SECONDA OCCASIONE

1. IL RITORNO DELL’ANIMA

eultae doyun

/Nam Hye Seung, Jeon Junghoon - Bulgasal (Title)/

“L’anima al suo posto legittimo tornerà”
Le parole della vecchia rimbombarono nella mente paralizzata di Eul-Tae, quando realizzò che Hwal non solo era tornato dal pozzo dove l’aveva rinchiuso, ma aveva addirittura recuperato la memoria. 
Tutta.
Anche quella antica. 
Non aveva un solo minimo dubbio, in realtà, che fosse così, perché diversamente non si sarebbe sentito così schiacciato ed agghiacciato alla sola presenza di Hwal sulla Terra.
Anzi, non di Hwal, l’essere umano vissuto seicento anni fa e che poi era rimasto tale nonostante la trasformazione in Bulgasal.
Bensì lui, l’essere immortale che era stato un tempo.
L’originale Bulgasal. 
Il suo corpo l’aveva percepito, poco prima che lei lo infilzasse nel collo col veleno per poi scappare. 
“Scappa, maledetta.” 
Pensò senza cercare nemmeno di inseguirla. Nella mente la sola cosa che contava a quel punto era recuperare quante più forze possibili.
Lui era tornato. 
Lui era di nuovo sulla Terra. 

Per un momento ci aveva sperato.
Che quella profezia esistesse per permettergli di cambiare il destino.
Che potesse farcela.
Che Hwal tornando sé stesso, il Bulgasal di un tempo, ricordasse anche il loro patto e quanto ci tenesse ad unirsi a lui. 
Aveva davvero sperato che i suoi piani originali tornassero prioritari nella sua mente non più offuscata da seicento anni vissuto da umano, gli ultimi tempi con lei, sempre lei, quella maledetta donna che l’aveva già tradito un tempo ferendolo e portandolo alla morte. 
Non era stata lei a salvarlo, era stato lui, LUI!
Adesso che era di nuovo sé stesso e che ricordava tutto, adesso che sapeva ciò che aveva fatto per Hwal seguendo la sua volontà, le cose sarebbero tornate a posto.
Sì che ci aveva creduto, ma era stato un lampo, perché poi lui l’aveva attaccato comunque come fosse il suo nemico giurato di sempre.
No no no, era tutto sbagliato. 
Non era lui il suo nemico, ma lei! LEI!
Era lei che aveva sempre cercato di ucciderlo tutte le volte, anzi ucciderli entrambi. Lei l’aveva tradito mille anni prima, lei l’aveva costretto a morire da umano in quel modo meschino. Lei l’aveva aspettato per tutti i secoli a venire per ucciderlo ancora e ancora, lei gli aveva rubato l’anima, la sua per giunta. 
Lei negli anni a venire era sempre stata il suo nemico. Non lui.
Lei!
Adesso Hwal lo sapeva, ma perché faceva così? Perché combatteva contro di lui?
Era sbagliato, tutto completamente sbagliato. 
La furia si impadronì cieca emergendo nel mostro ferito nel profondo che era. Un mostro tradito per l’ennesima volta, che non avrebbe più perdonato nessuno.
Recuperate le forze grazie al molto sangue bevuto, Eul-Tae prese il sopravvento contrattaccando Hwal che avendone bevuto poco da suo padre, non era potuto diventare poi così tanto più forte di lui. 
Una volta ferito, una volta ammaestrato, lo schiacciò contro la parete di quella che un tempo era stata la sua grotta, la casa sua e della sua sposa. Per quanti secoli, quanti anni loro due si erano amati lì dentro? 
E poi lei l’aveva tradito lo stesso.
Come aveva potuto?
Se Hwal avesse scelto lui non l’avrebbe mai e poi mai tradito.
Per lui aveva fatto qualunque cosa, per poter essere il suo Bulgasal. Loro la coppia migliore, quella giusta. Feroci e forti allo stesso modo.
Senza pietà, carichi di odio e vendetta verso il genere umano e chiunque li tradiva. 
Loro due quelli destinati. 
Aveva lavorato duramente per mille anni per compiere il loro destino, ora una donna che non lo meritava glielo strappava via definitivamente. 
Non c’era più nulla da fare. 
Eul-Tae premuto contro di lui, lo bloccava col corpo, mentre lo fissava da vicino dopo aver trapassato il suo ventre. 
Si perse nel suo viso sofferente e pieno di rabbia e disprezzo. 
Sentimenti così umani.
Ormai l’aveva rovinato per sempre, non sarebbe più stato lui.
Lo capì in quel momento, lì sopra di lui, respirando il suo fiato, annusando il suo odore. 
Lo capì e lo dilaniò l’idea di averlo perso. 
L’unico sentimento che avesse mai provato era per lui, durante tutti quei secoli. 
Per lui e suo padre, in qualche modo. Forse, un tempo. E forse ancora adesso, quando non era mai stato in grado di ferirlo fino all’ultimo momento, quando purtroppo non aveva avuto scelta. 
Aveva provato qualcosa. Pietà, forse. Perché un tempo aveva fatto di tutto per il suo amore, mentre ora dopo tante vite finiva in modo così miserabile, così lontano dall’uomo che aveva cercato di rendere orgoglioso ed emulare. 
E Do-yun.
Quel ragazzino.
Dopotutto, alla fine, aveva provato qualcosa anche per lui, no?
Ma Hwal sicuramente era stato tutto, per lui. Se poteva dire di aver realmente mai provato qualcosa, era per lui. 
Senza dubbio.
Ed ora era finita così. 
L’essere che aveva amato, in qualche modo distorto e ossessivo, non c'era più. 
Non ci sarebbe più stato. Aveva percepito la ferocia quando era tornato in sé, in quel pozzo, e si era eccitato oltre che terrorizzato. Ma era la stessa identica sensazione che aveva provato un tempo, quando l’aveva visto sterminare un villaggio intero di uomini con crudeltà e forza e sorridere crudelmente ricoperto del loro sangue. Lui così bello, mille anni fa, quella notte oscura dipinta dalle fiamme dell’inferno.
Adesso, però, non c’era più in quello sguardo sofferente e furioso. 
Per questo esitò, col cuore infrante e la consapevolezza che quel buco nero che gli aveva aperto, non sarebbe più stato colmato, non realmente. 
Fu proprio lì che sentì qualcosa di appuntito penetrargli il collo. In un secondo momento realizzò che era un ago. 
Quell’ago. Di nuovo. 
Un’ondata di calore lo invase mentre immediate le forze lo abbandonavano. Lasciò di schianto Hwal mentre le ginocchia si piegavano facendolo finire a terra, nel fango di quella fredda ed umida grotta così antica. 
Sang-Un arrivata ad aiutarlo, si affrettò a prendere Hwal e sostenerlo, vedendo come stava. 
Egli però non abbassò la guardia, l’allontanò e prima ancora di recuperare del tutto le forze dalla ferita al ventre, si scagliò su di lui infilzandolo con la lama sulla spalla, inchiodandolo al suolo. 
Eul-Tae, la vista sempre più annebbiata, non sentiva quasi più niente, tutto intorpidito per colpa del veleno iniettato. 
Quella volta l’avevano colto di sorpresa. Non si era aspettato l’arrivo di lei, non quanto meno l’uso così intelligente di un’arma tanto preziosa. 
Quella maledetta, di nuovo, stava rovinando tutto per l’ennesima volta.
Riuscì a pensare questo, mentre Hwal seduto a cavalcioni sopra di lui, si assicurava che rimanesse fermo recuperando un po’ di forze.
Lo vide girarsi verso di lei e guardarla con aria significativa, di chi aveva un piano sin dall’inizio in mente. 
Li vedeva a stento, con la vista sempre più offuscata. 
- Sei sicura? - chiese prima di spostarsi. Lei guardò prima Hwal e poi Eul-Tae, ci pensò con cura per un istante, poi annuì e si inginocchiò mettendosi al suo posto sopra di lui e solo allora, mentre con tutta la forza di volontà residua Eul-Tae cercava di rimanere in sé e riprendersi, capì cosa stavano per fare.
Gli rimbombò nella mente la profezia della vecchia che aveva ucciso giorni prima. 
“L’anima al suo posto legittimo tornerà”
Eul-Tae spalancò di nuovo gli occhi rossi rimanendo in sé ancora un po’, la vide chiudere i suoi e concentrarsi.
Sang-un congiunse le mani sul suo petto, all’altezza del buco nero che sanguinava oscurità, quello che Hwal gli aveva aperto per rubargli l’anima mille anni prima; prese un respiro profondo, come ad assaporare il mondo da umana per un’ultima volta, infine espirò concentrata, seria. 
Come aveva già fatto lei stessa con Hwal seicento anni prima, compì il medesimo rito al contrario, restituendogli la sua anima.
Un’anima che strisciando nera come una notte senza fondo, tornò al suo legittimo proprietario tramite le mani sul suo petto. 
Un’anima che aveva fatto mille giri prima di tornare al suo posto. 
Quanto, quanto aveva errato, quell’anima. 
Fu così che dopo mille anni Eul-Tae tornò umano, mentre dopo seicento anni Sang-Un tornò ad essere Bulgasal. 
Pesantezza.
Fu questa la prima sensazione che Eul-Tae provò appena il buco nel suo petto tornò a colmarsi e poi a richiudersi.
L’anima pesava, pensò.
Poi perse i sensi. 


Sognava, Eul-tae. La sua vita precedente, quella da umano. Quell’umano miserabile che aveva cancellato con tanto impegno e che ora, a quanto pareva, era tornato ad essere. 
Forse la vita gli aveva potuto fare la grazia di ucciderlo, dopo essere tornato quell’essere ignobile e debole di un tempo, quello che soffrendo per colpa di suo padre, pur di farsi notare da lui, aveva ucciso suo fratello facendo poi ricadere la colpa su un mostro incontrato nel bosco. 
Bulgasal, la donna, Sang-un. 
Sognava quel tempo, quando aprì gli occhi realizzando in un secondo momento che non era morto. 
Vivo. 
Davvero era sopravvissuto? 
Eul-tae si toccò il petto con movimenti lenti, sentendo i muscoli tutti indolenziti. Gli sembrava di sentirli per la prima volta da mille anni. Lentamente le sensazioni umane di un tempo tornavano a galla.
Da quanto era immobile? 
Il petto era chiuso, la pelle liscia, il torace non presentava più il buco con cui aveva convissuto per tanto tempo nel disperato tentativo di richiuderlo.
Sì, ma non in quel modo, non a quel prezzo.
Al prezzo dell’essenza di Bulgasal. Al prezzo di ritornare umano. 
Quel prezzo non l’avrebbe voluto pagare. 
Chiuse gli occhi contrariato, seccato, spostando le dita verso la spalla, ricordando la ferita che gli aveva inflitto Hwal per immobilizzarlo a terra.
Quel punto gli doleva ed era bendato. Il dolore era diverso, anche da Bulgasal lo provava tutte le volte che veniva ferito, ma da umano era differente. Non riusciva a capire in che modo, ma era così. 
Poi notò che qualcosa infilato nel suo braccio, l’altro ancora fermo, gli stava trasmettendo qualche fluido probabilmente curativo. 
Eul-Tae si toccò il volto, sempre con movimenti lenti, mentre il soffitto della stanza prendeva forma. 
Bianco, il soffitto di una stanza. 
L’odore di medicina.
Un ticchettio, anzi, un bip regolare, il suo cuore?
Aveva un cuore. Sì, ce l’aveva. 
E il suo viso, il suo viso non era liscio come sempre, aveva della morbida e leggera barba. Anche i capelli sparsi sul cuscino si erano allungati. 
Era cambiato fisicamente.
Da quanto era lì incosciente? Da quanto stava dormendo?
Poi, solo dopo un considerevole tempo, realizzò.
“Mi hanno salvato.” Pensò sconvolto. “Mi hanno trasformato di nuovo in umano ma non mi hanno ucciso, non si sono vendicati. Mi hanno salvato. Come diavolo è possibile? Perché l’hanno fatto? Come hanno potuto? Io li avrei uccisi, squartati e divorati!”
La porta si aprì, Eul-tae roteò gli occhi cercando la presenza appena entrata. Il rumore di un telefono che cadeva di mano, poi prese forma una persona, un viso familiare. 
I suoi capelli erano ancora tinti di biondo e sempre lisci e corti, con una deliziosa frangetta ordinata sulla fronte. i lineamenti erano sempre delicati, ma leggermente più maturi di come ricordava. 
Perché a quell’età si cresce in fretta. 
- Ti sei svegliato... - la sua voce un sussurro lieve, come ali di farfalla. 
I suoi occhi sconvolti in un misto fra il terrorizzato, il sorpreso e l’incertezza. 
Una divisa scolastica, era tornato al liceo. Ma, cosa più importante, era venuto a trovarlo. 
Do-yun uscì subito per andare a chiamare delle infermiere, poco dopo tornò con una di loro, rimanendo in disparte a vederli adoperarsi su di lui. 
Do-yun era tornato a trovarlo, quante volte l’aveva fatto? Perché? 
Come aveva potuto?
Il ricordo delle risate fatte insieme mentre giocavano e passavano il tempo, mentre il piccolo cresceva diventando un ragazzo pronto a tutto per lui.
O quasi.
Se c’erano stati momenti felici, nella sua lunga vita di demone in terra, poteva senza ombra di dubbio dire che erano stati quelli passati con lui. 
Poi era finita com’era finita ed aveva dovuto fare ciò che era stato necessario. Se ne era pentito ed era stato doloroso, ma era stato anche contento di sapere che poi, alla fine, se l’era sempre cavata. 
L’unico che forse non l’aveva mai odiato del tutto anche dopo aver saputo la verità. In qualche modo aveva voluto crederci, anche se solo ora assumeva una certa verità. 
Eul-tae, ora umano, pensava e provava e vedeva verità che non aveva mai immaginato di possedere da demone. E non capiva se le aveva sempre avute o se erano cose nuove. 

- Sei rimasto al mio fianco... - sussurrò roco Eul-tae, dopo che fu sistemato con la schiena un po’ più seduto e che gli era stata tolta la flebo, trovandolo in condizioni buone. 
Do-yun lo guardò alzando un sopracciglio, sorpreso che gli dicesse una cosa simile e che pensasse l’avesse fatto per lui. 
Poi scoppiò a ridere spontaneo. Il suono della sua risata echeggiò come i ricordi di un tempo ed Eul-tae iniziò a sentirsi meglio, nonostante si rendesse conto che lo stava prendendo in giro. 
- È solo il compito ingrato che mi è toccato. Volevano che ti tenessi d’occhio. E con occhio intendevano i miei, non semplicemente pagare qualcuno per farlo al mio posto o telefonare. - spiegò con cura, sempre scanzonato com’era nel suo stile. 
- Hwal voleva ucciderti, ma Sang-un glielo ha impedito, dicendo di dover vivere da umani nonostante ora sono entrambi Bulgasal con tanto di ricordi e tutto... - continuò Do-yun, al quale piaceva come sempre chiacchierare anche se si trattava di un nemico. 
Ma forse ci riusciva perché non era sempre stato suo nemico.
- Allora mi ha costretto a controllarti, dopo aver chiamato i soccorsi e fatto curare. 
Eul-tae non sembrò turbarsi molto di quella rivelazione, in realtà era la verità più ovvia. 
- Da quanto sono qua? 
Do-yun si strinse nelle spalle.
- Settimane, più di un mese. Non ho contato i giorni. Avevi una dose massiccia di veleno in corpo ed un’orribile ferita sulla spalla, avevi perso molto sangue, ma il problema era il veleno. Stavi per morire. 
Eul-tae si ricordò di essere stato malato, un tempo, da umano. Con un corpo fragile e indegno di essere nobile. 
Forse il sangue demoniaco ottenuto essendo Bulgasal, l’aveva curato dopotutto. Diversamente non se la sarebbe mai cavata. 
- E loro? - chiese Eul-tae nascondendo a fatica la tensione nel chiedere e pensare ad Hwal. 
- Stanno bene. Finalmente sono felici, hanno ricordato tutto. Non vogliono minimamente avere a che fare con te, ma vogliono sapere cosa fai, vogliono assicurarsi che tu non faccia danni. - rispose Do-yun ridacchiando divertito per qualche motivo. 
- Dovresti avere paura di me, dopo quello che ho fatto. - gli fece notare il più grande, steso nel letto. Il giovane si strinse nelle spalle. 
- Non sei più Bulgasal ed onestamente pensavo saresti morto. - disse senza tatto, come sempre. Non pensava realmente avrebbe mai dovuto avere a che fare con lui da vivo. 
- Ed ora? - chiese piano, senza guardarlo in faccia. Fissava fuori dalla finestra da dove veniva la luce del sole di una bella giornata. 
Do-yun alzò le spalle. 
- Non so, mi consulterò con loro... 
Nella sua mente semplice di ragazzo, l’esito della sua vita era stata una punizione sufficientemente adeguata per quanto inflitto, anche se sapeva di non poterlo perdonare.
Dopotutto aveva perso ciò a cui aveva tenuto di più in assoluto, la sua essenza di Bulgasal, la sua forza, la sua immortalità. Era tornato umano ed era quasi morto per più di un mese. Oltre a questo era completamente solo. Nessuno dei suoi vecchi tirapiedi era rimasto, nessuno di quelli che gli aveva sempre obbedito lo considerava più la persona a cui obbedire. Aveva perso il suo status. 
Rimanevano le ricchezze accumulate, ma oltre a quello non aveva più niente. 
Oltretutto morire da umano sarebbe stato più facile, una scappatoia.
Come aveva detto ad Hwal e a Sang-un quando avevano ventilato l’idea di sacrificare le loro vite per uccidere Eul-tae a suo tempo, morire non doveva essere un’opzione poiché era sempre la via più facile. Vivere doveva essere l’opzione. La sola opzione possibile. 
Era difficile, duro e doloroso, ma a volte poteva anche essere bello. 
- No intendevo... - fece piano Eul-tae girandosi poi a guardarlo negli occhi coi suoi vuoti e spenti. - Io. Io che farò ora? 
Do-yun, preso alla sprovvista da quella domanda così strana, si strinse ancora nelle spalle spaesato, si grattò la nuca mentre non aveva idea di cosa rispondere. 
- A prescindere da quel che decideranno Hwal e Sang-un, ora sei umano e sei libero. Dovresti pensare a vivere la tua vita da umano, suppongo. 
Lo vide perso a quell’opzione, terrorizzato, quasi. Autenticamente terrorizzato. 
- Non ho mai voluto essere umano. Odio essere umano. Cercherò il modo di tornare Bulgasal. Dillo ai tuoi genitori! - disse con odio, cercando di provocare una reazione che sperava fosse quella di ucciderlo. Sapeva che Do-yun era troppo buono, infatti non contava sul fatto che l’avrebbe fatto lui. Forse gli avrebbe fatto male vedersi uccidere proprio dal ragazzo. 
Do-yun sapeva che con ‘genitori’ intendeva Hwal e Sang-un, anche lui li considerava tali ormai, visto che vivevano tutti insieme. 
- Non hai mai avuto qualche desiderio a parte essere forte? 
Eul-tae spiazzato dalla domanda semplice come ogni fibra di quel giovane seduto accanto, si fermò a rifletterci.
Pensò alla sua vita antecedent alla trasformazione in demone, quando aveva cercato in tutti i modi di rendere fiero suo padre. Tutto il suo mondo era sempre girato intorno a quell’uomo e a quel desiderio.
- Volevo essere sano e forte per rendere orgoglioso mio padre... 
- E lui... si è reincarnato? - chiese provando a capire, non sapeva nemmeno lui perché lo faceva. Forse riusciva in qualche modo a capire gli sbagli della gente, quelli fatti in buona fede. Oppure credeva nelle seconde occasioni. O, semplicemente, il suo cuore era così buono da avere pietà perfino per il peggior nemico. 
Eul-tae pensò a Kwon, al momento in cui l’aveva trafitto consapevole che così sarebbe morto. Non aveva voluto farlo, aveva cercato di evitarlo fino all’ultimo. Si era sentito perso e vuoto, ma la consapevolezza che ormai quell’uomo non fosse più nemmeno l’ombra del padre che aveva sempre adorato, l’aveva aiutato. 
Si era reincarnato? Sì, certo... ma in fondo quella persona conosciuta nell’epoca attuale, così come in tutte le altre precedenti, non era mai stato lui. Non davvero. 
- Sì, ma è morto... - disse semplicemente senza andare nei dettagli. 
- Beh... allora è come essere appena nati. Dovrai fare come tutti noi e scoprire cosa significa vivere e per cosa farlo. Trovare un altro scopo, che non sia più la vendetta od il tornare Bulgasal... perché sappi che una cosa è certa. Non so cosa decideranno quei due, ma sicuramente non ti permetteranno di fare tutto quel che vorrai... 
- Appena nato... - ripeté sorpreso, mentre un senso di curiosità si formava in lui a quel concetto. 
- Sì, dovrai imparare a vivere da umano... 
Poteva capire che dopo mille anni di essere Bulgasal potesse essere difficile, ma non gliene importava molto.
In quel momento lui aveva adempiuto al suo compito, adesso doveva tornare a casa e riferire che si era svegliato e chiedere istruzioni. Probabilmente Hwal avrebbe pagato qualcuno per tenerlo d’occhio, qualche detective in pensione, probabilmente. 
Immaginò che le cose sarebbero andate così, mentre si alzava dalla sedia stiracchiandosi e guardandolo supponeva per l’ultima volta. 
Non gli faceva l’effetto che avrebbe pensato. 
Il tempo, le conseguenze, i prezzi pagati, la voglia di vivere, dimenticare ed andare oltre, voltare pagina. 
Queste cose avevano fatto il loro effetto. 
- Non ne ho idea, sai? Di cosa significhi, di come si faccia... - fece Eul-tae, guardandolo recuperare le proprie cose ed infilarsi la giacca per andarsene. Sperava non per l’ultima volta. 
Do-yun lo guardò prima di uscire, serio, pensieroso. Poi, sorprendentemente, o forse non troppo, gli sorrise. 
- Imparerai presto. Non avrai scelta. La vita è così, ci si butta, si prova e si vede cammin facendo. Spesso sbagli, ma poi ci puoi riprovare. Tu hai una seconda occasione, non sprecarla. 
Queste parole scavarono al posto di quel buco che non era più aperto e nero. Era lì dove ora c’era la sua anima. Un’anima forse curata rispetto ad un tempo che invece era stata malata e sporca. Purificata da Sang-un in particolare. 
Scavarono e fecero breccia.