Frammenti
di Luce
L'aereo
attraversa la notte limpida solcando il cielo stellato.
Sono
le sei di mattina, ma in pieno Inverno la luce è ancora
lontana.
Dentro
l'aereo c'è una persona a noi molto nota che sta facendo una
fatica incredibile per riuscire a stare seduto in quelle assurde
poltroncine, oltremodo scomode.
E
sì! Il nostro Mika odia volare.
A
dire il vero non si sa bene se il suo sia più odio o paura.
Lui
sostiene che è istinto di conservazione, perchè
gli
aerei, essendo più pesanti dell'aria, tendono a
precipitare...
chiaramente.
E
poi...se l'uomo poteva volare avrebbe avuto le ali, no?
Allora
perchè mai è seduto su un aereo chiaramente
sospeso per
aria?
Perchè
Javier l'ha invitato a casa sua per il suo compleanno che
sarà
domani.
E
lui ha accettato vincendo la sua naturale...hem...repulsione per
tutto quello che si alza da terra per più di un metro circa!!
Non
va là per fare il turista, non soltanto almeno. Non avrebbe
mai preso una aereo per questo.
Ma
Javier è un amico speciale, come i pochi che ha.
Pochi,
ma buoni.
E'
da quando ha avuto l'incidente che si ripete che vuole andare a
trovarlo, ma manca sempre l'occasione.
Adesso
ce l'ha e non vuole perderla.
Gli
dispiace che Angelo non può essere con lui, ma la cessione
dell'officina a suo favore è un'operazione
estremamente...delicata.
Per
Angelo sopratutto.
Ci
tiene moltissimo, avrà qualcosa di suo finalmente.
Così
è partito solo, anche se il suo Siciliano geloso ha fatto
una
fatica notevole quando l'ha accompagnato all'aeroporto.
L'ha
fatto soltanto perchè Javier l'ha colpito in maniera
favorevole,anche se non lo ammette nel modo più assoluto.
E
perchè si ferma quattro giorni.
Uno
di più e l'avrebbe legato al letto.
Non
che la cosa potesse turbarlo eccessivamente...
Anzi.
Sorride
tra se immaginandosi nudo, legato al letto, con Angelo sopra di
lui...ma il sorriso si spegne immediatamente quando una mano si posa
sul suo braccio.
Vogliamo
andare a vedere che cosa succederà a Mika in questa nuova
avventura?
Mika
\
Volto lentamente il capo e apro gli occhi per vedere chi è
che
osa fare una cosa del genere.
Non
mi piace essere toccato se non da chi dico io.
Da
chi decido io.
E'
una mano femminile.
Indubbiamente.
Dallo
smalto viola.
Terribile
tra l'altro.
Una
donna.
Odio
le donne intraprendenti.
Anzi.
Odio
le donne.
Punto.
A
parte Heather ed Anna non ne conosco altre degne di questo nome.
La
pelle sotto la stoffa della maglia pesante si accende di brividi di
repulsione.
Alzo
su di lei uno sguardo gelido, il peggiore del mio repertorio.
E
non devo nemmeno fare troppa fatica.
Mi
viene così.
Spontaneo.
Lei
impallidisce e toglie la mano di scatto, una scusa negli occhi.
E'
mora, truccata in maniera esagerata.
Bocca
carnosa e viola come le unghie.
Dovevo
immaginarmelo.
Se
non fossi stato così occupato nel distrarmi con i miei
pensieri, per non accorgermi che siamo sospesi nel nulla, avrei
sentito senza dubbio il suo profumo da cacciatrice.
Da
puttana rifatta.
Volto
la testa verso il finestrino chiudendo contemporaneamente gli occhi.
Non
ci tengo a vedere le nuvole dove siamo sospesi, ma avere davanti il
volto di quella è senza dubbio peggio.
Così
chiudo gli occhi e cerco di isolarmi, continuando con il mio sogno
precedente.
Dove
ero rimasto?
Ah
si...io nudo e legato nel letto ed Angelo sopra di me.
Senza
nulla addosso se non la sua pelle umida, ancora bagnata dalla doccia.
Per
fortuna che mi fermo solo 4 giorni a Granada perchè dopo
queste immagini, che la mia mente mi fa vedere chiare e precise,
sarà
una tortura aspettare.
Una
tortura deliziosa però.. assolutamente deliziosa.
Masochista?
Non
credo, semplicemente… io!
… ancora?
La
mano di prima si è posata di muovo sul mio braccio.
Non
è possibile, e si che credevo di essere stato chiaro.
Volto
la testa e apro gli occhi guardandola di nuovo.
Ma
proprio qui doveva sedersi questa?
Con
un aereo così grande doveva capitare vicino a me?
Fisso
la sua mano e con gelida lentezza la tolgo lasciandola cadere
pesantemente sulle sue gambe.
<<
Hem... mi scusi tanto... volevo soltanto farle una
domanda...>>
Torno
a guardare fuori dal finestrino sempre con gli occhi chiusi ma le
rispondo, forse così la pianta di rompermi le palle e mi
lascia in pace:
<<
Non mi piace essere toccato...>>
credo
che la mia voce potrebbe cristallizzare l'aria e spero che lei
recepisca il messaggio.
Odio
sprecare inutilmente le parole.
Questo
però non la smonta.
Continua
a parlare senza dire nulla di concreto.
Vuole
rimorchiare, evidentemente.
Non
mi mette più le mani addosso ma mi dice tutto quello che le
passa per la testa, senza farsi fermare dal mio silenzio e dai miei
occhi chiusi.
Nemmeno
l'arrivo della hostess con le bevande la ferma.
Accarezzo
l'idea di imbavagliarla e ficcarla sotto il sedile ma dubito che ci
starebbe.
Troppe
curve abbondanti.
Senza
dubbio riesce in una cosa però: non penso più che
sono
sospeso nel nulla.
<<
ma capisce che cosa inaudita? Mi ha lasciata per mettersi con un
uomo. Un ragazzo di 19 anni per di più.
Insulso
e brufoloso. E' stato terribile...>> drizzo le antenne.
Così
è stata piantata dal suo uomo perchè gay.
Ed
è andata a sedersi vicino a me.
Un
ghigno altera i miei lineamenti, qualcuno lassù ha senso
dell'umorismo...
<<
avrei preferito vederlo morto piuttosto che saperlo con uno di...di
quelli...>> mi gelo di nuovo, all'istante.
Stringo
con forza le mani sui braccioli che dividono le nostre due poltrone e
apro gli occhi...che sono diventati due lastre di ghiaccio.
Si
rende conto di aver detto qualcosa di sbagliato perchè tace
anche lei e indietreggia un po', almeno quello che l'esiguo spazio le
permette.
Potrei
dirle che anche io lo sono.
Uno
di quelli intendo.
O
che suo marito è un uomo che sa come rimediare ai propri
errori.
Infatti
l'ha lasciata in tempo... non faccio nulla di tutto questo.
Le
do semplicemente un avvertimento.
Chiaro,
semplice e cristallino.
Starà
a lei poi decidere cosa fare.
Chiudo
gli occhi di nuovo e mi volto verso la poltroncina davanti a me.
Rilasso
i muscoli contratti e mormoro a voce bassa, ma perfettamente udibile:
<<
Ha mai volato?>>
Tace
per un attimo, forse pensando se sono impazzito improvvisamente, poi
risponde, incerta...<< ma...certo, che domande. Sono
qui...e
non è nemmeno il mio primo viaggio>>
la
interrompo per terminare << E senza
aereo?>>.
Javier
Perfetto.
L'aereo
atterra così puntale da farmi inarcare un sopracciglio,
stupito.
Uno
dei pochi aerei in perfetto orario.
Almeno
Mika non è stato costretto a un attimo solo in
più
dentro quella scatola volante...come ama chiamarla.
Quando
esce fuori con la borsa da viaggio sono passati soltanto dieci
minuti.
E'
semplicemente perfetto, interamente vestito di bianco con un morbido
piumino,anch'esso bianco, che arriva a metà coscia.
I
capelli biondi trattenuti morbidamente sulla nuca da un nastro di
velluto nero e...sguardo che brilla, pericolosamente.
Ha
combinato qualcosa, senza dubbio.
Non
so chi è peggio tra lui e Milos, quel Greco pericoloso per
la
salute mentale di tutti noi.
Osservo
i viaggiatori che sfilano accanto a lui, ma non c'è nessuno
che potrebbe aver attirato la sua attenzione, di bei ragazzi nemmeno
l'ombra.
E
poi lui è fedele, senza ombra di dubbio.
Gli
piace giocare ma... solo davanti al suo Italiano geloso.
Per
farlo arrabbiare ancora di più.
Noto
all'ultimo momento una donna vestita in maniera vistosa, che lo
guarda con paura.
Proprio
così.
Paura.
Quasi
come se Mika potesse voltarsi da un momento all'altro e farle del
male.
Sorrido
tra me e me, qui è successo qualcosa di...particolare.
Di
MOLTO particolare.
Ed
io non vedo l'ora di conoscere i fatti.
Non
perchè sia curioso chiaramente ma...mi interessa il modo di
agire di uno come lui.
Uno
che ha mille pensieri insondabili dietro i suoi occhi chiari.
E
ognuno di questi mille pensieri possono portarti alla perdizione.
O
alla follia.
Ci
salutiamo con un abbraccio discreto, nulla di troppo espansivo.
Sa
che non sono il tipo degli abbracci, ma l'atmosfera è
particolare e quindi mi soffermo un attimo per dire con voce
divertita: << quella mora esplosiva ti guardava come se
tu
potessi morderla da un momento all'altro.>>
Non
si volta per vedere di chi stavo parlando.
Capisce
immediatamente e sorride, sornione.
Come
un gatto che ha appena mangiato un topolino.
E
glielo dico.
<<
Sembri un gatto che abbia appena ingoiato un topolino>>
<<A
dire il vero è stato il topo che ad un certo punto pensava
di
potermi ingoiare...>>
Lo
osservo mentre ci dirigiamo verso l'uscita dell'aeroporto inarcando
un sopracciglio e lui continua, un angolo della bocca appena alzato
verso l'alto.
<<
ma quando ha avuto la prospettiva di vedere le nuvole da vicino si
è
fatta cambiare di posto ed è andata dall'altra parte
dell'aereo.>>
Non
resisto e mi metto a ridere, la donna in questione si volta un attimo
verso di noi e ci guarda, un po' seccata e un po'...impaurita.
E
io continuo a ridere, sono mesi che non lo faccio.
Da
quando sono andato a trovarli per il suo compleanno.
Quasi
un anno.
Mi
è mancato davvero molto.
E
credo che, alla fine, glielo dirò.
Mika
Certo
che questa parte della Spagna è davvero bellissima.
\
Granada, tierra sognada por mi \
dice
una canzone che andava tanto tempo fa.
E'
vero, è una città bellissima.
Ti
incanta e ti stupisce facendoti dimenticare il motivo per cui sei
qui.
Il
calore del corpo di Javier accanto a me mi riporta a lui,
però.
La
macchina con cui è venuto a prendermi non è molto
grande e per forza di cose sono seduto molto vicino a lui.
Si
volta un attimo a guardarmi, poi serra le mani sul volante e fa un
mezzo sorriso:
<<
La mia auto è un po' più comoda, ma è
dal
meccanico e questa è quella che da ai
clienti...generosi>>
sorrido
tra me, Angelo non ha nessuna macchina per i clienti, generosi o no.
<<Tranquillo,
va benissimo così, non me ne importa nulla di queste cose,
lo
sai>>,
Lo
sa, ma la sua innata gentilezza lo ha portato a scusarsi lo stesso.
Sono
abituato con Angelo, ma sarà piacevole adeguarmi anche alle
sue abitudini, ai suoi modi di fare...
<<
Stiamo andando a casa mia. Abito in un appartamento al secondo piano
di una palazzina del fine settecento, sotto, al primo piano,
c'è
il mio museo>>.
Il
museo.
Quello
di armi antiche che ha aperto dopo l'incidente.
Quando
è stato chiaro che non avrebbe più potuto usare
il
fioretto, nemmeno per allenarsi.
Non
l'ho mai visto, e questa è davvero una mia mancanza, anche
se
il dover usare l'aereo per arrivare fin qui ha influito notevolmente.
E
appena la macchina si ferma mi rendo conto di quello che mi sono
perso.
Lo
penso anche quando entro nel suo appartamento e mi guardo attorno.
Elegante,
non troppo grande e con i premi vinti nella sua carriera di
...fiorettista?
Come
si chiama uno che ha vinto tutto quello che si poteva vincere nel
fioretto?
Atene
2004, il mio sguardo sfiora le medaglie d'oro che Javier ha vinto ad
Atene, fioretto singolo e a squadre.
I
mondiali del 2005... e poi l'incidente in macchina.
Il
bacino fratturato in tre punti, la protesi al femore.
Sei
mesi d'ospedale e la riabilitazione.
Poi
la sentenza: non acquisterà mai più l'uso della
gamba
perfettamente.
L'agilità
innata in lui era soltanto un ricordo.
Sorrido
senza nessuna compassione.
Ha
dovuto rinunciare a un sogno quando l'aveva fra le mani , quando era
in cima ... ed invece di distruggersi vivendo nella nostalgia di
quello che avrebbe potuto essere ha saputo guardare avanti e
trasformare così un incubo, facendolo diventare un'altra
realtà, un altro sogno.
Come
ho fatto io.
Arriva
silenzioso, non ha più l'agilità per fare
fioretto, ma
ha una classe innata che lo rende inavvicinabile a chi non lo
conosce.
Non
a me però.
Si
ferma dietro di me, senza sfiorarmi.
Osserva
il mio sguardo scivolare sui trofei, le medaglie, le coppe vinte e
posso sentire il suo sorriso, la sua serenità.
Non
ha rimpianti, solo tanti bei ricordi.
E
non si fa vincere da quelli, bensì li vive giorno dopo
giorno,
con serenità.
Con
fiducia.
Javier.
Mi
fermo dietro Mika senza sfiorarlo e il suo calore penetra attraverso
il tessuto dei vestiti giungendo fino a me.
Sta
osservando con attenzione i trofei che fanno bella mostra di se sulla
mensola del caminetto, gli ultimi vinti.
Prima
dell'incidente.
Parecchi
mi chiesero ( e tutt'ora so che lo pensano) come facevo a tenere li
quelle medaglie, simbolo di un tempo che non è
più, che
non è mio.
Non
capiscono perchè io sia così appagato della vita
che
faccio, delle mie armi, del museo che è tutta la mia vita.
Eppure
non è proprio così.
<<
Ti ricordano quanto è fragile l'uomo...>>
mormora
Mika con una voce che sembra provenire dalla parte più
profonda di se <<...e come è piccolo quando
pensa che la
felicità gli spetti di diritto.>>
Annuisco
con il capo anche se lui non può vedermi.
Lui
sa.
Sa
che vuol dire vedere un sogno sfumare nei colori oscuri della notte.
Sa
che vuol dire la disperazione che rischia di annientarti.
E
come soltanto con un profondo amore verso la vita tu puoi farcela a
risalire.
Verso
la vita e verso il tuo sogno.
Per
farlo continuare a vivere nonostante tutto.
Non
so che cela nel suo animo, ma so riconoscere una ferita quando la
incontro.
Come
con Angelo.
Appoggio
delicatamente le mani sulle sue spalle, per un attimo soltanto.
Le
stringo leggermente.
Per
poi voltarmi ed allontanarmi da lui.
Terminiamo
la giornata nel museo.
Ascolta
attento tutta la spiegazione dei pezzi più rari, delle armi
più antiche.
La
storia nascosta nella storia, l'amore che metto nelle parole, nei
gesti.
Nello
sguardo.
Domani
lo porterò nell' Alhambra dal Generalife e nel parco delle
scienze al suo interno.
Ma
oggi è tutta mia questa prima giornata.
Quando
se ne andrà conserverò il ricordo di una cascata
di
capelli biondi che hanno portato il sole nella mia casa.
Mika
Non
mi stancherei mai di ascoltarlo mentre parla del suo museo.
A
dire il vero è interessante ogni cosa che dice.
C'è
una passione contenuta forse ma evidente in tutto ciò che
dice.
Che
esprime.
Si,
che esprime, ecco.
Lui
non parla per “dire”.
Non
dice quasi nulla solo per “dire” ma...esprime.
Ogni
cosa che noi ci limitiamo a dire lui la esprime.
Non
fa conversazione ma apre lentamente la sua anima e se tu sei
così
attento e non ti limiti ad ascoltare con le orecchie puoi vederla.
Puoi
quasi...afferrarla.
Chiaramente
fino al punto in cui lui te lo consente.
Non
oltre ma...ne vale la pena.
Oh...se
ne vale la pena !
Mentre
ci incamminiamo alla sua macchina per andare a cena arriva la prima
telefonata dal mio amore.
E
questo mi stupisce tantissimo: ha aspettato tutto questo tempo.
L'ho
chiamato appena arrivato all'aeroporto questa mattina, dalla macchina
di Javier e ci siamo scambiati solo qualche parola.
L'ho
lasciato con la promessa di una telefonata fatta con calma quando
sarei stato più tranquillo... cosa che non è
successa
in effetti.
Non
immaginavo però che fosse lui a chiamarmi per primo.
Ammettendo
così di essergli mancato.
Abbasso
il tono di voce volutamente lasciando che accarezzi l'orecchio del
mio uomo che è a parecchie migliaia di km da me.
<<
Amore...che bella sorpresa...>>
il
suo tono e tutt'altra cosa che basso e sensuale, direi che è
alto ed incazzato.
Parecchio
incazzato.
<<
A chi la vuoi dar da bere? Mi prendi per un coglione? E'
perchè
ti sono mancato che mi hai chiamato?>>
Sorrido
al cellulare mentre la mia voce accarezza l'aria, cercando di calmare
l'ira del mio uomo geloso.
<<
Siamo stati tutto il tempo chiusi nel museo. Appena sono entrato li
dentro...ahhh, dovresti esserci sai, sono sicuro che ti piacerebbe.
Ci sono delle armi incredibili. Molto, molto
affascinante...>>
Mi
interrompe subito
<<
Dove siete stati tutto il tempo tu e quello Spagnolo?
Chiusi
in un museo? Mika...>>
e
la sua voce vibra bassa, minacciosa, sembra il brontolio di un tuono.
Lo
adoro quando fa così.
So
che si fida di me e anche di Javier. L'unico di cui non si fida
assolutamente è Milos ma so anche che il pensiero di non
essere qui, accanto a me e chiarire così a tutti che io
sono...hem occupato lo tormenta parecchio.
<<
nel museo tesoro... ma non soltanto li. Anche nel suo appartamento,
stai tranquillo...>>
Qui
Javier si volta a guardarmi, un lieve sorriso che increspa appena le
sue labbra.
Se
potesse vederci adesso Angelo sarebbe, senza dubbio, molto
più
agitato di come è effettivamente.
So
che non fa del tutto sul serio...non ancora per lo meno.
Chiudo
il cellulare con la promessa di un saluto prima di addormentarmi.
Saprò
farmi perdonare, oh si che saprò farmi perdonare.
Non
dormirà molto tranquillamente questa notte il mio uomo.
Javier
<<
Vedo che ami sempre il pericolo, eh Mika?>>
Il
sorriso malizioso che mi rivolge mi fa pensare che la loro vita
dev'essere davvero sul filo del rasoio.
E
le sue parole sembrano confermarlo:
<<
come sarebbe la vita senza un po' d'eccitazione?
Immagina
che noia...>>
<<Per
fortuna che hai incontrato Angelo allora...>>
mi
sto proprio divertendo, la mia vita è completamente diversa
dalla loro, dalla sua.
Ma
qualcosa mi dice che anche Angelo vorrebbe un po' di pace qualche
volta.
E'
che con Mika questo vocabolo non esiste.
<<
Ah si, puoi dirlo a voce alta. Ama il pericolo quasi quanto
me...>>
termino
con un pizzico di divertimento nella voce, ma propio un pizzico eh...
<<Per
questo ti ha scelto...>>
ma
ormai dovrei saperlo che l'ultima parola è sua e la dice con
sguardo velato di malizia e sensualità che gli fa brillare
gli
occhi pericolosamente:
<<
eh no, sono io che ho scelto lui. Non gli ho lasciato nessuna
possibilità, nemmeno una.
L'ho
visto e ho deciso che sarebbe stato mio.>>
Parcheggio
la macchina davanti al locale dove voglio portarlo stasera e mi rendo
conto, mentre entriamo, che attira su di se tutti gli sguardi, come
una calamita.
I
vestiti gli scivolano addosso, accarezzandolo sensualmente e facendo
intravedere la sua pelle in un gioco di luci ed ombre incantevole.
I
capelli biondi ricoprono come una cascata la sua schiena mentre
ondeggiano con il suo corpo.
Io
non sono sicuro di essere completamente gay.
Non
ho avuto nessuna storia particolarmente importante.
Sono
semplicemente uscito qualche volta con...qualcuno.
Ma
se lo avessi incontrato prima... chissà come sarebbe finita?
Si
guarda attorno nel locale, gli occhi scivolano sulla gente che lo
guarda senza fermarsi su nessuno, osserva attento invece gli arazzi
alle pareti, l'aria antica che aleggia li dentro e sorride
compiaciuto.
Sapevo
che gli sarebbe piaciuto.
Finiamo
la serata parlando del locale.
Ha
una sua storia antica e l'atmosfera rilassata, davanti a un buon
Porto, fa passare il tempo abbastanza velocemente.
L'incidente,
se così si può chiamare, accade quando stiamo
tornando
a casa.
Mentre
usciamo.
E
mi lascia senza parole, indeciso se arrabbiarmi o sfoggiare
un'indifferenza che forse ferirebbe di più.
Il
fatto è che non so se voglio ferire...ancora.
Onestamente
non lo so.
Ma
poi la mia natura decide per me.
Mika.
Javier
non ha voluto sentire ragioni: ha deciso di pagare lui almeno la
prima sera qui, nella sua città.
Domani
sarà il suo compleanno e quindi nn mi farà
toccare
soldi...credo che alla fine sarà un miracolo se
riuscirò
ad offrirgli la cena.
Mentre
sta pagando osservo con attenzione un ragazzo che ci sta fissando da
quando abbiamo messo piede qui dentro, con la chiara intenzione di
spararci.
Anzi...di
spararMi, perchè è chiaro che è con me
che ce
l'ha.
E
visto che io non lo conosco posso dedurre che ha dei conti in sospeso
con il mio ospite.
Socchiudo
gli occhi, minaccioso: Non mi piace.
Non
mi piace come guarda Javier, e ancor meno mi piace la sua mano
stretta a pugno.
Dice
qualcosa all'amico che è con lui e si alza avvicinandosi a
noi, chiaramente nervoso.
Adesso
non sono una persona che cerca le liti, che fa scenate in pubblico e
minacce varie.
Insomma,
di Angelo ne basta uno credo e il mio modo di fare è molto
più
sottile.
Meno
esplicito forse, ma altrettanto efficace.
Ma
quando questo tipo qui aspetta che Javier finisca di pagare per
bloccarlo proprio davanti all'uscita sento forte l'impulso di
afferrarlo per la giacca e scaraventarlo dall'altra parte della
stanza.
Chiaramente
non lo faccio.
Non
sono questi gli “impulsi” che adoro seguire, questi
li controllo
perfettamente, anche perchè il mio amico non è un
ragazzino inesperto che ha bisogno di aiuto.
Mi
limito a fare un passo avanti, uno solo.
Javier
si volta lentamente, il suo corpo già rigido e la testa
perfettamente eretta.
Fieramente
eretta direi.
Guarda
la mano che il tizio gli ha posato sul gomito come se fosse un
insetto strano, poi alza lo sguardo sul viso del ragazzo in questione
che sbianca leggermente: Il volto di Javier è gelido e privo
di inflessioni.
Al
posto di questo qui mi sognerei quegli occhi per parecchio tempo.
Se
lo conosce dovrebbe sapere che odia le scenate, sia pubbliche che
private.
<<Si?>>
Tutto
qui.
Con
una voce perfettamente normale, ne alterata ne troppo bassa lo
apostrofa così, semplicemente.
Sento
il ragazzo che si agita, vedo che la sua rabbia si sta affievolendo.
Rabbia
che lo ha spinto ad alzarsi e a fare questa scenata incredibile.
Ma
non si dà per vinto così presto, scuote
impercettibilmente le spalle per scacciare... il disagio
probabilmente e gli risponde, duro, arrabbiato.
<<
Volevo farti gli auguri, “campione”>>
Calca
sulla parola come se fosse un insulto e io sento chiaramente il mio
sangue che risponde in maniera preoccupante.
Sono
uno Svedese, il mio sangue non è quello caldo e irruente di
un
mediterraneo...ma vivere accanto ad Angelo credo che mi abbia
insegnato alcune cosette, come quella di non tenere a freno dei sani
impulsi emotivamente...forti.
Come
quello che provo adesso.
Ma
Javier mi precede di un soffio e sempre con il suo tono totalmente
indifferente continua a monosillabi :
<<
Grazie >>
anche
se lo sguardo dice chiaramente il contrario.
Il
tizio si agita vistosamente e inizia a sudare, ma non toglie la mano
dal gomito.
<<
E di che? Vorrei farteli un po' meglio, ma...vedo che sei
“occupato”>>
e
sputa su questa parola guardandomi quasi schifato.
E
qui prende il sopravvento il mio veleno e la mia classe,
modestamente.
Volto
la testa verso Javier guardandolo con il mio migliore sguardo
allusivo, malizioso.
Complice.
Da
amante soddisfatto.
E
tolgo quella mano dal braccio del mio amico come se fosse immondizia,
toccandola con due dita soltanto:
<<
infatti, è molto
occupato ...>> ,lascio le mie dita accarezzare la stoffa
della
giacca di Javier che mi guarda con un lampo negli occhi.
Ha
apprezzato.
Il
ragazzo fa un passo indietro e nel suo sguardo leggo rabbia,
delusione, umiliazione, odio quasi...ma non pentimento.
Ma
dove l'ha pescato questo tipo qui?
Tenta
un'ultima carta ma si vede che bleffa disperatamente, mi fa quasi
pena.
Quasi.
<<
Hai sempre avuto gusti strani in effetti...>>
<<Probabilmente...>>
termina Javier con tono definitivo.
Guardandolo
senza possibilità di poter fraintendere il suo
“probabilmente”.
Si
volta verso la porta in maniera decisa e se ne va, senza aggiungere
altro.
Gli
ha dato un'indifferenza totale, come se non gli importasse nulla di
lui.
Non
mi piacerebbe essere guardato così da un'altra persona.
Come
se fossi trasparente.
Il
ragazzo se ne sta li a guardarci, irato per la mia mano che si
è
posata, volutamente, sulla spalla di Javier, per i nostri capelli che
per un attimo si mescolano.
Non
doveva fare questa scenata, doveva controllare di più i suoi
sentimenti e capire che con Javier queste cose ti allontanano da lui
definitivamente.
Appena
ci sediamo in macchina, prima di metterla in moto si volta verso di
me e mi guarda, un po' contrito.
<<
Mi dispiace...>>
<<...e
di che?>> gli chiedo sinceramente stupito:
<<
Di quella scenata gratuita...>>
Scuoto
le spalle mentre un piccolo sorriso sadico si forma sulle mie
labbra...
<<
non deve dispiacerti, è stato un intermezzo...nulla di
più...>>
Scuote
la testa ma mette in moto la macchina, e io termino il discorso con
una risatina piccola, bassa... profonda.
<<
certo che te la sei cavata egregiamente, sei stato di un'indifferenza
letale>>
lui
sorride lentamente, quasi...sornione.
Non
risponde ma capisco che è contento di quello che gli ho
detto.
E'
questo quello che voleva fare.
Dimostrargli
indifferenza.
E
ci è riuscito benissimo.
Torniamo
a casa perchè adesso sento tutta la stanchezza della lunga
giornata, iniziata per me alle ultime stelle della notte.
Il
mio primo giorno di vacanza a Granada è finito, me ne
restano
altri due perchè all'alba del quarto ripartirò ma
so
che saranno memorabili e che non mi annoierò nemmeno per un
attimo, accanto a quest'uomo dal carattere d'acciaio e dallo sguardo
deciso e tagliente, come il filo di una lama.
Di
un fioretto, per la precisione.
Prima
di addormentarmi però faccio la telefonata al mio amore, mi
manca in maniera incredibile, ma questo non glielo dirò...se
no non mi fa più muovere dal suo fianco.
Anche
se la cosa ha le sue attrattive, indubbiamente.
Javier
La
giornata inizia con un sole splendido quanto freddo.
Per
quanto qui possa esserci freddo chiaramente.
Mi
alzo abbastanza presto e dopo una doccia veloce inizio a preparare la
colazione.
Ho
dormito male questa notte.
Mi
sono agitato parecchio e questo mi ha dato e mi sta dando un gran
fastidio.
Ho
programmato questi giorni di minivacanza al meglio.
Voglio
che Mika possa vedere questa città che amo tanto con i miei
occhi e nello stesso momento vorrei poterla vedere con i suoi per
farmi stupire ancora una volta.
Ma
non avevo previsto l'incontro di ieri sera con Raul e l'effetto che
questo avrebbe avuto su di me.
Apparentemente
non mi ha dato fastidio se non un po' di seccatura.
Odio
le scenate, pubbliche o private non importa.
Questo
è uno dei motivi per cui la nostra storia non è
mai
diventata tale.
E'
l'unico ragazzo per cui ho provato un po' di interesse, l'unico che
ho guardato due volte di seguito.
Mentre
le mie mani sicure riempiono la macchinetta del caffé sento
i
rumori del risveglio di Mika.
Sorrido
per un attimo e allargo la tovaglietta della colazione sul tavolo
della cucina.
E'
più intimo qui, meno dispersivo.
Più
accogliente e Mika è un amico, non un'ospite.
Ma
il volto di Raul torna ad occupare la mia mente e questo mi secca
ancora di più.
Non
so se poteva diventare importante, non mi ha dato la
possibilità
di capirlo.
Ha
iniziato a polemizzare su ogni cosa che io facevo.
A
diventare geloso delle persone che incontravo, perfino dei miei
compagni di squadra, come lui.
Giocava
nella mia squadra di fioretto negli ultimi mondiali a cui ho
partecipato.
Una
testa calda che aveva una grande opinione di se stesso.
Ma
simpatico, esuberante, pieno di vita.
Per
questo ho iniziato a guardarlo.
Ormai
avevo capito che le donne non incontravano la mia approvazione e Raul
aveva un modo di fare,di vivere che mi attirava moltissimo.
Entra
Mika silenzioso, come sempre.
E'
scalzo e ha addosso un pigiama perfettamente stirato.
Si
vede che l'ha appena messo addosso, che non ci ha dormito insomma.
Troppo
perfetto.
Sorrido
tra me, è davvero letale come sembra.
Per
fortuna che non vuole sedurmi, non oso pensare alla mia reazione se
lo avesse fatto.
Il
pigiama nuovo di zecca è blu, di seta , allacciato da un
bottone soltanto.
Magnifico
davvero.
Mi
riscuote dai miei pensieri la sua voce assonnata:
<<
auguri Javier, è un onore per me essere qui con te e
festeggiare insieme ...>>
mi
abbraccia per un attimo, quello che serve per farmi sentire la sua
sincerità.
Per
me si è seduto su un aereo e si è fatto portare
in
volo, sfidando perfino le chiacchiere pesanti di una donna.
Persona
speciale davvero.
<<
Potrei dire che l'onore è mio ma temo che sarei banale,
vero?>>
La
sua risata si perde nel caffé caldo e nei piccoli dolci
ricoperti di cioccolato che sta mangiando.
Il
suono del cellulare interrompe l'atmosfera serena che si era creata.
E
un brivido d'anticipazione mi scorre lungo la schiena.
Non
è paura.
E'
disagio.
E
non mi piace per niente provarlo.
Anonimo.
Non
so chi sta chiamando e questo mi ferma un attimo, poi scuoto le
spalle e rispondo, sfidando brividi e altro.
<<
Javier volevo scusarmi per ieri sera...>>
Raul.
La
tentazione di chiudere, con molto tatto certo, il cellulare
è
fortissima ma non lo faccio.
Mika
si mette in bocca un'altro dolce con un'espressione estasiata e
questa visione mi rasserena immediatamente, per quanto strano possa
sembrare.
<<
non c'è niente di cui scusarsi>>
voce
perfettamente normale, ne fredda ne calda.
Come
se parlassi del tempo con un estraneo.
<<
Non usare quel tono con me... lo so che sono stato un
bastardo...>>
la sua voce invece è quasi sottile, preoccupata.
Vuole
intenerirmi.
Non
ha capito nulla di me.
<<
Nulla che tu non abbia già fatto altre volte, non
sopravvalutarti>>
sospira
pesantemente mentre io lo faccio piano e mi siedo nella sedia di
fronte a Mika.
Sta
per riprendere a parlare ma lo anticipo, sono stanco di questi
giochetti, adesso basta.
<<
Senti Raul lascia perdere. Non abbiamo più nulla da dirci se
mai c'è stato qualcosa... >>
mi
interrompe con la sua solita irruenza.
Come
faceva un tempo a piacermi?
<<
Lo so, è colpa mia, solo mia. Dopo l'incidente sono sparito
così e poi... ho detto a tutt...>>
<<
Adesso basta!>>
La
mia voce secca fa alzare la testa di Mika dalla sua tazza e mi
guarda, attento
<<
finiscila Raul, basta. Non c'è nulla da dire.
Nulla.>>
Chiudo
la comunicazione ed inserisco la segreteria.
Non
ho nessuna intenzione di parlare più con lui.
Lo
sguardo acuto di Mika non si è perso una sillaba e,
stranamente, questo invece di seccarmi mi fa sorridere.
Per
fortuna che c'è.
Per
fortuna che in questa giornata è accanto a me, con la sua
malizia che è così visibile, palpabile.
La
sua sensualità.
I
suoi capelli biondi.
La
sua amicizia.
<<
Il ragazzino si chiama Raul?>>
E'
una domanda neutrale.
Posso
farla cadere con un semplice “si” e cambiare
argomento, lui non
insisterà.
Invece
sento il desiderio di parlarne, per la prima volta, con qualcuno che
possa capire.
Che
non giudichi e che non mi commiseri.
E
Mika è l'unico che conosco che sa farlo.
<<
Si, ma non è un ragazzino... ha solo due anni meno di me
>>
Alza
un sopracciglio con stupore mentre si mette comodo sulla sedia, con i
piedi semincrociati sotto il sedere, i gomiti appoggiati al tavolo e
il mento sulle mani.
La
sua voce è semi-divertita mentre io mi siedo a mia volta
più
normalmente e bevo il mio caffé che si sta irrimediabilmente
raffreddando.
<<Non
si direbbe, anche la sua reazione è da ragazzino, potevo
farlo
piangere ma ho avuto pietà...>>
Scuoto
la testa sorridendo.
Ha
ragione, non è molto più giovane di noi ma la sua
immaturità crea un abisso insormontabile.
E
io non sono adatto a far crescere i bambini.
<<
si, è un ragazzino sotto questo aspetto eppure è
l'unico che io sia riuscito a guardare due volte di seguito con un
certo...interesse>>.
Silenzio
assoluto.
Sa
che non ho bisogno di parole ma solo di due orecchie attente che
ascoltino.
E
lui me le offre.
Così
inizio a parlare di Raul e mentre ascolto con le mie orecchie quello
che è successo mi rendo conto che non è poi
così
brutto come sembrava.
Alla
fine mi ha solo sfiorato.
Non
è riuscito a farmi male.
Non
gliel'ho permesso.
<<
Quello che mi ha stupito è come io gli abbia permesso di
avvicinarsi così a me. L'ho conosciuto agli ultimi mondiali
a
cui ho partecipato.
Eravamo
in ritiro come squadra e lui era l'ultimo arrivato.
Bravo,
ma non eccessivo.
Però
aveva del talento innato, una classe che, se sviluppata a dovere, lo
avrebbe potuto portare ai vertici.
Per
il momento chiaramente faceva la riserva.
Siamo
finiti in camera insieme ed è stato chiaro fin dal primo
istante che gli piacevo.
Dapprima
discretamente e poi sempre più sfacciatamente ha iniziato a
...sedurmi>>
Un
lampo negli occhi azzurri sono l'unico segno che Mika è
rimasto colpito da quello che ho detto, continuo sempre più
rilassato:
<<
chiaramente non gli davo corda, ma lui non sembrava che si facesse
fermare da questo. Non è successo nulla di più,
forse
poteva accadere qualcosa ma... lui non lo ha permesso.
Ci
siamo baciati, una volta sola.>>
Altro
lampo, questa volta più evidente, io continuo, immerso nei
ricordi.
La
stanza era grande e comoda, i letti non troppo vicini ma noi ne
stavamo occupando uno solo, il mio.
Avevo
vinto la medaglia d'oro negli individuali, battendo l'Italiano in una
finale bellissima.
Ero
felice certo, ma non avevo perso comunque la testa.
Domani
c'era la finale a squadre, sempre con gli Italiani e la
concentrazione doveva essere totale.
Raul
era più esaltato di me invece.
Si
era seduto sul mio letto e non faceva altro che parlare di quanto ero
stato bravo, e di come avevo gareggiato bene.
E
di come mi ero tolto dalla crisi in cui l'altro mi aveva messo a
metà
partita.
Non
sapevo come fare per farlo stare zitto e lentamente la sua
vitalità
si era fatta strada in me.
Era
bello si, pieno di energia, solare, chiacchierone.
Unico.
Per
la prima volta in vita mia feci qualcosa senza prima riflettere,
ponderare bene e valutare ogni possibile evenienza.
Mi
chinai su di lui e lo baciai.
Chiusi
con la mia quella boccaccia irriverente che non sapeva mai stare in
silenzio e...mi piacque molto.
Si,
il contatto fra le nostre bocche, la lingua che cercava la sua, il
respiro affrettato... fu davvero bello.
In
una maniera nuova per me.
Non
andai oltre, però.
Non
era da me perdere così il controllo, mi fermai lì
anche
se lui avrebbe voluto continuare.
Ma
uno sguardo al mio volto lo fece desistere.
Pensava
che questo fosse l'inizio di una storia fra noi e il mio errore
è
stato quello di farglielo credere.
Iniziò
a farmi scenate anche pubbliche perchè mi fermavo a parlare
con gli avversari.
Avevo
fatto amicizia con gli Italiani anni addietro, andavo spesso a cena
con loro e lui non lo sopportava.
Poi
le scenate continuarono anche con i nostri compagni, quelli della
nostra squadra.
Tanto
da chiedere all'allenatore di cambiarmi di stanza.
<<...immagina
la sua reazione...>> la mia voce si perde nel sorriso di
Mika.
Un
sorriso dolce e caldo.
<<
non è colpa tua, sei umano anche tu, anche se non vorresti a
volte...>>
allunga
il braccio fino al mio volto e lo accarezza piano, per poi tornare a
metterlo sotto il suo mento.
Sto
bene qui, con lui, a parlare dell'unica storia che mai abbia avuto.
Storia?
Quale
storia?
Questa
non lo è mai diventata.
<<
si, l'unica volta che ho ceduto sono riuscito a farmi male... quando
ebbi l'incidente ero solo in macchina e avevo appena passato una
serata devastante con lui.
Avevo
accettato di vederlo per mettere fine alla sua persecuzione ma era
stato un fiasco su tutta la linea.
Ero
arrabbiato si, furioso con me stesso prima di tutto perchè
non
riuscivo a venirne fuori senza ferirlo.
Alla
fine avevo dovuto essere duro con lui, ferirlo intenzionalmente
affinché la smettesse di perseguitarmi.
Non
so se in condizioni normali sarei riuscito a mantenere il controllo
della macchina.
Forse.
O
forse no.
La
ruota esplose mentre andavo a 140 all'ora, cosa che non facevo quasi
mai comunque.
Uscii
di strada e finii in una scarpata.
Il
resto lo sai>>
<<
E Raul? Come reagì?>>
Afferra
le mie mani con le sue, ho le mani fredde...mentre lui le ha
bollenti, è bello farsele riscaldare così,
<<
Da bambino immaturo. Non si pose nemmeno il problema di un minuscolo
senso di colpa, era arrabbiato con me per quello che gli dissi
durante la cena e appena mi dichiararono fuori pericolo
iniziò
a diffamarmi con il resto della squadra e sui giornali.
Diceva
che ero ubriaco quando mi ero messo al volante e chissà
quante
volte lo avevo fatto.
In
quel periodo Alex e Niki passarono tutto il tempo accanto a me senza
lasciarmi un istante e lui non poté avvicinarmi, era tra le
persone che non volevo vedere.
So
che Alex lo affrontò una volta.
Non
so di preciso che gli disse ma dopo non lo vidi più.
Fino
a ieri sera.>>
Conosco
Alex abbastanza bene da sapere che può essere pericoloso
quando difende chi gli è caro, in maniera gelida ma
profondamente efficace.
Non
lo ringrazierò mai abbastanza.
Nessuno
di loro.
Mika
E'
turbato per quello che mi ha detto ma, alla fine, nemmeno troppo.
Si
è liberato, ha tirato fuori ogni cosa e il sollievo si sta
facendo strada in lui.
E'
il momento giusto per dargli il mio regalo.
Il
mio secondo regalo.
Il
primo sono io ovviamente e questo viaggio qui in aereo, quelle
macchine volanti che non si rendono conto di quanto sia pericoloso
sfidare così la forza di gravità.
Mi
alzo e vado in camera a prendere il pacchetto.
Mi
guarda stupito ma non tenta di convincermi che non c'era bisogno di
nulla.
Anche
perchè sa che non sopporto queste frasi di circostanza.
Apre
il pacco con classe ed eleganza, senza rompere in mille pezzi la
carta come faccio io e mi scappa una risata al pensiero di quanto
siamo diversi.
Mi
guarda con un sopracciglio inarcato, su di lui questo gesto
è
di una eleganza unica.
Poi
rimane davvero stupito per il libro che ci trova.
<<\
Frammenti di luce\ di Parsifal>>
legge
a voce alta e poi mi guarda, in silenzio.
<<
E' una mia vecchia amica, quella della fattoria dove ho conosciuto
Angelo>> la luce della ragione illumina il suo sguardo,
adesso
ricorda Anna e Paolo,
<<
Parsifal è...diciamo il suo nome d'autore. E' con questo
nick
name che l'ho conosciuta...un giorno te lo
racconterò...>>
Non
chiede altro,accarezza con la mano la copertina dove l'albero della
vita occupa tutta la prima pagina e lo sfoglia.
C'è
la mia dedica, una mia poesia che Anna ha voluto mettere per aprire
questo suo primo libro ( e unico lei dice...).
Alza
gli occhi e capisce.
Sono
morbidi, dolci.
Non
sono uno di tante parole, alla fine credo che ne bastino poche ma
efficaci.
E
a volte gli sguardi dicono più delle parole.
Ormai
la mattinata è passata ma il resto della giornata
è
tutto nostro e abbiamo tutte le intenzioni di far fruttare queste ore
che ci restano ancora da passare insieme.
Voglio
vedere tante cose...invece ci fermiamo nel Giardino del Paradiso, la
residenza del Re della dinastia Nazari.
Nel
Parco delle Scienze.
E
nel Planetario.
Non
so che cosa mi succede.
Ma
quello che Javier mi ha detto...la sua storia ha aperto in me una
porta che non credevo si potesse aprire più.
Fabien
e il suo ricordo tornano per un attimo nella mia mente.
L'attimo
che serve per farlo intravedere al mio amico.
E
la mia anima inizia a parlare.
L'aria
fredda mi fa sentire a casa, a Udine.
Credevo
che qui l'Inverno fosse meno freddo invece a Gennaio la temperatura
non è propriamente mite, cosa che mi mette completamente a
mio
agio.
Non
amo il caldo, sono nato e cresciuto in Svezia e mi sono sempre
trovato a mio agio nel freddo intenso.
Javier
invece, da bravo Spagnolo, ha qualche difficoltà con il
freddo
ma il suo caldo giaccone e la morbida sciarpa lo proteggono
benissimo, senza farlo soffrire troppo.
Così
ci soffermiamo nel giardino del Palazzo fino a quando i raggi del
sole ce lo consentono.
Una
profusione di fiori, di colori, di profumi ci assale e mi riempiono
il cuore e l'anima.
Mai
visto niente di più bello.
Senza
nemmeno rendercene conto arriviamo al momento in cui aprono il
Planetario, così decidiamo di fermarci li dentro per il
resto
della serata.
Devo
sembrare un bambino agli occhi di Javier.
Ma
non avevo mai visto nulla di più bello.
Amo
molto le costellazioni e le stelle e qui si può toccare con
mano le più lontane.
Le
più nascoste.
Ed
è così, mentre commentiamo tra noi a bassa voce
le
nostre costellazioni cercandole e andando a pescare nelle nostre
memorie i miti e le leggende che il nome di Fabien viene a galla dai
meandri della mia mente, dove riposava, protetto e al sicuro dal
tempo.
E
lo faccio con una naturalezza sconcertante.
<<
Fabien diceva sempre che noi stiamo vivendo nell'epoca sbagliata. Non
amava questo tempo ...>> mi fermo rendendomi conto di chi
ho
nominato.
E
del sorriso dolce che accompagna le mie parole.
Javier
non mi fa nessuna domanda, resta li accanto a me, in silenzio.
Aspettando
che io continui.
<<
Anche se comunque viveva bene nel secondo millennio, amava andare in
moto ad esempio...>> la voce si spegne un attimo, ma
dell'antico dolore non c'è traccia.
<<Anche
io sono così, lo capisco bene. Ho un museo di armi antiche
ma
amo le macchine sportive...>>
Javier
scuote la testa con indulgenza e io ritrovo in questo gesto quello
preferito di Fabien, forse è per questo che continuo con
tenerezza a parlare di colui che è stato il primo ragazzo
che
io abbia amato.
<<In
Fabien coesistevano due diverse personalità ...e sembravano
andare perfettamente d’accordo.
Era
il ragazzo che taceva davanti ad un cielo stellato, che parlava per
ore di cavalieri e antiche divinità...e poi c'era il
cavaliere
moderno, come amava definirsi.
Che
correva in moto fondendosi con essa tanto da diventare una cosa sola.
Mi
affascinava moltissimo questa sua doppia personalità.
>>
Nella
volta stellata che ci sovrasta rivedo per un attimo il suo viso
scanzonato, gli occhi blu, profondi come il mare d'Inverno.
I
capelli biondi pieni di riccioli morbidi.
Il
suo sorriso dolcissimo.
Javier
non dice nulla, respira piano accanto a me, il suo calore è
rassicurante.
C'è
con ogni più piccola particella di se stesso.
Mi
ascolta attento, partecipe.
<<
Lavoravamo insieme nel suo negozio di fiori. Era più grande
di
me ma a volte sembravo io il più maturo >>
Sento
il suo ghigno allargarsi impercettibilmente e sorrido a mia volta.
<<
Davvero? Non credevo fosse possibile...>>
scuote
di nuovo la testa, ancora quel gesto che mi fa rivedere Fabien in
maniera così perfetta.
<<
non l'hai conosciuto se no non avevi dubbi...lo conobbi nel suo
negozio. Andai li a chiedere se aveva bisogno di un aiuto pretendendo
di parlare con il proprietario... non volevo crederci che fosse lui.
Eppure,
appena lo conobbi bene, capii che la sua forza era propio in quella
apparente immaturità.
Sapeva
parlare ininterrottamente e stare in silenzio per ore guardando le
stelle.>>
Si
affaccia alla mia mente la prima volta che mi decisi a baciarlo con
la scusa più vecchia del mondo: Feci cadere un sacchetto di
terra e mi chinai a prenderlo sapendo che lo avrebbe fatto anche
lui... e la sua risposta fu immediata e totale.
<<
Una persona speciale...altrimenti tu non lo avresti nemmeno guardato
>>
Javier
questa volta si volta e la tenerezza che leggo nel suo sguardo mi fa
capire che sa ogni cosa.
Con
quel suo istinto infallibile ha capito tutto e il dolore che provavo
è soltanto un ricordo.
Un
ricordo che non fa più male.
<<
Javier, che cosa hai provato quando ti hanno detto che non avresti
più potuto nemmeno allenarti?>>
Un
profondo sospiro allarga il suo torace e le spalle si irrigidiscono
per un istante, un istante appena percettibile a qualsiasi occhio
umano.
A
qualsiasi, non al mio.
<<
Sono impazzito. Per un istante ho toccato con mano la
profondità
della mia disperazione.
E
la presunzione della mia grandezza.
Credevo
di essere arrivato in cima al mio sogno ed invece...in pochi giorni
mi trovavo a guardare in faccia la mia vulnerabilità
>>
<<Come
sei sopravvissuto?>>
Si
lascia andare ad un sorriso tenerissimo mentre la sua voce si abbassa
fino a diventare un sussurro:
<<
Con l'amicizia. Alex mi fece capire che la vita è tutto
quello
che abbiamo. Non ci resta altro.
Il
talento, i sogni, la felicità, l'amore... è tutto
effimero.
Possono
sbriciolarsi da un momento all'altro e lasciarti soltanto la cenere.
L'unica
cosa che ha un valore è la vita.
Gli
devo tutto, ogni cosa.>>
Alex...
<<
Quando morì Fabien, quando mi dissero che un camion l'aveva
trascinato per un kilometro prima di fermarsi... credetti anche io di
impazzire.
Speravo
che l'oblio della follia venisse a portarmi con se dandomi
l'illusione di una vita sempre perfettamente uguale.
Senza
emozioni ne dolore.
Fu
Alex a tirarmi fuori.
Lo
conoscevo attraverso Heather e il suo compagno e mi aveva colpito
molto la sua storia, il suo passato.
Quando
ero scivolato nell'ultimo gradino della follia lui arrivò
con
la mia amica.
Mi
portò in Italia da lei, e mi obbligò a vivere.
Facendomi
toccando con mano la vera disperazione.>>
Non
dimenticherò mai quando mi obbligarono, lui e Heather, ad
andare con lei per cercare di salvare questi ragazzi vittime di ogni
tipo di orrore.
Quando
mi portò da Anna e Paolo dove i primi ragazzi iniziavano ad
arrivare con il loro carico di dolore.
E
con la loro immensa voglia di vivere nonostante tutto.
La
voce di Javier è calma, dolce...un po' roca anche.
Si
sta commuovendo...forse.
<<
Conosco i suoi metodi, so come agisce. E' deleterio ma
efficace...>>
Restiamo
in silenzio ognuno con i nostri ricordi a farci compagnia.
Non
fanno più male.
Vivono
con noi, attraverso noi.
Senza
morire mai.
L'aereo
che si alza nel cielo fa rabbrividire ulteriormente Mika. Se pensa
che deve tornarci a salire... basta che non abbia altre femmine tra i
piedi altrimenti sarebbe capace di farsela a piedi!
Il
momento dei saluti è arrivato, momento che non piace a
nessuno
dei due a dire il vero.
<<
Mi raccomando, guarda che hai promesso e io non dimentico le promesse
che mi fanno >>
Mika
è sinceramente dispiaciuto di partire.
Sono
stati quattro giorni perfetti, non immaginava di trovarsi
così
bene lontano da Angelo.
Certo...è
contento di rivederlo di nuovo...gli manca tantissimo eppure gli
mancheranno anche le ore passate con Javier in questa terra
così
misteriosa e così antica.
Così
bella.
<<
Tranquillo, verrò senza dubbio. Per il compleanno di Alex e
Niki prima dell'estate, lascio ai miei aiutanti il museo e vi
raggiungo per un po'. >>
Si
sorridono felici tutti e due, poi la voce metallica dell'altoparlante
annuncia l'imbarco per Mika.
Con
estremo coraggio il nostro Svedese saluta il
suo
amico e si incammina sul piccolo pullman che lo porterà
sopra
l'aereo.
Eh...cosa
non si fa per gli amici.
Le
nuvole si portano via gli ultimi ricordi mentre il viso duro di
Angelo prende il posto di qualsiasi altro pensiero
C'è
ancora una cosa che vuole provare con lui.
Una
delle tante.
Sorride
pensando alle corde con cui si farà legare al loro letto...
e
allo sguardo pericoloso del suo uomo.
Nudo,
eccitato, sopra di lui.
Frammenti
di luce lascia dietro di se per continuare a viverne altri.
Senza
farsi fermare da nulla.
Fino
a che riuscirà ad entrare dentro la vita insieme a chi ne fa
parte completamente.
Irrimediabilmente.
Per
sempre.