Lo Stesso Sogno

 

La notte è arrivata.

Da quando siamo tornati dal regno di Hades ogni notte è una lunga serie di ore messe in fila,

che mi impediscono di agire, di ammazzarmi di fatica per non pensare.

Per non ricordare.

Vorrei potermi alzare e fare qualche cosa.

Qualunque cosa… tanto non dormo.

Ma non ci riesco.

La mia camera è accanto a quella di Shun e lo posso sentire che si rigira fino alle tre…a volte anche dopo.

Sento perfino i suoi sospiri…o sono io che li immagino così bene.

Forse.

Così come immagino la causa della sua insonnia, della nostra insonnia.

Tornare senza di loro è stato terribile per tutti.

Ognuno di noi ha le sue cicatrici profonde e quelle visibili sono una sciocchezza.

Quelle con il tempo spariranno.

Sono quelle dell’anima che non spariranno mai.

Appena dalla camera del mio fratellino tutto tace potrei alzarmi ma… la prima volta che l’ho fatto me lo sono trovato dietro…tutto scarmigliato e con gli occhi gonfi…chiedendomi dove andavo.

Così non mi sono mosso più, fingendo una sonno che non ho e una tranquillità che sono ben lungi dal provare.

Non ha paura della solitudine o dell’abbandono il mio Shun.

Io lo so bene.

Nessuno lo conosce come lo conosco io.

La sua non è una paura.

E’ un sogno.

Averci tutti qui, insieme.

Tutti uniti sotto lo stesso tetto.

Sa bene che è una utopia.

Ognuno di noi ha la sua vita da compiere eppure…eppure nello stesso tempo sentiamo che lui ha ragione.

Solo stando uniti potremo superare quello che Hades ha lasciato nelle nostre anime.

Potremmo estirparlo e tornare, finalmente, a vivere.

Ma che fatica… che immane fatica continuare giorno dopo giorno a vivere.

Semplicemente come niente fosse.

Come se tu non avessi dentro la voglia di andartene lontano…e nello stesso tempo di abbracciarli e non lasciarli mai più.

Mi giro sul fianco destro e guardo la notte dalla finestra.

E’ nuvoloso ma ogni tanto la luna riesce a vedersi e ad illuminare il paesaggio attorno.

La notte… ci è rimasta dentro a tutti noi.

Lo so.

Anche se non ne parliamo so che è così.

La notte e il ricordo del sacrificio dei Saint che hanno dato la loro vita affinchè noi potessimo proseguire.

Noi che siamo invece sopravissuti.

A Shun non piace questa parola.

Sopravissuti.

Non la sopporta proprio.

Una delle poche volte che si arrabbia è quando la sente pronunciare.

Dice che noi non siamo sopravvissuti ma siamo andati oltre.

Oltre il corpo, la mente, la ragione.

Oltre ogni cosa spiegabile per dare al mondo un’altra possibilità.

E adesso abbiamo il compito di vegliare affinché tutto questo non vada perso.

Affinché il mondo non dimentichi e torni agli errori di prima.

Il mio piccolo idealista.

Sussulto impercettibilmente…ho detto piccolo

Piccolo…Shun piccolo.

Lui che ha combattuto al nostro fianco senza tentennamenti.

Lui che si è lasciato possedere da Hades per permetterci di colpirlo.

Lui che è riuscito a vincerlo.

Il tempo che basta.

Chiudo gli occhi con forza…non posso ricordare ancora.

Basta…vi prego, basta.

Non so a chi mando la mia invocazione… ma spero che chiunque la raccolga possa ascoltarla.

Perché io non ne posso più.

Non ne posso più di ricordare ne di guardarlo negli occhi e vedere la sua espressione quando Hades parlava attraverso lui.

Quando lui mi supplicò di… un fruscio nella stanza accanto alla mia ferma i miei pensieri.

Un fruscio… direi più un rumore preciso…come di piccoli passi.

E io ringrazio il mio istinto per averli percepiti questi piccoli passi.

I passi del mio Shun che si sta muovendo attraverso la stanza.

Averli percepiti ed essermi fermato.

Perché non avrei sopportato di rivedere ancora una volta l’incubo che popola tutte le mie notti.

Mi metto a sedere e ascolto attentamente Shun che si muove nella stanza.

E’ silenzioso certo, ma io riesco a percepirlo lo stesso.

Lo sento che esce dalla stanza e scende le scale dirigendosi verso la sala.

Aspetto che torni su, aspetto un segno per capire che cosa stia facendo.

Ma lui non sale.

Allora mi alzo dal letto e lo seguo.

Apro la porta e me ne sto li a guardarlo come un imbecille.

Devo essere il ritratto dello stupore.

Mi aspettavo chissà che.

Vederlo triste.

Disperato?

No…non disperato ma…

Invece lui è li e la fiamma che arde nei suoi occhi non è rassegnazione.

Mi guarda senza aprire bocca… mi ha sentito.

Ovvio…come faceva a non sentirmi?

Certe volte sembro io il più piccolo fra noi due.

Faccio un passo verso di lui che sussurra appena << fratello…>> con voce a malapena udibile.

Ma ferma.

Come il suo sguardo.

Da quante notti non dorme?

Da quante notti combatte con i suoi fantasmi che popolano le ore in cui io credo che dorma?

Un altro passo.

Quanta dignità in quel piccolo corpo all’apparenza così fragile che si alza in piedi con un movimento fluido avanzando verso di me.

Il viso bianco come la cera ha i segni delle ore passate in bianco, a vegliare e fortificare la sua anima.

<< Si…>>

non c’è altro da dire.

Fratello.

Si.

Sono suo fratello e lui è la mia ragione di vita.

Lui che ci ha presi per mani per condurci alla vita.

Il mio coraggioso guerriero.

Annulliamo la distanza fra noi e ci fermiamo uno davanti all’altro.

Non c’è bisogno di parole fra noi.

Non più.

Alzo una mano e sfioro i suoi capelli accesi da mille riflessi alla luce della luna che, vinta la sua battaglia con le tenebre, accende il cielo di una luce argentata.

Fiero, determinato.

Indomito.

Dolce e piccolo.

Con un sospiro mi passa le braccia attorno alla vita e si stringe a me.

<< Ikki…fratello mio…>>

gli bacio il capo mentre qualcosa dentro me si scioglie al suo calore.

Ce la faremo.

Lo so, adesso ne sono certo.

Riusciremo ad andare oltre…non più sopravissuti ma vivi.

Finalmente vivi in un mondo che non vuole arrendersi, che continua a vivere attimo dopo attimo.

Mai vinto, mai piegato.

Con mille ferite, mille cicatrici.

Ma vivo.

Come noi.