CAPITOLO
XII:
NATALE
“Solo
tu
Puoi
fare tutti questi cambiamenti in me
Perché
è vero
Tu
sei il mio destino
Quando
stringi la mia mano. Io capisco
La
magia che tu fai
Sei
il mio sogno realizzato
Il
mio ed unico, tu.”
/Only
you - The Platters/
Caspian
non faceva che guardare e
riguardare di continuo quell’enorme albero di natale in soggiorno, un
abete
addobbato con festoni e palline colorate, luci dorate e vari altri
ninnoli
graziosi che sebbene dovesse rendere il tutto più ridicolo, invece dava
un tocco
di magia.
Quello
insieme ad altri abbellimenti di
quel genere in giro per la casa, creavano un’atmosfera diversa.
Non
se lo spiegava ma ne era
profondamente colpito e mentre fissava gli addobbi natalizi i suoi
occhi scuri
e penetranti brillavano della stessa luce. Il volto delicato ed
elegante
sembrava quasi illuminato, ma era simile alla luminosità che c’era nei
visi dei
bambini quando si perdevano in qualcosa di estremamente bello ai loro
occhi.
Non
era platealmente gioioso ma
timidamente colpito. Si conteneva ma si vedeva quanto gli piacesse
tutto
quello, quasi come le vetrine di Londra.
Tutti
impegnati coi preparativi del
cenone della vigilia, l’avevano lasciato solo a perdersi in
quell’albero che
non sapeva come mai, l’aveva affascinato tanto.
Immerso
in pensieri misteriosi per
tutti, fu avvicinato da Lucy, l’unica che pareva trovare di tanto in
tanto
tempo per lui.
Gli
altri ne avevano una dietro l’altra
e prima dell’ora di cena volevano riuscire a terminare tutto.
-
Ti piace? - Chiese con entusiasmo la
ragazzina sedutasi accanto a lui. Caspian si riscosse e la guardò come
la
vedesse per la prima volta. Si era cambiata e messa elegante come, solo
ora
notava, anche gli altri.
-
Sì… a Narnia non lo festeggiamo il
Natale, abbiamo altri tipi di feste sacre a cui diamo molta importanza
e che
evidenziamo con dei riti specifici, ma niente di simile a questo… ma lo
sai
bene… - Disse ricordandosi che lei e gli altri avevano vissuto a Narnia
a
lungo, regnando e rendendo prospero il Paese.
-
E a cosa pensavi? - Chiese con ingenua
semplicità. Caspian non si infastidì che lo volesse sapere e lieto che
glielo
chiedesse, espose ciò che gli era balenato in mente per tutto quel
tempo.
-
C’è magia in questo. E’ diversa da
quella di Narnia, da quella più classica ed evidente, magari. Ma c’è
magia in
tutto questo. Solo che non riesco a coglierne il segreto, da dove
derivi ed in
cosa consista. Però si sente. C’è magia in tutto questo. -
Lucy
sorrise con fare adulto e materno,
un sé vissuto proprio a Narnia dove era cresciuta prima di tornare
bambina.
-
E’ la magia del Natale. È un mistero,
ma c’è. Io credo che sia un auto convincersi che in questo periodo c’è
più bontà
nel mondo e così lo diventiamo tutti davvero. È qualcosa che succede
solo in
questo periodo. -
Caspian
ascoltò attentamente le sue
parole e le assorbì traducendole fra sé e sé.
-
Crederci lo rende reale. -
Sostanzialmente si trattava di quello e si stupì che dopo tutto si
potevano
attraversare i mondi, i tempi ed ogni confine ma ci si ritrovava sempre
sullo
stesso principio di base.
Era
una questione di fede.
Cominciavi
a vedere, sentire e provare
il bene se ti convincevi che c’era. E questo si traduceva poi in quella
specie
di magia benefica che aveva tanto colpito Caspian perché ne era certo,
prima
non c’era stata.
-
Sì, immagino si possa dire così… -
Fece Lucy con un gran dolcissimo sorriso, contenta che il suo amico
avesse
capito.
-
E’ bellissimo. - Concluse ammirato il
ragazzo più grande beandosi di quell’atmosfera che lo graziava, in
qualche
modo. - E’ per questo che bisogna fermarsi ogni tanto. Per cogliere
tutto ciò.
-
Infine,
capendo anche questo, ci arrivò.
A ciò che Aslan, molto probabilmente, aveva voluto fargli comprendere.
Realizzandolo,
però, un moto di paura lo
colse. Il tempo si stava concludendo e sapeva che anche se non voleva
le cose
andavano avanti lo stesso nella precisa direzione in cui dovevano.
Poteva
mai essere pronto, però, per una
cosa simile?
Guardò
Peter scendere dalle scale
cambiato, sistemato ed elegante per la serata e si rispose che non lo
sarebbe
mai stato.
La
cena fu un successo, mangiarono fino
a scoppiare, risero, parlarono e stettero in una piacevolissima
compagnia fra
tutti loro. Fu poi il momento di scambiarsi i regali e tutti i
familiari ne
avevano presi, pensieri significativi che rallegravano chi li riceveva.
Caspian
rimase discretamente in disparte
ad osservare la scena familiare invidiandola inevitabilmente,
ricordando le
proprie quando i suoi genitori l’avevano reso felice allo stesso modo.
Ricordò
con un moto di nostalgia mentre
il calore emanato dai Pevensie lo commoveva di nascosto. Era da troppo
tempo
che a Narnia, regnando, non si era concesso tanto svago e tanta gioia
fine a sé
stessa. Non si era sentito così da davvero troppo tempo e nonostante
sapesse di
aver fatto tutto il bene necessario per il suo Regno e lo amasse più di
sé
stesso, sentiva ora che l’aveva provato e vissuto il bisogno di amare
anche sé
stesso quanto il suo Regno.
Sentiva
il bisogno di essere felice e si
chiese se senza Peter sarebbe stato possibile, ma gli mancava il suo
mondo, il
suo popolo ed il pensiero che stessero impazzendo a trovarlo e che
magari
fossero in pericolo lo turbava. Non poteva semplicemente lasciarsi
tutto alle
spalle e sperare di rimanere in quel mondo lì e basta.
Non
ne era in grado.
Il
suo lato di Re c’era ed era radicato,
solo che ora sapeva cosa aveva sbagliato e cosa doveva o non doveva
fare.
E
non poteva che aggrapparsi alla
speranza che in qualche modo ce l’avrebbe fatta lo stesso, ad essere
felice.
Non
gli rimaneva che quello.
Aslan
gli aveva affidato Narnia, Peter
gliel’aveva lasciata prospera e grandiosa, lui non avrebbe deluso
nessuno, non
avrebbe rovinato niente.
I
doni si accettavano, si curavano e si
conservavano.
Fu
distratto dalle sue considerazioni
mature e malinconiche al tempo stesso da Peter stesso, quando tirandolo
impaziente e autoritario per un braccio lo alzò dicendo:
-
Dai, vieni su che ti do il mio regalo!
- A quello Caspian non poté che pensare ad una sola cosa, suo malgrado
lo seguì
nonostante pensasse che non fosse il momento.
“Del
resto potrebbe anche essere l’unico…”
Rientrati
in camera chiusa poi
rigorosamente a chiave onde evitare sorprese, Peter lo guardò con un
certo
trionfo nello sguardo. Sembrava non contemplasse minimamente il fatto
che a
breve si sarebbero di certo separati. Lui viveva il momento a pieno
anche se
era sempre costantemente improntato verso il futuro e non dimenticava
il
passato.
Quella,
probabilmente, era l’ultima
lezione.
Sospirò
e si fece coraggio, poi inghiottì,
chiuse gli occhi e dopo averli tenuti serrati per un istante, li riaprì
scacciando ogni tristezza.
Tutte
le energie furono concentrate sul
ragazzo che, davanti a lui, lo guardava accigliato aspettando che fosse
pronto.
-
Allora? - Chiese Caspian educato.
Peter
tornò a sorridere con orgoglio,
quindi si sedette nel letto e se lo tirò dietro, dopo aver trafficato
col
proprio collo, si sfilò una collanina. Era un filo di cuoio il cui
ciondolo era
una piccola croce in legno intagliata a mano.
-
Questa me la sono fatta io quando ero
piccolo. C’era la guerra a Londra e noi passavamo gran parte del nostro
tempo
nei rifugi aspettando il momento in cui avrebbero fatto partire i
bambini per
le campagne a metterli al sicuro. Mio padre era partito per combattere
con l’esercito
e la mamma che doveva pensare a molte cose spesso non c’era, siccome
uscire era
pericoloso, noi quattro rimanevamo o a casa o nel rifugio anti
bombardamento.
Io pensavo a tutti loro, cercavo di tenerli più sicuri che potevo, ma
sai… ero
un bambino anche io ed in realtà ero terrorizzato come tutti, anche se
cercavo
di nasconderlo per farli sentire meglio. Per farmi forza mi sono
intagliato
questa croce e me la sono messa al collo. Mi dava forza. La croce è il
simbolo
della nostra fede. Io non mi sono mai interrogato se credo o no però
questa
croce un po’ mi rassicurava. Alla fine abbiamo superato quei brutti
momenti,
specie grazie a Narnia devo dire, e quando la guerra è finita e siamo
tornati a
casa c’era anche papà e piano piano abbiamo potuto ricominciare. -
Caspian
ascoltò affascinato e toccato da questa sua apertura, non gli aveva mai
raccontato di sé in quel modo, sapeva solo che anche lui aveva vissuto
esperienze difficili da bambino, oltre che quelle di Narnia che
conosceva bene.
Capì meglio da cosa derivasse quella sua forza di carattere e quel suo
apparire
stoico e coraggioso. Era solo un altro modo per proteggere le sue
sorelle e suo
fratello a cui teneva più di ogni altra cosa.
Si
ritrovò attratto da lui una volta di
più ma non dal punto di vista fisico, bensì da quello interiore.
Sentì
il suo spirito così vicino che gli
salì un nodo alla gola ancora prima che concludesse il suo discorso.
-
Voglio che la tenga tu. Voglio che tu
abbia una parte di me anche quando sarai a Narnia e che non ti
dimentichi mai
di me. - Questo piccolo volere denotava il suo egocentrismo, in un
certo senso,
ma gli piacque anche per quello. Quel gesto era così tanto da lui che
prima di
capire il significato profondo, sorrise.
Poi
però impallidì e il nodo salì
pericolosamente agli occhi. Trattenne le lacrime ma non osò parlare.
Era rigido
come una statua e questo suo stato shockato divertì Peter che ghignò
sensualmente mentre senza chiedergli il parere gli legava al collo la
collanina.
Non
si chiese se gli sarebbe rimasto
addosso una volta che se ne sarebbe andato nel suo mondo, sapeva che
Aslan non
gli avrebbe negato questo.
Quando
finì la piccola e semplice
operazione, sorrise trionfante e soddisfatto osservando il suo compagno
ancora
sconvolto e sorpreso del suo gesto.
Lo
fissava come fosse un estraneo.
-
Io… - Disse poi calando
improvvisamente le arie - Vorrei un tuo ricordo. Qualcosa da tenere di
tuo. -
Lo disse e per un proverbiale e leggendario momento, Peter arrossì!
Questo
ebbe la forza di svegliare
Caspian che si rese conto dell’imbarazzo del ragazzo. Sbatté le
palpebre un
paio di volte cercando di capire se fosse vero oppure avesse le
visioni, poi
ebbe conferma quando lo vide mordicchiarsi il labbro inferiore. Quel
labbro così
pieno che ogni volta che lo baciava gli accendeva ogni altro desiderio
nascosto.
-
Ecco… non sapevo di questa usanza di
scambiarsi i regali, così non ho pensato a niente… - Disse con onestà
preso
alla sprovvista. Vide però l’insistenza nello sguardo di Peter che ben
presto
scacciò il proprio disagio, quel ricordo lo voleva e non vi avrebbe
rinunciato.
-
Va bene qualunque cosa, non importa…
anche un capello, e che diamine! - Disse con insistenza. L’altro rise
toccandosi
la croce al collo e si chiese cosa avesse di così significativo da
dargli.
Lui
non solo gli aveva dato una cosa
importante, ma aveva condiviso il ricordo legata ad essa e non era una
cosa da
poco.
Pensò
a cosa indossava e si rese conto
che in quanto re di Narnia aveva un oggetto da cui non poteva mai
separarsi. Il
suo anello. L’anello dei re appartenente alla propria famiglia.
Suo
padre l’aveva indossato prima di lui
e di sicuro Peter stesso, quando aveva regnato in quegli anni del
passato, ne
aveva avuto uno simile.
Andò
così fra i vestiti che aveva
indossato venendo dal proprio palazzo, quelli che poi aveva cambiato
poiché
fuori moda rispetto a quelli londinesi. Con essi aveva deposto il suo
anello
consapevole che anch’esso lì era fuori posto.
Lo
prese, non era troppo eccessivo o
appariscente, era una semplice fede in oro fino, come quelle che lì
sulla Terra
usavano le coppie per unirsi in matrimonio.
Capendo
di cosa si trattava, Peter sgranò
gli occhi chiari non aspettandosi una cosa simile, conoscendone il
significato.
Tuttavia
Caspian alzò la mano in segno
di fare silenzio e accomodandosi ordinatamente accanto a lui, prese un
respiro
e spiegò così come aveva fatto prima lui stesso.
-
Non ho altro che questo perché da lui
non mi separo mai. È l’anello dei re della mia famiglia. Lo tengo
sempre ma non
perché indica il mio rango, bensì perchè era di mio padre e di tutti i
membri
della mia famiglia che ci hanno preceduti. È una cosa a cui tengo
tantissimo.
Ricordo una volta da piccolo in cui chiesi a mio padre cosa fosse
quell’anello.
Sai, ne aveva due. Uno perché era sposato con la mamma ed un altro era
quello.
Mi spiegò di cosa si trattava e mi disse che rappresentava il
giuramento di
servire e proteggere il popolo a qualunque costo. Mi disse che un
giorno avrei
fatto lo stesso e che sarebbe stato mio. Quando lo ricevetti pensai a
lui e a
quel momento e quando mi sento smarrito e solo stringo quell’anello e
so che le
decisioni che prenderò saranno giuste. Questo anello rappresenta una
fede ed una
promessa ed io voglio dartelo facendone una a mia volta. - Si
interruppe
sentendo la propria emozione salirgli di nuovo attraverso gli occhi che
gli
bruciavano. Forse ora avrebbe pianto e non tanto per quello che stava
per dire
quanto perché vedeva Peter stesso ammutolito con aria quasi spaventata,
era
davvero colpito nel profondo dal suo gesto. Rigido, stringeva le labbra
come un
forsennato e respirava a fondo cercando la forza di ascoltare tutto
fino alla
fine.
Gli
prese la mano consapevole che quella
sarebbe stata probabilmente la loro ultima notte e che non avrebbero
mai avuto
occasione di fare una cosa simile se non in quel momento, così non se
ne
vergognò e raccogliendo ogni forza residua, guardandolo fisso negli
occhi con
decisione ed emozione, gli infilò la fede al dito.
Poi
concluse:
-
Prometto che non ti dimenticherò mai e
che vivrò vegliando sulla tua Narnia perché è un altro dono che mi hai
fatto a
cui sono profondamente legato. Prometto però di farlo volendo bene ad
essa
tanto quanto ne voglio a me. E a te. -
E
non gli parve a nessuno dei due un
eccessivo gesto di romanticismo, solo qualcosa di appropriato. Un
ricordo dalla
potenza tale da poter sopravvivere a due mondi diversi e a tutte le
epoche che
avrebbero vissuto separati.
Qualcosa
che gli avrebbe dato sempre la
forza di andare avanti.
E
con le lacrime che minacciavano di
uscire ora dagli occhi azzurro chiaro di Peter, gli si aggrappò al
collo
premendo la guancia contro la sua, stringendo le palpebre per fermare
quell’istante
che li stava bruciando e salvando.
Ora
c’era solo un’ultima cosa da fare.
Vivere
fino in fondo quei sentimenti
trovati in quel viaggio insperato ed inatteso, viverli nonostante
tutto, senza
riserve, fino alla fine.
Caspian
lo circondò carico di un’energia
bollente che sentiva di dover passare al compagno, così gli prese il
viso fra
le mani e lo condusse alle proprie labbra. Quando ebbe le sue, lo sentì
sciogliersi e tornare a respirare ed in un istante innescò la miccia.
Peter
ricambiò il bacio a modo suo,
accendendosi come un fuoco, facendo propria la sua bocca e
arricchendosi col
suo sapore. Intrecciarono le lingue in una danza unica dove uno
prevaleva e l’altro
assecondava.
Le
mani corsero sui vestiti e con
frenesia da parte di Peter ed esasperante lentezza da parte di Caspian,
si
spogliarono liberandosi dell’eleganza di quella serata natalizia che si
poteva
dire aveva fatto la sua ultima magia.
Le
camicie scivolarono via lasciando al
tatto solo le canottiere bianche che non tardarono a sfilarsi a
vicenda. Il primo
a scendere alla cintola dei pantaloni fu Peter mentre si alzava in
ginocchio
sul materasso per prevalere sul compagno. Lo costrinse ad
indietreggiare sul
letto e a fargli spazio, così si mise a cavalcioni su di lui e lo
spinse per
distenderlo.
Caspian
continuò ad assecondarlo
febbrile, sentiva la sua bocca che ora assaggiava il resto del proprio
corpo,
la pelle andava a fuoco al contatto con la lingua che non aveva pietà e
lo
torturava infondendogli già subito un piacere a cui resisteva a stento.
Lo
carezzava a sua volta sui fianchi e
sulla schiena risalendo sul collo e spettinandogli i capelli biondi che
gli
ricadevano disordinati sul viso.
Lo
guardava e non riusciva a
staccarsene, convinto che se avesse chiuso gli occhi un attimo sarebbe
sparito
per poi ritrovarsi nella propria camera, a palazzo.
Lo
guardava quasi con paura, ma quello
che gli faceva l’aiutava decisamente a rilassarsi e ad andare oltre al
timore
di ciò che sarebbe successo dopo.
Si
lasciò andare al trattamento che
Peter gli stava riservando sulle parti intime e riuscì a dimenticare
ogni altro
pensiero, trovando che quel presente fosse terribilmente bello e
fantastico.
Peter
lo sentì sciogliersi e godere, così
alla mano sostituì con malizia la bocca e continuò a provocargli quel
piacere
che gli inondava ogni particella del suo essere rispecchiandosi nel
viso
abbandonato e languido.
Quando
lo sentì vicino al limite risalì
il suo corpo senza staccarsi dalla sua pelle accaldata, leccò via il
suo sapore
da ogni parte in cui si imbatteva e giunto al proprio ciondolo, lo
prese fra i
denti alzandosi appena per vederlo in viso. Si incatenarono con gli
occhi e
dopo aver lasciato un delicato bacio sulla croce, la lasciò per fare lo
stesso
sulle labbra. Gli succhiò quello inferiore e lo stesso fece con la
lingua dopo
un lungo bacio che di sentimentale aveva ben poco.
Capì
perché non voleva chiudere gli
occhi e lo assecondò facendo altrettanto, fissandoli nei propri ogni
secondo
che poteva.
Dopo
essere riuscito ad occuparsi di
Caspian in ogni centimetro lo sentì prendere lui stesso l’iniziativa e
spingerlo con delicatezza sotto di sé. Ribaltò le situazioni e si
sedette a
cavalcioni su di lui assaggiando a sua volta il suo corpo.
Alternò
le labbra ai denti che con
provocante delicatezza lo istigava per poi lasciarlo a chiedere di più.
Con
una calma esasperante cominciò ad
occuparsi della sua intimità attraverso i vestiti, prima strofinando sé
stesso,
poi con le mani ed infine con il viso, Peter gemeva infastidito dalla
stoffa
che li separava e quando fece per slacciarsi da solo i pantaloni,
Caspian gli
prese le mani e gliele fermò sul letto quindi gli scostò il resto che
rimaneva
liberando la sua eccitazione. Dopo averlo fatto sospirare un po’ con
qualche
finta, lo leccò dandogli tregua fino a che non se ne occupò pienamente
e con
una certa soddisfazione.
Non
aveva la minima idea di essere
capace di certe cose, ma il trovarsi a farle senza pensarci gli faceva
dedurre
che era una questione di stimoli… e Peter, evidentemente, lo stimolava
come nessuno!
Con
sensualità lo fece quasi impazzire,
fino a che non si sentì lui stesso vicino al culmine, così se lo staccò
di
dosso bruscamente attirandolo al suo viso. Si impossessò
prepotentemente della
sua bocca e dopo un po’ che parve appagato, tornò a prendere il comando
rigirandoselo fra le mani con facilità.
Si
occupò così con meticolosità e poca
gentilezza di un’altra parte di Caspian che gli piaceva forse più di
tutto il
resto.
Lo
premette a pancia in giù ed esplorò
la schiena giungendo ai suoi glutei che parve rimodellarli a suo
piacimento, si
occupò di essi con una certa passione fino a che cominciò a prepararlo.
Fu una
preparazione lunga e piena di godimento da parte di entrambi. Peter lo
spostava
posizionandolo sempre in modi a lui più congeniali e lo sentiva via via
che
proseguiva in un’estasi sempre più accentuata fino a che non decise che
lui
stesso era al limite e appena lo vide pronto, gli si accostò e rimesso
a
schiena in giù per guardarlo meglio in viso gli baciò con leggerezza le
labbra,
gli sistemò le gambe ed entrò con calma e sicurezza al tempo stesso.
Si
mordeva la bocca per paura di
esplodere ed urlare e vedeva Caspian fare altrettanto nella speranza di
non
fare troppa confusione. Avrebbero entrambi voluto lasciarsi andare e
vedendo lo
sforzo del compagno, Peter decise di tappare le loro bocche in un modo
sicuramente migliore. Così senza pensarci meglio si chinò e premette le
labbra
sulle sue, quando le schiuse e le fuse con quelle del compagno iniziò
anche a
muoversi in lui con piccole spinte sommesse. Era doloroso per lui
stesso, visto
quanto era eccitato e quanto poco abituato, nonostante l’egregia
preparazione
minuziosa di prima, fosse Caspian, però non poteva negare che via via
che i
movimenti proseguivano e che le loro lingue si mescolavano, la cosa
diventava
sempre più piacevole.
Ben
presto non riuscì più a contenersi e
avere la sua bocca non fu sufficiente, infatti si tirò su inarcandosi
per
andare più in profondità, Caspian allora chiuse gli occhi e smise di
guardarlo
ossessivamente. Si abbandonò a quelle sensazioni violente che non
sapeva
definire. Erano forti. Erano incredibili. Uniche. Indimenticabili.
Noleva
che continuasse, che entrasse
sempre più, che si fondesse in lui, che lo divorasse. Aveva questo
mostruoso
bisogno impellente di essere un’unica cosa e non solo per un momento ma
per
sempre, un modo per non separarsi mai, per continuare a stare così.
Esplose
il piacere quando si sentirono
fusi non solo nel corpo ma anche nello spirito.
Un’unica
onda dallo stesso ritmo che
andava nella medesima direzione, un crescendo sempre più vertiginoso e
focoso,
frenesia allo stato puro, la stessa follia, lo stesso caos.
Si
sentirono fisicamente in modo totale
ed esclusivo e come se fossero attraversati da una scossa elettrica, si
sentirono
anche intimamente, videro le rispettive anime e le videro scontrarsi
fra di
esse creandone una sola.
Si
sentirono così intimamente e
profondamente da sconvolgersi più per quello che per l’idea che si
sarebbero
presto dovuti lasciare.
Se
ne sconvolsero per quei sentimenti
grandi, veri e vivi che li portavano totalmente l’uno nell’altro.
Come
una sorta di telepatia od empatia.
Aprirono
febbrili gli occhi e si
guardarono mentre le spinte aumentavano il ritmo e le loro voci che
gemevano
cessavano per un istante per dire qualcosa di estremamente importante.
Ci
provarono ma i gemiti ed i sospiri
non gli davano tregua, quel piacere era così grande e folle… così Peter
si chinò
di nuovo sul compagno per sussurrarglielo nella speranza di riuscirci.
Era
importante, voleva dirglielo. Sapeva
che non l’avrebbe mai più detto in vita sua e che quello era il momento
giusto.
Sentiva
che poi altrimenti se ne sarebbe
pentito.
Lui
doveva saperlo.
E
accostando le labbra al suo orecchio
smise per un attimo di respirare per sussurrarglielo con fatica e quasi
timore
di non farcela comunque:
-
Ti amo… - Non fu sicuro di averlo
detto, alla fine, ma dalla reazione di Caspian capì che invece gli era
uscito.
Lo sentì fermarsi di botto e tendersi fino allo spasmo e capì che stava
venendo.
Caspian
stesso in un piacere completo ed
improvviso simile si trovò a dire con un filo delle sue forze quello
che ormai
da tempo pensava ma non osava esprimere. Eppure lo sapeva che prima o
poi l’avrebbe
detto:
-
Ti amo anche io… - Ma solo nel dirlo
si accorse che la voce era rotta dal pianto, che le lacrime che gli
scorrevano
le guance timide e non copiose, non erano per il dolore fisico o morale
ma per
la gioia di essere arrivato a colui che amava.
Non
poteva dire quando questo amore
fosse iniziato, forse era cominciato con la rivalità, con il fastidio
reciproco, con quel rifiutarsi e non accettarsi per poi degenerare con
un’ammirazione
tale che sapeva di non aver mai provato per nessuno.
Capì
che dopo tutto, in un modo o nell’altro,
quel sentimento c’era sempre stato ed anche se aveva cercato di
ignorarlo,
combatterlo, travisarlo e mutarlo, alla fine l’unica era stata
arrendersi e
nella resa non era mai stato tanto meglio.
Per
Peter era stato più difficile
realizzarlo e ammetterlo, ma appena l’aveva capito aveva sentito subito
il
bisogno di dimostrarlo. Ai fatti poi si erano aggiunte le parole. Lui
aveva
sempre pensato che le azioni bastassero per parlare di sé, ma alla fine
aveva
capito che anche le parole, talvolta, avevano una loro valenza.
Capire
quando di preciso se ne era
innamorato non sarebbe stato facile, ma avrebbe avuto una vita per
pensarci e
ripensarci.
Lì
per lì non fu capace di arrivare alla
sommità del gomitolo, non ci rifletté davvero.
Gli
bastò capire che lo amava e che
doveva dirglielo.
Vedergli
quelle piccole lacrime che gli
scendevano dagli occhi che brillavano nei suoi, sentirlo godere
sconvolto fra
le sue braccia e sapere di esserne lui la causa, gli provocò la stessa
reazione
ma prima che le proprie lacrime facessero capolino, le vinse con una
scarica
che partì da Caspian e arrivò diretta in sé stesso.
Raggiunse
il culmine inarcandosi e
lasciando andare un gemito più forte degli altri, tremò in ogni parte
di sé, da
dentro a fuori e si sentì pulsare incontrollatamente fino a che non si
trovò a
crollare sul compagno.
Crollare
e venire cinto dolcemente dalle
sue braccia e dalle sue dita che l’accarezzavano lieve.
Altri
piccoli brividi gli restituirono
la vita e con quel minimo di forze si tirò su appena per guardare in
viso il
giovane che aveva appena ricevuto tutto di lui.
Dalle
lacrime ai sentimenti alle
debolezze alle gioie alle glorie.
Peter,
ora, si era mostrato nella sua
totalità e si era dato completamente all’unico che avrebbe mai potuto
ricevere
ogni cosa di sé.
Assorbì
i suoi lineamenti delicati e la
sua espressione intensa e sconvolta, immersa in quell’estasi pacifica,
e gli
bevve le gocce lucide che scendevano ancora dagli occhi.
Quell’unione
non l’avrebbero mai
dimenticata.
-
Ti amo… - gli ripeté guardandolo di
nuovo negli occhi da cui il pianto appena asciugato tornò copioso a far
capolino.
Peter
sorrise con dolcezza mostrando
finalmente quel lato angelico che anche i suoi lineamenti dimostravano
a
tradimento di un carattere che invece era totalmente diverso da ciò che
lui
appariva.
Anche
Caspian se ne beò e allungandosi
appena lo baciò lentamente imprimendosi a fuoco quel bacio finale come
se fosse
l’ultimo.
Un
ricordo della potenza di una vita.
-
E’ davvero una specie di magia… -
Commentò poi Caspian mentre si sistemava su Peter, ora steso.
-
Cosa? - Chiese non capendo l’altro.
-
Il Natale… - Capì che doveva aver
parlato con Lucy ed immaginò perfettamente il loro dialogo, quindi non
chiese i
dettagli e con un accenno di sorriso disse guardando in alto:
-
Lo è davvero. - E forse lo pensava per
la prima volta solo perché quella volta gli aveva dato l’amore e gli
aveva
fatto capire che lui non ne era immune. O perché non era mai stato
tanto sereno
e felice. Non importava, in quel momento. infine aggiunse con un
piccolo
leggero bacio fra i capelli di Caspian: - Buon Natale. -
Il
ragazzo ricambiò baciandogli a sua
volta il petto:
-
Buon Natale. -
L’unico
che i due passarono insieme. Ma
uno che venne poi moltiplicato negli anni a venire nei loro ricordi che
non
sarebbero comunque mai morti, qualunque cosa sarebbe potuta succedere a
loro.