CAPITOLO 73:
TROVARSI
Si erano già incontrati al suo arrivo, gli aveva consegnato l’abito e fatto dei formali complimenti, poi era andata da Remus consapevole che avrebbero usato il suo ufficio come base per i preparativi.
Aveva ottenuto un permesso speciale per le consegne con l’aggiunta di ‘una mano necessaria per Harry’.
La McGranitt non aveva nemmeno chiesto a Silente, glielo aveva concesso ben volentieri poiché una delle sue paure era stata proprio lui. Conoscendo sia la famiglia del ragazzo sia lui stesso, aveva dedotto che non avesse abiti adatti e che nemmeno sapesse come rendersi decente.
Non c’era un regolamento specifico a riguardo, in quanto il Ballo del Ceppo era unico nel suo genere ed era una cerimonia molto importante all’interno del Torneo Tremaghi, di conseguenza era comprensibile che non tutti gli studenti fossero preparati per eventi simili e che avessero bisogno più di un vestito spedito per posta dai genitori a casa.
Aveva volentieri chiuso un occhio concedendole di stare lì per la preparazione del giovane. Non era stato difficile ottenere quel permesso, insomma.
Le famiglie importanti potevano comunque accedere ad Hogwarts anche durante l’anno a seconda dei vari capricci, magari per controlli strategici. Non era mai stato strano, tuttavia ormai la sua non era più una di quelle famiglie, sebbene la scuola fosse comunque aperta a tutti cisto che non era una prigione.
Narcissa si sentiva strana a vagare ancora una volta per quei corridoi, era da quando era stata studentessa che non ci aveva più messo piede, se non per presenziare agli eventi di suo figlio, come finali di Quiddich. Tuttavia non l’aveva mai visitata, non si era più addentrata poiché si era sempre sentita un’intrusa e guardata male persino dai quadri e dai fantasmi.
Aveva sempre subito il giudizio malevolo altrui in seguito alla distruzione della propria famiglia, per questo si era isolata.
Era stata messa all’angolo e criticata aspramente, convinti tutti che anche lei fosse una mangiamorte e che le spettasse Azkaban come suo marito e sua sorella Bellatrix.
Per lei era sempre stata dura sopportare le malelingue e l’aveva fatto chiudendosi dietro un inaccessibile muro di gelo, non aveva più frequentato i posti di un tempo, nessun luogo dove la gente sapesse chi lei era, di conseguenza aveva girato sempre meno.
Sapeva che a pagarne le conseguenze era stato suo figlio, era stata fredda anche con lui, ma per sopravvivere si era difesa da tutto e tutti e solo troppo tardi aveva capito d’aver così chiuso fuori anche Draco.
Si era poi chiesta dopo quello sconvolgente confronto dell’anno precedente se non fosse stato tardi per rimediare, ma lentamente nonostante non vivessero più insieme, sembrava andare meglio.
‘Meglio’, però, non era ‘bene’.
Il fatto che lui avesse preferito stare con Sirius e Remus piuttosto che chiederle di portarlo con sé, l’aveva ferita molto e non era stato facile ricucire qualcosa che già di suo era stato disastroso ben prima di quell’atroce rottura.
Al momento il loro rapporto era molto labile, quasi inesistente.
Si parlavano, lui le scriveva lettere spiegandole quello che succedeva, cosa che in tutta la sua vita non aveva mai fatto, nemmeno a voce. Però di fatto se avesse dovuto dire a che livello attuale erano, era molto difficile.
Discese le scale verso i sotterranei in direzione Casa Serpeverde, sembrava non essere mai andata via da lì. I suoi piedi chiusi nei tacchi si muovevano leggeri e da soli, lo sguardo sorvolava sui quadri familiari alle pareti che riconoscendola la fissavano strabiliati, alcuni inchinandosi come se fosse una regina in visita al suo vecchio castello, altri parlottando con altri vicini di quadro.
Anche lì, anche da loro le occhiatacce.
L’aveva fatto per suo figlio, Draco non le aveva mai chiesto nulla e a parte quello sconvolgente confronto dove per poco non si era fatta colpire da lui da una maledizione, si era sempre limitato ad aggiornarla con educazione. Ma quella era stata la prima volta che le aveva espressamente chiesto qualcos’altro oltre al proprio vestito di cerimonia.
Le aveva chiesto di sistemare Harry a dovere. Aveva alzato un sopracciglio scettica, poi aveva sorriso divertita consapevole del motivo per cui glielo chiedeva e del fatto che lui ci tenesse tanto a fare bella figura a quel ballo.
Poi si era riempita d’orgoglio.
“È proprio un Malfoy Black.” poi si era corretta ammorbidendosi: “La versione migliore di noi.”
Si era chiesta se Lucius sarebbe stato orgoglioso di lui e se l’avesse mai dimostrato. Probabilmente l’avrebbe influenzato con le sue ideologie particolari e sarebbe stato molto severo e pretenzioso spingendolo ad agire secondo la sua volontà e non quella realmente di Draco.
Aveva amato molto Lucius, ma adesso dopo aver vissuto con Sirius e Remus capiva molte cose.
Forse tornando indietro non avrebbe cambiato nulla, si sarebbe comunque sposata con lui, ma avrebbe sempre scelto il bene di suo figlio scendendo a qualsiasi compromesso per lui.
Per lei, Draco era la persona più importante del mondo e voleva solo che fosse felice, sapere che stava raggiungendo importanti traguardi di cui era sicuramente orgoglioso la riempiva di gioia. Una gioia che non sapeva se sarebbe mai stata in grado di mostrare.
Era ricca e importante, aveva sempre avuto privilegi ed invidie, era un gradino sopra chiunque altro sin dalla nascita e sposando Lucius Malfoy la cosa era diventata ancora più spiccata.
Le era sempre piaciuto essere ‘di più’.
Perciò quella terribile caduta nel suo stile di vita, l’aveva segnata e l’aveva fatta soffrire, questo l’aveva rovinata, se ne era resa conto.
Raggiunse l’ingresso della Casa Serpeverde e dopo aver ottenuto l’accesso grazie alla parola d’ordine che le era stata comunicata da Harry, venne catapultata ancora di più lì dove aveva vissuto la sua adolescenza, sognando di essere notata dal ragazzo per cui aveva sempre avuto una cotta colossale, Lucius.
La Sala Comune era sempre identica, simile ad un vecchio ed antico relitto in fondo al mare, sorvolò sul grandissimo camino con un caldo ed accogliente fuoco acceso e sui comodi divani in pelle nera posti proprio davanti. Mosse lo sguardo sul tavolone e sulle sedie scolpite in legno antico dove gli studenti si riunivano per fare i compiti o fare qualche gioco serale per passare il tempo.
Le lampade verdastre scendevano tonde dal soffitto, appese alle catene.
Si avvicinò soprappensiero e malinconica alle finestre che davano direttamente nel Lago Nero, da cui proveniva un’inquietante e suggestiva luce verdastra che illuminava il resto della Sala.
Da lì l’idea di essere all’interno di un relitto di un’antica nave in fondo al Lago.
Le pareti in pietra, il pavimento coperto da tappeti.
Posò le dita affusolate sui vetri che dividevano la sala dall’acqua e sospirò. Aveva passato moltissime ore affacciata a guardare l’interno del lago con le creature che vi vivevano, talvolta aveva visto il grande Calamaro.
Aveva bei ricordi di quel tempo, aveva vissuto lì sognando un futuro luminoso e fortunato, di potersi sposare con Lucius ed avere una vita meravigliosa.
Ci era anche riuscita, fino a che tutto non era degenerato e finito nel peggiore dei modi.
La gloria non pagava, la felicità era ben diversa.
Sospirando, si riprese e quando venne interrotta dalla voce di uno studente che l’aveva notata senza riconoscerla, si era girata elegante verso di lui, aveva alzato il mento e con aria regale aveva chiesto di chiamarle Draco.
Non avendo idea di chi ella fosse, erano andati di corsa carichi di un’emozione che avevano mostrato apertamente a Narcissa facendola sorridere.
Si voltò verso la stanza muovendo leggera i passi che non rimbombarono grazie ai tappeti, non dovette aspettare molto che la voce di suo figlio la chiamò meravigliato.
- Mamma? - sapeva che era lì, ma sapeva anche il motivo e sicuramente vedersela nella propria Sala Comune gli aveva fatto venire un colpo.
- Tutto bene? Harry ha creato problemi? - chiese con ansia. Narcissa si voltò rispondendogli subito per tranquillizzarlo.
- No tutto bene, ho finito e volevo solo salutarti prima di andare...
Ma la voce le morì in gola quando lo vide scendere chiaramente in ansia per la sua presenza lì, nonché stranito.
Si fermò ai piedi della scala e la guardò meravigliato, ma fu lei a rimanere senza fiato nel guardarlo.
Si era messo il vestito che gli aveva fatto avere ed era a dir poco meraviglioso.
Narcissa trattenne il fiato e si sentì gli occhi bruciare pieni di lacrime sciocche che cercò di non versare.
Da quando aveva avuto quel confronto e presunto avvicinamento con lui, era diventata emotiva come non lo era mai stata.
Draco indossava già tutto. I pantaloni neri dello smoking gli calzavano a pennello nel loro tessuto fine e pregiato, così come il resto del completo.
Sopra la camicia bianca era morbida e gli scendeva addosso con un po’ di pieghe eleganti, il panciotto bianco aveva l’allacciatura bassa ed un ampio colletto squadrato, gli stringeva la vita sottile rendendolo estremamente elegante. Il papillon bianco era già allacciato, mentre la giacca lunga da smoking, nera e con la coda, era in mano da mettere.
Aveva avuto una visione con lui vestito in quel modo, immaginando che sarebbe apparso come un principe immacolato senza tempo e così era stato.
Dopo aver saputo in che animale si era trasformato, una splendida aquila bianca, aveva pensato che la parte superiore del vestito dovesse essere completamente bianca, un rischio per lui così pallido, ma invece un successo.
Lo guardò carica di orgoglio mentre la raggiungeva al centro della stanza, posò gli occhi sui capelli, già in ordine e pettinati con la riga in parte, la frangia magistralmente gestita, il taglio liscio gli ricadeva morbido intorno al viso senza bisogno di alcunché per domarli.
Era semplicemente perfetto.
Draco, stupito, si fermò innanzi a lei arrossendo al suo sguardo vigile, ma si rilassò quando la vide sorridere. Da vicino notò che i suoi occhi azzurri brillavano di emozione e si emozionò anche lui sentendosi tanto Harry che piangeva per tutto.
- Beh, come sto? - chiese allargando le braccia e con l’ansia che nonostante fosse evidente che le piaceva, dicesse qualcosa che non andava.
Narcissa finalmente sorrise schiarendosi la voce e gli prese la giacca di mano.
- Stai benissimo, sei perfetto. Sapevo che questo abito era adatto a te.
Draco si annodò l’anima e si impappinò mentalmente non riuscendo a dire nulla, tanto meno a credere che non solo le piacesse, ma che addirittura l’aiutasse a mettersi la giacca; suo malgrado si voltò infilando le braccia nelle maniche.
- Non pensavo che venissi a salutarmi prima di andare. - disse sinceramente.
- Non sapevo se ti avrebbe fatto piacere. - rispose lei con la stessa onestà. Draco si voltò subito guardandola meravigliato, senza capire come avesse potuto avere dubbi.
- È per questo che non hai chiesto di venire a vedere la Prima Prova del Torneo? Sirius è venuto perciò in qualche modo penso avresti potuto accedere... sei pur sempre mia madre...
Doverlo sottolineare gli sembrò strano, ma lo era ancor più che la propria bocca parlasse così tanto dicendo quelle cose. Non aveva nemmeno osato pensarle trovando normale che nessun genitore ci fosse, eppure dentro di sé la presenza di Sirius aveva scavato.
Si pentì d’averlo detto, non avevano quel genere di rapporto. Quello dove madre e figlio si dicono tutto.
- Scusa, sarai stata impegnata... - fece poi correggendosi e rimettendosi da solo al suo posto.
Narcissa però continuò a sistemargli la giacca, allacciandogli un bottone. Lo guardò circospetta, poi gliene allacciò due e tornò a guardare.
- Per la verità pensavo che tu non mi volessi lì a distrarti con la mia presenza. - rispose lei sincera senza guardarlo in viso, scrutava il vestito continuando a ritoccarglielo.
Infine prese il fazzoletto bianco di raso dalla propria borsetta e glielo infilò, mentre lui, ormai emozionato per i gesti che stava compiendo, non sapeva più che dire.
Era così bello che lo sistemasse lei.
Così da madre.
Non voleva interromperla.
- Non so come avrei reagito. Ma mi piacerebbe che mi guardassi mentre mi trasformo, la prossima volta.
Narcissa finalmente smise di sistemarlo e sollevò gli occhi sui suoi, rimanendogli davanti e vicino. Le mani sul petto in uno dei loro rari contatti. Quasi un abbraccio, dopotutto.
- Mi piacerebbe molto guardarti appena possibile. - fece lei sorridendo quasi con timidezza.
Per la prima volta la vide umana e Draco capì che gli era stata lontano per paura di essere rifiutata. Fare pace non presupponeva per forza un miglioramento di rapporti.
Parvero pensarci entrambi e Narcissa tolse le mani da lui facendo un passo indietro.
- Non ti ho più chiesto di venire con me perché penso tu non voglia e non potrei sopportare un altro rifiuto. - fece quindi ammettendo qualcosa che di sicuro le bruciava molto.
Draco la guardò battendo gli occhi incredulo e shoccato da quella rivelazione.
- Davvero te ne sei andata e mi hai lasciato là senza portarmi con te per questo?
Narcissa arrossì distogliendo lo sguardo, si girò di lato fingendo di guardare il caminetto.
- Io pensavo anche che per te fosse meglio stare con Sirius. Loro hanno un’influenza positiva su di te, al contrario di quella che ho io.
Draco a quel punto non riuscì più a resistere e tornando a prenderla per il braccio la voltò in modo poco elegante e, sempre con scarsa delicatezza, l’abbracciò forte e la strinse a sé, nascondendo il viso contro il suo collo affusolato e profumato.
Non avrebbe mai dimenticato nessuna delle sensazioni provate, né quanto esile fosse al contatto, ma soprattutto quanto bello fu dopo quel primo momento d’esitazione, sentire le sue mani stringerlo e chiudersi sulla schiena.
La sentiva tremare fra le sue braccia e così successe che le lacrime si affacciassero fino a scivolare sulle guance.
- Non è colpa tua se ho questo buio dentro dalla nascita. Ma l’ho combattuto in tutti questi anni e quel giorno io l’ho vinto. Grazie a te, in qualche modo. Mi... mi hai ferito tanto al punto da farmi quasi cedere. Però senza quello che è successo fra noi, non le avrei mai vinte le mie tenebre. Prima di allora non ero mai riuscito a trasformarmi in animagus, temevo di essere un animale oscuro che riflettesse il mio animo corrotto. Ma quando spinto da Sirius ci ho provato questa volta, è andato tutto bene. Sono un’aquila, ho superato la mia prova. Ma sono sicuro, mamma, che senza di te e senza quel confronto non ci sarei mai riuscito.
Dalla propria bocca usciva tutto ciò che non gli era mai venuto, quello che aveva sempre trattenuto e soffocato ed era sconvolgente, ma soprattutto vero.
Narcissa lo strinse di più a sé ed il suo respiro tremava, stava piangendo anche lei.
Sua madre stava piangendo e lo abbracciava.
- Perdonami se non sono mai riuscita a dimostrarti il mio amore come avevi bisogno, ma per sopravvivere mi sono chiusa al mondo e non sono più stata in grado di aprirmi. Però per me sei sempre stato il più importante e sempre lo sarai. Per te sono sempre scesa a patti con me stessa e continuerò a farlo, tutto quel che serve.
Piansero abbracciati per un tempo indefinito, riuscendo finalmente a parlare per la prima volta nella loro vita. Farlo realmente.
Ed infine, rimanendo uno fra le braccia dell’altro e guardandosi di nuovo in viso, entrambi rossi di pianto, Narcissa disse: - Sarei felice se un giorno vorrai tornare a vivere con me.
- Sarò felice di venire. - rispose Draco di slancio e senza esitare.
Fu così che madre e figlio, finalmente, dopo 16 lunghi anni, si trovarono realmente.
Note: quest'ultima è l'immagine che mi ha ispirato la descrizione di Draco, poi sono diventata matta a trovare una fanart che si addicesse ma alla fine ci sono riuscita. La fanart su lui e Narcissa invece non riguarda realmente la scena da me descritta, naturalmente, ma era quanto di più simile al momento in cui si incontrano in Sala Comune, perciò ho voluto usarla comunque. In internet su di loro non c'è molto (non come ce li ho io in mente o come li descrivo nella mia fic). La maturazione di Narcissa e l'evoluzione del suo rapporto con Draco è uno dei temi della fic ed è importante vedere come procede ogni tanto. Penso che sia stato un momento molto intenso fra loro e immagino Draco profondamnete commosso su questo loro avvicinamento. Alla prossima. Baci Akane