Frammenti di Luce


L'aereo attraversa la notte limpida solcando il cielo stellato.
Sono le sei di mattina, ma in pieno Inverno la luce è ancora lontana.
Dentro l'aereo c'è una persona a noi molto nota che sta facendo una fatica incredibile per riuscire a stare seduto in quelle assurde poltroncine, oltremodo scomode.
E sì! Il nostro Mika odia volare.
A dire il vero non si sa bene se il suo sia più odio o paura.
Lui sostiene che è istinto di conservazione, perchè gli aerei, essendo più pesanti dell'aria, tendono a precipitare... chiaramente.
E poi...se l'uomo poteva volare avrebbe avuto le ali, no?
Allora perchè mai è seduto su un aereo chiaramente sospeso per aria?
Perchè Javier l'ha invitato a casa sua per il suo compleanno che sarà domani.
E lui ha accettato vincendo la sua naturale...hem...repulsione per tutto quello che si alza da terra per più di un metro circa!!
Non va là per fare il turista, non soltanto almeno. Non avrebbe mai preso una aereo per questo.
Ma Javier è un amico speciale, come i pochi che ha.
Pochi, ma buoni.
E' da quando ha avuto l'incidente che si ripete che vuole andare a trovarlo, ma manca sempre l'occasione.
Adesso ce l'ha e non vuole perderla.
Gli dispiace che Angelo non può essere con lui, ma la cessione dell'officina a suo favore è un'operazione estremamente...delicata.
Per Angelo sopratutto.
Ci tiene moltissimo, avrà qualcosa di suo finalmente.
Così è partito solo, anche se il suo Siciliano geloso ha fatto una fatica notevole quando l'ha accompagnato all'aeroporto.
L'ha fatto soltanto perchè Javier l'ha colpito in maniera favorevole,anche se non lo ammette nel modo più assoluto.
E perchè si ferma quattro giorni.
Uno di più e l'avrebbe legato al letto.
Non che la cosa potesse turbarlo eccessivamente...
Anzi.
Sorride tra se immaginandosi nudo, legato al letto, con Angelo sopra di lui...ma il sorriso si spegne immediatamente quando una mano si posa sul suo braccio.
Vogliamo andare a vedere che cosa succederà a Mika in questa nuova avventura?

Mika
\ Volto lentamente il capo e apro gli occhi per vedere chi è che osa fare una cosa del genere.
Non mi piace essere toccato se non da chi dico io.
Da chi decido io.
E' una mano femminile.
Indubbiamente.
Dallo smalto viola.
Terribile tra l'altro.
Una donna.
Odio le donne intraprendenti.
Anzi.
Odio le donne.
Punto.
A parte Heather ed Anna non ne conosco altre degne di questo nome.
La pelle sotto la stoffa della maglia pesante si accende di brividi di repulsione.
Alzo su di lei uno sguardo gelido, il peggiore del mio repertorio.
E non devo nemmeno fare troppa fatica.
Mi viene così.
Spontaneo.
Lei impallidisce e toglie la mano di scatto, una scusa negli occhi.
E' mora, truccata in maniera esagerata.
Bocca carnosa e viola come le unghie.
Dovevo immaginarmelo.
Se non fossi stato così occupato nel distrarmi con i miei pensieri, per non accorgermi che siamo sospesi nel nulla, avrei sentito senza dubbio il suo profumo da cacciatrice.
Da puttana rifatta.
Volto la testa verso il finestrino chiudendo contemporaneamente gli occhi.
Non ci tengo a vedere le nuvole dove siamo sospesi, ma avere davanti il volto di quella è senza dubbio peggio.
Così chiudo gli occhi e cerco di isolarmi, continuando con il mio sogno precedente.
Dove ero rimasto?
Ah si...io nudo e legato nel letto ed Angelo sopra di me.
Senza nulla addosso se non la sua pelle umida, ancora bagnata dalla doccia.
Per fortuna che mi fermo solo 4 giorni a Granada perchè dopo queste immagini, che la mia mente mi fa vedere chiare e precise, sarà una tortura aspettare.
Una tortura deliziosa però.. assolutamente deliziosa.
Masochista?
Non credo, semplicemente… io!
ancora?
La mano di prima si è posata di muovo sul mio braccio.
Non è possibile, e si che credevo di essere stato chiaro.
Volto la testa e apro gli occhi guardandola di nuovo.
Ma proprio qui doveva sedersi questa?
Con un aereo così grande doveva capitare vicino a me?
Fisso la sua mano e con gelida lentezza la tolgo lasciandola cadere pesantemente sulle sue gambe.
<< Hem... mi scusi tanto... volevo soltanto farle una domanda...>>
Torno a guardare fuori dal finestrino sempre con gli occhi chiusi ma le rispondo, forse così la pianta di rompermi le palle e mi lascia in pace:
<< Non mi piace essere toccato...>>
credo che la mia voce potrebbe cristallizzare l'aria e spero che lei recepisca il messaggio.
Odio sprecare inutilmente le parole.
Questo però non la smonta.
Continua a parlare senza dire nulla di concreto.
Vuole rimorchiare, evidentemente.
Non mi mette più le mani addosso ma mi dice tutto quello che le passa per la testa, senza farsi fermare dal mio silenzio e dai miei occhi chiusi.
Nemmeno l'arrivo della hostess con le bevande la ferma.
Accarezzo l'idea di imbavagliarla e ficcarla sotto il sedile ma dubito che ci starebbe.
Troppe curve abbondanti.
Senza dubbio riesce in una cosa però: non penso più che sono sospeso nel nulla.
<< ma capisce che cosa inaudita? Mi ha lasciata per mettersi con un uomo. Un ragazzo di 19 anni per di più.
Insulso e brufoloso. E' stato terribile...>> drizzo le antenne.
Così è stata piantata dal suo uomo perchè gay.
Ed è andata a sedersi vicino a me.
Un ghigno altera i miei lineamenti, qualcuno lassù ha senso dell'umorismo...
<< avrei preferito vederlo morto piuttosto che saperlo con uno di...di quelli...>> mi gelo di nuovo, all'istante.
Stringo con forza le mani sui braccioli che dividono le nostre due poltrone e apro gli occhi...che sono diventati due lastre di ghiaccio.
Si rende conto di aver detto qualcosa di sbagliato perchè tace anche lei e indietreggia un po', almeno quello che l'esiguo spazio le permette.
Potrei dirle che anche io lo sono.
Uno di quelli intendo.
O che suo marito è un uomo che sa come rimediare ai propri errori.
Infatti l'ha lasciata in tempo... non faccio nulla di tutto questo.
Le do semplicemente un avvertimento.
Chiaro, semplice e cristallino.
Starà a lei poi decidere cosa fare.
Chiudo gli occhi di nuovo e mi volto verso la poltroncina davanti a me.
Rilasso i muscoli contratti e mormoro a voce bassa, ma perfettamente udibile:
<< Ha mai volato?>>
Tace per un attimo, forse pensando se sono impazzito improvvisamente, poi risponde, incerta...<< ma...certo, che domande. Sono qui...e non è nemmeno il mio primo viaggio>>
la interrompo per terminare << E senza aereo?>>.

Javier
Perfetto.
L'aereo atterra così puntale da farmi inarcare un sopracciglio, stupito.
Uno dei pochi aerei in perfetto orario.
Almeno Mika non è stato costretto a un attimo solo in più dentro quella scatola volante...come ama chiamarla.
Quando esce fuori con la borsa da viaggio sono passati soltanto dieci minuti.
E' semplicemente perfetto, interamente vestito di bianco con un morbido piumino,anch'esso bianco, che arriva a metà coscia.
I capelli biondi trattenuti morbidamente sulla nuca da un nastro di velluto nero e...sguardo che brilla, pericolosamente.
Ha combinato qualcosa, senza dubbio.
Non so chi è peggio tra lui e Milos, quel Greco pericoloso per la salute mentale di tutti noi.
Osservo i viaggiatori che sfilano accanto a lui, ma non c'è nessuno che potrebbe aver attirato la sua attenzione, di bei ragazzi nemmeno l'ombra.
E poi lui è fedele, senza ombra di dubbio.
Gli piace giocare ma... solo davanti al suo Italiano geloso.
Per farlo arrabbiare ancora di più.
Noto all'ultimo momento una donna vestita in maniera vistosa, che lo guarda con paura.
Proprio così.
Paura.
Quasi come se Mika potesse voltarsi da un momento all'altro e farle del male.
Sorrido tra me e me, qui è successo qualcosa di...particolare.
Di MOLTO particolare.
Ed io non vedo l'ora di conoscere i fatti.
Non perchè sia curioso chiaramente ma...mi interessa il modo di agire di uno come lui.
Uno che ha mille pensieri insondabili dietro i suoi occhi chiari.
E ognuno di questi mille pensieri possono portarti alla perdizione.
O alla follia.
Ci salutiamo con un abbraccio discreto, nulla di troppo espansivo.
Sa che non sono il tipo degli abbracci, ma l'atmosfera è particolare e quindi mi soffermo un attimo per dire con voce divertita: << quella mora esplosiva ti guardava come se tu potessi morderla da un momento all'altro.>>
Non si volta per vedere di chi stavo parlando.
Capisce immediatamente e sorride, sornione.
Come un gatto che ha appena mangiato un topolino.
E glielo dico.
<< Sembri un gatto che abbia appena ingoiato un topolino>>
<<A dire il vero è stato il topo che ad un certo punto pensava di potermi ingoiare...>>
Lo osservo mentre ci dirigiamo verso l'uscita dell'aeroporto inarcando un sopracciglio e lui continua, un angolo della bocca appena alzato verso l'alto.
<< ma quando ha avuto la prospettiva di vedere le nuvole da vicino si è fatta cambiare di posto ed è andata dall'altra parte dell'aereo.>>
Non resisto e mi metto a ridere, la donna in questione si volta un attimo verso di noi e ci guarda, un po' seccata e un po'...impaurita.
E io continuo a ridere, sono mesi che non lo faccio.
Da quando sono andato a trovarli per il suo compleanno.
Quasi un anno.
Mi è mancato davvero molto.
E credo che, alla fine, glielo dirò.

Mika
Certo che questa parte della Spagna è davvero bellissima.
\ Granada, tierra sognada por mi \
dice una canzone che andava tanto tempo fa.
E' vero, è una città bellissima.
Ti incanta e ti stupisce facendoti dimenticare il motivo per cui sei qui.
Il calore del corpo di Javier accanto a me mi riporta a lui, però.
La macchina con cui è venuto a prendermi non è molto grande e per forza di cose sono seduto molto vicino a lui.
Si volta un attimo a guardarmi, poi serra le mani sul volante e fa un mezzo sorriso:
<< La mia auto è un po' più comoda, ma è dal meccanico e questa è quella che da ai clienti...generosi>>
sorrido tra me, Angelo non ha nessuna macchina per i clienti, generosi o no.
<<Tranquillo, va benissimo così, non me ne importa nulla di queste cose, lo sai>>,
Lo sa, ma la sua innata gentilezza lo ha portato a scusarsi lo stesso.
Sono abituato con Angelo, ma sarà piacevole adeguarmi anche alle sue abitudini, ai suoi modi di fare...
<< Stiamo andando a casa mia. Abito in un appartamento al secondo piano di una palazzina del fine settecento, sotto, al primo piano, c'è il mio museo>>.
Il museo.
Quello di armi antiche che ha aperto dopo l'incidente.
Quando è stato chiaro che non avrebbe più potuto usare il fioretto, nemmeno per allenarsi.
Non l'ho mai visto, e questa è davvero una mia mancanza, anche se il dover usare l'aereo per arrivare fin qui ha influito notevolmente.
E appena la macchina si ferma mi rendo conto di quello che mi sono perso.
Lo penso anche quando entro nel suo appartamento e mi guardo attorno.
Elegante, non troppo grande e con i premi vinti nella sua carriera di ...fiorettista?
Come si chiama uno che ha vinto tutto quello che si poteva vincere nel fioretto?
Atene 2004, il mio sguardo sfiora le medaglie d'oro che Javier ha vinto ad Atene, fioretto singolo e a squadre.
I mondiali del 2005... e poi l'incidente in macchina.
Il bacino fratturato in tre punti, la protesi al femore.
Sei mesi d'ospedale e la riabilitazione.
Poi la sentenza: non acquisterà mai più l'uso della gamba perfettamente.
L'agilità innata in lui era soltanto un ricordo.
Sorrido senza nessuna compassione.
Ha dovuto rinunciare a un sogno quando l'aveva fra le mani , quando era in cima ... ed invece di distruggersi vivendo nella nostalgia di quello che avrebbe potuto essere ha saputo guardare avanti e trasformare così un incubo, facendolo diventare un'altra realtà, un altro sogno.
Come ho fatto io.
Arriva silenzioso, non ha più l'agilità per fare fioretto, ma ha una classe innata che lo rende inavvicinabile a chi non lo conosce.
Non a me però.
Si ferma dietro di me, senza sfiorarmi.
Osserva il mio sguardo scivolare sui trofei, le medaglie, le coppe vinte e posso sentire il suo sorriso, la sua serenità.
Non ha rimpianti, solo tanti bei ricordi.
E non si fa vincere da quelli, bensì li vive giorno dopo giorno, con serenità.
Con fiducia.

Javier.
Mi fermo dietro Mika senza sfiorarlo e il suo calore penetra attraverso il tessuto dei vestiti giungendo fino a me.
Sta osservando con attenzione i trofei che fanno bella mostra di se sulla mensola del caminetto, gli ultimi vinti.
Prima dell'incidente.
Parecchi mi chiesero ( e tutt'ora so che lo pensano) come facevo a tenere li quelle medaglie, simbolo di un tempo che non è più, che non è mio.
Non capiscono perchè io sia così appagato della vita che faccio, delle mie armi, del museo che è tutta la mia vita.
Eppure non è proprio così.
<< Ti ricordano quanto è fragile l'uomo...>>
mormora Mika con una voce che sembra provenire dalla parte più profonda di se <<...e come è piccolo quando pensa che la felicità gli spetti di diritto.>>
Annuisco con il capo anche se lui non può vedermi.
Lui sa.
Sa che vuol dire vedere un sogno sfumare nei colori oscuri della notte.
Sa che vuol dire la disperazione che rischia di annientarti.
E come soltanto con un profondo amore verso la vita tu puoi farcela a risalire.
Verso la vita e verso il tuo sogno.
Per farlo continuare a vivere nonostante tutto.
Non so che cela nel suo animo, ma so riconoscere una ferita quando la incontro.
Come con Angelo.
Appoggio delicatamente le mani sulle sue spalle, per un attimo soltanto.
Le stringo leggermente.
Per poi voltarmi ed allontanarmi da lui.
Terminiamo la giornata nel museo.
Ascolta attento tutta la spiegazione dei pezzi più rari, delle armi più antiche.
La storia nascosta nella storia, l'amore che metto nelle parole, nei gesti.
Nello sguardo.
Domani lo porterò nell' Alhambra dal Generalife e nel parco delle scienze al suo interno.
Ma oggi è tutta mia questa prima giornata.
Quando se ne andrà conserverò il ricordo di una cascata di capelli biondi che hanno portato il sole nella mia casa.

Mika
Non mi stancherei mai di ascoltarlo mentre parla del suo museo.
A dire il vero è interessante ogni cosa che dice.
C'è una passione contenuta forse ma evidente in tutto ciò che dice.
Che esprime.
Si, che esprime, ecco.
Lui non parla per “dire”.
Non dice quasi nulla solo per “dire” ma...esprime.
Ogni cosa che noi ci limitiamo a dire lui la esprime.
Non fa conversazione ma apre lentamente la sua anima e se tu sei così attento e non ti limiti ad ascoltare con le orecchie puoi vederla.
Puoi quasi...afferrarla.
Chiaramente fino al punto in cui lui te lo consente.
Non oltre ma...ne vale la pena.
Oh...se ne vale la pena !
Mentre ci incamminiamo alla sua macchina per andare a cena arriva la prima telefonata dal mio amore.
E questo mi stupisce tantissimo: ha aspettato tutto questo tempo.
L'ho chiamato appena arrivato all'aeroporto questa mattina, dalla macchina di Javier e ci siamo scambiati solo qualche parola.
L'ho lasciato con la promessa di una telefonata fatta con calma quando sarei stato più tranquillo... cosa che non è successa in effetti.
Non immaginavo però che fosse lui a chiamarmi per primo.
Ammettendo così di essergli mancato.
Abbasso il tono di voce volutamente lasciando che accarezzi l'orecchio del mio uomo che è a parecchie migliaia di km da me.
<< Amore...che bella sorpresa...>>
il suo tono e tutt'altra cosa che basso e sensuale, direi che è alto ed incazzato.
Parecchio incazzato.
<< A chi la vuoi dar da bere? Mi prendi per un coglione? E' perchè ti sono mancato che mi hai chiamato?>>
Sorrido al cellulare mentre la mia voce accarezza l'aria, cercando di calmare l'ira del mio uomo geloso.
<< Siamo stati tutto il tempo chiusi nel museo. Appena sono entrato li dentro...ahhh, dovresti esserci sai, sono sicuro che ti piacerebbe. Ci sono delle armi incredibili. Molto, molto affascinante...>>
Mi interrompe subito
<< Dove siete stati tutto il tempo tu e quello Spagnolo?
Chiusi in un museo? Mika...>>
e la sua voce vibra bassa, minacciosa, sembra il brontolio di un tuono.
Lo adoro quando fa così.
So che si fida di me e anche di Javier. L'unico di cui non si fida assolutamente è Milos ma so anche che il pensiero di non essere qui, accanto a me e chiarire così a tutti che io sono...hem occupato lo tormenta parecchio.
<< nel museo tesoro... ma non soltanto li. Anche nel suo appartamento, stai tranquillo...>>
Qui Javier si volta a guardarmi, un lieve sorriso che increspa appena le sue labbra.
Se potesse vederci adesso Angelo sarebbe, senza dubbio, molto più agitato di come è effettivamente.
So che non fa del tutto sul serio...non ancora per lo meno.
Chiudo il cellulare con la promessa di un saluto prima di addormentarmi.
Saprò farmi perdonare, oh si che saprò farmi perdonare.
Non dormirà molto tranquillamente questa notte il mio uomo.

Javier
<< Vedo che ami sempre il pericolo, eh Mika?>>
Il sorriso malizioso che mi rivolge mi fa pensare che la loro vita dev'essere davvero sul filo del rasoio.
E le sue parole sembrano confermarlo:
<< come sarebbe la vita senza un po' d'eccitazione?
Immagina che noia...>>
<<Per fortuna che hai incontrato Angelo allora...>>
mi sto proprio divertendo, la mia vita è completamente diversa dalla loro, dalla sua.
Ma qualcosa mi dice che anche Angelo vorrebbe un po' di pace qualche volta.
E' che con Mika questo vocabolo non esiste.
<< Ah si, puoi dirlo a voce alta. Ama il pericolo quasi quanto me...>>
termino con un pizzico di divertimento nella voce, ma propio un pizzico eh...
<<Per questo ti ha scelto...>>
ma ormai dovrei saperlo che l'ultima parola è sua e la dice con sguardo velato di malizia e sensualità che gli fa brillare gli occhi pericolosamente:
<< eh no, sono io che ho scelto lui. Non gli ho lasciato nessuna possibilità, nemmeno una.
L'ho visto e ho deciso che sarebbe stato mio.>>
Parcheggio la macchina davanti al locale dove voglio portarlo stasera e mi rendo conto, mentre entriamo, che attira su di se tutti gli sguardi, come una calamita.
I vestiti gli scivolano addosso, accarezzandolo sensualmente e facendo intravedere la sua pelle in un gioco di luci ed ombre incantevole.
I capelli biondi ricoprono come una cascata la sua schiena mentre ondeggiano con il suo corpo.
Io non sono sicuro di essere completamente gay.
Non ho avuto nessuna storia particolarmente importante.
Sono semplicemente uscito qualche volta con...qualcuno.
Ma se lo avessi incontrato prima... chissà come sarebbe finita?
Si guarda attorno nel locale, gli occhi scivolano sulla gente che lo guarda senza fermarsi su nessuno, osserva attento invece gli arazzi alle pareti, l'aria antica che aleggia li dentro e sorride compiaciuto.
Sapevo che gli sarebbe piaciuto.
Finiamo la serata parlando del locale.
Ha una sua storia antica e l'atmosfera rilassata, davanti a un buon Porto, fa passare il tempo abbastanza velocemente.
L'incidente, se così si può chiamare, accade quando stiamo tornando a casa.
Mentre usciamo.
E mi lascia senza parole, indeciso se arrabbiarmi o sfoggiare un'indifferenza che forse ferirebbe di più.
Il fatto è che non so se voglio ferire...ancora.
Onestamente non lo so.
Ma poi la mia natura decide per me.

Mika.
Javier non ha voluto sentire ragioni: ha deciso di pagare lui almeno la prima sera qui, nella sua città.
Domani sarà il suo compleanno e quindi nn mi farà toccare soldi...credo che alla fine sarà un miracolo se riuscirò ad offrirgli la cena.
Mentre sta pagando osservo con attenzione un ragazzo che ci sta fissando da quando abbiamo messo piede qui dentro, con la chiara intenzione di spararci.
Anzi...di spararMi, perchè è chiaro che è con me che ce l'ha.
E visto che io non lo conosco posso dedurre che ha dei conti in sospeso con il mio ospite.
Socchiudo gli occhi, minaccioso: Non mi piace.
Non mi piace come guarda Javier, e ancor meno mi piace la sua mano stretta a pugno.
Dice qualcosa all'amico che è con lui e si alza avvicinandosi a noi, chiaramente nervoso.
Adesso non sono una persona che cerca le liti, che fa scenate in pubblico e minacce varie.
Insomma, di Angelo ne basta uno credo e il mio modo di fare è molto più sottile.
Meno esplicito forse, ma altrettanto efficace.
Ma quando questo tipo qui aspetta che Javier finisca di pagare per bloccarlo proprio davanti all'uscita sento forte l'impulso di afferrarlo per la giacca e scaraventarlo dall'altra parte della stanza.
Chiaramente non lo faccio.
Non sono questi gli “impulsi” che adoro seguire, questi li controllo perfettamente, anche perchè il mio amico non è un ragazzino inesperto che ha bisogno di aiuto.
Mi limito a fare un passo avanti, uno solo.
Javier si volta lentamente, il suo corpo già rigido e la testa perfettamente eretta.
Fieramente eretta direi.
Guarda la mano che il tizio gli ha posato sul gomito come se fosse un insetto strano, poi alza lo sguardo sul viso del ragazzo in questione che sbianca leggermente: Il volto di Javier è gelido e privo di inflessioni.
Al posto di questo qui mi sognerei quegli occhi per parecchio tempo.
Se lo conosce dovrebbe sapere che odia le scenate, sia pubbliche che private.
<<Si?>>
Tutto qui.
Con una voce perfettamente normale, ne alterata ne troppo bassa lo apostrofa così, semplicemente.
Sento il ragazzo che si agita, vedo che la sua rabbia si sta affievolendo.
Rabbia che lo ha spinto ad alzarsi e a fare questa scenata incredibile.
Ma non si dà per vinto così presto, scuote impercettibilmente le spalle per scacciare... il disagio probabilmente e gli risponde, duro, arrabbiato.
<< Volevo farti gli auguri, “campione”>>
Calca sulla parola come se fosse un insulto e io sento chiaramente il mio sangue che risponde in maniera preoccupante.
Sono uno Svedese, il mio sangue non è quello caldo e irruente di un mediterraneo...ma vivere accanto ad Angelo credo che mi abbia insegnato alcune cosette, come quella di non tenere a freno dei sani impulsi emotivamente...forti.
Come quello che provo adesso.
Ma Javier mi precede di un soffio e sempre con il suo tono totalmente indifferente continua a monosillabi :
<< Grazie >>
anche se lo sguardo dice chiaramente il contrario.
Il tizio si agita vistosamente e inizia a sudare, ma non toglie la mano dal gomito.
<< E di che? Vorrei farteli un po' meglio, ma...vedo che sei “occupato”>>
e sputa su questa parola guardandomi quasi schifato.
E qui prende il sopravvento il mio veleno e la mia classe, modestamente.
Volto la testa verso Javier guardandolo con il mio migliore sguardo allusivo, malizioso.
Complice.
Da amante soddisfatto.
E tolgo quella mano dal braccio del mio amico come se fosse immondizia, toccandola con due dita soltanto:
<< infatti, è molto occupato ...>> ,lascio le mie dita accarezzare la stoffa della giacca di Javier che mi guarda con un lampo negli occhi.
Ha apprezzato.
Il ragazzo fa un passo indietro e nel suo sguardo leggo rabbia, delusione, umiliazione, odio quasi...ma non pentimento.
Ma dove l'ha pescato questo tipo qui?
Tenta un'ultima carta ma si vede che bleffa disperatamente, mi fa quasi pena.
Quasi.
<< Hai sempre avuto gusti strani in effetti...>>
<<Probabilmente...>> termina Javier con tono definitivo.
Guardandolo senza possibilità di poter fraintendere il suo “probabilmente”.
Si volta verso la porta in maniera decisa e se ne va, senza aggiungere altro.
Gli ha dato un'indifferenza totale, come se non gli importasse nulla di lui.
Non mi piacerebbe essere guardato così da un'altra persona.
Come se fossi trasparente.
Il ragazzo se ne sta li a guardarci, irato per la mia mano che si è posata, volutamente, sulla spalla di Javier, per i nostri capelli che per un attimo si mescolano.
Non doveva fare questa scenata, doveva controllare di più i suoi sentimenti e capire che con Javier queste cose ti allontanano da lui definitivamente.
Appena ci sediamo in macchina, prima di metterla in moto si volta verso di me e mi guarda, un po' contrito.
<< Mi dispiace...>>
<<...e di che?>> gli chiedo sinceramente stupito:
<< Di quella scenata gratuita...>>
Scuoto le spalle mentre un piccolo sorriso sadico si forma sulle mie labbra...
<< non deve dispiacerti, è stato un intermezzo...nulla di più...>>
Scuote la testa ma mette in moto la macchina, e io termino il discorso con una risatina piccola, bassa... profonda.
<< certo che te la sei cavata egregiamente, sei stato di un'indifferenza letale>>
lui sorride lentamente, quasi...sornione.
Non risponde ma capisco che è contento di quello che gli ho detto.
E' questo quello che voleva fare.
Dimostrargli indifferenza.
E ci è riuscito benissimo.
Torniamo a casa perchè adesso sento tutta la stanchezza della lunga giornata, iniziata per me alle ultime stelle della notte.
Il mio primo giorno di vacanza a Granada è finito, me ne restano altri due perchè all'alba del quarto ripartirò ma so che saranno memorabili e che non mi annoierò nemmeno per un attimo, accanto a quest'uomo dal carattere d'acciaio e dallo sguardo deciso e tagliente, come il filo di una lama.
Di un fioretto, per la precisione.
Prima di addormentarmi però faccio la telefonata al mio amore, mi manca in maniera incredibile, ma questo non glielo dirò...se no non mi fa più muovere dal suo fianco.
Anche se la cosa ha le sue attrattive, indubbiamente.

Javier
La giornata inizia con un sole splendido quanto freddo.
Per quanto qui possa esserci freddo chiaramente.
Mi alzo abbastanza presto e dopo una doccia veloce inizio a preparare la colazione.
Ho dormito male questa notte.
Mi sono agitato parecchio e questo mi ha dato e mi sta dando un gran fastidio.
Ho programmato questi giorni di minivacanza al meglio.
Voglio che Mika possa vedere questa città che amo tanto con i miei occhi e nello stesso momento vorrei poterla vedere con i suoi per farmi stupire ancora una volta.
Ma non avevo previsto l'incontro di ieri sera con Raul e l'effetto che questo avrebbe avuto su di me.
Apparentemente non mi ha dato fastidio se non un po' di seccatura.
Odio le scenate, pubbliche o private non importa.
Questo è uno dei motivi per cui la nostra storia non è mai diventata tale.
E' l'unico ragazzo per cui ho provato un po' di interesse, l'unico che ho guardato due volte di seguito.
Mentre le mie mani sicure riempiono la macchinetta del caffé sento i rumori del risveglio di Mika.
Sorrido per un attimo e allargo la tovaglietta della colazione sul tavolo della cucina.
E' più intimo qui, meno dispersivo.
Più accogliente e Mika è un amico, non un'ospite.
Ma il volto di Raul torna ad occupare la mia mente e questo mi secca ancora di più.
Non so se poteva diventare importante, non mi ha dato la possibilità di capirlo.
Ha iniziato a polemizzare su ogni cosa che io facevo.
A diventare geloso delle persone che incontravo, perfino dei miei compagni di squadra, come lui.
Giocava nella mia squadra di fioretto negli ultimi mondiali a cui ho partecipato.
Una testa calda che aveva una grande opinione di se stesso.
Ma simpatico, esuberante, pieno di vita.
Per questo ho iniziato a guardarlo.
Ormai avevo capito che le donne non incontravano la mia approvazione e Raul aveva un modo di fare,di vivere che mi attirava moltissimo.
Entra Mika silenzioso, come sempre.
E' scalzo e ha addosso un pigiama perfettamente stirato.
Si vede che l'ha appena messo addosso, che non ci ha dormito insomma.
Troppo perfetto.
Sorrido tra me, è davvero letale come sembra.
Per fortuna che non vuole sedurmi, non oso pensare alla mia reazione se lo avesse fatto.
Il pigiama nuovo di zecca è blu, di seta , allacciato da un bottone soltanto.
Magnifico davvero.
Mi riscuote dai miei pensieri la sua voce assonnata:
<< auguri Javier, è un onore per me essere qui con te e festeggiare insieme ...>>
mi abbraccia per un attimo, quello che serve per farmi sentire la sua sincerità.
Per me si è seduto su un aereo e si è fatto portare in volo, sfidando perfino le chiacchiere pesanti di una donna.
Persona speciale davvero.
<< Potrei dire che l'onore è mio ma temo che sarei banale, vero?>>
La sua risata si perde nel caffé caldo e nei piccoli dolci ricoperti di cioccolato che sta mangiando.
Il suono del cellulare interrompe l'atmosfera serena che si era creata.
E un brivido d'anticipazione mi scorre lungo la schiena.
Non è paura.
E' disagio.
E non mi piace per niente provarlo.
Anonimo.
Non so chi sta chiamando e questo mi ferma un attimo, poi scuoto le spalle e rispondo, sfidando brividi e altro.
<< Javier volevo scusarmi per ieri sera...>>
Raul.
La tentazione di chiudere, con molto tatto certo, il cellulare è fortissima ma non lo faccio.
Mika si mette in bocca un'altro dolce con un'espressione estasiata e questa visione mi rasserena immediatamente, per quanto strano possa sembrare.
<< non c'è niente di cui scusarsi>>
voce perfettamente normale, ne fredda ne calda.
Come se parlassi del tempo con un estraneo.
<< Non usare quel tono con me... lo so che sono stato un bastardo...>> la sua voce invece è quasi sottile, preoccupata.
Vuole intenerirmi.
Non ha capito nulla di me.
<< Nulla che tu non abbia già fatto altre volte, non sopravvalutarti>>
sospira pesantemente mentre io lo faccio piano e mi siedo nella sedia di fronte a Mika.
Sta per riprendere a parlare ma lo anticipo, sono stanco di questi giochetti, adesso basta.
<< Senti Raul lascia perdere. Non abbiamo più nulla da dirci se mai c'è stato qualcosa... >>
mi interrompe con la sua solita irruenza.
Come faceva un tempo a piacermi?
<< Lo so, è colpa mia, solo mia. Dopo l'incidente sono sparito così e poi... ho detto a tutt...>>
<< Adesso basta!>>
La mia voce secca fa alzare la testa di Mika dalla sua tazza e mi guarda, attento
<< finiscila Raul, basta. Non c'è nulla da dire.
Nulla.>>
Chiudo la comunicazione ed inserisco la segreteria.
Non ho nessuna intenzione di parlare più con lui.
Lo sguardo acuto di Mika non si è perso una sillaba e, stranamente, questo invece di seccarmi mi fa sorridere.
Per fortuna che c'è.
Per fortuna che in questa giornata è accanto a me, con la sua malizia che è così visibile, palpabile.
La sua sensualità.
I suoi capelli biondi.
La sua amicizia.
<< Il ragazzino si chiama Raul?>>
E' una domanda neutrale.
Posso farla cadere con un semplice “si” e cambiare argomento, lui non insisterà.
Invece sento il desiderio di parlarne, per la prima volta, con qualcuno che possa capire.
Che non giudichi e che non mi commiseri.
E Mika è l'unico che conosco che sa farlo.
<< Si, ma non è un ragazzino... ha solo due anni meno di me >>
Alza un sopracciglio con stupore mentre si mette comodo sulla sedia, con i piedi semincrociati sotto il sedere, i gomiti appoggiati al tavolo e il mento sulle mani.
La sua voce è semi-divertita mentre io mi siedo a mia volta più normalmente e bevo il mio caffé che si sta irrimediabilmente raffreddando.
<<Non si direbbe, anche la sua reazione è da ragazzino, potevo farlo piangere ma ho avuto pietà...>>
Scuoto la testa sorridendo.
Ha ragione, non è molto più giovane di noi ma la sua immaturità crea un abisso insormontabile.
E io non sono adatto a far crescere i bambini.
<< si, è un ragazzino sotto questo aspetto eppure è l'unico che io sia riuscito a guardare due volte di seguito con un certo...interesse>>.
Silenzio assoluto.
Sa che non ho bisogno di parole ma solo di due orecchie attente che ascoltino.
E lui me le offre.
Così inizio a parlare di Raul e mentre ascolto con le mie orecchie quello che è successo mi rendo conto che non è poi così brutto come sembrava.
Alla fine mi ha solo sfiorato.
Non è riuscito a farmi male.
Non gliel'ho permesso.
<< Quello che mi ha stupito è come io gli abbia permesso di avvicinarsi così a me. L'ho conosciuto agli ultimi mondiali a cui ho partecipato.
Eravamo in ritiro come squadra e lui era l'ultimo arrivato.
Bravo, ma non eccessivo.
Però aveva del talento innato, una classe che, se sviluppata a dovere, lo avrebbe potuto portare ai vertici.
Per il momento chiaramente faceva la riserva.
Siamo finiti in camera insieme ed è stato chiaro fin dal primo istante che gli piacevo.
Dapprima discretamente e poi sempre più sfacciatamente ha iniziato a ...sedurmi>>
Un lampo negli occhi azzurri sono l'unico segno che Mika è rimasto colpito da quello che ho detto, continuo sempre più rilassato:
<< chiaramente non gli davo corda, ma lui non sembrava che si facesse fermare da questo. Non è successo nulla di più, forse poteva accadere qualcosa ma... lui non lo ha permesso.
Ci siamo baciati, una volta sola.>>
Altro lampo, questa volta più evidente, io continuo, immerso nei ricordi.
La stanza era grande e comoda, i letti non troppo vicini ma noi ne stavamo occupando uno solo, il mio.
Avevo vinto la medaglia d'oro negli individuali, battendo l'Italiano in una finale bellissima.
Ero felice certo, ma non avevo perso comunque la testa.
Domani c'era la finale a squadre, sempre con gli Italiani e la concentrazione doveva essere totale.
Raul era più esaltato di me invece.
Si era seduto sul mio letto e non faceva altro che parlare di quanto ero stato bravo, e di come avevo gareggiato bene.
E di come mi ero tolto dalla crisi in cui l'altro mi aveva messo a metà partita.
Non sapevo come fare per farlo stare zitto e lentamente la sua vitalità si era fatta strada in me.
Era bello si, pieno di energia, solare, chiacchierone.
Unico.
Per la prima volta in vita mia feci qualcosa senza prima riflettere, ponderare bene e valutare ogni possibile evenienza.
Mi chinai su di lui e lo baciai.
Chiusi con la mia quella boccaccia irriverente che non sapeva mai stare in silenzio e...mi piacque molto.
Si, il contatto fra le nostre bocche, la lingua che cercava la sua, il respiro affrettato... fu davvero bello.
In una maniera nuova per me.
Non andai oltre, però.
Non era da me perdere così il controllo, mi fermai lì anche se lui avrebbe voluto continuare.
Ma uno sguardo al mio volto lo fece desistere.
Pensava che questo fosse l'inizio di una storia fra noi e il mio errore è stato quello di farglielo credere.
Iniziò a farmi scenate anche pubbliche perchè mi fermavo a parlare con gli avversari.
Avevo fatto amicizia con gli Italiani anni addietro, andavo spesso a cena con loro e lui non lo sopportava.
Poi le scenate continuarono anche con i nostri compagni, quelli della nostra squadra.
Tanto da chiedere all'allenatore di cambiarmi di stanza.
<<...immagina la sua reazione...>> la mia voce si perde nel sorriso di Mika.
Un sorriso dolce e caldo.
<< non è colpa tua, sei umano anche tu, anche se non vorresti a volte...>>
allunga il braccio fino al mio volto e lo accarezza piano, per poi tornare a metterlo sotto il suo mento.
Sto bene qui, con lui, a parlare dell'unica storia che mai abbia avuto.
Storia?
Quale storia?
Questa non lo è mai diventata.
<< si, l'unica volta che ho ceduto sono riuscito a farmi male... quando ebbi l'incidente ero solo in macchina e avevo appena passato una serata devastante con lui.
Avevo accettato di vederlo per mettere fine alla sua persecuzione ma era stato un fiasco su tutta la linea.
Ero arrabbiato si, furioso con me stesso prima di tutto perchè non riuscivo a venirne fuori senza ferirlo.
Alla fine avevo dovuto essere duro con lui, ferirlo intenzionalmente affinché la smettesse di perseguitarmi.
Non so se in condizioni normali sarei riuscito a mantenere il controllo della macchina.
Forse.
O forse no.
La ruota esplose mentre andavo a 140 all'ora, cosa che non facevo quasi mai comunque.
Uscii di strada e finii in una scarpata.
Il resto lo sai>>
<< E Raul? Come reagì?>>
Afferra le mie mani con le sue, ho le mani fredde...mentre lui le ha bollenti, è bello farsele riscaldare così,
<< Da bambino immaturo. Non si pose nemmeno il problema di un minuscolo senso di colpa, era arrabbiato con me per quello che gli dissi durante la cena e appena mi dichiararono fuori pericolo iniziò a diffamarmi con il resto della squadra e sui giornali.
Diceva che ero ubriaco quando mi ero messo al volante e chissà quante volte lo avevo fatto.
In quel periodo Alex e Niki passarono tutto il tempo accanto a me senza lasciarmi un istante e lui non poté avvicinarmi, era tra le persone che non volevo vedere.
So che Alex lo affrontò una volta.
Non so di preciso che gli disse ma dopo non lo vidi più.
Fino a ieri sera.>>
Conosco Alex abbastanza bene da sapere che può essere pericoloso quando difende chi gli è caro, in maniera gelida ma profondamente efficace.
Non lo ringrazierò mai abbastanza.
Nessuno di loro.

Mika
E' turbato per quello che mi ha detto ma, alla fine, nemmeno troppo.
Si è liberato, ha tirato fuori ogni cosa e il sollievo si sta facendo strada in lui.
E' il momento giusto per dargli il mio regalo.
Il mio secondo regalo.
Il primo sono io ovviamente e questo viaggio qui in aereo, quelle macchine volanti che non si rendono conto di quanto sia pericoloso sfidare così la forza di gravità.
Mi alzo e vado in camera a prendere il pacchetto.
Mi guarda stupito ma non tenta di convincermi che non c'era bisogno di nulla.
Anche perchè sa che non sopporto queste frasi di circostanza.
Apre il pacco con classe ed eleganza, senza rompere in mille pezzi la carta come faccio io e mi scappa una risata al pensiero di quanto siamo diversi.
Mi guarda con un sopracciglio inarcato, su di lui questo gesto è di una eleganza unica.
Poi rimane davvero stupito per il libro che ci trova.
<<\ Frammenti di luce\ di Parsifal>>
legge a voce alta e poi mi guarda, in silenzio.
<< E' una mia vecchia amica, quella della fattoria dove ho conosciuto Angelo>> la luce della ragione illumina il suo sguardo, adesso ricorda Anna e Paolo,
<< Parsifal è...diciamo il suo nome d'autore. E' con questo nick name che l'ho conosciuta...un giorno te lo racconterò...>>
Non chiede altro,accarezza con la mano la copertina dove l'albero della vita occupa tutta la prima pagina e lo sfoglia.
C'è la mia dedica, una mia poesia che Anna ha voluto mettere per aprire questo suo primo libro ( e unico lei dice...).
Alza gli occhi e capisce.
Sono morbidi, dolci.
Non sono uno di tante parole, alla fine credo che ne bastino poche ma efficaci.
E a volte gli sguardi dicono più delle parole.
Ormai la mattinata è passata ma il resto della giornata è tutto nostro e abbiamo tutte le intenzioni di far fruttare queste ore che ci restano ancora da passare insieme.
Voglio vedere tante cose...invece ci fermiamo nel Giardino del Paradiso, la residenza del Re della dinastia Nazari.
Nel Parco delle Scienze.
E nel Planetario.
Non so che cosa mi succede.
Ma quello che Javier mi ha detto...la sua storia ha aperto in me una porta che non credevo si potesse aprire più.
Fabien e il suo ricordo tornano per un attimo nella mia mente.
L'attimo che serve per farlo intravedere al mio amico.
E la mia anima inizia a parlare.
L'aria fredda mi fa sentire a casa, a Udine.
Credevo che qui l'Inverno fosse meno freddo invece a Gennaio la temperatura non è propriamente mite, cosa che mi mette completamente a mio agio.
Non amo il caldo, sono nato e cresciuto in Svezia e mi sono sempre trovato a mio agio nel freddo intenso.
Javier invece, da bravo Spagnolo, ha qualche difficoltà con il freddo ma il suo caldo giaccone e la morbida sciarpa lo proteggono benissimo, senza farlo soffrire troppo.
Così ci soffermiamo nel giardino del Palazzo fino a quando i raggi del sole ce lo consentono.
Una profusione di fiori, di colori, di profumi ci assale e mi riempiono il cuore e l'anima.
Mai visto niente di più bello.
Senza nemmeno rendercene conto arriviamo al momento in cui aprono il Planetario, così decidiamo di fermarci li dentro per il resto della serata.
Devo sembrare un bambino agli occhi di Javier.
Ma non avevo mai visto nulla di più bello.
Amo molto le costellazioni e le stelle e qui si può toccare con mano le più lontane.
Le più nascoste.
Ed è così, mentre commentiamo tra noi a bassa voce le nostre costellazioni cercandole e andando a pescare nelle nostre memorie i miti e le leggende che il nome di Fabien viene a galla dai meandri della mia mente, dove riposava, protetto e al sicuro dal tempo.
E lo faccio con una naturalezza sconcertante.
<< Fabien diceva sempre che noi stiamo vivendo nell'epoca sbagliata. Non amava questo tempo ...>> mi fermo rendendomi conto di chi ho nominato.
E del sorriso dolce che accompagna le mie parole.
Javier non mi fa nessuna domanda, resta li accanto a me, in silenzio.
Aspettando che io continui.
<< Anche se comunque viveva bene nel secondo millennio, amava andare in moto ad esempio...>> la voce si spegne un attimo, ma dell'antico dolore non c'è traccia.
<<Anche io sono così, lo capisco bene. Ho un museo di armi antiche ma amo le macchine sportive...>>
Javier scuote la testa con indulgenza e io ritrovo in questo gesto quello preferito di Fabien, forse è per questo che continuo con tenerezza a parlare di colui che è stato il primo ragazzo che io abbia amato.
<<In Fabien coesistevano due diverse personalità ...e sembravano andare perfettamente d’accordo.
Era il ragazzo che taceva davanti ad un cielo stellato, che parlava per ore di cavalieri e antiche divinità...e poi c'era il cavaliere moderno, come amava definirsi.
Che correva in moto fondendosi con essa tanto da diventare una cosa sola.
Mi affascinava moltissimo questa sua doppia personalità. >>
Nella volta stellata che ci sovrasta rivedo per un attimo il suo viso scanzonato, gli occhi blu, profondi come il mare d'Inverno.
I capelli biondi pieni di riccioli morbidi.
Il suo sorriso dolcissimo.
Javier non dice nulla, respira piano accanto a me, il suo calore è rassicurante.
C'è con ogni più piccola particella di se stesso.
Mi ascolta attento, partecipe.
<< Lavoravamo insieme nel suo negozio di fiori. Era più grande di me ma a volte sembravo io il più maturo >>
Sento il suo ghigno allargarsi impercettibilmente e sorrido a mia volta.
<< Davvero? Non credevo fosse possibile...>>
scuote di nuovo la testa, ancora quel gesto che mi fa rivedere Fabien in maniera così perfetta.
<< non l'hai conosciuto se no non avevi dubbi...lo conobbi nel suo negozio. Andai li a chiedere se aveva bisogno di un aiuto pretendendo di parlare con il proprietario... non volevo crederci che fosse lui.
Eppure, appena lo conobbi bene, capii che la sua forza era propio in quella apparente immaturità.
Sapeva parlare ininterrottamente e stare in silenzio per ore guardando le stelle.>>
Si affaccia alla mia mente la prima volta che mi decisi a baciarlo con la scusa più vecchia del mondo: Feci cadere un sacchetto di terra e mi chinai a prenderlo sapendo che lo avrebbe fatto anche lui... e la sua risposta fu immediata e totale.
<< Una persona speciale...altrimenti tu non lo avresti nemmeno guardato >>
Javier questa volta si volta e la tenerezza che leggo nel suo sguardo mi fa capire che sa ogni cosa.
Con quel suo istinto infallibile ha capito tutto e il dolore che provavo è soltanto un ricordo.
Un ricordo che non fa più male.
<< Javier, che cosa hai provato quando ti hanno detto che non avresti più potuto nemmeno allenarti?>>
Un profondo sospiro allarga il suo torace e le spalle si irrigidiscono per un istante, un istante appena percettibile a qualsiasi occhio umano.
A qualsiasi, non al mio.
<< Sono impazzito. Per un istante ho toccato con mano la profondità della mia disperazione.
E la presunzione della mia grandezza.
Credevo di essere arrivato in cima al mio sogno ed invece...in pochi giorni mi trovavo a guardare in faccia la mia vulnerabilità >>
<<Come sei sopravvissuto?>>
Si lascia andare ad un sorriso tenerissimo mentre la sua voce si abbassa fino a diventare un sussurro:
<< Con l'amicizia. Alex mi fece capire che la vita è tutto quello che abbiamo. Non ci resta altro.
Il talento, i sogni, la felicità, l'amore... è tutto effimero.
Possono sbriciolarsi da un momento all'altro e lasciarti soltanto la cenere.
L'unica cosa che ha un valore è la vita.
Gli devo tutto, ogni cosa.>>
Alex...
<< Quando morì Fabien, quando mi dissero che un camion l'aveva trascinato per un kilometro prima di fermarsi... credetti anche io di impazzire.
Speravo che l'oblio della follia venisse a portarmi con se dandomi l'illusione di una vita sempre perfettamente uguale.
Senza emozioni ne dolore.
Fu Alex a tirarmi fuori.
Lo conoscevo attraverso Heather e il suo compagno e mi aveva colpito molto la sua storia, il suo passato.
Quando ero scivolato nell'ultimo gradino della follia lui arrivò con la mia amica.
Mi portò in Italia da lei, e mi obbligò a vivere.
Facendomi toccando con mano la vera disperazione.>>
Non dimenticherò mai quando mi obbligarono, lui e Heather, ad andare con lei per cercare di salvare questi ragazzi vittime di ogni tipo di orrore.
Quando mi portò da Anna e Paolo dove i primi ragazzi iniziavano ad arrivare con il loro carico di dolore.
E con la loro immensa voglia di vivere nonostante tutto.
La voce di Javier è calma, dolce...un po' roca anche.
Si sta commuovendo...forse.
<< Conosco i suoi metodi, so come agisce. E' deleterio ma efficace...>>
Restiamo in silenzio ognuno con i nostri ricordi a farci compagnia.
Non fanno più male.
Vivono con noi, attraverso noi.
Senza morire mai.

L'aereo che si alza nel cielo fa rabbrividire ulteriormente Mika. Se pensa che deve tornarci a salire... basta che non abbia altre femmine tra i piedi altrimenti sarebbe capace di farsela a piedi!
Il momento dei saluti è arrivato, momento che non piace a nessuno dei due a dire il vero.
<< Mi raccomando, guarda che hai promesso e io non dimentico le promesse che mi fanno >>
Mika è sinceramente dispiaciuto di partire.
Sono stati quattro giorni perfetti, non immaginava di trovarsi così bene lontano da Angelo.
Certo...è contento di rivederlo di nuovo...gli manca tantissimo eppure gli mancheranno anche le ore passate con Javier in questa terra così misteriosa e così antica.
Così bella.
<< Tranquillo, verrò senza dubbio. Per il compleanno di Alex e Niki prima dell'estate, lascio ai miei aiutanti il museo e vi raggiungo per un po'. >>
Si sorridono felici tutti e due, poi la voce metallica dell'altoparlante annuncia l'imbarco per Mika.
Con estremo coraggio il nostro Svedese saluta il
suo amico e si incammina sul piccolo pullman che lo porterà sopra l'aereo.
Eh...cosa non si fa per gli amici.
Le nuvole si portano via gli ultimi ricordi mentre il viso duro di Angelo prende il posto di qualsiasi altro pensiero
C'è ancora una cosa che vuole provare con lui.
Una delle tante.
Sorride pensando alle corde con cui si farà legare al loro letto... e allo sguardo pericoloso del suo uomo.
Nudo, eccitato, sopra di lui.
Frammenti di luce lascia dietro di se per continuare a viverne altri.
Senza farsi fermare da nulla.
Fino a che riuscirà ad entrare dentro la vita insieme a chi ne fa parte completamente.
Irrimediabilmente.
Per sempre.