*Do-yun sta ancora indagando sulle vere intenzioni di Eul-tae, il motivo per cui è stato mandato lì, ma sa che deve spingerlo a dirglielo in un certo modo o non ottrrà mai la verità. Così si prende tempo e la gira larga fino a che non riesce ad arrivare al punto. La sua risposta non sarà facile da sentire e lo sconvolgerà. Eul-tae è invece nella fase della scoperta, è ancora confuso e non sa bene cosa vuole, ma appena assaggia il vero sapore della vita, comincia a schiarirsi le idee e non perderà molto tempo. Ho scelto due immagini che provengono proprio dallo show che rispecchiano l'essenza che ad un certo punto i due mostrano, ma va considerato che Eul-tae è sempre in quella meravigliosa versione coi capelli lunghi e la vestaglia di seta viola tutta aperta e fluttuante. Buona lettura. Baci Akane*
3. IL SAPORE DELLA VITA
/Because of you - Nam Hye Seung, Jeon Jong Hyuk /
Do-yun gli chiese di poter mangiare uno dei cibi spazzatura che di norma non poteva vista la fissa di Si-ho con le cose sane.
Eul-tae lo guardò schifato.
- Sei sicuro? - chiese consapevole che quel che gli aveva chiesto non era mai rientrato nella cucina di classe che aveva sempre finto di mangiare.
O meglio, aveva mangiato senza sentire alcun sapore.
Do-yun, che lo conosceva perfettamente, incrociò le braccia al petto e stizzito rispose impuntandosi:
- Non hai mai capito niente del sapore di ciò che mangiavi! - esclamò infantile. Eul-tae alzò le spalle, rimanendo sempre appoggiato allo schienale, con quella posa plastica, immobile, col cuscino sull’inguine.
- No, ma riconosco il cibo di classe da quella spazzatura.
Do-yun prese il telefono e andò su internet da solo, alla ricerca di un posto che gli portasse ciò che voleva.
- Tu non l’hai mai assaggiato, innanzitutto, perciò non puoi sapere quanto buono sia la spazzatura che dici. - poi alzò il dito indicando un due. - E comunque anche il cibo di classe che dici non aveva sapore, per te, perciò parli sulla base di quello che supponevi fosse il cibo. Ma non lo sai davvero! Perciò adesso ti mangerai la spazzatura e vedrai se non ho ragione! - concluse trovando un posto che faceva consegne a domicilio, valutò il menù e scelse fra i panini più insani ma buoni che avrebbe mai potuto scegliere. In seguito ordinò da solo, conoscendo bene l’indirizzo di quella casa.
Eul-tae lo guardò fare come se fosse casa sua, come se loro due fossero parenti e tutto quello fosse normale.
Con lui lo era sempre stato.
Avevano passato le ore a giocare a qualcosa di sciocco ed infantile e gli era sempre piaciuto. Erano state le ore migliori della sua lunga esistenza.
Aveva portato dei colori, nella sua vita oscura.
- So che non volevi farmi davvero male da demone, ora da umano penso di poter stare tranquillo, vero? - chiese poi a bruciapelo, mentre aspettavano il corriere coi panini.
Eul-tae lo guardò alla distanza di quasi un metro, sul divano ad angolo, comodo e spazioso.
- Ti sembro in procinto di ucciderti? - rispose con un’altra domanda, sempre con un fondo di provocazione, forse semplicemente la sua normale attitudine.
I due si guardarono studiandosi, Do-yun era più rilassato di prima, anche se rimaneva sul chi va là. Eul-tae, invece, era illeggibile come sempre. Appariva padrone della situazione e di sicuro lo era, specie nella posa in cui era.
- Forse dovresti vestirti davvero... - accennò indugiando con lo sguardo sul suo petto mezzo scoperto.
- Ci sono problemi se sto così? Sono più comodo... - nascose, come per abitudine, la verità delle sue azioni.
Do-yun ci cascò come sempre.
- No, no... nessun problema... basta non ti denudi! - concluse spontaneo, tornando ad arrossire e a distogliere lo sguardo.
Eul-tae finalmente si sollevò dallo schienale e si raddrizzò continuando a guardarlo in quel modo insistente ed enigmatico, un mezzo sorrisino stampato sulle sue labbra.
- Perché non dovrei? Sei così pudico? - sussurrò provocatorio, Do-yun arrossì ancora, sulla sua pelle chiara si vedeva subito il colore che divampava e ad Eul-tae piaceva un sacco.
Si avvicinò a lui strisciando sul divano, mettendo da parte il cuscino che copriva il suo inguine. Il giovane spalancò gli occhi fissandolo a disagio, tendendosi come un gattino.
- Se pudico significa avere problemi coi nudi delle persone allora sì, sono pudico! E non ci vedo niente di male! È come se ti chiedessi ‘ti piaceva il sangue?’ È ovvio che sì! Che domande sciocche!
A sentire Eul-tae sembrava che essere pudici fosse una cosa anomala e buffa, ma sapeva che non lo era, non dal punto di vista di un normale essere umano. Ora Eul-tae lo era, ma non comunque normale. Dubitava lo sarebbe mai stato.
- Era un orgasmo, in certi casi. C’era sangue e sangue... - rispose a sorpresa, seriamente e pensieroso. Smise di avvicinarsi, rimase comunque sufficientemente accanto. Sollevò gli occhi in alto cercando di ricordare le sensazioni che provava. - Era la sola cosa che mi trasmetteva sapore. - precisò. - Però quello di qualcuno non era niente di speciale, quello di qualcun altro, invece, era simile ad un orgasmo...
Con questo fece un sorrisino malizioso e roteò gli occhi verso di lui, per vedere la sua espressione. Se lo era immaginato schifato in modo buffo, invece sembrava interessato a capire.
- Tipo? C’era del sangue che ti piaceva in modo particolare?
Eul-tae, colpito che parlasse di cose tanto strane in modo così naturale, capì che essendo stato cresciuto da un demone e successivamente essendo passato dalla parte di un altro della stessa specie anche se più buono d’animo, sicuramente lo rendeva un umano molto diverso da tutti gli altri.
- Hwal. - rispose seriamente, pensando che per quell’atteggiamento si fosse meritato una risposta vera. - Quello di Hwal era il più buono. Non so se era perché lo desideravo da una vita, perché era Bulgasal come me oppure perché era lui. Ma era il più buono.
Do-yun era confuso in merito alla sua dedizione per Hwal, non sapeva come dovesse sentirsi e nemmeno ciò che provava.
- Adesso provi ancora desiderio di sangue? - chiese in un sussurro, sentendo un’attrazione inspiegabile per quell’argomento così macabro ed oscuro.
La curiosità dei ragazzi?
Eul-tae non ne era sicuro, forse era voglia di conoscerlo meglio, anzi, conoscerlo realmente.
- No, prima era un bisogno fisiologico. All’inizio non volevo nutrirmi di sangue umano, poi mi sono reso conto di non avere scelta. Dal momento in cui ho iniziato a farlo ne sono stato schiavo e dipendente. Adesso non sento quel tipo di desiderio. Ne sento altri.
Do-yun, interessato a quel discorso, gli si fece impercettibilmente più vicino e lo guardò rivolto totalmente verso di lui, come se ascoltasse una storia interessantissima. Era impressionato da quei discorsi, ma al tempo stesso affascinato e non capiva bene da cosa, forse dal modo bizzarro con cui funzionava quell’uomo. La differenza fra essere demoni ed essere umani.
Suo padre era un demone che era stato umano e che ora era una sorta di via di mezzo. Un demone che provava cose umane.
Lui cos’era?
Prima era stato un demone puro, ora era umano, ma quanto lo era?
- Che desideri senti ora? - chiese incuriosito. Eul-tae, fissandolo dritto negli occhi fin quasi ad ipnotizzarlo col suo tono calmo e basso, continuò. Felice che si interessasse tanto a lui.
- Una volta i miei desideri erano inumani. Il desiderio di sangue, per esempio. Il desiderio di riempire il buco nero che mi faceva soffrire. Il desiderio di uccidere. - Do-yun rabbrividì nel saperlo. Voleva chiedergli se aveva mai provato il desiderio di uccidere e cibarsi anche di lui, ma aveva paura della risposta.
- Adesso?
- Adesso devo ancora capire che desideri provo. Non sento più quelli di prima. - concluse semplicemente.
- Non sai cosa provi ora? Cosa desideri? Non hai un piano?
Do-yun pensò di approfittare dell’aria confidenziale che avevano. Sapeva che Eul-tae gli aveva chiesto di non parlarne prima di aver mangiato, ma forse stava meglio di quel che gli aveva detto. Del resto uno abituato a mentire e manovrare, perché dovrebbe smettere improvvisamente?
- Non ne sono sicuro. - rispose Eul-tae piegando lievemente la testa, i capelli più lunghi e senza un taglio decente gli scivolarono sul viso, coprendogli gli occhi.
Do-yun li notò guardandoli meglio di prima e seguì l’indomabile istinto di spostarglieli. Lo fece con la punta delle dita e poi esitò realizzando cosa aveva fatto, tuttavia non si ritirò del tutto. Si fermò, ci pensò e poi continuò mettendoglieli dietro l’orecchio.
- Li farai crescere?
- Dovrei? - chiese come non gli importasse molto dei suoi capelli, ora. Era più bello farsi toccare da lui in modo spontaneo.
Do-yun si rendeva vagamente conto di essere troppo vicino a lui, ma non trovava l’istinto di staccarsi. C’era l’adrenalina dello stare vicino ad una persona che per anni aveva amato e poi odiato ed infine, in qualche modo, protetto implorando Hwal di non vendicarsi e di lasciarlo vivere.
L’aveva fatto per non perdere Hwal, ma di fatto aveva cercato di proteggere anche Eul-tae dalla morte che gli voleva infliggere suo padre.
- Dovresti sistemarli, ma non ti stanno male, un po’ più lunghi.
Poi si rese conto d’aver parlato del suo aspetto e di come stesse bene o male.
“È un uomo, sono discorsi strani, forse... non dovrei avere un’opinione sul suo aspetto. Quando ho chiesto a Hwal se dovevo continuare a tingermi i capelli lui ha detto che non ne aveva idea. E quando gli ho chiesto secondo lui come stavo biondo, non sapeva cosa dirmi. Mi hanno risposto Si-ho e Sang-un. E forse, dopotutto, non è normale che un ragazzo si interessi tanto al proprio aspetto al punto da tingersi i capelli come fanno le ragazze per essere più carine. Oddio, c’è qualcosa che non va in me?”
Pensandolo altrettanto spontaneamente arrossì e si coprì le guance distogliendo lo sguardo. L’atteggiamento improvviso e buffo stupì ed incuriosì Eul-tae.
- Qualcosa non va? - fece capolino per vederlo in viso, sembrando gli leggesse nel pensiero, e Do-yun lo fissò stralunato provando a capire se l’intuizione avuta ora fosse fondata. Lo guardò per capire se lo ritenesse bello e in quel momento, proprio mentre pensava che sì, lo riteneva bello, il campanello suonò e lui saltò in aria come una molla, correndo ad aprire quasi volentieri.
Eul-tae lo guardò sorpreso di quel suo comportamento da piccolo pazzo isterico e senza minimamente capire cosa ora gli fosse successo, si alzò a sua volta sospirando scontento di doverlo rincorrere.
- Con cosa pensa di pagare quell’idiota?
Raggiuntolo alla porta, nel doppio del tempo che ci avrebbe impiegato normalmente visto che non riusciva a correre, quasi si scontrò con Do-yun che si fermò in tempo, a pochi centimetri da lui. Teso.
- Ecco, non ho soldi per pagare... - fece con un sorrisino di scuse che Eul-tae trovò delizioso. Lo guardò all’incirca dalla sua altezza, di poco più alto. Senza scomporsi, distolse lo sguardo dal suo e porse al corriere la carta che aveva recuperato. L’uomo, che non lo vedeva bene perché coperto da Do-yun, la prese ed eseguì il pagamento.
Aveva l’impressione che fosse nudo, sotto la vestaglia, ma il giovane davanti gli rimase incollato proprio per coprirlo ed impedirgli di vedere.
Vide l’uomo dietro, sicuramente una persona importante, lo si capiva subito, ridacchiare divertito.
“Sembrano una coppia, anche se il biondino è decisamente giovane. Va a scuola. Potrebbe essere il suo toy boy.” Allo sconosciuto partì una fantasia poco casta, da film erotico, che non completò perché dopo aver completato il pagamento e preso il sacchetto col pranzo, venne poco gentilmente scaricato.
- Lo vedi che devi vestirti? - disse come prima cosa Do-yun staccandosi da lui una volta soli. Poi si ricordò del suo stato di salute e lo guardò apprensivo: - Come stai? Non dovevi inseguirmi, sarei venuto io da te a prendere la carta...
Senza farlo parlare, gli prese il braccio e se lo passò sopra le spalle per aiutarlo a tornare in salotto.
- Andiamo in cucina... - disse Eul-tae senza rispondere, godendo di quelle sue attenzioni che gli piacevano molto.
Era decisamente diverso dai comuni esseri umani, che comunque aveva sempre faticato a capire. Do-yun riusciva a stare coi demoni, l’aveva sempre dimostrato. Aveva sempre assimilato e compreso e razionalizzato ciò che i demoni dovevano fare in quanto tali e soprattutto il motivo. In questo modo aveva accettato facilmente che i bulgasal per vivere dovevano bere sangue. Eul-tae non gli aveva mai detto che lui beveva il sangue delle persone che gli capitavano, gli aveva fatto intendere che erano persone che lo meritavano. Sapeva che Hwal beveva sangue animale. Queste cose avevano fatto sì che lui accettasse ciò che in pochi avrebbero accettato.
Che qualcuno bevesse sangue.
Per non parlare che qualcuno fosse un demone. Quello l’aveva accettato ancora più facilmente.
Forse dipendeva dal fatto che la sua anima si era reincarnata tante volte ed aveva sempre avuto a che fare con mostri e demoni.
- Hai una cucina? - chiese Do-yun stupito. Eul-tae rispose piccato.
- Ho qualunque stanza possibile, qua dentro! Ti sembra una casa piccola e cadente come quella in cui vivi? A proposito, la proposta di trasferirti con me è sempre valida. Lo sai che io ci ho sempre tenuto a te sul serio. Adesso che vivo di sentimenti realmente umani e non delle imitazioni, ancora di più.
Do-yun capiva bene che i demoni potevano amare e provare sentimenti umani se vivevano da tali. Aveva visto Hwal amare realmente la sua famiglia e Sang-un.
Perciò non si stupiva che anche Eul-tae potesse aver provato dei sentimenti per lui, alla fine.
“Di fatto non mi ha mai veramente ucciso, ferito sì, ha provato ad uccidermi, ma non ci è mai riuscito. E parliamo di uno che avrà sterminato miliardi di persone senza battere ciglio! Voglio dire... come dice Hwal, lui sa come si fa fuori qualcuno, se vuole.”
Aggrappato ossessivamente a quel concetto, iniziava a sentire qualcosa per quel suo essere speciale per lui.
Era un assassino, in qualunque modo lo si volesse vedere, lo era. Ora sapeva che aveva ucciso liberamente gente che secondo lui doveva morire, di fatto questo lo trasformava in un assassino.
Però con lui era sempre stato diverso e Sang-un aveva detto che meritava una seconda occasione come tutti, nonostante avesse fatto cose ignobili.
“Se lo uccidessimo e basta, non saremmo diversi da lui!”
Si ricordò le parole di Sang-un. Ormai Eul-tae era indifeso e debole, ucciderlo sarebbe stato facile, ma si uccideva solo se non c’era scelta. Solo per difendere la propria vita.
Glielo aveva spiegato lei, ma lo sapeva anche da solo.
I due si sedettero al tavolo della cucina, la sola stanza che forse non aveva mai visto venendo spesso lì.
Do-yun ammirò l’arredamento in perfetta linea col resto della casa, dove il lusso non mancava, sorpreso che potesse davvero avere una cucina in casa sua.
Dopo un attimo di buffo stordimento, cercò delle tovagliette e dei tovaglioli e li posizionò nel tavolo di marmo nero.
Supponendo non avesse nulla di normale da bere, prese dei bicchieri e li riempì con l’acqua del rubinetto, poi si accomodò a tavola attaccando il sacchetto.
Eul-tae lo guardò in attesa.
- Beh? - fece Do-yun senza capire.
- E le posate? - chiese Eul-tae. Il giovane rise e gli mise davanti la sua scatola rettangolare di cartone, gliela aprì e disse:
- Non ti servono! I panini si mangiano con le mani! Toh! Buon appetito!
Così dicendo, prese la propria, l’aprì, prese il panino che trasudava salsa, carico di ogni ben di dio come il suo e lo morse facendo cadere ingredienti sia sulla scatola che sulle sue mani. Mani che si riempirono presto di salsa, diventando tutte rosse.
Rosse come il sangue che per anni aveva bevuto assetato.
Per un momento provò la voglia di leccare lui al posto di mangiare il panino, ma il profumo che proveniva gli fece superare quel particolare pensiero e, soprattutto, il ribrezzo provato nel guardarlo mangiare in quel modo.
Fu così che per nulla convinto e con un’aria schifata, prese con la punta delle dita il suo panino e pentendosi di avergli fatto scegliere a lui, morse sentendosi un completo idiota.
Non aveva mai mangiato in quel modo, così da bestia. Era una bestia di fatto, nei mille anni passati lo era stato, e mangiando ciò che veramente gli piaceva si era sempre sporcato senza ritegno. Ma tutte le volte che si era trovato in un tavolo a mangiare quell’insulso cibo umano, l’aveva sempre fatto con stile e grazia. E, soprattutto, con forchetta e coltello. All’occidentale.
Perché era ancora più bello, più elegante, più da ricchi.
Tuttavia la fame era ormai reale e vederlo e sentirlo, gli aveva reso impossibile evitare di farlo.
Dopo il primo morso, Eul-tae dimenticò il fatto che stava mangiando con le mani e si stava sporcando, di meno di Do-yun comunque. Dimenticò che era il primo pasto da umano che faceva dopo la trasformazione. Dimenticò che in quel modo accettava la sua nuova condizione. Dimenticò tutto.
E mandò giù ogni cosa.
Il sapore.
Era la prima volta che provava il sapore. Sapeva che una volta aveva già sentito cose del genere, forse simili, ma non uguali.
Era passato troppo tempo da quella volta, ma ora era così buono.
Buono è ciò che pensò, ciò che sapeva era quel panino.
Incredibilmente buono.
Si rese conto che stava piangendo perché Do-yun lo guardava con la bocca aperta, dove si vedeva il suo boccone masticato.
Eul-tae gli chiuse la bocca e cercò di darsi un contegno.
Riprese a mangiare, ma di nuovo provò un’emozione strana, molto forte, nel provare davvero dei sapori così variopinti e buoni.
Era incredibile.
Quello era un assaggio della vita da umano?
Quante altre sorprese lo aspettavano?
Di quante cose si era privato per mille anni, per essere forte ed immortale?
- Com’è? - chiese il ragazzino a bocca piena.
- Ha sapore. - rispose criptico Eul-tae che non voleva dargli troppe soddisfazioni. Do-yun inarcò un sopracciglio.
- Solo?
- È la cosa più incredibile, per me, che qualcosa che mangio abbia un sapore. - spiegò come un maestro, parlando rigorosamente solo quando aveva ingoiato.
- Sì, ma che sapore ha?
- Buono. Sa di buono... - non sapeva in che altro modo dirlo e lo disse così, facendolo contento. Lo vide sorridere e si sentì felice.
- Perché non volevi mangiare? - chiese nel più candido dei modi, continuando a sporcarsi più che mai anche sul mento.
- Per la verità mi hai trovato che avevo appena deciso di uccidermi.
Do-yun sputò il boccone iniziando a tossire. L’aveva detto davvero e con un tono super candido, come se non ci fosse niente che non andava.
Il giovane per poco non vide la morte passarsi davanti ed Eul-tae mise giù il suo panino, si pulì le poco sporche mani e batté sulla schiena di Do-yun per aiutarlo ad ingoiare il boccone andato di traverso.
Quando fu tornato alla normalità, il viso rossissimo per lo sforzo, lo guardò stralunato ed esclamò ad alta voce:
- Come ti viene in mente? Perché avresti dovuto ucciderti?
Eul-tae alzò le spalle come se non fosse niente di che. Solo la pura verità, niente di cui vergognarsi. Ma lo sguardo non voleva saperne di staccarsi dalle sue dita sporche e dal suo mento.
Non perché la salsa fosse buona, ma perché doveva esserlo leccarla dalla sua pelle candida e liscia.
- Perché non ho mai voluto essere umano, mi fa schifo. L’ho sempre odiato. Io adoravo essere Bulgasal. Mi hanno tolto ciò a cui tenevo di più in assoluto. - spiegò senza risparmiarsi in parole, come suo solito. Parlò veloce senza staccare gli occhi dal suo mento.
Gli risparmiò i dettagli che voleva farsi sbranare e divorare da Hwal.
- Non so cosa dovrei fare da ora in poi, non ne ho idea, capisci? Ho sempre vissuto per chiudere quel maledetto buco nero, per essere invincibile, per non stare più male. Per essere completo. Più forte. Vivere per sempre come mi andava.
E per unirsi al compagno che meritava di avere accanto, Hwal.
Do-yun non capiva.
- Puoi farlo lo stesso. Sei ricco e potente, ormai. Non sarai immortale e fortissimo, ma puoi fare lo stesso ciò che vuoi. Ora senti, no? Senti le sensazioni che prima non percepivi. Hai qualcosa in più. Avrai desideri...
Si ricordò che gli aveva detto che ancora non lo sapeva, ma non era un problema. Li avrebbe presto capiti.
- Puoi fare qualsiasi cosa tu voglia. - rincarò. Eul-tae a quel punto decise semplicemente di ascoltare le sue parole. Gli prese la guancia fra le dita, si sporse verso di lui e gli leccò via la salsa dal mento.
Do-yun rimase senza parole, a bocca aperta, nemmeno più un respiro.
Poi gli prese le mano e succhiò le dita togliendogli la salsa che ancora stava ad imbrattarlo.
Aveva ragione, era più buona leccata dalla sua pelle.
Il ragazzino non si mosse e non fiatò, lo guardò shoccato mentre lo faceva, non schifato o spaventato, ma sconvolto. Mentre le emozioni esplodevano senza fargli capire precisamente nulla.
Era stato strano.
Quando concluse, Eul-tae lo lasciò e bevve dell’acqua, intenzionato a riprendere il suo pasto, il panino cioè. Non Do-yun.
- Per-perché l’hai fatto? - chiese balbettando sconvolto.
- Perché lo volevo. - rispose candido, citando le sue ultime parole.
Do-yun avvampò ma non disse altro, riprendendo il panino e seguendo il suo esempio.
Eul-tae lo trovava assolutamente delizioso.
- Ed ora cosa ti ha fatto cambiare idea sull’ucciderti? - tornò a quel discorso, per capire realmente cosa volesse fare. Motivo per cui in realtà era lì.
Non facile ricordarselo.
- Tu.
- Io?!
- Sì, tu.
Do-yun voleva chiedergli cosa intendesse, ma improvvisamente capì che non era il caso se non voleva ritrovarsi ancora in qualche situazione assolutamente imbarazzante.
Eul-tae da umano era più strano che mai e già da demone non era stato semplice, anzi.
Sembrava quasi ci provasse con lui, ma non era possibile.
A tratti gli era parso gli leggesse nel pensiero, specie quando aveva pensato di avere qualcosa che non andava.
Ed ora ci provava, quasi prima l’avesse sentito.
Sapeva che non poteva avere quel genere di potere, ma se Si-ho poteva leggere le vite passate, perché lui non poteva leggere il pensiero?
E se fosse stato così?
Do-yun iniziò a preoccuparsi. Se così fosse stato era un bel problema, visto la natura dei suoi continui imbarazzi in sua presenza.
Eul-tae da umano non gli faceva decisamente lo stesso effetto da demone. Anzi.
Insomma, per dirla tutta gli era piaciuto guardarlo nudo ed ora gli era ancor di più piaciuto essere leccato da lui.
Un gran bel problema, visto che il soggetto in questione era un ex demone probabilmente psicopatico.
“Non credo di essere adatto a questa missione. Papà dovrà rassegnarsi e controllarlo da solo!”