15. UNA DIFFERENZA SOSTANZIALE
L’ombra sul viso di Harry era sempre più evidente, al punto che Remus iniziò a preoccuparsi.
Naturalmente conosceva bene i ragazzi e si era accorto della chiusura di Draco; lui comunque non era mai stato particolarmente gioviale, ma era chiaro che da quando Lucius era uscito di prigione era più cupo del solito. Non sapeva i dettagli, ma aveva capito guardando Harry che doveva essere peggio di quel che lui aveva percepito.
A quel punto non poté rimanere a vegliare in silenzio come si era prefisso di fare per non invadere eccessivamente i loro spazi, decise di farsi avanti e provare a indagare con quello che per lui era come un figlio.
Pioveva davvero troppo quel pomeriggio e all’esterno nonostante le lezioni fossero finite non si poteva fare niente, nemmeno gli allenamenti di Quiddich; la piccola tempesta che si stava scatenando alle quattro del pomeriggio rendeva il giorno come una notte.
I lampi arrivavano ad illuminare a tratti il castello di Hogwarts particolarmente buio e cupo. O forse così appariva per via dei Dissennatori che giravano troppo spesso per le loro zone.
- Arriveranno alcuni Auror. - disse Remus avvicinandosi ad un pensieroso Harry che si perdeva ad osservare l’esterno attraverso una delle grandi finestre. La pioggia si abbatteva contro il vetro, i lampi davano vita a scene inquietanti nell’illuminare a tratti quelle figure oscure che fluttuavano privi di anima, vestiti coi mantelli neri.
Harry si girò e lo guardò meravigliato.
- Verrà Sirius?
Remus sorrise dolcemente vedendo che ne era contento, quasi sollevato.
- Sei contento?
Harry annuì mentre Remus si sedeva vicino a lui in quella piccola panca posta sotto le lunghe finestre.
- Mi sento decisamente più tranquillo se lui è qui... quei cosi non è che mi fanno sentire veramente sicuro! - replicò insofferente tornando ad osservare l’esterno.
Remus seguì il suo sguardo, poi dolcemente rispose: - Non ti chiedi come mai arrivano anche loro?
Harry chinò il capo consapevole. Voleva essere forte e coraggioso, ma in quel momento si sentiva giorno dopo giorno come se il terreno gli si stesse sgretolando. Rimpiccioliva sempre di più e lui non era sicuro di poter rimanere in piedi per molto ancora.
- Hanno individuato tracce di Lucius Malfoy che portano qua, immagino. - disse piano, come se fosse colpevole di qualcosa. Remus sospirò ed annuì. Gli dispiaceva vedere il ragazzo così appesantito, avevano fatto di tutto per proteggerlo da quell’atmosfera cupa, ma evidentemente era inevitabile nella vita di ognuno, prima o poi.
- Siete preoccupati? Avete paura?
Harry si strinse nelle spalle e ci pensò tornando a guardare fuori, le figure fluttuavano a distanza nel cielo sopra Hogwarts, a fronteggiare le intemperie come se nemmeno le percepissero.
- Non lo so cosa siamo... qualcuno è spaventato e ognuno affronta la paura a modo suo, qualcuno aggredisce colui che per loro è la causa di questa situazione, qualcuno invece... boh, non saprei...
Remus capiva che quello era un inteso rivolto alla gente che aggrediva Draco, ma gli pareva che Draco ce la facesse da solo in quel fronte e se aveva qualche difficoltà Harry arrivava in picchiata.
- Come se la cava Draco?
Harry a quella domanda sussultò. Non voleva ammorbare Remus con preoccupazioni che forse erano esagerate, ma aveva iniziato a percepire qualcosa di diverso in lui, che non capiva bene e forse dopotutto poteva approfittare della sua piccola fortuna di aver lui lì.
- Sono preoccupato per lui. Lo vedo diverso... è come se fosse regredito... ti ricordi com’era quando è arrivato? - Remus annuì. - Freddo, indifferente...
- È il suo modo di preoccuparsi, no? Magari ha paura... cosa pensa? Gli hai parlato? Con te l’ha sempre fatto.
Remus era estremamente dolce come persona, ma quando doveva infilarsi nel mondo di qualcun altro lo sapeva fare con una delicatezza infinita.
Ad Harry non dava fastidio.
Si strinse nelle spalle ed abbassò lo sguardo di nuovo come se fosse colpevole di qualcosa. Di non riuscirci più, forse.
- Ci ho provato ma è chiuso, non mi dice cos’ha, ma io so che ha qualcosa. Lo vedo... sai, sembra come ossessionato dal diventare forte, dal doversi difendere da solo e dal rialzare il proprio nome. Quando è arrivato qua due anni fa era malvisto e maltrattato, ha imparato a farsi rispettare, ma ora è peggiorato ed invece di reagire, li lascia fare e... non lo so, sembra più ossessionato di prima dal diventare forte, più forte, per farla vedere a tutti o... non lo so. Volevo chiederti... - Harry esitò mentre non aveva idea che Remus fosse pieno di brividi lungo la schiena a sentire quelle considerazioni.
Il ragazzo si fece coraggio consapevole che non era una cosa facile da chiedere. Aveva sempre lasciato che i suoi zii gestissero ‘quella cosa’ come avevano voluto, ma adesso necessitava di saperne di più.
- Come è andata con Voldemort? Come posso fare per saperne di più?
- Come è andata cosa? La guerra?
- La sua ascesa. - chiese con coraggio, poi alzò gli occhi verdi e li puntò dritti su di lui, con forza. - Come è possibile che un ragazzo come noi di Serpeverde si sia trasformato nel Signore Oscuro?
Remus sospirò mentre dentro di sé sentiva come il rumore di un guscio rotto, quel guscio che sapeva un giorno si sarebbe rotto, ma che sperava comunque non sarebbe successo.
La consapevolezza era dolorosa, ma se Harry voleva sapere, era giusto così. Ne capiva il motivo.
- Hai paura che a Draco succeda come a lui? - chiese cauto senza forzare la confidenza. Harry era visibilmente dispiaciuto e forse si reputava anche esagerato, ma annuì senza il coraggio di guardarlo ancora negli occhi. Iniziò a giocare con la bacchetta che si rigirava fra le mani, una bacchetta in qualche modo legata a Voldemort, come sembrava esserlo Draco non per discendenze o connessioni magiche varie, ma bensì per mentalità e modo di essere.
- Draco non ha le sue stesse ideologie... le conosci, le sue. - Harry annuì.
- Non dico di quello, ma Voldemort penso fosse ossessionato dalla forza e dal potere, giusto? E deve aver scoperto nelle arti oscure un potere ancor più forte di quello normale.
Harry si era fatto un’idea da solo ma era piuttosto veritiera.
Remus in realtà non era il più indicato a rispondere a quella domanda, lo sarebbe stato Silente il quale aveva conosciuto il giovane Tom Riddle, ma per non sprecare quella richiesta cercò di dargli una risposta soddisfacente.
- Voldemort era ossessionato dal potere ed in questo non c’è niente di male, ma il suo problema è stato essere solo, non essere amato. Non esserne capace. Ricordo una conversazione avuta con Silente a proposito...
In quel momento gli sovvenne il giusto ricordo in grado di aiutare il ragazzo seduto davanti che pendeva dalle sue labbra, speranzoso di qualcosa di utile. Alla mente gli tornò quel giorno in cui Silente aveva parlato al suo Ordine della Fenice creato in gran segreto proprio per contrastare l’ascesa di Voldemort.
- Il nostro preside? - Remus annuì e stringendo gli occhi cercò di ricordare le sue parole precise.
- Il problema di Voldemort è stato non essere capace di amare ed empatizzare in quanto lui fu frutto di un sortilegio d’amore, non di amore vero. - quelle furono le parole esatte, il resto Remus lo riassunse in modo più comprensibile per Harry che al momento nemmeno respirava per ascoltarlo.
- In lui i sentimenti e le emozioni non hanno avuto vita e questo l’ha trasformato in ciò che fu, non il fatto di essere ossessionato dal potere, dalla supremazia e di avere la fissa del purosangue e cose così. Certo quel genere di idee non l’hanno aiutato, ma il suo peggior nemico è stata la mancanza di un’anima, non era in grado di amare. Ma non perché non volesse, perché non poteva, non ne era proprio in grado.
Remus ringraziò sentitamente Silente per aver condiviso con loro quel piccolo ma prezioso input.
Un tuono risuonò nei corridoi non molto pieni di Hogwarts, i vetri tremarono e poi ci fu solo il rumore della pioggia, ma Harry respirava.
- Draco sa amare, ce l’ha un’anima. - disse deciso, improvvisamente di nuovo animato. Remus sorrise dolcemente, sollevato dal vederlo di nuovo combattivo e passionale come sempre, di nuovo positivo.
- Io gliel’ho vista! - aggiunse sicuro.
- Non devi mai lasciarlo solo, devi farlo sentire amato, esprimi tutto ciò che provi, fai in modo che sia chiaro, che lui capisca. Vedrai che si scioglierà e tutto tornerà come prima e anche meglio.
Gli aveva praticamente detto di dichiararsi, ma non era di certo una cosa che poteva manovrare e comandare. Era qualcosa che doveva venire spontanea, ma era piuttosto sicuro che ormai i tempi fossero maturi, se non altro in parte.
Harry lo abbracciò di slancio come non aveva ancora fatto da quando era diventato il loro professore di Difesa contro le Arti Oscure, non voleva sembrare il cocco del professore anche se poi lo era perché tutti sapevano che era una specie di zio adottivo.
Non aveva voluto fare la parte del privilegiato, ma adesso un bell’abbraccio non glielo poteva di certo togliere.
Certo, Remus aveva ragione.
Era questa la differenza, era questo che doveva fare.
Doveva dire a Draco cosa provava, era ovvio. Era così incredibilmente giusto da fargli chiedere come mai non ci avesse pensato prima.
Mentre si dirigeva in tutta la scuola alla disperata ricerca di Draco, sapeva perfettamente che doveva farlo, ma solo quando lo vide fuori dalla finestra, sotto la pioggia scrosciante, si chiese di cosa diavolo parlasse realmente Remus.
- Eccolo! - esclamò vittorioso. A quel punto non restava che raggiungerlo e dirglielo.
Sì certo, ma dirgli cosa?
“Remus ha ragione, devo dire a Draco cosa prova per lui e farglielo sentire, farglielo vivere... e sono sicuro che anche lui lo prova e lo può dimostrare. Ma vorrei almeno capire cosa di preciso dovrei dirgli, cosa dovrei fare al lato pratico? Insomma, ora vado là davanti a lui e cosa gli dico? Di fatto che diavolo dovrei fare?”
Nonostante si fosse reso conto che non ne aveva coscientemente idea, si precipitò giù a rotta di collo, convinto che qualunque cosa fosse, l’avrebbe fatto comunque.
Ormai non aveva più importanza, sapeva solo che era ora, era necessario. Punto e basta.
Non era una cosa che si era messo a fare per abitudine, né tanto meno per una ragione logica.
Aveva solo sentito una specie di estremo bisogno di farlo e l’aveva fatto, come un istinto indomabile portato da qualcosa di non ben precisato.
Si era incantato a guardare la pioggia ed improvvisamente aveva voluto camminare sotto di essa.
Cercava una sensazione. Una di qualunque tipo, ma ovviamente fisica. Aveva per un momento sentito come di non essere più lì, era simile a quando il Dissennatore gli aveva strappato via un pezzo di anima, ma questa volta non c’era alcun mostro fluttuante.
Così Draco ora camminava nel giardino spazioso di Hogwarts in quel pomeriggio che sembrava sera, sotto i lampi che illuminavano tutto a giorno, il vento e la pioggia furenti.
Sempre quei Dissennatori nel cielo che sembravano apprezzare quel tempo orribile, come se in qualche modo fossero loro a portarlo.
Non sapeva da quanto era lì a camminare nell’erba fangosa, tutto completamente bagnato, capelli e vestiti appiccicati e quell’aria di chi poteva fingere di stare piangendo. Non ne era capace, per questo stava sotto la pioggia. Perché sentiva il bisogno di farlo, ma non ci riusciva ed allora forse la pioggia poteva essergli d’aiuto, come una sorta di simulatore naturale.
Inoltre poteva schiacciargli i pensieri, quelli brutti, quelli che non andavano bene. Quelli che lo risucchiavano come avevano fatto i Dissennatori.
“Non voglio essere così.” pensava gelido. Eppure non sapeva come. Come non voleva essere? Così come?
Da quando era lì si era sentito come precipitare sempre più. Anzi non da quando era lì, da quando aveva saputo di suo padre. Non capiva se fino a quel momento aveva vissuto nell’illusione di una vita normale che in realtà sapeva di non poter avere in quanto lui non lo era, oppure se semplicemente qualcosa era effettivamente cambiato. Come se la fuga di suo padre gli avesse strappato qualcosa che si era conquistato con fatica.
Ma cosa, poi?
Suo padre non si era nemmeno fatto vivo, non capiva come la sua presenza al di fuori di Azkaban dovesse influenzarlo in alcun modo e soprattutto perché. In che modo?
Non capiva, sapeva solo di sentirsi sempre più perso e inconsistente.
Una piccola parte di sé sapeva di non stare andando in una direzione giusta, ma un’altra non riusciva ad interessarsene.
Se nemmeno a suo padre interessava niente di suo figlio al punto da non farsi vivo appena scappato di prigione, perché a lui doveva importare?
Non capiva dove fosse il problema, non capiva perché cercava di rimanere saldo sulla Terra. Per cosa? Per chi?
- Draco! - la voce di Harry superò il rumore del vento e della pioggia, poi si perse sotto l’eco di un tuono sopra le loro teste.
Draco si voltò aspettando che il rombo finisse, l’espressione di Harry era strana. Lo conosceva bene, ormai, e riusciva perfettamente a tradurre tutte le sue espressioni, riconosceva anche le emozioni che esprimeva sebbene lui non riuscisse ad esprimerle a sua volta.
“Sta per esplodere.” si disse senza capire cosa avesse di preciso. Di sicuro, comunque, l’avrebbe presto saputo.