezze audaci.
Stavo bruciando… Shun riusciva a rendere irriconoscibile me stesso perfino a me.
Mi sentivo divorare dalla passione, dal desiderio di possederlo, di farlo mio.
Per perdermi in lui, annegare nella sua anima, nel suo spirito.
Nel suo cuore.
Mi ritrovai ad accarezzarlo attraverso la stoffa dei pantaloni, sentivo che si muoveva contro di me, eccitato.
Avrei dovuto fermarmi li, in quel preciso momento…ma non ne ebbi il coraggio!!
O la forza.
Continuai a masturbarlo così, attraverso la stoffa, mentre i suoi gemiti salivano d’intonazione.
Fu lui ad agire di nuovo, ancora una volta.
Si abbassò le spalline della sua tutina e li slacciò.
La mia mano ebbe una piccola esitazione… che cosa stavo facendo a Shun?
Ma proprio piccola… il desiderio di sentirlo era così grande da cancellare tutto quanto, rimorsi compresi.
Infilai la mano dentro i pantaloni, andai oltre la barriera degli slip… e gli afferrai la sua virilità pulsante.
Il suo grido roco mi fece accapponare la pelle.
Era un grido di piacere puro, assoluto.
Si aggrappò alle mie spalle e inizio a muoversi per venire incontro alla mano… aumentai il ritmo senza capire più nulla e quando venne nella mia mano mi sentii assolutamente, totalmente felice.
Io, Hyoga…ero stato capace di dare piacere alla persona che più amavo al mondo.
Guardai il suo viso arrossato, la bocca ancora aperta…e gli occhi chiusi.
Non potevo fermarmi ormai…non ci sarei mai riuscito.
E nemmeno lui lo voleva.
Lo capii dal modo in cui si sollevò dal divano, mi prese le mani e mi portò nel letto.
Un mare bianco.
Questo fu.
Come immergersi in un mare di luce bianca.
Ancora adesso, quando ci penso, provo le stesse medesime emozioni.
Con un sospiro torno al presente e guardo la stanza attorno a noi.
Non sono tornato alla villa perché non avrei resisto e avrei passato ogni notte nel suo letto.
Ma non è che qui le cose sono migliori.
Non ci passo le notti ma i pomeriggi nel letto con lui, la sostanza, però, non cambia.
L’unica differenza è che la stanza della villa  era grande quanto tutto il mio appartamento.
Vorrei vivere in un castello, per poterglielo donare.
La nostra stanza sarebbe grandissima, con il caminetto acceso e la legna che arde, spandendo il suo profumo di resina nell’aria.
Un castello con un giardino immenso per poterti immergere nel verde e vivere a contatto con quella natura che sembra parte di te, così come tu di lei.
Una cascata…una cascata fresca che termina in un piccolo laghetto, l’acqua che accoglie i nostri corpi accaldati, abbracciati.
Io e te… e il nostro amore.
Certe volte non mi riconosco più.
Proprio io…Hyoga, che faccio simili sogni…
Ma poi ripenso a tutto quello che tu mi hai dato in questo ultimo anno, alla felicità assoluta con cui hai riempito i nostri giorni… e tutto va al suo posto.
Un castello… ed invece siamo qui, nella stanza di un ragazzo che non ha il becco di un quattrino, il caminetto chiaramente non esiste, c’è una stufetta spenta e un plaid nell’angolo.
La cascata…guardo il piccolo acquario sul tavolo… questa è la mia cascata con laghetto.
Fantasie.
La mia mente ha immaginato cose che non esistono.
Tutto qui.
Fantasie per poter vivere.
Vorrei regalarti il mondo… se solo ne avessi la possibilità…ma tu me lo renderesti serio, accigliato anche… rimproverandomi con lo sguardo.
Non hai bisogno di queste cose tu.
Inutili orpelli di gente ricca che ostenta così ciò che non riesce ad avere con i soldi.
Una sicurezza che in realtà non ha.
Vorrei regalarti il mondo…ma il mondo è già qui…fra le mie braccia.
Non c’è nulla che valga te sulla faccia della terra.
Nulla.
Né nelle profondità marine nè negli abissi.
Mi sciolgo dal tuo abbraccio dolcemente, per non svegliarti e ti faccio scivolare sotto di me.
Perfetto.
Quando ti sento così contro di me tutto mi sembra perfetto.
Guardo sul tavolo il regalo che ti ho dato stamattina… le chiavi del mio appartamento con un portachiavi semplicissimo:  una piccola catena d’oro… niente altro.
Scivolo dentro di te mentre tu passi dal sonno al piacere, inarcando il corpo contro di me e cingendomi il collo con le braccia.
Quelle chiavi implicano ciò che ancora non riuscivo a darti: la mia libertà.
Adesso non ho più nulla per me.
Adesso tutto appartiene a te e le mie fantasie hanno un solo nome, il tuo.
Non ho bisogno di sognare un castello, un bosco con il laghetto… nulla di tutto questo ha più importanza.
Abbiamo attraversato l’impossibile e ne siamo usciti insieme, vivi.
Questo non dobbiamo mai dimenticarlo.
Lo dobbiamo per il ricordo meraviglioso di chi si è sacrificato affinché fosse possibile.
Sento il piacere inondarmi lentamente,partendo dal centro dell’anima.
Un amore che non dubita di se stesso non è amore.
Non farò mai l’errore di credermi arrivato e soddisfatto, lotterò ogni attimo della mia vita affinché questo non accada… e quando avrò racchiuso il cielo in una mano saprò che ci sarò riuscito.
Allora lo saprò.