*Eul-tae per fare le cose nel suo modo rischioso, provocatorio e sbagliato, rischia di perdere Do-yun, ma ci tiene al punto da andare a casa sua e affrontare Hwal che gliel'ha giurata dall'istante in cui ha ricordato ogni cosa del suo passato. Riuscirà a convincere Do-yun a dargli un'latra possibilità e a fasi capire? Ma soprattutto, ci sono speranze per inserirlo nella loro famiglia allargata un po' stramba? Il cambiamento, in certe condizioni, è realmente possibile? Il prossimo è l'epilogo e quindi la fine. Buona lettura. Baci Akane*

7. ESSERE UMANI


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/Leave - 4men/

Do-yun si fermò di colpo facendogli sbattere addosso Eul-tae, si girò di scatto e puntando il dito contro la macchina e la persona alla guida, sbottò infervorato, improvvisamente acceso come un fiammifero. 
- Che diavolo ci fa lui qui? 
Eul-tae guardò colui che puntava e fingendo di non capire, gli chiese incerto: 
- Il signor Seung? È la mia guardia del corpo, deve accompagnarmi sempre... per la mia sicurezza... lo sai, l’abbiamo scelto insieme! 
Do-yun però non ne poteva più e scendendo le scale davanti all’ingresso di casa, si mise a camminare a passo di carica facendo il giro del giardino, per allontanarsi dalla vista di quell’uomo che improvvisamente lo irritava enormemente. 
Eul-tae, compiaciuto, lo seguì placido senza mutare la sua andatura. 
Una volta arrivato nel retro, dove avevano sistemato una zona esterna molto graziosa per passare il tempo a rilassarsi in giardino, si voltò e lo fissò furioso. Si sentiva andare a fuoco, preso in giro per l’ennesima volta. 
- Sarò ingenuo ed ottuso, ma non fino a questo punto! - iniziò subito, mani ai fianchi, l’aria di chi prometteva battaglia. 
Ell-tae lo trovò estremamente carino e con un sorrisino che lo esprimeva alla perfezione, gli si avvicinò senza nutrire il minimo timore di lui: 
- Di cosa parli? Non capisco proprio...
- L’altra volta, ed anche adesso! Avevi lasciato la porta aperta apposta! Mentre te lo facevi! Ed ora te lo porti dietro! E sai che mi sono arrabbiato per questo! 
In realtà non era ancora veramente chiaro cosa intendesse. Eul-tae inarcò un sopracciglio interrogativo, si grattò la nuca dove i capelli erano perfettamente ordinati e chiese ingenuamente: 
- Per cosa sei arrabbiato? Immaginavo saresti arrivato e per farti entrare liberamente ho lasciato la porta aperta... volevo darti le chiavi di casa, mai sei scappato via... 
- Allora lo sai che vi ho visto! - tuonò improvvisamente come se fosse quello il punto. Eul-tae alzò le spalle perplesso, non trovandoci niente di strano.
- Certo che lo so, ti ho visto che ci guardavi e poi sei scappato. Non capisco per cosa ti sei arrabbiato e perché hai chiuso i ponti con me. Pensavo dovessi controllarmi... - insistette su quel punto, ma Do-yun agitando le braccia scosse la testa fissandolo furioso, alzando anche la voce: 
- Io non devo fare proprio nulla! Papà mi aveva ordinato di controllarti finché eri in ospedale e poi i primi tempi a casa, poi ha detto che se non volevo continuare avrebbe mandato un investigatore a tenerti d’occhio! Sono io che volevo continuare a venire! Perciò posso benissimo smettere quando voglio! Ed ora lo voglio! 
Non sembrava aver capito cosa aveva appena ammesso, Eul-tae però sì e ne rimase oltremodo compiaciuto. Era anche meglio di quel che aveva pensato. 
Si avvicinò ulteriormente a lui mettendogli la mano sulla guancia, con un’espressione seria, dispiaciuta ed intensa, gli chiese piano, in un sussurro: 
- Perché ti sei arrabbiato tanto? Se ho fatto qualcosa che ti ha turbato ti prego, voglio saperlo per poter rimediare... questa cosa dell’anima è complicata, per me. Senza una guida io... 
Do-yun scosse il capo, ma non si mosse da lì. Avrebbe potuto andarsene, ma come tutte le volte che lo toccava, non riusciva a muoversi. Non voleva farlo. 
Era bello essere toccato da lui.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre trovò estremamente difficile dirlo ad alta voce. 
- Pensavo di essere speciale per te... invece non ero niente di che... un normale assistente per... per la vita umana? 
Nemmeno capiva bene cos’era stato realmente, mentre lui ad un certo punto aveva iniziato a ricamare su pensando di poter avere con lui qualcosa di simile a ciò che Hwal aveva con Sang-un. 
Un sentimento capace di trascendere ogni torto e sbaglio, capace di andare oltre tutto e rendere migliore il compagno.
Si era illuso di poter essere la Sang-un della situazione. Aveva assaporato l’idea pensando al bene che Eul-tae gli aveva fatto permettendogli di recuperare la vista e non facendogli mai mancare nulla in tanti anni. 
Forse, però, aveva travisato tutto, alla fine. Anzi. Sicuramente. 
Il solito idiota ingenuo. 
- Lo sei... - mormorò Eul-tae con un tono implorante, avvicinò il viso al suo, mentre entrambe le mani gli presero il viso senza indugio. Il calore delle sue dita sul volto lo elettrizzavano. 
Do-yun era perso, in quel momento. Come lo era tutte le volte che in passato si era approcciato a lui in quel modo. 
- Sono cosa? - sussurrò insicuro, la voce rotta, la voglia di perdersi e lasciarsi andare in contrasto con la consapevolezza di non essere ciò che aveva sperato. 
- Sei speciale. Lo sei assolutamente. Non sei un semplice assistente. Come puoi dubitare dopo tutto quel che ho fatto per te? Sai che non ero tenuto. Avevo capito che potevi essere il figlio di Hwal, ma non ne avevo la sicurezza. Non ero tenuto a sostenerti e prendermi cura di te per tutti questi anni. Avrei potuto farlo fare a qualcun altro. Quando ho cercato di ucciderti non avevo scelta, ma alla fine ho fatto in modo che tu sopravvivessi, perché non potevo perderti. Ero un demone. Un demone privo di anima, incapace di provare sentimenti. Eppure per te li ho sempre provati! Anche ora, sei rientrato nella mia vita e mi hai dato la voglia di provare a vivere da umano, anche se l’ho sempre odiato e volevo solo morire. 
Evitò di specificare ‘sbranato da Hwal’. 
Do-yun, aspirato dal vortice delle sue parole, ipnotizzato dal suo tocco, dal suo tono, dal suo sguardo, tornò a calmarsi e a confondersi. Non era sicuro, non era più sicuro di nulla.
Era vero ciò che gli aveva detto, ma poteva usare la realtà per ottenere ciò che voleva, come aveva sempre fatto manovrando i fatti.
Già, ma cosa voleva davvero, a quel punto? 
“Me? Fa tutto questo perché mi vuole a tutti i costi nella sua vita?”
- Perché? - sussurrò confuso, stanco, sfibrato. Eul-tae lo guardò senza capire. Lui aggiunse: - Perché mi vuoi a tutti i costi nella tua vita? Se mi volevi, non avresti dovuto farti lui... sarei rimasto... - ammise a malincuore. 
Avrebbe potuto dire che non erano affari suoi con chi andava a letto, che la sua vita sessuale era una cosa privata e legittima. Avrebbe avuto ragione. In quel caso avrebbe saputo d’aver sempre interpretato male tutti i segnali. 
Invece Eul-tae avvicinò le labbra al suo orecchio e glielo baciò mormorando:
- Perdonami, non pensavo di ferirti tanto. Volevo solo capire cosa provavi per me, perché tornavi sempre... ho pensato che così ti avrei costretto a dirmelo. Temevo che se te l’avessi semplicemente chiesto, non mi avresti risposto sinceramente... 
Do-yun spalancò gli occhi, non per i brividi terribilmente piacevoli scaturiti dal modo in cui gli aveva parlato, ma per ciò che aveva detto.
Completamente e semplicemente la verità. Per la prima volta nella sua esistenza, forse. Senza fingere, manovrare e furbizie. 
Fu così che decise di dargli un’altra occasione. Ora che aveva un’anima forse era modellabile. Più che modellabile, era possibile aiutarlo a migliorare. 
Oltretutto non era forse vero che il tipo di persona che diventavi, dipendeva sempre da chi avevi vicino?
Do-yun, dopo averci pensato un po’, mosse timidamente le mani sui suoi fianchi e si appoggiò volontariamente a lui, poi chiuse gli occhi e girò la testa tremando in quello che era il suo primo atteggiamento intimo. 
Eul-taeo capì e si emozionò, ciò che provò esplose in lui come un fuoco purificatore, non di quelli che bruciano e devastano per la rabbia. Un fuoco caldo e meraviglioso che ricostruisce. 
L’onda si trasformò in commozione, le lacrime iniziarono a pungergli dietro le palpebre che chiuse. Lacrime di gioia. 
Girò il capo a sua volta e con una delicatezza infinita, lo baciò lieve, sfiorandogli le labbra. 
Facendolo capì di non aver mai veramente baciato nessuno, anche se l’aveva fatto. 
Capì che non aveva mai amato, fino a quel momento, e che l’ossessione per Hwal era tanto malata, quanto quello che provava ora per Do-yun era puro. 
- Tornavo per tirare fuori la persona migliore che c’è in te, che so esserci. Perché è a quella persona che voglio bene e che sono convinto può essere speciale e dare tanto. - sussurrò Do-yun sulle sue labbra, intossicato da quell’emozione prorompente. 
- Voglio essere speciale per te. E diventare migliore per te. 
Le sapeva usare bene, le parole, ma non poteva non aggrapparsi al fatto che per una volta gli avesse detto la verità.
Che l’aveva fatto apposta a farsi beccare a fare sesso col signor Seung, per vedere che reazione avrebbe avuto. 
Non ci aveva visto male, davvero era interessato a lui. 
- Però devi capire che certe cose non si fanno in questo modo. - disse infatti prima di tornare a baciarlo. Eul-tae lo guardò senza capire. 
- Cosa? 
- Usare le persone per i propri scopi! È quello che hai fatto. Hai fatto sesso con lui facendoti beccare da me, per vedere come reagivo e se ammettevo di provare qualcosa per te... insomma, gli esseri umani normali semplicemente vanno dalla persona interessata e glielo chiedono! 
- Avresti mai detto la verità? - chiese subito di rimando. 
- No! - rispose immediatamente e spontaneo. All’espressione incredula dell’altro, aggiunse: - Però è così che si fa! E comunque per farmelo ammettere sarebbe bastato prendermi subito così e baciarmi! Non è che ho molta resistenza, eh? - ammise infine. 
Eul-tae rise compiaciuto e felice di quel finale. Sereno, leggero. Incredulo che alla fine sarebbe stato così facile. 
- La mia esperienza non è da persona normale, per questo ho bisogno di te accanto. - concluse. Non aveva torto, su questo Do-yun era d’accordo. 
Annuì e decise di chiudere il discorso, quando Eul-tae stava per baciarlo di nuovo, però, tornò a parlare: 
- E comunque resta che abbiamo troppa differenza d’età! Dovresti aspettare che io cresca un po’... 
Eul-tae provò l’insano e vecchio istinto di uccidere, ma non l’avrebbe mai fatto con lui. Non più. 
- Non poi così tanto se pensi che quando sono diventato un demone non avevo più di venti anni. E da qui riparto! 
Do-yun, polemico per natura, non ne era convinto. 
- Però abbiamo più di mille anni di differenza? Non sono comunque tanti? 
- Per chi? - chiese improvviso. Poi aggiunse seccato: - e comunque non potrai mai raggiungermi, perciò non cambierebbe nulla aspettando. Tanto vale vivere ciò che vogliamo nel momento in cui vogliamo farlo! 
Do-yun capì che non aveva torto, ma ci stava ancora pensando quando l’altro lo baciò di nuovo. Non oppose più resistenza, abbandonandosi meglio e più volentieri. 
Schiuse le labbra e lasciò che la sua lingua lo trovasse, trasmettendogli mille emozioni e sensazioni.
Sensazioni che esplosero nelle lacrime di beatitudine e benessere di Eul-tae. Essere umani era così incredibile? 
Quante altre cose poteva ancora provare?
E le avrebbe provate tutte.
Con lui. 


Era una situazione grottesca, se ne rendevano conto tutti, ma Do-yun aveva insistito così tanto che alla fine non aveva lasciato modo a nessuno di rifiutare. 
Una cena tutti insieme a cucinare carne come ai vecchi tempi. 
Tutti insieme.
Con tutti si intendeva anche Eul-tae, per la prima volta con loro. 
La loro famiglia allargata era sempre stata strana, piena di elementi fuori posto con un passato pieno di errori, ma proprio per questo molto aperta. 
Così Do-yun aveva insistito fino allo sfinimento ed ora erano tutti seduti lì insieme, mentre la signora Park, la cuoca personale di Eul-tae, cucinava la carne alla griglia al posto loro in quanto non c’era più nessuno in grado di farlo.
Era la prima volta dopo che tutto si era concluso. 
Non l’avevano più fatto dopo quella sera.
Eul-tae era venuto a patto che cucinasse la sua cuoca, non fidandosi di Hwal non per paura che avvelenasse il cibo, era consapevole che se voleva ucciderlo l’avrebbe fatto sbranandolo. Bensì non si fidava per la sua cucina. 
- Non ha mai cucinato né mangiato cibo umano se non per quel periodo di 600 anni fa che ormai è sepolto. Cosa vuoi che ne sappia, lui, di cucina? Ora che io mangio normale, ho il palato fine e voglio essere sicuro di mangiare bene! 
Aveva fatto un po’ i capricci nella speranza che Do-yun si arrendesse, ma era stato lui a doversi arrendere, in quanto al ragazzo era andato bene che venisse la sua cuoca ed aveva accettato. 
Più che altro per la consapevolezza che, effettivamente, in quella famiglia nessuno sapeva cucinare ormai. Sang-un e Si-ho non ne erano mai state in grado, Si-ho era la cuoca di casa, ma solo perché si impegnava di più. Più che altro era la meno peggio, il che non la trasformava nella migliore. 
Eul-tae aveva portato un vino adatto alla carne alla griglia, che Hwal e Sang-un avevano provveduto a mettere da parte perché non andava bene per una ragazza incinta ed uno non ancora maggiorenne. 
- Il fatto che io sia un umano adulto non conta, vero? - aveva polemizzato senza approfondire troppo. Nessuno gli aveva risposto, Do-yun ridendo gli aveva promesso un bicchiere e l’aveva accompagnato all’esterno, nel giardino allestito per la cena. 
La signora Park, molto simile caratterialmente alla signora Lee, aveva subito preso confidenza e con un’allegria naturale, si era messa a chiacchierare con le ragazze mentre preparavano per la cena, iniziando a grigliare la carne. 
In un attimo si resero conto che era un po’ come riavere la loro adorabile signora Lee con loro. 
Gettando occhiate alle loro spalle, si misero a ridacchiare fra di loro notando come l’atmosfera fra gli uomini non fosse tanto distesa. 
- È incredibile che Eul-tae abbia accettato di tenerla con sé... - disse Si-ho senza peli sulla lingua, riferendosi alla signora Park che con allegria stava mettendo la carne sulla griglia. 
- Oh, non si separa mai da me... ovunque va, si porta sempre dietro la sottoscritta! Anche se non mangia a casa... è come un bambino capriccioso che vuole solo la mamma! In questo caso vuole la sua cuoca! - rispose la signora Park, ridendo e agitando le bacchette con cui rigirava la carne. 
Si-ho e Sang-un si guardarono meravigliate, incredule, capendo che questo era sinonimo di grande cambiamento per uno snob e privo apparentemente di sentimenti come Eul-tae. 
Guardarono ancora al tavolo dove i tre uomini seduti insieme non sembravano ancora molto rilassati, non quanto loro. 
Hwal fissava male Eul-tae con la chiara intenzione di ucciderlo ad una minima mossa falsa, il suddetto invece stava per lo più in uno straordinario ed insolito silenzio, rigido e a disagio a ricambiare lo sguardo di Hwal. 
Do-yun, seduto in mezzo, a capotavola, proprio fra i due seduti invece uno di fronte all’altro, cercava di intavolare discorsi con entrambi, nessuno dei quali andava a buon fine.
Non era la prima volta che si incontravano, Do-yun aveva già fatto alcuni tentativi, ma tutti brevi e non impegnativi. Quello era il primo serio, di quel tipo. 
Stava disperatamente gettando la spugna, quando la signora Park infilò in bocca ad Eul-tae un pezzo di carne, chiedendogli com’era e se gli andava bene. 
Eul-tae, nemmeno tanto stupito dei suoi modi, assaggiò di buon grado finendo poi per sorridere compiaciuto e gentile alla sua cuoca. 
- È ottimo come sempre. 
- Va bene la cottura? - chiese lei senza filtri. Eul-tae annuì. 
- Perfetta! 
A questo lei, con un gran sorriso contagioso, corse a tirare giù la carne per servirla a tavola. 
- Non ti avremmo avvelenato. Do-yun tiene a te e noi ci fidiamo di lui. - disse Hwal finalmente, sempre con un certo astio, ma meno marcato e senza ringhi di contorno. 
- Ma non di me. - sottolineò Eul-tae diretto e senza scomporsi. Poi scrollò le spalle stringendole infine: - Comunque non è per me che l’ho portata, ma per voi. Do-yun dice sempre che quando mangia a casa è disperato. Riconosce gli sforzi di Si-ho e le è riconoscente, ma adora la cucina della signora Park e per una sera ci tenevo che anche voi la provaste e mangiaste bene. 
A quella frase candida e senza malizia o cattiveria, detta perché la pensava davvero, gli arrivò una ciabatta in testa. L’altra arrivò a Do-yun che appena aveva sentito Eul-tae dire ciò, aveva subito allarmato il suo bel visetto, non facendo in tempo a zittirlo. 
Si-ho si riprese le ciabatte e se le rimise. 
- Io mi impegno tanto e non sarei tenuta a farlo! Potrei benissimo lasciare che ti arrangi! Piccolo ingrato! Non cucino per loro anche se loro mangiano per gentilezza nei nostri confronti! Cucino per te, testa di mandarino! 
Si-ho si lamentò ancora a lungo, mentre Eul-tae si massaggiava la nuca e la guardava perplesso, come se la conoscesse solo ora per la prima volta. 
Ma non la guardava per il suo carattere forte mostrato senza paura, la guardava perché era stata la prima ad accettarlo. 
Nel realizzarlo, si sentì scioccamente emozionato e incredibilmente felice. 
Prima di quel momento non aveva immaginato che gli sarebbe potuto importare tanto di essere accettato da loro, forse perché pensava che non sarebbe mai successo. Ma adesso che lo stava provando, capiva che invece ci aveva sperato tanto. Ecco perché l’insistenza di Do-yun. Lui lo sapeva. 
I due giovani discussero come al solito, come avevano sempre fatto, ravvivando l’atmosfera, ma quando Si-ho mangiò quello che aveva cucinato la signora Park, smise di ribattere alle giustificazioni di Do-yun con un’esclamazione sconvolta. 
- Per tutti gli dei! - fece meravigliata, con la carne ancora in bocca. - Ma allora è questo il sapore di un cibo ben cucinato! - Tutti la guardarono sorpresi che avesse cambiato modalità così in fretta. Lei così rivolta a Do-yun, che aveva sgridato fino a quel momento, aggiunse: - Ora capisco perché l’hai voluta tanto! Avevi ragione! È bravissima! 
Una fragorosa risata si levò a quel punto. Una risata sincera, non montata o finta. 
Del tutto spontanea. 
Tutti si girarono a guardare Eul-tae che rideva con la testa all’indietro, totalmente rilassato e a suo agio, poi dopo un tempo considerevole passato a ridere, si rivolse a Do-yun. 
- Avevi ragione, sono delle persone favolose! 
Do-yun sorrise radioso tutto contento, saltellando sulla sedia:
- Te l’avevo detto che ti saresti trovato bene, alla fine! 
Si sporse per dargli un bacio sulla guancia, spontaneo e senza rifletterci, forza dell’abitudine. 
Non se ne rese conto subito, ma al silenzio che improvvisamente era calato a quel gesto, alzò la testa e realizzando, arrossì grattandosi la nuca imbarazzato. 
- Scusate, spero non vi dia fastidio... quando sto bene non rifletto molto su quel che faccio. 
- Se è per questo non rifletti mai al di là di come stai. - ribatté Eul-tae diretto. 
Do-yun gonfiò le guance fintamente offeso, ma alla risata di Si-ho e Sang-un che concordavano con lui dicendo: - Oh, ti conosce proprio bene allora! - decise di lasciar perdere e facendo una semplice smorfia infantile, si buttò a capofitto sul cibo. 
Mangiando, anche Sang-un intavolò delle conversazioni con Eul-tae che gli chiese cosa stesse facendo e che progetti avesse, lui le rispose gentilmente dicendo che per anni si era dedicato alla politica e che pensava di continuare a farlo, ma in modo diverso da prima. 
- Non ricatta più nessuno, se è questo che volete sapere. - disse al suo posto Do-yun. Sang-un sorrise dolcemente in direzione di quello che considerava un figlio. 
- Non avevo dubbi, essendo che gli sei vicino. 
Do-yun però ci tenne a precisare: - Non è che lo sto controllando... io non faccio gran ché, in realtà... 
- Non è questo. - fece Sang-un sempre dolcemente. - Ma la presenza giusta accanto ci aiuta a camminare sulla strada giusta, non serve tu faccia nulla, è sufficiente che gli stia vicino. 
Do-yun avvampò e si riempì la bocca di carne per mascherare l’imbarazzo, Eul-tae sorrise grato a Sang-un e pulì la bocca di Do-yun. 
- Sono sempre stato ambizioso e continuo ad esserlo, ma fino ad ora avevo solo vista la strada sbagliata. Con lui accanto e quest’anima dentro, sto vedendo anche altre vie. Credo che il fatto che quest’anima sia stata in voi, mi abbia aiutato a sistemare ciò che non andava prima in me. E poi, come dici tu, la sua presenza al mio fianco mi aiuta molto. 
Sang-un sorrise, imitata da Si-ho e Do-yun.
Non potevano essere sicuri che fosse veramente sincero, ma era vero che non era mai stato così sereno. 
Sembrava tutt’altra persona, completamente. 
Prima l’unica percezione, in sua presenza, era terrore e odio. Ogni volta che parlava aveva il gelo ed il vuoto negli occhi. Ogni sua azione era sempre stata volta a manovrare gli altri per ottenere qualcosa. 
Non si potevano fidare così all’improvviso, ma vedere Do-yun così sereno e rilassato con lui e vedere quella luce così viva ed umana negli occhi che vivi ed umani non lo erano mai stati, li spingeva a capire che ci poteva essere una speranza vera. Che potevano dargli altre occasioni. Così come le avevano date a Hwal. 
Ma l’unico a non aver ancora proferito parola né accennato ad una minima apertura, rimaneva Hwal. 
Hwal per tutto il tempo non gli aveva ancora staccato gli occhi di dosso, non aveva nemmeno mangiato per far piacere ai commensali, cosa che ormai faceva sempre. 
Rigido, serio, austero. Pronto ad attaccare in un qualunque momento. 
Nessuno lo forzò, tanto mento Eul-tae, che non si aspettava un perdono da parte di Hwal, né tanto meno amicizia. 
Tutto sommato era andata molto meglio di quel che aveva pensato, considerando che si era immaginato degli scenari sanguinari o di liti furiose. 
Era ancora vivo e nessuno l’aveva attaccato. Era un bel progresso. 
- Ha ripreso ad aiutare il mio vecchio orfanotrofio. - disse Do-yun al posto di Eul-tae, come per indicare che oltre al stare in politica in modo corretto e normale, senza usare e ferire gli altri, faceva altro. - Siamo andati spesso a trovarli per controllare come vanno le cose e come le stanno gestendo. Abbiamo trovato qualcosa che non va, degli educatori che maltrattavano i bambini, e li ha allontanati. - continuò a spiegare Do-yun. - Vuole fare donazioni e fornire aiuti anche ad altri orfanotrofi, per questo stiamo organizzando il primo evento di beneficienza, una raccolta fondi a favore dell’ente che sta aprendo proprio per questo scopo. Lo affiderà a me. Lo gestirò io. 
Do-yun spiegò orgoglioso ancora altre cose, con una nota di speranza nella voce. La speranza che le sue parole facessero breccia in Hwal, ancora silenzioso a fissare Eul-tae. 
Questi continuò a fissare la carne anche se ormai era sufficientemente sazio, ma non avrebbe alzato lo sguardo finché Do-yun non avesse smesso di sviolinarlo. Era bello, lo ammetteva. Gli piaceva sentirlo tessere le sue lodi, ma non poteva dimostrarlo perché sapeva che non sarebbe stato gradito. 
Non aveva la speranza di Do-yun, su Hwal, ma ugualmente gli piaceva sentirlo parlare di sé. Tuttavia era consapevole che doveva contenersi. 
- Sono cose bellissime, complimenti. Fateci sapere se possiamo fare qualcosa... - disse Sang-un.
- Non ce ne avevi parlato... - fece invece Si-ho meravigliata. Do-yun alzò le spalle, arrossendo. 
- Erano progetti particolari, non ero sicuro di accettare la gestione della fondazione, credo di essere ancora giovane, ma ho deciso di accettare e così ho approfittato di questa cena per dirvelo. L’ho deciso da poco. - si giustificò. Eul-tae gli prese la mano che non riusciva a tenere ferma, così si guardarono e il giovane si calmò. 
- Sarai perfetto per quel ruolo. - gli disse ancora una volta, dolcemente. 
- Lo sarai davvero. - finalmente la voce di Hwal si sentì e non per rimbeccare Eul-tae. Tutti i presenti si zittirono e lo guardarono meravigliati. Hwal continuò rivolto a Do-yun. 
- Se questo ti rende felice, lo sai che allora lo devi fare. 
Do-yun annuì guardando sorpreso ed emozionato il padre. 
- Lo sono. Sono felice di farlo e sono felice di quello che mi sta succedendo. - si riferiva alla relazione con Eul-tae, sebbene non convenzionale per una serie infinita di ragioni. Ma al non convenzionale, ci erano decisamente abituati. 
Hwal finalmente sorrise al figlio incoraggiandolo a continuare, facendogli sapere che era contento di lui, poi si girò verso Eul-tae e finalmente gli parlò, ma senza astio. Era rigido e vagamente duro, ma non c’era più l’odio che aveva mostrato fino a quel momento. 
- Se piangerà anche una sola volta...
- Lo so, lo so... farò prima a suicidarmi direttamente! - concluse al suo posto Eul-tae con un po’ di tono sdrammatizzante. Ma era serio mentre lo diceva. 
Hwal annuì, poi prese della carne rimasta dalla portata sul tavolo, se la mise nel piatto fino a quel momento vuoto, ed iniziò a mangiare, pur non provando sapori. 
A quello, gli altri si rilassarono sorridendo, capendo che finalmente aveva deciso di provarci. Provare ad accettarlo. 
Provare era tutto ciò che Do-yun aveva chiesto. 
Con un sorriso commosso, lo guardò con gratitudine, mentre la mano ancora stringeva quella di Eul-tae. 
Non era sicuro, ma c’era una buona speranza di successo. Molto buona.