CAPITOLO XII:
NATALE
 
Solo tu
Puoi fare tutti questi cambiamenti in me
Perché è vero
Tu sei il mio destino
Quando stringi la mia mano. Io capisco
La magia che tu fai
Sei il mio sogno realizzato
Il mio ed unico, tu.”
 
/Only you - The Platters/
 
Caspian non faceva che guardare e riguardare di continuo quell’enorme albero di natale in soggiorno, un abete addobbato con festoni e palline colorate, luci dorate e vari altri ninnoli graziosi che sebbene dovesse rendere il tutto più ridicolo, invece dava un tocco di magia.
Quello insieme ad altri abbellimenti di quel genere in giro per la casa, creavano un’atmosfera diversa.
Non se lo spiegava ma ne era profondamente colpito e mentre fissava gli addobbi natalizi i suoi occhi scuri e penetranti brillavano della stessa luce. Il volto delicato ed elegante sembrava quasi illuminato, ma era simile alla luminosità che c’era nei visi dei bambini quando si perdevano in qualcosa di estremamente bello ai loro occhi.
Non era platealmente gioioso ma timidamente colpito. Si conteneva ma si vedeva quanto gli piacesse tutto quello, quasi come le vetrine di Londra.
Tutti impegnati coi preparativi del cenone della vigilia, l’avevano lasciato solo a perdersi in quell’albero che non sapeva come mai, l’aveva affascinato tanto.
Immerso in pensieri misteriosi per tutti, fu avvicinato da Lucy, l’unica che pareva trovare di tanto in tanto tempo per lui.
Gli altri ne avevano una dietro l’altra e prima dell’ora di cena volevano riuscire a terminare tutto.
- Ti piace? - Chiese con entusiasmo la ragazzina sedutasi accanto a lui. Caspian si riscosse e la guardò come la vedesse per la prima volta. Si era cambiata e messa elegante come, solo ora notava, anche gli altri.
- Sì… a Narnia non lo festeggiamo il Natale, abbiamo altri tipi di feste sacre a cui diamo molta importanza e che evidenziamo con dei riti specifici, ma niente di simile a questo… ma lo sai bene… - Disse ricordandosi che lei e gli altri avevano vissuto a Narnia a lungo, regnando e rendendo prospero il Paese.
- E a cosa pensavi? - Chiese con ingenua semplicità. Caspian non si infastidì che lo volesse sapere e lieto che glielo chiedesse, espose ciò che gli era balenato in mente per tutto quel tempo.
- C’è magia in questo. E’ diversa da quella di Narnia, da quella più classica ed evidente, magari. Ma c’è magia in tutto questo. Solo che non riesco a coglierne il segreto, da dove derivi ed in cosa consista. Però si sente. C’è magia in tutto questo. -
Lucy sorrise con fare adulto e materno, un sé vissuto proprio a Narnia dove era cresciuta prima di tornare bambina.
- E’ la magia del Natale. È un mistero, ma c’è. Io credo che sia un auto convincersi che in questo periodo c’è più bontà nel mondo e così lo diventiamo tutti davvero. È qualcosa che succede solo in questo periodo. -
Caspian ascoltò attentamente le sue parole e le assorbì traducendole fra sé e sé.
- Crederci lo rende reale. - Sostanzialmente si trattava di quello e si stupì che dopo tutto si potevano attraversare i mondi, i tempi ed ogni confine ma ci si ritrovava sempre sullo stesso principio di base.
Era una questione di fede.
Cominciavi a vedere, sentire e provare il bene se ti convincevi che c’era. E questo si traduceva poi in quella specie di magia benefica che aveva tanto colpito Caspian perché ne era certo, prima non c’era stata.
- Sì, immagino si possa dire così… - Fece Lucy con un gran dolcissimo sorriso, contenta che il suo amico avesse capito.
- E’ bellissimo. - Concluse ammirato il ragazzo più grande beandosi di quell’atmosfera che lo graziava, in qualche modo. - E’ per questo che bisogna fermarsi ogni tanto. Per cogliere tutto ciò. -
Infine, capendo anche questo, ci arrivò. A ciò che Aslan, molto probabilmente, aveva voluto fargli comprendere.
Realizzandolo, però, un moto di paura lo colse. Il tempo si stava concludendo e sapeva che anche se non voleva le cose andavano avanti lo stesso nella precisa direzione in cui dovevano.
Poteva mai essere pronto, però, per una cosa simile?
Guardò Peter scendere dalle scale cambiato, sistemato ed elegante per la serata e si rispose che non lo sarebbe mai stato.
 
La cena fu un successo, mangiarono fino a scoppiare, risero, parlarono e stettero in una piacevolissima compagnia fra tutti loro. Fu poi il momento di scambiarsi i regali e tutti i familiari ne avevano presi, pensieri significativi che rallegravano chi li riceveva.
Caspian rimase discretamente in disparte ad osservare la scena familiare invidiandola inevitabilmente, ricordando le proprie quando i suoi genitori l’avevano reso felice allo stesso modo.
Ricordò con un moto di nostalgia mentre il calore emanato dai Pevensie lo commoveva di nascosto. Era da troppo tempo che a Narnia, regnando, non si era concesso tanto svago e tanta gioia fine a sé stessa. Non si era sentito così da davvero troppo tempo e nonostante sapesse di aver fatto tutto il bene necessario per il suo Regno e lo amasse più di sé stesso, sentiva ora che l’aveva provato e vissuto il bisogno di amare anche sé stesso quanto il suo Regno.
Sentiva il bisogno di essere felice e si chiese se senza Peter sarebbe stato possibile, ma gli mancava il suo mondo, il suo popolo ed il pensiero che stessero impazzendo a trovarlo e che magari fossero in pericolo lo turbava. Non poteva semplicemente lasciarsi tutto alle spalle e sperare di rimanere in quel mondo lì e basta.
Non ne era in grado.
Il suo lato di Re c’era ed era radicato, solo che ora sapeva cosa aveva sbagliato e cosa doveva o non doveva fare.
E non poteva che aggrapparsi alla speranza che in qualche modo ce l’avrebbe fatta lo stesso, ad essere felice.
Non gli rimaneva che quello.
Aslan gli aveva affidato Narnia, Peter gliel’aveva lasciata prospera e grandiosa, lui non avrebbe deluso nessuno, non avrebbe rovinato niente.
I doni si accettavano, si curavano e si conservavano.
Fu distratto dalle sue considerazioni mature e malinconiche al tempo stesso da Peter stesso, quando tirandolo impaziente e autoritario per un braccio lo alzò dicendo:
- Dai, vieni su che ti do il mio regalo! - A quello Caspian non poté che pensare ad una sola cosa, suo malgrado lo seguì nonostante pensasse che non fosse il momento.
Del resto potrebbe anche essere l’unico…”
Rientrati in camera chiusa poi rigorosamente a chiave onde evitare sorprese, Peter lo guardò con un certo trionfo nello sguardo. Sembrava non contemplasse minimamente il fatto che a breve si sarebbero di certo separati. Lui viveva il momento a pieno anche se era sempre costantemente improntato verso il futuro e non dimenticava il passato.
Quella, probabilmente, era l’ultima lezione.
Sospirò e si fece coraggio, poi inghiottì, chiuse gli occhi e dopo averli tenuti serrati per un istante, li riaprì scacciando ogni tristezza.
Tutte le energie furono concentrate sul ragazzo che, davanti a lui, lo guardava accigliato aspettando che fosse pronto.
- Allora? - Chiese Caspian educato.
Peter tornò a sorridere con orgoglio, quindi si sedette nel letto e se lo tirò dietro, dopo aver trafficato col proprio collo, si sfilò una collanina. Era un filo di cuoio il cui ciondolo era una piccola croce in legno intagliata a mano.
- Questa me la sono fatta io quando ero piccolo. C’era la guerra a Londra e noi passavamo gran parte del nostro tempo nei rifugi aspettando il momento in cui avrebbero fatto partire i bambini per le campagne a metterli al sicuro. Mio padre era partito per combattere con l’esercito e la mamma che doveva pensare a molte cose spesso non c’era, siccome uscire era pericoloso, noi quattro rimanevamo o a casa o nel rifugio anti bombardamento. Io pensavo a tutti loro, cercavo di tenerli più sicuri che potevo, ma sai… ero un bambino anche io ed in realtà ero terrorizzato come tutti, anche se cercavo di nasconderlo per farli sentire meglio. Per farmi forza mi sono intagliato questa croce e me la sono messa al collo. Mi dava forza. La croce è il simbolo della nostra fede. Io non mi sono mai interrogato se credo o no però questa croce un po’ mi rassicurava. Alla fine abbiamo superato quei brutti momenti, specie grazie a Narnia devo dire, e quando la guerra è finita e siamo tornati a casa c’era anche papà e piano piano abbiamo potuto ricominciare. - Caspian ascoltò affascinato e toccato da questa sua apertura, non gli aveva mai raccontato di sé in quel modo, sapeva solo che anche lui aveva vissuto esperienze difficili da bambino, oltre che quelle di Narnia che conosceva bene. Capì meglio da cosa derivasse quella sua forza di carattere e quel suo apparire stoico e coraggioso. Era solo un altro modo per proteggere le sue sorelle e suo fratello a cui teneva più di ogni altra cosa.
Si ritrovò attratto da lui una volta di più ma non dal punto di vista fisico, bensì da quello interiore.
Sentì il suo spirito così vicino che gli salì un nodo alla gola ancora prima che concludesse il suo discorso.
- Voglio che la tenga tu. Voglio che tu abbia una parte di me anche quando sarai a Narnia e che non ti dimentichi mai di me. - Questo piccolo volere denotava il suo egocentrismo, in un certo senso, ma gli piacque anche per quello. Quel gesto era così tanto da lui che prima di capire il significato profondo, sorrise.
Poi però impallidì e il nodo salì pericolosamente agli occhi. Trattenne le lacrime ma non osò parlare. Era rigido come una statua e questo suo stato shockato divertì Peter che ghignò sensualmente mentre senza chiedergli il parere gli legava al collo la collanina.
Non si chiese se gli sarebbe rimasto addosso una volta che se ne sarebbe andato nel suo mondo, sapeva che Aslan non gli avrebbe negato questo.
Quando finì la piccola e semplice operazione, sorrise trionfante e soddisfatto osservando il suo compagno ancora sconvolto e sorpreso del suo gesto.
Lo fissava come fosse un estraneo.
- Io… - Disse poi calando improvvisamente le arie - Vorrei un tuo ricordo. Qualcosa da tenere di tuo. - Lo disse e per un proverbiale e leggendario momento, Peter arrossì!
Questo ebbe la forza di svegliare Caspian che si rese conto dell’imbarazzo del ragazzo. Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di capire se fosse vero oppure avesse le visioni, poi ebbe conferma quando lo vide mordicchiarsi il labbro inferiore. Quel labbro così pieno che ogni volta che lo baciava gli accendeva ogni altro desiderio nascosto.
- Ecco… non sapevo di questa usanza di scambiarsi i regali, così non ho pensato a niente… - Disse con onestà preso alla sprovvista. Vide però l’insistenza nello sguardo di Peter che ben presto scacciò il proprio disagio, quel ricordo lo voleva e non vi avrebbe rinunciato.
- Va bene qualunque cosa, non importa… anche un capello, e che diamine! - Disse con insistenza. L’altro rise toccandosi la croce al collo e si chiese cosa avesse di così significativo da dargli.
Lui non solo gli aveva dato una cosa importante, ma aveva condiviso il ricordo legata ad essa e non era una cosa da poco.
Pensò a cosa indossava e si rese conto che in quanto re di Narnia aveva un oggetto da cui non poteva mai separarsi. Il suo anello. L’anello dei re appartenente alla propria famiglia.
Suo padre l’aveva indossato prima di lui e di sicuro Peter stesso, quando aveva regnato in quegli anni del passato, ne aveva avuto uno simile.
Andò così fra i vestiti che aveva indossato venendo dal proprio palazzo, quelli che poi aveva cambiato poiché fuori moda rispetto a quelli londinesi. Con essi aveva deposto il suo anello consapevole che anch’esso lì era fuori posto.
Lo prese, non era troppo eccessivo o appariscente, era una semplice fede in oro fino, come quelle che lì sulla Terra usavano le coppie per unirsi in matrimonio.
Capendo di cosa si trattava, Peter sgranò gli occhi chiari non aspettandosi una cosa simile, conoscendone il significato.
Tuttavia Caspian alzò la mano in segno di fare silenzio e accomodandosi ordinatamente accanto a lui, prese un respiro e spiegò così come aveva fatto prima lui stesso.
- Non ho altro che questo perché da lui non mi separo mai. È l’anello dei re della mia famiglia. Lo tengo sempre ma non perché indica il mio rango, bensì perchè era di mio padre e di tutti i membri della mia famiglia che ci hanno preceduti. È una cosa a cui tengo tantissimo. Ricordo una volta da piccolo in cui chiesi a mio padre cosa fosse quell’anello. Sai, ne aveva due. Uno perché era sposato con la mamma ed un altro era quello. Mi spiegò di cosa si trattava e mi disse che rappresentava il giuramento di servire e proteggere il popolo a qualunque costo. Mi disse che un giorno avrei fatto lo stesso e che sarebbe stato mio. Quando lo ricevetti pensai a lui e a quel momento e quando mi sento smarrito e solo stringo quell’anello e so che le decisioni che prenderò saranno giuste. Questo anello rappresenta una fede ed una promessa ed io voglio dartelo facendone una a mia volta. - Si interruppe sentendo la propria emozione salirgli di nuovo attraverso gli occhi che gli bruciavano. Forse ora avrebbe pianto e non tanto per quello che stava per dire quanto perché vedeva Peter stesso ammutolito con aria quasi spaventata, era davvero colpito nel profondo dal suo gesto. Rigido, stringeva le labbra come un forsennato e respirava a fondo cercando la forza di ascoltare tutto fino alla fine.
Gli prese la mano consapevole che quella sarebbe stata probabilmente la loro ultima notte e che non avrebbero mai avuto occasione di fare una cosa simile se non in quel momento, così non se ne vergognò e raccogliendo ogni forza residua, guardandolo fisso negli occhi con decisione ed emozione, gli infilò la fede al dito.
Poi concluse:
- Prometto che non ti dimenticherò mai e che vivrò vegliando sulla tua Narnia perché è un altro dono che mi hai fatto a cui sono profondamente legato. Prometto però di farlo volendo bene ad essa tanto quanto ne voglio a me. E a te. -
E non gli parve a nessuno dei due un eccessivo gesto di romanticismo, solo qualcosa di appropriato. Un ricordo dalla potenza tale da poter sopravvivere a due mondi diversi e a tutte le epoche che avrebbero vissuto separati.
Qualcosa che gli avrebbe dato sempre la forza di andare avanti.
E con le lacrime che minacciavano di uscire ora dagli occhi azzurro chiaro di Peter, gli si aggrappò al collo premendo la guancia contro la sua, stringendo le palpebre per fermare quell’istante che li stava bruciando e salvando.
Ora c’era solo un’ultima cosa da fare.
Vivere fino in fondo quei sentimenti trovati in quel viaggio insperato ed inatteso, viverli nonostante tutto, senza riserve, fino alla fine.
Caspian lo circondò carico di un’energia bollente che sentiva di dover passare al compagno, così gli prese il viso fra le mani e lo condusse alle proprie labbra. Quando ebbe le sue, lo sentì sciogliersi e tornare a respirare ed in un istante innescò la miccia.
Peter ricambiò il bacio a modo suo, accendendosi come un fuoco, facendo propria la sua bocca e arricchendosi col suo sapore. Intrecciarono le lingue in una danza unica dove uno prevaleva e l’altro assecondava.
Le mani corsero sui vestiti e con frenesia da parte di Peter ed esasperante lentezza da parte di Caspian, si spogliarono liberandosi dell’eleganza di quella serata natalizia che si poteva dire aveva fatto la sua ultima magia.
Le camicie scivolarono via lasciando al tatto solo le canottiere bianche che non tardarono a sfilarsi a vicenda. Il primo a scendere alla cintola dei pantaloni fu Peter mentre si alzava in ginocchio sul materasso per prevalere sul compagno. Lo costrinse ad indietreggiare sul letto e a fargli spazio, così si mise a cavalcioni su di lui e lo spinse per distenderlo.
Caspian continuò ad assecondarlo febbrile, sentiva la sua bocca che ora assaggiava il resto del proprio corpo, la pelle andava a fuoco al contatto con la lingua che non aveva pietà e lo torturava infondendogli già subito un piacere a cui resisteva a stento.
Lo carezzava a sua volta sui fianchi e sulla schiena risalendo sul collo e spettinandogli i capelli biondi che gli ricadevano disordinati sul viso.
Lo guardava e non riusciva a staccarsene, convinto che se avesse chiuso gli occhi un attimo sarebbe sparito per poi ritrovarsi nella propria camera, a palazzo.
Lo guardava quasi con paura, ma quello che gli faceva l’aiutava decisamente a rilassarsi e ad andare oltre al timore di ciò che sarebbe successo dopo.
Si lasciò andare al trattamento che Peter gli stava riservando sulle parti intime e riuscì a dimenticare ogni altro pensiero, trovando che quel presente fosse terribilmente bello e fantastico.
Peter lo sentì sciogliersi e godere, così alla mano sostituì con malizia la bocca e continuò a provocargli quel piacere che gli inondava ogni particella del suo essere rispecchiandosi nel viso abbandonato e languido.
Quando lo sentì vicino al limite risalì il suo corpo senza staccarsi dalla sua pelle accaldata, leccò via il suo sapore da ogni parte in cui si imbatteva e giunto al proprio ciondolo, lo prese fra i denti alzandosi appena per vederlo in viso. Si incatenarono con gli occhi e dopo aver lasciato un delicato bacio sulla croce, la lasciò per fare lo stesso sulle labbra. Gli succhiò quello inferiore e lo stesso fece con la lingua dopo un lungo bacio che di sentimentale aveva ben poco.
Capì perché non voleva chiudere gli occhi e lo assecondò facendo altrettanto, fissandoli nei propri ogni secondo che poteva.
Dopo essere riuscito ad occuparsi di Caspian in ogni centimetro lo sentì prendere lui stesso l’iniziativa e spingerlo con delicatezza sotto di sé. Ribaltò le situazioni e si sedette a cavalcioni su di lui assaggiando a sua volta il suo corpo.
Alternò le labbra ai denti che con provocante delicatezza lo istigava per poi lasciarlo a chiedere di più.
Con una calma esasperante cominciò ad occuparsi della sua intimità attraverso i vestiti, prima strofinando sé stesso, poi con le mani ed infine con il viso, Peter gemeva infastidito dalla stoffa che li separava e quando fece per slacciarsi da solo i pantaloni, Caspian gli prese le mani e gliele fermò sul letto quindi gli scostò il resto che rimaneva liberando la sua eccitazione. Dopo averlo fatto sospirare un po’ con qualche finta, lo leccò dandogli tregua fino a che non se ne occupò pienamente e con una certa soddisfazione.
Non aveva la minima idea di essere capace di certe cose, ma il trovarsi a farle senza pensarci gli faceva dedurre che era una questione di stimoli… e Peter, evidentemente, lo stimolava come nessuno!
Con sensualità lo fece quasi impazzire, fino a che non si sentì lui stesso vicino al culmine, così se lo staccò di dosso bruscamente attirandolo al suo viso. Si impossessò prepotentemente della sua bocca e dopo un po’ che parve appagato, tornò a prendere il comando rigirandoselo fra le mani con facilità.
Si occupò così con meticolosità e poca gentilezza di un’altra parte di Caspian che gli piaceva forse più di tutto il resto.
Lo premette a pancia in giù ed esplorò la schiena giungendo ai suoi glutei che parve rimodellarli a suo piacimento, si occupò di essi con una certa passione fino a che cominciò a prepararlo. Fu una preparazione lunga e piena di godimento da parte di entrambi. Peter lo spostava posizionandolo sempre in modi a lui più congeniali e lo sentiva via via che proseguiva in un’estasi sempre più accentuata fino a che non decise che lui stesso era al limite e appena lo vide pronto, gli si accostò e rimesso a schiena in giù per guardarlo meglio in viso gli baciò con leggerezza le labbra, gli sistemò le gambe ed entrò con calma e sicurezza al tempo stesso.
Si mordeva la bocca per paura di esplodere ed urlare e vedeva Caspian fare altrettanto nella speranza di non fare troppa confusione. Avrebbero entrambi voluto lasciarsi andare e vedendo lo sforzo del compagno, Peter decise di tappare le loro bocche in un modo sicuramente migliore. Così senza pensarci meglio si chinò e premette le labbra sulle sue, quando le schiuse e le fuse con quelle del compagno iniziò anche a muoversi in lui con piccole spinte sommesse. Era doloroso per lui stesso, visto quanto era eccitato e quanto poco abituato, nonostante l’egregia preparazione minuziosa di prima, fosse Caspian, però non poteva negare che via via che i movimenti proseguivano e che le loro lingue si mescolavano, la cosa diventava sempre più piacevole.
Ben presto non riuscì più a contenersi e avere la sua bocca non fu sufficiente, infatti si tirò su inarcandosi per andare più in profondità, Caspian allora chiuse gli occhi e smise di guardarlo ossessivamente. Si abbandonò a quelle sensazioni violente che non sapeva definire. Erano forti. Erano incredibili. Uniche. Indimenticabili.
Noleva che continuasse, che entrasse sempre più, che si fondesse in lui, che lo divorasse. Aveva questo mostruoso bisogno impellente di essere un’unica cosa e non solo per un momento ma per sempre, un modo per non separarsi mai, per continuare a stare così.
Esplose il piacere quando si sentirono fusi non solo nel corpo ma anche nello spirito.
Un’unica onda dallo stesso ritmo che andava nella medesima direzione, un crescendo sempre più vertiginoso e focoso, frenesia allo stato puro, la stessa follia, lo stesso caos.
Si sentirono fisicamente in modo totale ed esclusivo e come se fossero attraversati da una scossa elettrica, si sentirono anche intimamente, videro le rispettive anime e le videro scontrarsi fra di esse creandone una sola.
Si sentirono così intimamente e profondamente da sconvolgersi più per quello che per l’idea che si sarebbero presto dovuti lasciare.
Se ne sconvolsero per quei sentimenti grandi, veri e vivi che li portavano totalmente l’uno nell’altro.
Come una sorta di telepatia od empatia.
Aprirono febbrili gli occhi e si guardarono mentre le spinte aumentavano il ritmo e le loro voci che gemevano cessavano per un istante per dire qualcosa di estremamente importante.
Ci provarono ma i gemiti ed i sospiri non gli davano tregua, quel piacere era così grande e folle… così Peter si chinò di nuovo sul compagno per sussurrarglielo nella speranza di riuscirci.
Era importante, voleva dirglielo. Sapeva che non l’avrebbe mai più detto in vita sua e che quello era il momento giusto.
Sentiva che poi altrimenti se ne sarebbe pentito.
Lui doveva saperlo.
E accostando le labbra al suo orecchio smise per un attimo di respirare per sussurrarglielo con fatica e quasi timore di non farcela comunque:
- Ti amo… - Non fu sicuro di averlo detto, alla fine, ma dalla reazione di Caspian capì che invece gli era uscito. Lo sentì fermarsi di botto e tendersi fino allo spasmo e capì che stava venendo.
Caspian stesso in un piacere completo ed improvviso simile si trovò a dire con un filo delle sue forze quello che ormai da tempo pensava ma non osava esprimere. Eppure lo sapeva che prima o poi l’avrebbe detto:
- Ti amo anche io… - Ma solo nel dirlo si accorse che la voce era rotta dal pianto, che le lacrime che gli scorrevano le guance timide e non copiose, non erano per il dolore fisico o morale ma per la gioia di essere arrivato a colui che amava.
Non poteva dire quando questo amore fosse iniziato, forse era cominciato con la rivalità, con il fastidio reciproco, con quel rifiutarsi e non accettarsi per poi degenerare con un’ammirazione tale che sapeva di non aver mai provato per nessuno.
Capì che dopo tutto, in un modo o nell’altro, quel sentimento c’era sempre stato ed anche se aveva cercato di ignorarlo, combatterlo, travisarlo e mutarlo, alla fine l’unica era stata arrendersi e nella resa non era mai stato tanto meglio.
Per Peter era stato più difficile realizzarlo e ammetterlo, ma appena l’aveva capito aveva sentito subito il bisogno di dimostrarlo. Ai fatti poi si erano aggiunte le parole. Lui aveva sempre pensato che le azioni bastassero per parlare di sé, ma alla fine aveva capito che anche le parole, talvolta, avevano una loro valenza.
Capire quando di preciso se ne era innamorato non sarebbe stato facile, ma avrebbe avuto una vita per pensarci e ripensarci.
Lì per lì non fu capace di arrivare alla sommità del gomitolo, non ci rifletté davvero.
Gli bastò capire che lo amava e che doveva dirglielo.
Vedergli quelle piccole lacrime che gli scendevano dagli occhi che brillavano nei suoi, sentirlo godere sconvolto fra le sue braccia e sapere di esserne lui la causa, gli provocò la stessa reazione ma prima che le proprie lacrime facessero capolino, le vinse con una scarica che partì da Caspian e arrivò diretta in sé stesso.
Raggiunse il culmine inarcandosi e lasciando andare un gemito più forte degli altri, tremò in ogni parte di sé, da dentro a fuori e si sentì pulsare incontrollatamente fino a che non si trovò a crollare sul compagno.
Crollare e venire cinto dolcemente dalle sue braccia e dalle sue dita che l’accarezzavano lieve.
Altri piccoli brividi gli restituirono la vita e con quel minimo di forze si tirò su appena per guardare in viso il giovane che aveva appena ricevuto tutto di lui.
Dalle lacrime ai sentimenti alle debolezze alle gioie alle glorie.
Peter, ora, si era mostrato nella sua totalità e si era dato completamente all’unico che avrebbe mai potuto ricevere ogni cosa di sé.
Assorbì i suoi lineamenti delicati e la sua espressione intensa e sconvolta, immersa in quell’estasi pacifica, e gli bevve le gocce lucide che scendevano ancora dagli occhi.
Quell’unione non l’avrebbero mai dimenticata.
- Ti amo… - gli ripeté guardandolo di nuovo negli occhi da cui il pianto appena asciugato tornò copioso a far capolino.
Peter sorrise con dolcezza mostrando finalmente quel lato angelico che anche i suoi lineamenti dimostravano a tradimento di un carattere che invece era totalmente diverso da ciò che lui appariva.
Anche Caspian se ne beò e allungandosi appena lo baciò lentamente imprimendosi a fuoco quel bacio finale come se fosse l’ultimo.
Un ricordo della potenza di una vita.
- E’ davvero una specie di magia… - Commentò poi Caspian mentre si sistemava su Peter, ora steso.
- Cosa? - Chiese non capendo l’altro.
- Il Natale… - Capì che doveva aver parlato con Lucy ed immaginò perfettamente il loro dialogo, quindi non chiese i dettagli e con un accenno di sorriso disse guardando in alto:
- Lo è davvero. - E forse lo pensava per la prima volta solo perché quella volta gli aveva dato l’amore e gli aveva fatto capire che lui non ne era immune. O perché non era mai stato tanto sereno e felice. Non importava, in quel momento. infine aggiunse con un piccolo leggero bacio fra i capelli di Caspian: - Buon Natale. -
Il ragazzo ricambiò baciandogli a sua volta il petto:
- Buon Natale. -
L’unico che i due passarono insieme. Ma uno che venne poi moltiplicato negli anni a venire nei loro ricordi che non sarebbero comunque mai morti, qualunque cosa sarebbe potuta succedere a loro.