La
Solitudine Del Lupo
Lupo
solitario torna al villaggio con il frutto della sua caccia stretto
tra le mani.
Si
ferma ai margini, dove le prime tende sembrano quasi isolarsi dal
resto delle altre.
La
sua è la più esterna, la più lontana
di tutte.
Non
porta la sua preda dalle donne affinché la possano preparare
ma la tiene per sé e inizia il rito necessario per potersi
nutrire.
Quello
è l’unico motivo per cui va a caccia.
Non
ce ne sono altri.
E’
un tipo pratico, veloce, efficiente, sicuro.
Solitario
per scelta, non perché esiliato o cose simili.
All’inizio
era un ribelle, sì.
L’età
in cui si contesta tutto e tutti l’ha attraversata anche lui.
Almeno
fino a quando l’uomo bianco non gli uccise i genitori e
massacrò
la sua tribù.
Tornando
dalla caccia , lui, suo padre e il resto degli uomini, trovarono che
il villaggio era ormai terra bruciata.
Letteralmente.
Tutti
morti, sua madre compresa.
Non
si rese pienamente conto di quello che era successo, coloro che ormai
erano i sopravvissuti già non c’erano
più: erano
andati a vendicarli.
E
lui fu portato da una tribù amica.
Una
delle poche.
Tornarono
in pochissimi, fu terribile.
Suo
padre non era fra quelli.
Forse
è vero, era troppo giovane per vivere da solo ma lui aveva
già
superato le prove per diventare un guerriero e non voleva mescolarsi
con l’altra tribù.
Non
voleva mescolarsi con nessuno.
Se
ti leghi a qualcuno poi la tua vita dipende da quello che provi e
questo non doveva più accadere.
Egli
doveva diventare forte, fortissimo.
Così
appena tutte le tribù si sarebbero messe
d’accordo,
superando i conflitti interni, per andare a cacciare l’uomo
bianco
dalle loro terre… egli sarebbe stato pronto.
Solo.
Libero.
E
più forte di tutti.
Finisce
la sua cena e, come sempre, lascia andare la mente libera di vagare
attraverso la prateria.
Sente
la carezza degli spiriti che vivano attorno a lui.
Ogni
cosa ha uno spirito e lui ha capito da tempo che riesce a
“sentirli”
con una facilità estrema.
Non
lo ho detto a nessuno…beh…nessuno proprio no.
Uno
sguardo profondo attraversa per un attimo la sua
mente…tagliandola
a metà.
Un
fuoco che brucia…come metallo allo stato liquido che scorre
in
quegli occhi neri.
Li
caccia a forza scuotendo il capo, ma ormai l’incanto, per
quella
sera, è finito.
Contrariato
con se stesso per aver permesso tutto questo si alza, mette ancora un
legno sul fuoco e torna a sedersi li davanti.
Sta
pensando troppo a lui e questo è sbagliato.
Non
deve legarsi a nessuno, nessuno deve ostacolare la sua giusta
vendetta.
Non
è odio…non almeno nel senso che danno tutti a
questa parola.
Forse
non è nemmeno vendetta ma un atto di giustizia.
Deve
ridare un equilibrio a quello che equilibrio più non
è.
Lui
ha una teoria tutta sua per quello che è accaduto.
L’uomo
bianco è arrivato nelle loro terre, ha visto che erano
già
occupate e ha avuto paura.
Ha
avuto paura di essere giustamente cacciato.
Così
ha attaccato per primo, distruggendo ogni cosa.
Per
non correre il rischio di lasciare un futuro a dei nemici ancora
più
forti e motivati, ha massacrato anche i bambini e le donne..
Questo
non può perdonarlo.
Assolutamente.
Invece
Ali d’Aquila non la pensa così.
Ali
d’Aquila è il figlio del capo della
tribù…adottiva.
Quello
che più assomiglia a un amico nella sua vita.
I
suoi capelli neri sembrano il manto della notte, quando è
senza stelle e senza luna.
Oscurità
totale, la sua preferita.
Accarezzano
la schiena con sensualità, come se lui fosse
l’amato e
loro…l’amante.
Ogni
movimento che fa è calmo, lento…quasi languido.
Sfiora
la terra coi suoi piedi.
Quando
cavalca è un tutt’uno con il cavallo e lui lo
sente…e lo
rispetta.
Completamente.
Si
chiede, ormai nemmeno più irato, perché pensi a
lui
così insistentemente.
Ali
d’Aquila è proprio come un’aquila,
grande, maestosa, che
guarda la terra sotto di sé solo per trovare e afferrare una
preda.
Il
suo posto non è qui fra i comuni mortali.
Egli
invece ha deciso che il suo posto è proprio qui, nella sua
terra, combattendo per lei.
Scacciando
chi l’ha invasa e sta massacrando tutte le creature che la
popolano.
Nel
suo piano perfetto non c’è posto per nessuno.
Specie
per un’aquila che lo farebbe volare insieme a lei.
Sulle
sue stramaledette ali.
Troppo
lontano dalla sua vendetta.
Quando
decide di ritirarsi nella sua tenda sente un rumore leggero dietro di
sé.
Si
volta lentamente, già sapendo chi è che ha avuto
l’ardire di andarlo a trovare.
Ali
d’Aquila.
L’unico
che non ha paura di entrare nella tana del lupo più
scontroso
del branco.
In
fondo…sono due predoni, tutti e due.
Solo
che l’aquila è più raffinata.
Tutto
qui.
Torna
a voltarsi verso il fuoco mentre un sorriso…sinistro ( come
sorridono i lupi? ) aleggia, per un momento, sul suo volto dai
lineamenti puliti.
Non
ha un viso angelico, tutt’altro.
E’
duro, deciso.
Ma
puro.
E
non ci sono altre parole per descriverlo.
I
suoi passi silenziosi calpestano leggermente l’erba sotto di
sé.
Eppure
sa benissimo che Lupo solitario l’ha già sentito.
Se
c’è qualcuno che può sentire i suoi
passi anche
quando lui si limita ad accarezzare la terra quello è lui.
Appena
supera gli ultimi alberi lo vede.
Ha
le spalle leggermente irrigidite e la testa fieramente alzata.
La
sua voce si alza nell’aria fresca della sera, dandogli quel
benvenuto che le sue parole gli negano.
<<
Che ci fai qui, figlio del capo?>>
Sorride
tra sé… primo tentativo di tenerlo a distanza,
vediamo
quanto sta a cedere
<<Sono
venuto a vedere come si prepara al sonno un
lupo…>>
Si
siede di fronte a lui e il fuoco danza con i riflessi sul suo viso
dandogli un’aria quasi misteriosa.
Lupo
solitario lo osserva mantenendo la sua espressione di pietra,
Lingue
rosse si allungano su quella pelle ambrata facendoglielo sembrare
ancora più affascinante.
Il
“figlio del capo” cerca di scavare al di
là di quello che
vede, al di là della facciata che offre e quel che riesce a
intuire conferma semplicemente quello che già sapeva.
Sa
di piacergli, sa che si sente attratto da lui.
Non
lo respinge per questo, ma per quel suo desiderio di vendetta che gli
sta avvelenando il cuore.
Egli
la chiama giustizia.
Ma
in realtà, anche se si modifica il nome, la sostanza non
cambia.
Quello
che egli vuole è impedire che i bianchi calpestino ancora la
loro terra e per fare questo è disposto anche a morire.
Il
fatto è che egli non è disposto a perderlo.
Resta
sospesa tra loro la sensazione che ci sia qualcosa che vada al di
là
del palpabile, del visibile.
<<
Hai cenato?>>
La
voce è così morbida che sembra dire ben altro, il
lupo
davanti a lui stringe un attimo gli occhi.
Ha
sentito anche lui.
Ha
sentito quello che non è stato detto.
<<
Prima, sono a posto.>>
“che
vuoi?” dicono i suoi occhi neri, pozzi senza fondo, dai quali
non
vorresti mai uscirne.
L’aquila
davanti a lui si sistema un attimo sulla terra, apre le sue ali e
inizia a muoverle.
Si
prepara al volo.
<<
Domani vorrei farti vedere un luogo che ho trovato qualche giorno fa,
mentre esploravo con mio fratello la zona al di là di quelle
montagne.
Siamo
stati due giorni tra andare e tornare, ma ne valeva la pena.
E’
un posto splendido, isolato.
Vorrei
che tu venissi con me.
Ne
vale la pena, credimi.>>
“Vieni,
quello che vedrai supererà la tua immaginazione”
Quel
metallo fuso lo divora, il lupo, con il suo infallibile istinto
selvatico, alza il viso improvvisamente, come ad annusare
l’aria.
“
Mi
vuole” pensa con uno strano vuoto all’altezza dello
stomaco “
mi vuole adesso, subito” e invece di mandarlo via senza
degnarlo di
una risposta sorride tra sé, quasi sinistro, e affila le
zanne.
Ci
sta.
Andrà
con lui in quel suo accidenti di posto.
Andrà
con lui e gli farà vedere quali meraviglie ancora
incontaminate l’uomo bianco vuole distruggere.
E
ci riuscirà se loro non lo fermeranno.
<<
Va bene, vengo>>.
L’aquila
abbassa il capo e i capelli gli ombreggiano il viso, nascondendolo
all’occhio acuto del lupo che lo sta osservando attentamente.
Ha
vinto una breve battaglia.
Sa
che la guerra sarà lunga e che non è detto che
prevalga
lui, ma per ora ha vinto la sua prima battaglia e, cosa ancora
più
incredibile, il lupo sembra non essersene accorto.
Il
mattino dopo partono che è ancora buio.
Non
si scambiano una sola parola.
Quando
Ali d’Aquila arriva davanti alla tenda di Lupo Solitario lui
è
già pronto e lo sta aspettando seduto nel suo solito modo: a
gambe incrociate.
Sorge
spontanea una domanda nell’aquila: “ma è
così dalla
sera precedente?”
Però
non lo dice, non chiede nulla.
Si
limita a voltarsi e a iniziare il loro cammino. Certo che il lupo lo
stia seguendo.
E
così è.
L’alba
li trova in cammino, attraverso luoghi meravigliosi che mai il lupo
aveva visto con i suoi occhi, troppo impegnato a preparare la sua
idea di giustizia personale.
I
colori che sta guardando superano di gran lunga quelli che egli
credeva possibile vedere.
I
suoi occhi si riempiono, colmando la mente e lo spirito, di
sensazioni mai provate prima.
Lo
sguardo vaga ovunque e lentamente il lupo scopre la bellezza attorno
a lui.
Troppo
occupato a vivere la sua solitudine preparando quella che in
realtà
è una vendetta si era perso la passione di vivere.
L’aquila
ringrazia lo Spirito che li sta accompagnando, la forza che riempie i
loro passi, gli occhi che osservano il rinnovarsi perpetuo della vita
attorno a loro.
Camminano
tutto il giorno facendo brevi pause per mangiare, pause silenziose,
dove le loro anime si sfiorano, rinnovando lo spirito.
Il
buio li raggiunge dopo un tramonto splendido, dove il sole accarezza
per un’ultima volta le montagne e i loro volti un
po’ affaticati,
promettendo di essere ancora più forte e grande
all’alba.
Si
fermano costruendo un rifugio di fortuna e accendendo un piccolo
fuoco.
Non
fa freddo ma alla sera, a quelle altezze, un vento pungente penetra
nelle ossa rendendo il fuoco perlomeno accogliente.
Un
luogo dove stare insieme.
<<
Abbiamo ancora due ore di cammino, ne vale la pena,
vedrai…>>
Sono
le prime parole dell’Aquila da quando sono partiti.
La
sua voce è salda e tranquilla, pensa il lupo curiosamente.
Non
sa perché questo pensiero gli ha attraversato la mente ma ha
preso forma in un attimo, stupendo se stesso per primo.
Gli
è mancato.
Gli
è mancata la sua voce per essere esatti e visto che non
è
un uomo abituato a nascondersi se lo ripete alcune volte.
Piano
piano, per assaporarlo meglio.
All’ombra
della notte la sua pelle bruna manda riflessi di velluto, screziato
dalle lingue di fuoco.
L’aquila
sente quello sguardo accarezzarlo, ardente.
Ha
fatto fatica a non rivolgergli la parola oggi, lo sa.
Ha
fatto una fatica incredibile perché voleva condividere con
lui
la gioia che provava per le meraviglie che andavano scoprendo sul
loro cammino.
Ma
aveva promesso a se stesso che gli avrebbe fatto capire una cosa
essenziale, quasi vitale: nessuno può fare a meno di un
altro
essere umano.
Nessuno.
Specie
se l’altro ha lo spirito legato al tuo.
Mettono
un ultimo pezzo di legno sul fuoco e si stendono l’uno di
fronte
all’altro, con le fiamme a dividerli.
Eppure
mai prima di allora si sono sentiti vicini.
Mai
prima di allora si sono sfiorati, toccati, amati.
Come
nessun altro prima di allora.
Il
giorno dopo l’alba li trova già in viaggio.
Questa
volta il Lupo parla, anche se a monosillabi.
E
l’Aquila sa che si sta rivolgendo a lui.
Non
sono domande, ma condivisione.
Totale
e completa.
Arrivano
nel luogo descritto dall’Aquila mentre il sole è a
un terzo
del suo cammino e l’aria è ancora fresca.
Il
lupo guarda il suo compagno, ritrae le zanne e liscia il pelo.
Alza
il muso per annusare l’aria, sereno.
Lo
spirito completamente in pace.
Mai,
mai aveva visto una cosa del genere.
Mai
si era sentito così appagato e in pace in tutta la sua vita.
Le
cime delle montagne accanto a loro sono completamente verdi,
ricoperte di alberi , di cespugli.
Di
fiori che crescono soltanto a quelle altezze.
Deve
parlare all’Aquila.
Sente
che forse deve dirgli qualcosa sull’uomo bianco che
distruggerà
tutto questo, ma è un pensiero lontano.
Molto
lontano dalla sua mente che è invece acutamente consapevole
di
chi è accanto a se.
Di
colui che , lentamente, lasciandolo nel silenzio e nella
contemplazione, è penetrato nel suo interno, ha scavato
dentro
di lui fino a raggiungere il cuore.
E
li lo ha abbracciato.
Non
è una persona sentimentale, mai stata.
Nemmeno
quando erano vivi i suoi genitori.
Ma
quello che sta provando non ha bisogno di presentazioni da parte di
nessuno.
Lo
riconosce d’istinto.
E
sa che una volta provato non se ne separerà mai.
<<Guarda…guarda
lassù… guarda
attentamente…>>
Il
lupo stringe gli occhi per vedere meglio…e lo trova.
Un
nido di aquile.
Istintivamente
sa che era questo che voleva fargli vedere il suo compagno.
<<
Ce l’hai fatta a trovarle… anche se sono ancora
molto in alto…>>
sa che era un suo sogno…andare fino dove le aquile fanno i
loro
nidi… non si sarebbe fermato prima.
L’aquila
sorride appena, eppure il suo volto si trasforma.
Mai
vista una bellezza simile…pensa il lupo.
E
sa che nessun’altro la vedrà perché lo
terrà
con sé, lì.
In
quel posto dove volano solo le aquile.
L’uomo
bianco forse arriverà anche qui.
Non
subito, ma arriverà.
Non
importa.
Li
troverà pronti, ma adesso sa che non sarà solo.
E
la sua non sarà una vendetta.
Difenderà
semplicemente il suo territorio e il suo compagno.
<<
Anche tu hai trovato un branco di lupi…>> e
lupo solitario
sorride…quasi.
<<
Si… siamo stati discreti… ci hanno
tollerati…>>
In
realtà sa che c’è di più.
Sono
stati silenziosi e in totale armonia con la natura attorno a loro,
come solo un indiano sa essere.
E
i lupi non si sono sentiti minacciati.
Così
come è successo a lui.
E
glielo dice.
D’istinto
glielo dice, come ogni cosa che fa nella sua vita.
<<
Come te…anche tu sei stato discreto e io… ti ho
tollerato…>>
E’
il massimo che può pretendere da lui.
L’Aquila
lo sa e sorride,questa volta con tutto se stesso.
Un
sorriso che nasce da dentro e che lo illumina completamente.
Bellissimo.
Sia
dentro che fuori.
Non
è la prima volta che lo pensa e non si stanca di ripeterselo.
Mai
vista una purezza simile.
Anche
se lui non fa testo, visto che non ne ha conosciuti molti nella sua
vita.
Sono
vicini, le spalle si sfiorano e l’Aquila mette finalmente un
braccio attorno alle sue spalle.
Quasi
protettivo.
Ci
penserò io a te,sembra dire.
Non
sarai più solo, non dovrai più difenderti.
Voltano
la testa contemporaneamente e le loro labbra si sfiorano.
Un
attimo.
Poi
il lupo affonda lo sguardo in quegli occhi quasi liquidi.
E
lo bacia.
Completamente
perso in lui.
E’
come ribadire un possesso a lungo atteso.
E’
suo…così some lo è lui.
Si
appartengono e nessuno metterà mai in dubbio questa
realtà.
Le
lingue si incontrano, si cercano.
Lottano.
E
vincono.
Entrambe.
Quando
si staccano hanno le guance accese…leggermente.
Un
acuto osservatore potrebbe notarlo in effetti.
<<
Io direi che lì è il posto
perfetto>>
L’Aquila
indica un punto distante da loro pochi metri, il lupo sa
perfettamente a cosa si riferisce ma fa finta di non saperlo.
Sorride
sinistro senza lasciarlo e mormora sulla bocca che morde leggermente:
<<
Per far che?…possiamo continuare anche
qui…>> una risatina
morbida accoglie la sua bocca di nuovo.
Poi,
un’ultima frase…<< per piantare la
nostra tenda>>.
Tutto
tace attorno a loro.
Mentre
le Aquile continuano a volare alte nel cielo.
L’Inverno
dà il suo saluto con le prime nevi della stagione.
Un
Lupo e un’Aquila stanno scendendo la montagna.
Hanno
aspettato forse troppo per scendere al villaggio invernale, ma
lasciare il loro rifugio è difficile per chi, come loro,
hanno
vissuto isolati da tutti per sei mesi.
Torneranno
appena il sole scalderà le nevi, torneranno li
perché
ormai non ne possono fare a meno.
Quello
è il loro rifugio, fino a che il respiro cesserà
di
uscire.
Fino
a che gli occhi si chiuderanno.
Ma
sempre insieme.