Puro
Come Il Diamante
Non
ho mai conosciuto una persona come lui.
Nella
notte che mi avvolgeva e in cui vivevo lui era quanto di più
puro e pulito io avessi mai conosciuto in tutta la mia vita.
Veniva
dai margini del mio mondo, silenzioso come la neve, con
quell’odore
di pulito che aveva addosso e che lo distingueva da quelli che mi
vivevano accanto.
Portava
se stesso senza secondi fini, senza finzioni né falsa
carità.
Portava
cibo, medicine e ascolto.
Ormai
tutti lo conoscevano e nessuno si azzardava a fermarlo.
Ci
avevano provato all’inizio ma non erano riusciti nemmeno a
sfiorarlo.
Era
qualcosa che andava al di là della velocità.
Era
forza.
Una
forza interiore che centuplicava quella fisica.
Poi
capimmo che non era una vittima ne uno sbirro.
Ma,
semplicemente, qualcuno che non lasciava nella mente i buoni e pii
propositi ma li attuava nella sua vita.
E
nella nostra.
Aveva
un debito con se stesso e non avrebbe permesso a nessuno di
intromettersi.
Entrò
nella nostra realtà così, notte dopo notte, e ci
rubò
la nostra principessa.
In
cambio ci diede se stesso e fu solo per quello che lo perdonammo.
\\
La notte arriva silenziosa e porta con se il suo carico di dolori, di
storie e di odori.
Ogni
odore ha con se il suo marchio, come una carta
d’identità
riconosciuta da tutti.
Quella
notte, quando lui comparve, quell’odore era fortissimo e
copriva
tutti gli altri.
L’odore
del cielo.
Nessuno
di noi era abituato a sentirlo e nel momento stesso in cui
arrivò
ci rendemmo conto che qualcosa di grande stava per accadere.
Era
come…se il cielo si fosse aperto per far scendere qualcuno.
Eh
si, ho sempre avuto l’animo poetico, lo ammetto.
Come
adesso.
Anche
in questo momento quest’odore di puro, di assoluto,
attraversa
l’aria attorno a noi coprendo qualsiasi altro.
Dopo
un anno la sua presenza qui è ancora così viva e
presente da sembrare il primo giorno.
I
mesi non lo hanno sporcato, non lo hanno inquinato.
Si
sono limitati a sfiorarlo, senza cancellarlo ne coprirlo.
Arriva
senza rumore, andando sicuro dove sa che lo aspettano.
E’
riuscito ad aprire un minuscolo ambulatorio dove cura come
può
il curabile.
Con
poche medicine e la sua voce.
Ascolta
tutti, parla con tutti e appena la sua voce colpisce la tua mente tu
capisci che il tuo male, qualunque esso sia, non
c’è più.
Del
resto gli angeli non hanno bisogno di medicine per curarti.
Perché
curano l’anima.
Ma
oggi c’è qualcosa di diverso nell’aria,
e lui lo sente.
Oggi
è tornata la nostra principessa e ognuno di noi non vede
l’ora
di vedere la sua reazione.
Di
capire come reagirà guardando colei che per prima ha creduto
in noi e ha fatto si che tutti conoscessero la realtà che si
cela dietro alle luci splendenti della città più
famosa
del mondo.
Si
siede nella sedia accanto alla finestra e sembra già stanco,
come se avesse visto tutto quello che si può vedere nella
vita.
Tutto
ciò che di brutto c’è in questo mondo
lui lo ha
vissuto.
Questo
dicono i suoi occhi, le sue mani.
La
sua voce.
Davanti
a lui si siede Ramonda.
Dice
di essere spagnola, di essere stata una principessa e che adesso, a
causa di uno zio che voleva i suoi soldi, è costretta a
vivere
per le strade.
Forse
è vero.
Chi
lo può dire?
Io
no di certo…ci mancherebbe.
La
sua voce accarezza il viso stanco della spagnola e gli ridà
una luce antica, quella che doveva avere quando era una principessa.
<<
Il tuo cuore non vuole saperne di guarire
vedo…>>
tutti
sanno che lei è innamorata perdutamente e che questo amore
è
senza speranza.
Lui
è uno “regolare”, che lavora, guadagna e
dorme in una casa
normale.
Tra
quattro mura.
Come
sia potuto succedere nemmeno lei lo sa bene ma poco importa.
Il
viso di Ramonda esprime tutto quello che lei non riesce a dire.
Egli
la guarda con dolcezza, con fermezza.
Con
l’anima negli occhi e inizia a curare il suo cuore come solo
un
angelo sa fare.
Poi
tocca a Fidel e il suo nome parla per lui.
Come
al suo solito fa una confusine unica, urla e strepita prendendosela
con tutto il mondo presente e passato.
E
futuro chiaramente.
Ma
appena la sua voce riempie lo spazio tra un suo urlo e un rimprovero
anche Fidel si ferma.
Come
tutti noi è innamorato di quella voce, sente ciò
che le
parole non dicono e si calma lentamente, insistendo per dargli una
delle sue preziose cicche, cicca che Egli non toccherà
perché
si sa…gli angeli non fumano.
Tutti
lo sanno…fuorché Fidel.
E’
a metà della notte che arriva lei.
Appena
entra il mondo si ferma, almeno la nostra parte del mondo.
Si
ferma per guardarla, per darle il benvenuto.
E’
più pallida di come la ricordavo, sciupata.
La
grande malattia ha lasciato il segno sul suo viso ma non ha intaccato
la sua anima.
E’
debole nel corpo ma forte nello spirito, decisa a non fermarsi
davanti a nulla.
Con
il suo fedele taccuino prende appunti, scrive tutto ciò che
vede e anche quello che non vede.
E
chiaramente i suoi occhi si fermano su di lui.
Ha
sentito parlare di lui e sembra anche che lo abbia riconosciuto.
Sa
chi è, glielo leggiamo nello sguardo stupito.
Non
lo ferma, non gli va vicino, non gli fa domande inutili e puerili.
Resta
in disparte e annota tutto ciò che Egli dice e fa.
Silenziosa
e preziosa.
Così
come ha fatto con noi.
Non
per curiosità ma per amore.
A
volte mi chiedo… se incontravo prima un amore
così
grande…che ne sarebbe stato di me?
Sarei
qui adesso?
Domande
oziose e pericolose.
Lascio
le risposte ai pensatori contemporanei, io non spreco energie per
cercare in me parole che non so più usare.
E
sera dopo sera tutto si ripete, uguale seppur diverso nelle
impalpabili varietà che l’occhio umano sa
osservare.
E
io sono un buon osservatore.
Del
resto non faccio altro tutto il giorno.
Tengo
a posto l’ambulatorio, come lo chiamiamo noi pomposamente,
controllo che i farmaci non siano troppo scaduti e che i topi non ci
entrino.
Per
i topi l’impresa è più ardua, non me la
sento di
mettere veleni. o trappole.
Sono
compagni che dividono le strade con noi.
Così
ci porto un gatto che mi segue da quando l’ho salvato dalle
acque
della Senna.
Lo
porto nel pomeriggio, lo lascio li un’oretta e lui fa
scappare un
po’ di amici.
Poi
lo porto fuori di nuovo e l’odore suo fa il resto.
Insomma,
mi sono autoproclamato segretario e tutti, me incluso, ridono di
questo.
Ma
per lui mi butterei sul fuoco.
Letteralmente,
tanto la mia vita ha il valore che io decido di dargli…e se
la
sacrificassi per far vivere lui avrebbe un valore altissimo.
Non
sarei morto invano.
Si
dice così, no?
Lentamente
la dolcezza che egli emana attorno a tutti noi fa breccia anche nel
cuore disincantato della nostra Principessa.
Cuore
disincantato ma pieno d’amore, amore che solo noi riusciamo a
vedere.
Senza
dubbio, gli altri, i “regolari”, sono troppo
occupati a vivere
nel miglior modo possibile per rendersi conto dell’immensa
capacità
d’amore che lei ha.
Lei,la
nostra Principessa.
Colei
che ha rischiato la vita per noi.
E
che, appena in piedi, è tornata di nuovo qui, pronta a
rischiarla di nuovo, per ciò in cui crede.
Non
si parlano direttamente.
Ognuno
ha soltanto le ore che la notte gli concede e sa che non può
permettersi di sprecarle, di lasciarle andare senza far si che
portino un frutto attraverso cui tutti possano nutrirsi.
Eppure
si guardano in silenzio, si cercano continuamente e traggono forza
l’uno dall’altro, in una simbiosi assoluta.
L’uno
è il proseguimento dell’altro.
Qualche
volta uno dei due sta male.
Arriva
lo stesso ma si capisce che ha la febbre che il suo corpo reclama un
riposo che non ottiene.
Allora
l’altro lo cura come meglio può.
Senza
una parola si avvicina e lo aiuta.
La
prima volta lei arrivò qua reggendosi a stento.
Lo
vidi guardarla preoccupato e io, allora, agii al suo posto e con una
sfacciataggine che mai avrei creduto di mettere in atto (so bene di
possederla…) la portai da lui con una scusa qualunque.
Non
so se ci cascò o se fece finta di crederci… non
importa.
Perché
la luce che li illuminò quando si resero conto di essere uno
davanti all’altro fu meravigliosa.
La
tosse la sconquassava… “tubercolosi”
mormorò lui a fior
di labbra.
Un
dato di fatto.
Era
li, in quelle condizioni, sapendo che non sarebbe certo guarita
continuando a tornare in questi luoghi notte dopo notte…e
sapendo
però che l’avrebbe continuato a fare.
Perché
era proprio quello che faceva anche lui.
La
fece stare li, con lui, tutto il resto della notte.
E
le successive.
Con
la scusa di documentare quello che dicevano i suoi
“pazienti”.
E
loro, che la conoscevano, ci stavano.
Parlavano
con lei, si scoprivano un po’ di
più…c’era anche chi le
dava dei suggerimenti preziosi per la tosse.
Una
famiglia folle che si stringeva attorno alla sua principessa per
aiutarla.
E
lei, quando stava meglio, tornava fuori, in mezzo a loro.
Senza
fermarsi mai.