PAURA

 

/PowKanon/

Il mare.
Sono qui, davanti alla sua immensità e non riesco a staccargli gli occhi di dosso.
Nella notte è ancora più oscuro, si sente il suo ruggire implacabile, sembra che niente e nessuno possa fermarlo, arginarlo.
Sembra che debba portare via tutto dal suo cammino.
Invece...
Invece gli scogli gli tengono testa.
Lo sfidano, alti, altrettanto maestosi, quasi minacciosi.
Il mare li ricopre completamente, vortica attorno a loro senza sosta, cerca di trascinarli con se.
Inutilmente.
Loro sono sempre li.
Nascono sotto di lui, nelle profondità e nulla può la forza del mare contro di loro.
Il cielo è oscuro, non ci sono stelle e un forte vento scuote la mia figura in piedi sugli scogli, a strapiombo sul mare.
Non sono certo un pazzo suicida... anche se sulla prima parola si potrebbe discutere a lungo, i piedi sono ben piantati nella roccia e ho abbastanza forza per non piegarmi al vento.
Ma soprattutto questo è uno scoglio sicuro, non sommerso dal mare come gli altri.
L'acqua salata arriva fin qui, la sua spuma mi accarezza il viso ma non corro alcun pericolo.
Io e il mare abbiamo sempre avuto un rapporto particolare, un amore-odio che ci ha unito fin qui, legandoci indissolubilmente.
Quando abbiamo riavuto il nostro corpo mortale dopo Hades la nostra Dea ci ha lasciato liberi di abitare dove più sentivamo il bisogno di mettere le nostre radici.
Il male era stato sconfitto una volte per tutte.
Adesso stava nell'uomo far tesoro di quel dono immenso che è costato sangue e coraggio a chi doveva vegliare e proteggerli.
E noi potevamo decidere dove abitare.
Io e mio fratello Saga siamo venuti qui, in un tacito accordo, senza nemmeno consultarci.
Senza sognarci di dividerci.
Qui, in una delle tante isole della nostra amata
Grecia, lontano dalla civiltà.
Vicino al mare.
Sono sempre stato convinto che il futuro non esiste e che siamo noi stessi a costruircelo, con le nostre mani.
Noi, artefici nel bene e nel male delle nostre scelte, della nostra rovina.
Della nostra vittoria.
Eppure quante volte preferiamo compiangerci e dare la colpa al fato, a chi ci sta accanto... a chiunque fuorché a noi stessi?
Siamo condizionati dalla paura di sbagliare, di cadere, di trovarci soli.
Quante facce diamo a quello che in realtà ne ha una sola: la nostra.
Quando ero bambino e condividevo il letto con mio fratello quello che temevo di più era il rumore del mare di notte.
Mi sembrava grande, minaccioso.
Mi dava l'impressione che potesse entrare attraverso le mura e portarmi via nelle sue profondità.
Mi rannicchiavo contro Saga che invece dormiva, ignaro delle mie paure.
Uno spruzzo più alto mi raggiunge in pieno viso e io tiro fuori la lingua per leccare il sale.
Ho continuato ad averne paura fino a che, una sera, non sono uscito sulla terrazza e l'ho guardato negli occhi.
Il mare in tempesta, con tutta la sua potenza.
E li me ne sono innamorato.
Se soltanto ognuno di noi riuscirebbe a guardare la propria paura negli occhi...


/PowSaga/
Eccolo li, in piedi a strapiombo sul mare.
Quando era piccolo e mi svegliavo di soprassalto perché sentivo che lui non era più accanto a me riuscivo a provare una sottile paura... che gelida mi afferrava e mi trascinava con sé.
Ero solo.
L'altra mia metà non c'era più.
Fino a quando non notavo la portafinestra aperta e non sentivo il ruggito del mare.
Eccolo dov'era.
Con il suo amore antico.
Il mare.
Ne ero geloso?
Può darsi... anche se era una gelosia che non mi faceva male, perché in quei momenti ero certo che nessuno ci avrebbe divisi.
Nessuno.
Sento che un velo è calato sulla fronte, ma perchè sono qui a pensare al passato?
Perchè non sono felice del presente, di questo nostro stare di nuovo insieme?
Mi alzo dal letto e mi avvicino lentamente alla terrazza, non esco, resto li a guardare il mare che si alza sempre più, minaccioso.
Non ne ho paura ma rispetto, profondo rispetto.
Come per tutti coloro che ho affrontato e che non riesco a chiamare nemici perchè non li sento così.
Eppure quando lo vedevo li in piedi, così piccolo, davanti alla vastità minacciosa del mare in tempesta... il cuore si stringeva impercettibilmente nel petto.
Attimo dopo attimo, fino a diventare impossibile da controllare.
E a quel punto iniziavo a piangere silenziosamente, senza emettere un verso.
Lui si voltava e tornava immediatamente da me.
Richiamato da qualche cosa che non aveva voce e che proveniva dalla parte più profonda di me stesso.
Ancora il passato!!!
Ma perchè torna ad essere il padrone dei miei pensieri?
Una volta una persona molto importante nella mia vita mi disse che il passato è una roccia inamovibile, il presente terreno fertile e il futuro un foglio bianco, foglio che soltanto noi stessi possiamo e dobbiamo scrivere.
Ecco, Kanon adesso è su quella roccia inamovibile, roccia che non può essere distrutta nemmeno dalla furia del mare, che esisterà fino alla fine dei tempi.
Sotto di se la roccia poggia sul terreno.
Così come il mare.
Le loro radici sono in profondità ma sotto di loro c'è il terreno.
Terreno che viene fertilizzato giorno dopo giorno dal sudore della sua fronte, dalle sue mani.
Dalla sua volontà che lo ha tenuto in piedi fino ad ora.
E che continuerà a tenerlo in piedi fino a che lui non lo vorrà.
Si volta e scende dalla roccia, tranquillo.
Come se avesse fatto una semplice passeggiata al chiaro di luna.
Lo sento entrare in casa, salire le scale e avvicinarsi alla nostra camera.
Non mi muovo dalla terrazza, resto li in attesa di sentirlo entrare e soltanto quando la porta si chiude dietro di se mi volto lentamente, lasciando che la pioggia che è appena iniziata a cadere entri dentro la stanza, bagnandomi.
E sul suo volto posso leggere il suo futuro.
Il foglio bianco che soltanto lui scriverà.
E, ne sono certo, lo farà come ha fatto ogni cosa fino ad ora.
Con coraggio, con onore.
Quell'onore che si è conquistato con la vita.
E con amore.

/Pow Kanon/
Entro in silenzio chiudendomi la porta alle spalle e nello stesso momento la schiena di mio fratello si volta lentamente.
Un viso identico al mio e nello stesso tempo totalmente diverso mi osserva, attento.
Senza dire una parola.
Del resto non ce n'è bisogno.
Quando ero piccolo e mi fermavo a guardare il mare in tempesta perdevo la cognizione del tempo e dello spazio, avrei potuto stare li ore e ore senza rendermene conto, facendo l'amore con il mare, godendo dell'unione che c'era tra noi.
Chi mi richiamava era la sua voce.
La voce di Saga.
Dritta nella mia mente.
La sentivo, sentivo la sua paura, paura per me, paura perchè io non ero più accanto a lui.
E questo mi faceva tornare irrimediabilmente indietro, da lui.
Come adesso.
Muovo i miei passi e ci voltiamo di nuovo verso la terrazza.
Chiudo la finestra e sospiro piano, addio mare.
Per stanotte finisce qui il nostro amplesso.
Sento la mano di mio fratello che sfiora la mia e la afferro, stringendola forte.
L'uomo ha tante paure nella sua vita, e se non ce ne sono di concrete se le inventa.
Mentre invece l'unica che lo domina è la paura stessa.
Avvicino il mio corpo a quello caldo di mio fratello e ricerco in lui un po' del suo calore,quasi istintivamente, mentre la mia mente si annulla nella sua vicinanza.
Il temporale infuria sempre più nella calda notte Greca.