LE CRONACHE DI LONDRA

CAPITOLO I:
ACCOGLIENZA


“Da qualche parte sopra l'arcobaleno
Volano uccelli blu
E i sogni che sognavi
I sogni diventano davvero realtà
Un giorno vorrò essere su una stella
Svegliarmi dove le nuvole sono lontane dietro di me
Dove i guai si sciolgono come gocce di limone
Lassù sopra la cima del camino è dove mi troverai
Da qualche parte sopra l'arcobaleno volano uccelli blu
E i sogni che sfidi, oh perché, oh perché non posso (farlo)?”

/Somewhere over the rainbow - Ray Charles/


Università, studio, studio, università.
Quella era ormai la sua nuova vita, dopo che era tornato definitivamente da Narnia.
Erano passati ormai alcuni anni e anche Edmund e Lucy erano tornati dalla loro terza volta.
Il suo viaggio in America con Susan era concluso ed erano entrambi tornati a Londra in una casa nuova ma tutti insieme come un tempo e lui aveva continuato a fare quello per cui era stato allontanato da suo fratello e da sua sorella minore.
Studiare.
Studiare per diventare qualcuno.
Lì, in quel mondo, doveva impegnarsi molto di più per acquisire una posizione più consona alla sua persona, che gli si addicesse maggiormente insomma. Non gli spettava di diritto solo perché lo diceva una profezia e perché aveva condotto una guerra importante liberando una terra intera.
Era una cosa per cui aveva sofferto molto ma poi era circa riuscito ad accettarlo, quando era tornato definitivamente da quella famosa terra sopracitata. Bè, più che accettato aveva realizzato che comunque non sarebbe più tornato e che se voleva diventare qualcuno come lo era in quel posto, come si sentiva più a suo agio, doveva sudare non solo sette camice ma tutto il guardaroba e darsi da fare con ogni mezzo.
E lì i suoi mezzi non erano i combattimenti a suon di spade, dove lui era imbattibile, e nemmeno le risse che tanto gli venivano egregiamente.
Lì il suo mezzo poteva essere solo il cervello e per quello si vantava di averne uno piuttosto ben funzionante ed allenato.
Allenato da tutti gli anni che in realtà possedeva e da tutto quello che aveva fatto in quanto Gran Sovrano.
Sì, si era detto.
Poteva farcela.
Doveva farcela.
Insomma, ce l’avrebbe fatta.
Lui e le sue forze.
Un giorno avrebbe ricoperto un ruolo più simile a quello che per anni aveva avuto, ciò che l’aveva forgiato.
Questo però non toglieva niente al fatto che, anche se era uno stacanovista per vanità, era ben stufo di quella vita.
Quanto doveva penare ancora per arrivare dove voleva?
Insomma, doveva superare lo stadio di studente.
Finite le superiori si era imbattuto nella verità che per lo meno l’università sarebbe stata obbligatoria secondo le sue ambizioni.
E poi?
Poi aveva le idee chiare.
In qualche modo avrebbe ricoperto un ruolo importante anche lì.
Certo, per quel suo famoso spirito da crocerossina.
Cioè la sindrome dell’eroe, del fratello maggiore, del ‘Re Peter il Magnifico’ e via dicendo…
Tornando dall’ultima visita a Narnia aveva mitigato un bel po’ quel lato del suo carattere, grazie a certi incontri, certe battaglie e certe lezioni.
Aveva capito i suoi peccati d’orgoglio, egoismo e presunzione. Presunzione nel sentirsi in dovere di fare anche la parte di Aslan solo perché arrabbiato con lui.
Bè, ne aveva combinate molte ed erano tutti suoi difetti maturati nel corso di una reggenza lunga e poi di un tornare ragazzino in un mondo totalmente diverso da quello in cui si era diventati adulti.
Lo scompenso era stato naturale.
Un re adulto nel corpo e nella vita di un ragazzino adolescente come tanti.
Drammatico, per lui.
Però Aslan gli aveva dato una bella lezione ed aveva capito che c’erano persone e momenti con cui bisognava essere umili e aiutare solo per aiutare e non per mettersi in mostra.
Solo con certe persone ed in certi momenti, naturalmente.
Sbuffò e si drizzò sulla sedia stendendo la schiena che scricchiolò.
Era stufo di studiare per degli stupidi esami, lui doveva avere il diritto di arrivare dove voleva per il semplice fatto che era un re ed un re non doveva aver bisogno di provare chi era. L’aveva già dimostrato in tutte le battaglie e le guerre vinte, in tutta la gente che aveva salvato ed in una terra che sotto di lui era stata prospera e splendente.
Tornare di nuovo dopo la prima ‘fuga’ controvoglia gli aveva fatto capire quanto sbagliato fosse stato andarsene, anche se non era stato di proposito. Narnia, senza lui e gli altri, era caduta.
Ora però era diverso.
Con Caspian le cose sarebbero rimaste a lungo come le aveva lasciate, poteva esserne sicuro.
All’inizio l’aveva pressoché detestato e le incomprensioni erano state tante, ma poi si erano capiti.
Bè, si erano capiti prima di poterlo dimostrare.
Aveva potuto solo lasciargli il simbolo più grande di sé stesso. La spada per lui rappresentava quanto di più importante e grandioso, era come consegnarli il proprio appellativo di magnificenza, il suo orgoglio.
E lui a quell’appellativo ci era grandemente affezionato.
- Caspian… - Mormorò a fior di labbra completamente distratto dagli studi.
Il viso delicato ed elegante del giovane principe, ora re, gli sovvenne alla mente come se fosse lì. Chissà quanto tempo era passato a Narnia intanto. Chissà se era ancora vivo.
Si era fatto raccontare per filo e per segno da Edmund e Lucy ogni cosa ed era stato orgoglioso di sapere che aveva conservato ed utilizzato gelosamente la sua preziosa spada finché non ne aveva avuto bisogno Edmund.
La spada della salvezza.
Quella spada aveva significato più per loro che per lui, dopo tutto.
Era contento di esserci stato lo stesso, in un certo modo, però avrebbe preferito di gran lunga andarci di persona e non tramite l’oggetto che lo rappresentava, la lama nella quale aveva messo la sua stessa anima grazie alle molte battaglie vinte con essa.
Si alzò capendo che gli serviva una pausa visto che la propria mente, a quanto pareva, non voleva saperne di tornare sui libri.
Quell’università prestigiosa per cui si era dato tanta pena per entrare, non gli dava tregua ma la propria volontà era più forte della pigrizia.
Ci si sarebbe rimesso più tardi.
Attraversò la stanza ed andò alla finestra.
Fuori pioveva della grossa e non poteva nemmeno distrarsi con una piccola passeggiata all’aperto.
Con l’ennesimo sbuffo insofferente rimase a guardare il proprio riflesso sul vetro, fra le gocce fitte che scivolavano contro di esso, un po’ battendo, un po’ accarezzandolo.
Era cresciuto ancora e le sue fattezze ormai diventavano sempre più mature, non era più un ragazzino poco più che adolescente. Gli anni apparenti erano venti mentre quelli reali erano molti di più.
A volte era quasi stanco di rivivere due vite così diverse l’una dall’altra.
Il taglio di capelli più o meno sempre lo stesso, il solito ciuffo che scivolava di lato carezzandogli il volto regolare ed interessante. Qualcuno lo definiva angelico, qualcuno regale. Lui non si sentiva di certo angelico, sapeva di non avere un gran bel carattere e riguardo la regalità… magari possedeva le qualità, ma un vero volto regale, osservò fissando i propri occhi scontenti, era quello di Caspian.
Quello che lo differenziava da colui che ormai era il Re di Narnia, era un fattore più semplice a cui però Peter si era sforzato di non pensarci mai visto la lontananza forzata.
Non l’avrebbe più rivisto e ammettere che reputava Caspian più bello di lui perché semplicemente gli piaceva, gli pareva inutile, oltre che difficile di per sé.
Fu così, pensando ai lineamenti magnetici e principeschi del moro che non vedeva da molto, che lentamente al proprio riflesso allo specchio gli si sovrapposero i suoi.
E non solo i lineamenti ma anche i capelli erano diventati più lunghi, fino alle spalle, neri e… bagnati.
Come… come se non fosse effettivamente solo un riflesso sul vetro ma se fosse proprio fuori dalla finestra, sul terrazzo.
Peter corrugò la fronte.
Doveva aver studiato troppo, era stanco ed aveva le allucinazioni.
Strabuzzò gli occhi, li chiuse e li aprì un paio di volte e vide Caspian fare altrettanto. A quel punto si chiese se stesse sognando.
L’aveva fatto un paio di volte in effetti… solo che Caspian gli era apparso in vesti più sconvenienti di quella!
Appoggiò la mano al vetro freddo ed il contatto gli trasmise il senso della realtà.
Dall’altra parte il ragazzo fece la medesima cosa e sovrapponendo i polpastrelli ai suoi attraverso la finestra, sentì la stessa muoversi come se dall’esterno qualcuno vi fosse effettivamente appoggiato.
- Ma che diavolo… - Mormorò incredulo.
Che lui sapesse erano loro ad andare a Narnia e non viceversa… che senso poteva avere?
Ma non fece in tempo a darsi risposte che agendo d’istinto aprì la finestra nella speranza di non avere delle stupide visioni.
Fino a che non l’ebbe aperta si sentì quasi spaventato all‘idea che non fosse reale, però quando la pioggia entrò grazie al vento che c’era fuori non solo ebbe la certezza di essere sveglio, ma anche di non avere davanti solo un riflesso.
Lui era ancora là, sotto le fitte gocce che scendevano furiose in quell’inverno sempre più freddo.
Bagnato fradicio, coi capelli neri tutti attaccati alla testa, intorno al viso leggermente coperto di barba, un viso adulto ma regale e dolce al tempo stesso come lo ricordava, anzi forse più sicuro e consapevole, vestiti altrettanto fradici attaccati al corpo irrobustito dagli anni passati nei quali era cresciuto. Cresciuto non poi così tanto rispetto a lui.
Eccolo lì, Caspian.
Peter aveva dimenticato la bocca aperta ed ancora incredulo non era convinto fosse tutto vero.
Erano ancora a Londra? Con una parte di sé riconosceva ancora casa e fra la tempesta là fuori la propria città nebbiosa.
Cosa ci faceva lì?
- Ca…Caspian? - Chiese senza voce alzando una mano fino a toccargli il viso gelido e bagnato.
Al suo contatto caldo lo sentì rabbrividire e capì che oltre ad esserci davvero, era anche sicuramente infreddolito e prima di imbambolarsi eccessivamente lo prese per il braccio e lo tirò dentro chiudendo la porta finestra.
La gola era asciutta e la mente completamente vuota per la prima volta. E sì che era un tipo molto reattivo normalmente.
A quel punto Caspian fu il primo a sorridere ed i suoi occhi neri lo penetrarono con gentilezza in un modo che quando si erano incontrati a Narnia non avevano mai fatto.
Era sempre stato timoroso di fronteggiarlo seriamente, timoroso di non essere alla sua altezza, di non avere le qualità adatte a regnare, non quelle che aveva Peter e che lui reputava, dopo tutto, essenziali.
Quelle giuste.
Ora lo vedeva adulto, sicuro, deciso ma al tempo stesso sempre gentile e mite. Con gli anni di reggenza non aveva mai acquisito, come invece aveva fatto lui, quella verve arrogante e prepotente.
- Ciao Peter… - Lo salutò con la sua voce sfumata. Ascoltandolo Peter capì quanto fortemente gli fosse mancato in realtà.
E tremò.
Tremò come ricordava da anni non gli succedeva. Forse solo nella sua prima vera battaglia contro la Strega Bianca poteva dire di aver tremato a quel modo.
Ma ora non era per paura.
Era per l’emozione e si sentì più stupido che mai.
Aprì bocca per rispondere e riprendersi l’aria sicura e risoluta ma non gli uscì niente, così si limitò ad abbracciarlo come quando, andandosene quella volta, non aveva avuto il coraggio di fare, troppo orgoglioso per certe manifestazioni stucchevoli.
Sentendolo contro di sé bagnato e freddo, inumidendosi a propria volta, sentendolo ricambiare l’abbraccio, sentendolo fisicamente addosso, gli fece capire definitivamente che era lì davvero.
Rimasero ad abbracciarsi per pochi secondi, in realtà, secondi che parvero più di quelli che furono. Al termine si separarono e Peter l’allontanò riprendendo i modi altezzosi anche se mitigati, erano più una difesa per lo stato d’animo confuso e… nudo.
Caspian lo percepì ma non approfondì, continuando a sorridere con gli occhi lucidi di commozione per averlo rivisto.
- Cosa è successo? - Chiesero entrambi con toni diversi. Uno indeciso e l’altro più sicuro.
Il primo a rispondere fu naturalmente Caspian che avrebbe subito probabilmente in eterno l’influenza altera di Peter. Non che Peter fosse ancora altero come quando l’aveva incontrato, però un po’ sì… era il suo carattere, ormai. Sarebbe rimasto per sempre il Gran Sovrano di Narnia. Secondo solo ad Aslan.
E lui l’avrebbe sempre accettato e rispettato.
- Ero al mio palazzo, sono uscito un attimo sul balcone per prendere un po’ d’aria. Si è messo a piovere dapprima piano e poi sempre più forte, ma quando mi sono voltato per entrare la porta a vetri era chiusa e… e c’eri tu riflesso. Poi ho capito che non eri un riflesso ma eri… vero… quando mi hai tirato dentro è cambiato tutto. Dove sono? - Che non fossero più a Narnia era impensabile, ma dove mai potevano essere?
Però Peter era vestito in modo così diverso… ed anche quell’arredamento non era di nessuna parte del loro Regno.
Confuso, il giovane lo illuminò:
- Sei a casa mia. Cioè, nel mio mondo. - Caspian lo ripeté piano, quasi a non crederci.
- Nel… nel tuo… mondo…?! -
- Sì… questa città è Londra. - Non trovò nient’altro da dire, Peter stesso doveva ancora assimilare il tutto e rifletterci su, lo fissava incredulo e lo vedeva stringersi le braccia contro infreddolito, ancora tutto gocciolante; era contento di averlo lì ma non riusciva a dimostrarlo, c’erano cose più importanti a cui pensare.
- E’ la prima volta che succede… che qualcuno da Narnia viene sulla Terra… - Rifletteva ad alta voce mentre Caspian semplicemente preferiva perdersi in lui cresciuto rispetto a quando l’aveva visto l’ultima volta. Troppo tempo fa.
Ora era un ragazzo molto più grande, dal viso maturo ma sempre bello, una bellezza più sviluppata.
Un re, concluse, che rimaneva sempre un re persino in un mondo, aveva capito, in cui non lo era.
L’aria superba, sicura di sé, deciso, di chi non aveva mai nessuna esitazione.
Come aveva acquistato tanta sicurezza?
Sapeva che era arrivato a Narnia che era un ragazzino inesperto di combattimenti ed oltre a dover condurre un’armata in guerra, si era anche trovato poi a regnare. Aveva imparato tutto sulla sua pelle.
Di sicuro quello poteva temprare.
Lui, invece, era cresciuto nella bambagia con un precettore in gamba che l’aveva protetto e preparato in tutti i modi.
Anche se all’inizio non erano andati d’accordo, poi aveva cominciato a capire che tipo fosse e l’aveva ammirato. Troppo tardi per diventare effettivamente amico suo come avrebbe sempre voluto.
Immerso nei pensieri, Caspian non sentì la domanda che Peter gli aveva fatto e al vederlo ripeterla per la terza volta seccato, ridacchiò rendendosi conto che ormai quella parte del suo carattere non sarebbe comunque mai cambiata nemmeno stando lontano da un trono per anni.
- Scusa, pensavo ad altro… -
- Dicevo… - Ricominciò premendo sulle parole per assicurarsi che l’ascoltasse: - Perché pensi di essere venuto? Di solito c’è sempre un motivo per questi scambi. Anche se è la prima volta che capita che da Narnia qualcuno venga sulla Terra. -
Caspian non sapeva proprio cosa dire.
- Ehm… magia? - Chiese dubbioso nascondendo la vera risposta, ovvero che aveva desiderato così fortemente di rivederlo che forse alla fine, in un qualche modo o per una sorta di ricompensa, doveva essere stato accontentato.
- Fin lì ci arrivavo! - Rispose con la sua solita arroganza, sminuendo la sua soluzione troppo semplicistica.
- Bè, immagino lo scopriremo presto. - Nel rilassarsi deviando finalmente i propri pensieri da Peter per portare l’attenzione sul posto in cui era finito, cominciò a rendersi conto delle prime sensazioni fisiche portate da quella temperatura molto più bassa. Si accorse di essere bagnato e cominciando a tremare, si strinse nelle braccia.
Solo allora Peter notò le sue condizioni e capì che doveva avere un gran freddo.
- Sarai gelato… - Disse infatti notandolo come se fosse appena arrivato.
Non era vero che non l’aveva guardato fino ad imprimersi ogni centimetro del suo bellissimo ed elegante viso cresciuto, però l’idea che aveva dato era quella e preferiva fosse così.
- In effetti… - Ammise il moro strofinandosi le braccia.
- Siamo in inverno, qua. Sei fortunato che non nevica! - Poi sorrise rivelando il suo lato bambinesco che ormai aveva superato da anni e che veniva fuori solo in certi momenti e con pochi eletti: - Vieni o diventerai presto una splendida statua di ghiaccio degna della collezione migliore di Jadis! - Caspian capì l’allusione alla Strega Bianca e alla storia in cui si era imbattuto il giovane quando, da bambino, era approdato per la prima volta nel suo mondo. Sorrise sorpreso non reputandolo capace di simili battute, così si incantò a vederlo ridacchiare.
All’epoca non l’aveva mai fatto, era stato per lo più serio, ligio al dovere, concentrato sulle strategie, sul combattere, sul contrastarlo, sul primeggiare, sul prendersela con lui e con tutti quelli che lo contraddicevano, con Aslan per primo… e poi sul sacrificarsi e sul vincere una guerra. Anche alla fine, quando era finito tutto, forse aveva sorriso per sbaglio e di certo solo al leone e alle sue sorelle.
L’aveva anche visto triste andandosene. Ma mai felice. Veramente felice.
Sereno, insomma, senza qualche peso sulla coscienza o qualcosa di più importante a cui pensare. Anche dopo la battaglia c’erano stati i feriti da curare, le terre da sistemare, un popolo da liberare.
Tornò con un asciugamano e dei vestiti nuovi, suoi probabilmente. Glieli porse e Caspian li guardò non capendo.
- Tieni, spogliati, asciugati ed indossali. Passerai di certo più inosservato. - Ordinò senza l’intenzione di farlo ma solo per abitudine. Il ragazzo allora li prese eseguendo automaticamente sapendo bene che solo lui, ormai, riusciva a fargli fare qualcosa solo perché glielo diceva. Posò tutto nel letto lì accanto e sotto il suo occhio vigile che non capiva bene cosa dovesse controllare, cominciò a spogliarsi.
L’aveva già fatto davanti ad altre persone, specie sul veliero dove non c’era stata praticamente privacy, ma mai davanti a lui e non capiva come mai, ora, questo fatto gli arrecasse tanto imbarazzo e disturbo.
No, non proprio disturbo ma solo vergogna bella e buona.
Arrossì e gli diede le spalle facendosi scivolare la camicia attaccata alla pelle, nonostante questo chiaro gesto di non voler essere guardato sentì comunque gli occhi pungenti di Peter sulla schiena nuda ed anche quando si avvolse nell’asciugamano e rimase un attimo con quello addosso, si chiese a cosa pensasse. Se lo chiese ma non glielo domandò e non cercò nemmeno di capirlo da solo. Era certo fosse ancora lì a fissarlo, si sentiva così strano...
Strinse le labbra imbarazzato col sangue che pulsava veloce nelle vene riscaldandolo all’istante, quindi si sciolse dal telo e si rassegnò a togliersi anche il resto. Rimase completamente nudo e sebbene non si fosse mai vergognato di sé stesso, ora voleva sparire e al tempo stesso rimanere lì a farsi osservare ancora. Avrebbe voluto vedere con che sguardo lo fissava, avrebbe voluto girarsi e scrutarlo per bene ma già il solo sentire i suoi occhi altezzosi e penetranti addosso, lo paralizzava. Quello stato d’animo glielo trasmetteva solo Peter, certe cose non sarebbero mai cambiate. A Narnia, all’epoca, l’aveva odiato per questo, perché lo sottometteva e lo imbarazzava con una tale facilità da renderlo quasi ridicolo. Ora però quelle strane sensazioni pesanti addirittura gli piacevano, anche se lo lasciavano a disagio e lo sconvolgevano.
Facendosi coraggio si rivestì e appena si sentì più a suo agio si girò verso di lui notando con stupore che era davvero rimasto lì dietro a squadrarlo. Aveva un’aria estremamente assorta, indecifrabile. Di quando pensava a qualcosa che forse lo turbava ma mai con nessuno avrebbe condiviso.
- Pensi ancora a cosa possa essere successo? - Peter si strinse nelle spalle.
- Sì… - Poi mise a fuoco Caspian che indossava i propri vestiti, un paio di pantaloni ed una camicia comoda, e realizzò che anche con quelle cose così poco principesche addosso appariva sempre per quello che era.
Invidiò la sua eleganza innata ma lo fece in senso buono.
Semplicemente gli piaceva e basta.
La sua eleganza.
La sua eleganza gli piaceva, e che altro?
Increspò le sopracciglia e si riscosse cambiando direzione dello sguardo.
- Vieni… - Fece fatica, però: - Forse gli altri sono ancora svegli. - Aprì la porta conducendolo col suo solito passo sostenuto fuori dalla camera, spiegandogli sotto voce che finché non avrebbero capito cos’era successo l’avrebbe fatto passare per un amico venuto a trovarlo improvvisamente che aveva bisogno di un po’ di ospitalità e mentre parlava con sicurezza apparente, cercava di scacciare a tutti i costi l’immagine di Caspian nudo di poco prima.
Peccato che nemmeno con tutto l’impegno del mondo sarebbe riuscito a mandar via la visione di cui aveva preteso di impossessarsi per il semplice fatto che quella era camera sua.
O perché l’altro era Caspian.