*Eul-tae ha le idee chiare, come le ha sempre avute. Adesso la sua priorità è Do-yun, essere felice con lui e per conquistarlo sa di dover divntare un essere umano migliore. Mentre il piccoletto cerca di insegnarglielo, lui lo stuzzica di continuo consapevole di suscitare certe reazioni. Non ho trovato foto di Lee Joon (l'attore di Eul-tae) che lo ritraggono esattamente come ce l'avevo in testa, perciò ho usato quello che c'era. Nemmeno una, sottolineo, nemmeno una, in cui lui indossa un vestito serio, elegante e professionale. Resta sempre gnocco, ma mentre lo descrivevo avevo in mente qualcosa di preciso. Pazienza. Buona lettura. Baci Akane*

5. LA DIFFERENZA DELL’ANIMA

eultaeeultae

/Nam Hye Seung, Jeon Junghoon - You're Mine/

Eul-tae, seduto alla finestra, sospirò per l’ennesima volta, guardando fuori abbracciato al suo ginocchio piegato contro il petto. La testa appoggiata alla vetrata rivolta al giardino anteriore. Da lì riusciva a vedere il vialetto d’ingresso. 
Guardò ancora l’ora e storse la bocca, soffiò su una ciocca di capelli che gli ricadde ordinata sulla fronte, mentre con le mani giocava distrattamente con la cravatta di Do-yun. 
Finalmente una figura entrò nella sua visuale, camminando nel vialetto con un passo molleggiato e leggero. 
Eul-tae si raddrizzò illuminandosi e dopo essersi accertato che fosse lui, si alzò dalla sua postazione e corse alla porta ad aprire. 
Do-yun stupito di non aver dovuto nemmeno suonare, rimase col dito sul campanello non ancora premuto e con aria sorpresa lo guardò. Ancora la divisa scolastica addosso, i primi bottoni aperti, i lembi fuori dai pantaloni. 
Eul-tae non gli diede tempo nemmeno di parlare che lo abbracciò investendolo come aveva fatto un tempo tutte le volte che l’aveva visto. 
Da piccolo era sempre stato Do-yun a corrergli incontro e precipitarsi a stringerlo, crescendo era stato lui.
Adesso che l’aspettava impaziente, non era più nella pelle. 
Era un entusiasmo ed un’impazienza diversa da un tempo, da quando era un demone. Era comunque sempre stato felice di vederlo, ma ora era un altro discorso. 
Non lo sapeva descrivere bene, ma tutte le volte che veniva a visitarlo l’aspettava come se non ci fosse altro e appena lo vedeva alla porta, si tratteneva a stento dal saltargli addosso. Quel giorno infatti non si era trattenuto e l’aveva fatto. 
Sentendolo rigido e sorpreso che non ricambiava, si staccò realizzando preoccupato d’aver forse prevaricato. 
- Scusa, ho esagerato. Ma ero così felice di vederti. Hai saltato qualche giorno, ti aspettavo impaziente... 
Do-yun non era sicuro che fosse sincero, ormai dubitava di tutto quel che diceva, ma non lo nascondeva. 
- Davvero lo eri? - chiese infatti circospetto. Eul-tae annuì con occhi sgranati, con una tale spontaneità che il giovane non poté negare fosse reale. 
- Certo! Le tue visite sono sempre state i momenti migliori delle mie giornate, questo non è mai cambiato, solo che adesso lo sento ancora di più...
- In che senso? - chiese curioso Do-yun avviandosi al suo fianco all’interno della mansione. 
- È tutto più acceso, ogni sentimento che provavo anche prima, specie per te, è tutto molto più intenso e vivido. 
Do-yun si chiese cosa avesse mai provato se avesse rivisto Hwal, cosa che fino ad ora non era mai capitato e sperava non succedesse mai.
Era contento che fosse così felice di vederlo, che essere umano lo rendesse realmente diverso, ma aveva paura di cosa sarebbe potuto scaturire nel rivedere la sua vecchia eterna ossessione. 
Aveva provato sentimenti molto contrastanti e forti per lui, prima un forte amore, un’adorazione, poi un enorme odio e sete di vendetta. 
Non voleva farlo ricadere in quel circolo, voleva capire se si poteva veramente salvare. Se anche lui una volta vivo con la sua anima si sarebbe potuto salvare com’era stato per gli altri due bulgasal. 
- Comunque stai molto bene... - ammise arrossendo Do-yun occhieggiandolo di nuovo. Eul-tae si voltò tutto orgoglioso verso di lui, aveva ardentemente sperato in un suo complimento. 
- Ti piaccio? 
Si era tagliato i capelli come una volta, in un taglio corto anche se non troppo. Una morbida ed ordinata frangia gli ricadeva sulla fronte. Era anche vestito in modo elegante e formale, come quando aveva questioni di lavoro da sbrigare, ma con lui fino ad ora non era mai stato vestito così. 
- Sì, stai bene... mi piacevi anche prima, i capelli lunghi ti donavano... c’è qualche occasione speciale, che oggi sei così in tiro? 
Difficile non notarlo, comunque. Eul-tae si entusiasmò, gli prese la cartella di mano e la mise in parte, poi lo fermò davanti ad una delle molte stanze che non aveva mai visitato, ora chiuse com’erano sempre state. 
- Ho bisogno che mi aiuti a fare una cosa importante, ti aspettavo per questo. - asserì fiero. Do-yun lo guardò meravigliato. 
- Aspettavi me per cosa? 
Eul-tae aprì la porta scorrevole e rivelò una sala piena di poltroncine disposte attorno ad un tavolino. Sembrava una sala riunioni o qualcosa del genere. 
Su ogni poltrona c’era una persona in attesa e a giudicare dall’espressione fatta appena l’avevano visto, dovevano essere lì da molto. 
- Cosa... chi sono? - chiese spaesato Do-yun. 
- Uno di loro sarà il mio nuovo collaboratore. Mi devi aiutare a sceglierlo. 
- Cosa? Perché io? Non so niente di affari e cose simili... 
Do-yun sembrava a disagio col suo nuovo compito, ma Eul-tae perfettamente a suo agio gli circondò le spalle col braccio, l’attirò a sé e con un sorriso smagliante rivolto agli sconosciuti, disse allegro:
- Lui è il mio braccio destro e assistente. Uno di voi andrà bene a lui e così andrà bene anche a me!
Do-yun impallidì, ma a quell’affermazione tutte le persone si alzarono e si inchinarono.
Il giovane nel panico li guardò, incredulo che l’avesse scelto per un ruolo ed un compito così importante. 
Voleva rifiutare, ma davanti a loro poté solo inchinarsi e dargli un’occhiata fugace. 
Sembravano tutti abituati ad un certo ambiente molto formale, erano molto seri e preparati, ma nessuno o quasi destò un particolare interesse in lui.
Arricciò il naso e si avviò con Eul-tae nel suo studio. 
- Perché credi che io sia la persona giusta? Dovevi avvertirmi, prima. - lo rimproverò sentendosi l’ansia addosso. Era troppo importante un compito del genere. 
- E poi io non è che passerò ogni giorno con te... hai bisogno di un assistente che stia sempre al tuo fianco... 
Sebbene ad Eul-tae non andasse bene l’idea che lui non stesse sempre con lui, sapeva che non gli poteva dire di trasferirsi lì. Un tempo avrebbe accettato ben volentieri, ora era consapevole che non sarebbe venuto mai e poi mai. 
- Non importa, il tempo che mi potrai dedicare andrà bene. Mi fido solo di te ed ormai ho bisogno di qualcuno che si occupi della casa e che faccia tutto ciò di cui ho bisogno. 
- Prima avevi tanti collaboratori, adesso ne cerchi uno? 
Eul-tae si sedette alla sua sedia, dietro la scrivania. Aveva tolto l’enorme rappresentazione che era stata appesa alle sue spalle per molti anni, quella che mostrava la storia dei Bulgasal. 
Aveva anche rimosso le sue ricerche su Hwal e su Sang-un. Ora alle sue spalle, in quell’ampia parete, c’era solo un grande spazio vuoto e bianco. 
Do-yun arricciò il naso contrariato. 
- Devo trovare qualcosa da mettere dietro. Sto cambiando la mia vita, ma devo ancora capire come e che direzione prende. Nel frattempo non voglio sbagliare e tu sarai la mia bussola morale. Ho paura di non averne mai avuta una. Anche prima di diventare Bulgasal temo di essere stato compromesso. 
Parlava come sempre a ruota libera, ma al contrario di una volta, ora parlava di sé con sincerità, diceva cose reali e anche se Do-yun non poteva esserne sicuro, lui lo sentiva. 
O forse voleva sperarlo. 
- Ti aiuterò finché non capirai da solo come si fa... 
Decise così di dargli una mano più per assicurarsi che davvero non ricadesse nei vecchi schemi.
Eul-tae aveva sempre fatto ogni cosa per un preciso bisogno, anche gli omicidi commessi erano sempre stati motivati. 
Eul-tae sorrise soddisfatto. 
- Comunque per ora non voglio esagerare. Voglio una persona che si occupi di tutto, successivamente vedrò. Non voglio molte persone intorno perché non posso fidarmi. Prima ero bulgasal, nessuno era più forte di me. Adesso sono uno come tanti. 
Do-yun ci pensò con attenzione, riflettendo sulle sue parole e su quel che gli aveva detto Sang-un a proposito della sua anima.
- Rischierai grosso, da ora in poi. La tua anima ha accumulato un sacco di karma negativo, molti mostri del passato sono alla sua ricerca. Era l’anima di Hwal che poi è passata a Sang-un, so che era attaccata di continuo dai mostri di un tempo reincarnati... dovresti cercare una guardia del corpo, più che un collaboratore tutto-fare... 
Eul-tae ascoltò il suo punto di vista ed annuì concordando.
- Se starai con me sarai in pericolo anche tu e non lo posso permettere. Hai ragione, cercherò una guardia del corpo ed un tuttofare. 
Do-yun rise.
- Se papà sa che con te rischio ancora di più di quanto non rischio di solito, mi lega in casa. 
- Non è stato lui a spedirti qua? 
- Sì, ma cambia idea a giorni alterni... passa dall’essere iperprotettivo all’essere pragmatico. Capisce che sono la persona più indicata per starti attorno e controllarti e gli serve che lo faccio, ma non vorrebbe che mi avvicinassi più a te. 
Eul-tae fece mezzo sorriso malizioso e pensieroso al tempo stesso, vagando con la mente all’uomo a lungo desiderato in ogni senso. 
- Sa che non ti farei mai del male. È l’unico ad avermi capito a fondo, dopotutto... 
Ripensò all’incontro al pozzo, alla resa dei conti, quando gli aveva chiesto scusa per averlo trattato in quel modo dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
Si era sentito dilaniato in quel momento, debole e sopraffatto. Tutto ciò che aveva sempre sognato era stato Hwal al suo fianco, solo quello.
Cercava amore da mille vite, chissà se l’avrebbe mai avuto? 
- Va bene, se dobbiamo farlo, iniziamo che poi se non torno puntuale, il suddetto padre mi squarta... 
Eul-tae sorrise immaginando il quadretto familiare a cui avrebbe dato oro e sangue per poterne far parte. 
Era strano fare qualcosa insieme, qualcosa che non fosse qualche chiacchierata sul significato dell’avere un’anima ed essere umani.
Ma era anche bello, in qualche modo.
Do-yun si rese conto di essere utile e gli piacque. Utile con lui, in particolare. 
Era come quando aveva accettato di stare accanto a Hwal per proteggerlo da Sang-un a suo tempo. Era stato felice di essergli utile, solo che ora era un altro discorso.
Lo stava plasmando, lo stava trasformando in un vero umano ed era una sensazione incredibilmente bella.
Bello almeno come lo era lui, vestito così bene e coi capelli così ordinati. 
A quel punto lo vide mettersi degli occhiali da vista probabilmente senza gradazione, solo per fare la parte della persona professionale. Do-yun spalancò gli occhi avvampando.
Era ancora più bello, così. Caldo, in qualche maniera. Non poteva non ammirarlo in tal senso, aveva un portamento distinto e la capacità di stare bene con qualunque cosa indossasse. 
Continuando ad osservarlo con estrema attenzione, come ipnotizzato da lui e dai suoi modi, dopo un paio di volte che si era alzato in piedi e riseduto, fra un colloquio e l’altro, aveva notato che dalla tasca gli spuntava la propria cravatta. 
L’aveva ancora?
Do-yun sorrise. 
Certe cose no, certe cose non le mascheravi proprio e nemmeno le fingevi. 
Eul-tae ci teneva veramente a lui. 

Non che somigliasse fisicamente a Hwal, ma non poteva nemmeno negare che la sua nuova guardia del corpo non avesse un qualcosa che glielo ricordava. 
Non l’aspetto, ma i modi. 
“È forte. Si vede che lo è. Come mio padre.” 
Aveva lo stesso stile e portamento forte, virile e fiero. E soprattutto serio. Molto serio. 
Una specie di muro di ghiaccio, all’apparenza. 
Ma era piaciuto ad entrambi e si era capito che aveva competenze nel campo della difesa personale. 
Il suo nome era Seung Yoo-joon.
Bello e coraggioso. 
Quello era il significato del suo nome, ma Do-yun pensò che rispecchiava perfettamente la realtà.
“Un nome, un destino!” pensò arrossendo dopo averlo visto ed ancor di più dopo averlo scelto. 
Non aveva minimamente notato l’aria accesa che aveva avuto Eul-tae nel conoscerlo e poi nel dargli il lavoro. 
- Potrai trasferirti qua, è più comodo e pratico. Questa casa è molto grande e poi per il tuo compito è necessario tu mi stia sempre vicino. Sarai anche il mio autista. 
Eul-tae passò pratico alla spiegazione dei compiti che si aspettava da lui, ma Do-yun si fermò all’ordine di trasferirsi lì con lui. 
Qualcosa scattò infastidendolo, ma non glielo disse. 
Il signor Seung era molto bello, alto, fisico asciutto, serio. Capelli corti, tratti del viso particolarmente duri e mascolini. 
Estremamente affascinante. 
Non fece una piega. 
Chinò il capo ed annuì.
- Porterò qua le mie cose. 
- Comincerai domani, farai un periodo di prova. Se non ci andremo bene, ognuno per la sua strada. Diversamente stabiliremo le condizioni di entrambi e ti presenterò un contratto formale. 
Do-yun storceva sempre più il naso.
Da un certo punto di vista, guardando le sue esperienze, sembrava perfetto. Doveva proteggerlo da tutti i mostri millenari incarnati in umani che avrebbero cercato di uccidere la sua anima e di conseguenza lui. Oltre a questo, sicuramente nel frattempo lui stesso si era fatto molti nemici in quanto Bulgasal ed Ok Eul-tae. 
Non certo un santo, visto come trattava tutti i personaggi influenti, ricattandoli per far sì facessero quello che lui voleva. 
La prima cosa che, fra l’altro, Do-yun gli aveva detto di fare nelle visite immediatamente successive alla prima. 
Di smetterla di ricattare gente a destra e sinistra. Congedare tutti dai loro ruoli e compiti e liberarli. Tanto per paura non avrebbero mai osato metterlo nei guai, visti i precedenti. Do-yun glielo aveva assicurato. 
Chiunque avesse avuto a che fare con lui prima avrebbe sicuramente avuto paura per sempre, ma non voleva maltrattasse più nessuno.
“Insegnargli ad essere umano è difficile e sfiancante...” 
Pensò poi una volta che la guardia del corpo se ne fu andata, rilassandosi. 
- Non sono convinto di lei... - fece Eul-tae arricciando il naso e guardando il curriculum scritto a mano su un foglio di carta sgualcito. 
Do-yun invece sorrise convinto, allegro, sedendosi sulla scrivania davanti a lui e stiracchiandosi stanco. La camicia quasi del tutto sciolta. 
- Io sì invece! - esordì quasi miagolando. 
- Perché? Non è nel mio stile... sembra di un altro pianeta rispetto al mio... 
- Proprio per questo! - asserì appoggiandosi davanti a lui, col gomito sul tavolo pregiato, fra i molti curriculum. 
Il sorriso di chi era felice di quella scelta, molto più dell’ultima. 
Eul-tae si distrasse col suo atteggiamento rilassato, stava prendendo piede e gli piaceva, perciò non l’ostacolò mettendo da parte il foglio che aveva in mano. 
Appoggiò i gomiti alla scrivania, vicino a quello del ragazzo, il mento sui palmi, un’aria divertita.
- Perché?
- Perché è del mio mondo e ti insegnerà anche lei quello che vuoi ti insegni io. Quel genere di vita. 
Eul-tae si aggrottò andando oltre la frase che aveva appena detto, contrariato. 
- Che vita? 
- Umile, normale, semplice. Mi ricorda la signora Lee. 
E difatti era proprio molto simile a lei, la collaboratrice tuttofare che alla fine aveva scelto.
Al contrario degli altri, tutti vestiti bene e molto professionali e qualificati, lei aveva una famiglia da mantenere e non aveva qualifiche particolari se non l’esperienza sul campo d’aver cresciuto e governato molte famiglie. 
Aveva una cinquantina d’anni, ma sembrava molto in gamba, si teneva bene, tuttavia era vestita in modo del tutto normale, semplice, con abiti da grandi magazzini. 
Decisamente un modo opposto al suo, più simile a quello di Do-yun. 
- È esattamente ciò che ti serve! 
Tuttavia, e questo lo infastidì, lei non si sarebbe potuta trasferire lì ma sarebbe venuta ad orari prestabiliti. Occupandosi principalmente della gestione della casa in ogni sua forma, dalle spese, alle commissioni alla sua sistemazione, pulizia, cucina e lavanderia. 
Ma avendo famiglia, non aveva potuto trasferirsi lì, come invece avrebbe fatto subito la sua guardia del corpo. 
Do-yun aveva sperato nell’esatto opposto, ma capiva che anche Eul-tae aveva ragione.
La signora Park poteva venire ad orari, il signor Seung doveva stargli vicino il più possibile. 
Si morse il labbro a quel pensiero fugace ed Eul-tae lo notò.
- Che c’è? Sembravi entusiasta della signora Park. Sono io che non lo sono... 
Do-yun si riscosse. 
- No no, sono convinto. È il signor Seung che non mi convince, ma sembrava il più qualificato. 
Eul-tae fece un sorrisino compiaciuto della sua inaspettata ma spontanea ed ingenua reazione, chinandosi verso di lui, sempre steso sul fianco sulla scrivania. 
- Se voleva uccidermi l’avrebbe già fatto. È tutto quello che mi interessa. E poi lui fa parte più del mio, di mondo. Li riconosco subito quelli bravi in questo settore. È professionale. Farà esattamente tutto ciò che gli chiedo. È perfetto. 
Do-yun si oscurò visibilmente. 
- Sì... beh... spero non ne approfitterai... 
Solo dopo che gli uscì si rese conto gli era venuta male ed all’espressione meravigliata e maliziosa di Eul-tae, la prima realmente allusiva dal primo giorno che si erano ritrovati a casa, capì cosa era sembrato. 
- No, non in quel senso... cioè io non voglio dirti cosa fare in quel senso, se vuoi sei libero di... io intendevo nel caso tu voglia tornare alle tue vecchie abitudini... sai, lui credo sia il genere di persona che ucciderebbe per il proprio capo! 
Ma ormai Eul-tae si era fermato sulla prima parte e avvicinando il viso al suo, lieto del suo scatto di gelosia che per lui tale era stato, condito da un delizioso imbarazzo, sussurrò a pochi centimetri: 
- Grazie che mi permetti di andare a letto con chi voglio... è una delle cose che voglio provare a rifare da umano, in effetti... 
Do-yun voleva dargli una spinta ed insultarlo ed andarsene, ma rimase lì immobile per la sincerità dimostrata. Spiazzato.
Non poteva negare di esserci rimasto male, aveva pensato che ci avrebbe provato con lui, che avrebbe voluto farlo con lui. Il primo giorno era andata così. 
Ora invece ammetteva che probabilmente avrebbe approfittato del signor Seung per il sesso. 
Seung, non lui. 
Do-yun, troppo spontaneo ed espressivo, fece un triste broncio sentendosi idiota ad aver pensato che l’avrebbe aspettato e ci avrebbe provato con lui, un giorno. 
Gli aveva stimolato pensieri omosessuali per nulla? 
- Non l’hai ancora fatto da umano? 
Dando per scontato che da demone l’aveva fatto. Ed infatti.
- Da Bulgasal era diverso, per me il sesso, un orgasmo, era più facile da raggiungere mentre bevevo del sangue squisito. Tipo quello di Hwal per esempio. 
Do-yun inghiottì rimanendo sempre fermo dove era, Eul-tae a sua volta sempre lì, appoggiato protratto verso di lui a fissarlo impertinente, provocatorio. 
- Ma lo facevi? Nel modo normale, intendo... 
Do-yun si accorse di essere TROPPO curioso, oltre il normale, e corse agitato ai ripari inventandosi qualcosa al volo che sperò fosse plausibile. 
- Perché non puoi capire la differenza da prima, no? Ora stai assaporando la vita umana, vedi le differenze da demone e capisci perché anche essere umani sia bello, ma se certe cose che farai ora non le hai fatte prima... 
Possibile che non avesse mai fatto del sesso vero e proprio in mille anni di vita? 
Eul-tae avrebbe voluto farlo parlare ancora fino a vederlo arrossire anche nei capelli, oltre che nel visetto candido, ma ebbe pietà di lui e carezzandogli la guancia bollente e morbida, disse: - L’ho fatto, tranquillo. Faceva parte della soddisfazione della carne. Ma anche quello per via della maledizione e del buco nero che provavo, credo sia molto diverso da come sarà ora... 
Do-yun si rilassò nonostante la carezza che fino a qualche giorno prima l’aveva gettato nel caos. 
Adesso gli piaceva quando aveva quelle attenzioni per lui, quei piccoli contatti, quelle provocazioni. 
Non si irrigidì e non si scosse. 
- In che modo, come fai a dirlo? - chiese piano, assorbito dal discorso, assetato di provare anche lui. 
- Perché come il cibo non aveva sapore, molte altre cose non mi facevano sentire niente di speciale. Le cose che ti fanno provare l’anima. La differenza fra un demone ed un uomo. In aggiunta, per me era tutto più opaco per via del buco nero che avevo sul petto. 
Nel parlare, si era avvicinato ancora di più, le dita dalla guancia erano passate ai capelli biondi che gli ricadevano sugli occhi, glieli scostò portandoli all’indietro, scoprendo la fronte. Quell’ulteriore carezza, fece rabbrividire Do-yun che sperò non smettesse mai. 
Fu un momento, ma fu chiaro e preciso.
Gli stava piacendo. 
- Per questo ti piace tanto toccarmi e lo fai più che puoi? - sussurrò piano, senza trattenersi come suo solito. Eul-tae sorrise malizioso, avvicinando le labbra alle sue, senza toccarle.
- Oh, non sto minimamente facendo tutto quel che ti vorrei fare... temo che poi non ti rivedrei più... 
Do-yun capiva che era un ragionamento giusto e rispettabile, non poteva pretendere il contrario, anzi. 
Era proprio quello ciò che si aspettava da lui, quel genere di attenzioni, quel sapersi comportare da umano, insomma. 
Però nonostante fosse uno dei passi che voleva lui percorresse, non si sentiva poi tanto contento che si trattenesse. 
Si sforzò di sorridere grato, ma gli lesse chiaro negli occhi il suo rammarico. 
- Però sei libero di agire come desideri, nei miei confronti. Non ti devi trattenere minimamente. 
Per un momento Do-yun, pensando a quanto vicini sarebbero stati lui e Seung e quanto gli ricordava suo padre, si sentì spinto da una voglia irrefrenabile di baciarlo. Per frenarlo con gli altri.
Mentre lo sentiva, capiva che in quegli ‘altri’ non c’era solo il signor Seung, ma anche suo padre Hwal. 
Se Eul-tae l’avesse rivisto da umano chissà come si sarebbe sentito, chissà quale trasporto, quale desiderio. 
Non voleva, non voleva assolutamente lo rivedesse, non per proteggere suo padre che sapeva benissimo proteggersi da solo, ma per mantenere Eul-tae una sua proprietà privata.
Lo voleva baciare per dirgli anche di non toccare Seung, ma aveva appena detto che avrebbe fatto sesso perché era uno dei piaceri speciali degli umani e non poteva pretendere vivesse da monaco recluso. 
“Non ho la più pallida idea di che cosa voglio. Forse sono gay e voglio provare certe cose con lui, ma poi realizzo chi è e capisco che non devo. Aiutarlo in certe cose è un conto, ma andare oltre è... è no! Però se mi baciasse non lo respingerei. Sono nella merda! Quest’uomo mi ha sempre danneggiato il cervello in qualche modo e visto che continua a farlo temo che non c’entri nulla il suo essere demone. Ora è umano e mi fa lo stesso effetto!”
Inghiottì a vuoto e con un respiro profondo, scontento e contrariato, si alzò dal tavolo rotolando all’indietro fino a saltare giù. 
- Ci vediamo domani, penso. O fra qualche giorno. Non lo so. 
Eul-tae, sorpreso dal suo cambio di programma repentino, dal suo fare e disfare, alzò le spalle e si appoggiò allo schienale con la sua tipica eleganza. 
- Quando vuoi sai dove trovarmi. Per te avrò sempre tempo. Questa sarà sempre casa tua. 
E sperava lo sarebbe diventata realmente. 
“Per legarlo a me, devo lasciargli corda. Tornerà e farà esattamente tutto ciò che spero. Lui è la mia metà. L’ho deciso, non ha scelta.”
Pensandolo, lo guardò andarsene e sorrise sicuro di sé.