*Dopo la fine della guerra, l'esercito torna verso Minas Tirith e lo fa con calma dato le fatiche affrontate ed i feriti e i morti trasportati. Aragorn ed Eomer sapranno sfruttare per bene tutto il tempo che li separa dall'arrivo alla Cittadella, quando i doveri prenderanno teoricamente il posto dei piaceri. Teoricamente, dal momento che qua parliamo di Eomer. Il dialogo finale è preso dal libro. Esiste una terza e conclusiva fic che metterò la prossima settimana. Buona lettura. Baci Akane* 

PARTE II

Quella volta, quando si svegliò, era ancora con lui. 
Aprì gli occhi quasi con l’ansia di non rivederlo e di scoprire anzi che era stato tutto un sogno, ma quando lo sentì dormirgli accanto, con le sue braccia forti che lo cingevano protettivo dal lato, si sentì sollevato carezzandolo. 
Girò il capo e lo guardò mentre dormiva sereno col viso contro la sua spalla e sorrise sollevandosi per baciarlo sulla fronte, cercando di non svegliarlo. 
Era rimasto, significava che era rilassato e sicuro, non aveva paura delle conseguenze, del resto dopo aver superato la morte numerose volte, soprattutto dopo aver affrontato l’oscurità, il male puro ed ogni atrocità, la visione della vita e delle cose cambiava. Cambiava la priorità che si dava a ciò che contava, i timori per ciò che prima avevano posto freni, svanivano completamente.
Dopo aver visto il buio negli occhi, finivi per essere diverso. 
Diventavi un sopravvissuto e ti sentivi padrone di una forza e di un coraggio tale, da essere capace di affrontare qualunque prova ed ostacolo.
Già prima Eomer era molto coraggioso ed impulsivo, dopo di quell’esperienza lo sarebbe diventato ancora di più. 
Aragorn sorrise, pensandolo. Poi lento e delicato gli prese il polso e si alzò il braccio che lo inchiodava alla branda, scivolò fuori dai mantelli con cui si erano coperti ed iniziò a vestirsi silenzioso. 
Non aveva realmente fretta di tornare a casa, principalmente perché non aveva mai avuto una casa e non sentiva Minas Tirith come tale, nonostante ormai lo sarebbe diventata. Oltretutto appena sarebbe arrivato, avrebbe dovuto dare inizio ufficialmente e senza indugi alla sua nuova vita di Re. Sarebbero arrivati gli elfi ed avrebbe sposato Arwen e non ci sarebbe stato più modo, per lui, di essere quel semplice uomo che aveva appena compiuto un’impresa grandiosa e che si voleva godere la vita ritrovata ed il piacere puro e semplice.
Stava così bene, lì, in quella tenda con Eomer e sapeva che una volta all’interno della Cittadella, sarebbe tutto finito per forza. 
Sarebbero entrambi tornati ad essere Re, Eomer sarebbe andato a Rohan per i suoi doveri e lui sarebbe rimasto lì a Gondor.
Sospirò scontento, uscendo dalla tenda. La luce del mattino lo colpì, il sole era già sorto ed era caldo e splendido. Fra le altre tende che si spiegavano oltre la sua, i soldati erano già svegli e c’era allegria, molto più del giorno precedente. Dopo essersi riposati e aver concesso un doveroso raccoglimento ai caduti, oggi si sentivano tutti più vivi che mai e felici ed eroi.
E lo erano davvero, ma soprattutto erano uomini desiderosi di tornare alle loro case, dalle loro famiglie. Volevano ricostruire quanto distrutto e pensare solo alle cose belle che erano riusciti a proteggere. 
Aragorn sospirò e infine si arrese definitivamente.
Eomer avrebbe dovuto capire e tornare al suo posto. Una volta a Minas Tirith non avrebbero potuto continuare. Era vero che esistevano tanti tipi di amore e che non ce n’era uno più giusto e migliore dell’altro, ma avrebbe giurato amore eterno ad Arwen sposandola e la sua parte elfica le era troppo legato per spezzare il suo giuramento. 
Non voleva ferirla, oltretutto era la sua sposa perfetta. Era un elfo, figlia di un mezzelfo che l’aveva cresciuto come un figlio, per un periodo della sua vita. Avrebbero rinsaldato la discendenza della loro razza fra gli uomini affinché continuassero a regnare nelle generazioni a venire. 
Era un matrimonio perfetto. 
Esistevano tanti tipi di amore e non ce n’era uno sbagliato ed uno giusto. 
Tuttavia esistevano i ruoli e le cose corrette. 
“Eppure ora che l’Oscurità è battuta e che le cose importanti sono state compiute, rimarrà solo la ricostruzione e le cose belle, facili e piacevoli. 
Nulla sarà facile, ogni più piccola cosa ,da qui in poi, sarà ugualmente importante, ma la pesantezza dei compiti sono diversi. Posso infine rilassarmi, nel vivere. Anche se da ora sarò Re, ma non un Re col compito di battere il nemico più forte mai visto, nessuna guerra si profila all’orizzonte. Solo un bel momento di pace. 
È lecito pensare che forse potrò ambire a qualche momento per me, per tornare ad essere quest’uomo comune e normale che sono stato con lui queste notti?”
Forse, dopotutto, lo era. 
Stava per muoversi e allontanarsi dalla sua tenda, quando da dietro due braccia forti lo avvolsero tirandolo prepotentemente dentro. 
Aragorn rise istintivamente come forse non gli capitava da molto, lo fece spontaneo e sereno. Provò un moto di felicità immediata. 
Si ritrovò di nuovo in tenda fra le braccia di un Eomer che si era rimesso solo i pantaloni, era ancora tutto assonnato ed i capelli sciolti erano ingarbugliati, dandogli un’aria più mite e alla mano di quanto non avesse normalmente. 
- Volevi scappare senza darmi il buongiorno? 
Aragorn continuò ridendo, arrendendosi al suo abbraccio, si appoggiò al torace e posò le mani sulle braccia, invece che allontanarlo e provare a sgusciare via. 
La bocca di Eomer a baciarlo sulla guancia e poi sull’orecchio, riempiendolo di brividi, ed infine sul collo, mentre lui cercava di parlare e ritrovare la propria sanità mentale. 
- Volevo mettere alla prova i tuoi sensi mentre dormi, non sono gran ché... - lo prese in giro e lo sentì ridere e dargli anche un piccolo morso che lo ricoprì di brividi di piacere, i quali si radunarono tutti sul suo inguine. Aragorn, percependolo, alzò gli occhi al cielo chiedendo un muto aiuto a gestire l’ingestibile Eomer. 
“Come se non lo sapevo che sarebbe finita così? Con io che cerco di ricordarmi i miei compiti e le regole relative all’essere il Re degli Uomini e lui che fa tutto quel che gli va. Prendendomi e facendomi suo quando e come gli pare. Dov’è finita la mia famosa leggendaria volontà con la quale ho soggiogato persino i morti ribelli? Forse è finita con la caduta di Sauron?”
Non era da escludersi, ma dopotutto era più probabile che semplicemente volesse quello con tutto sé stesso. 
Quel rapporto così normale, carnale e terreno con lui. 
- I miei sensi sono allerta quando ci sono pericoli, ma quando siamo in pace non vedo perché non dovrei aspettare che il mio sire mi svegli con un dolce bacio... - sussurrò divertito all’orecchio. Sussurro che si fece più languido mano a mano che le sue dita scesero a frugargli sotto i vestiti, stropicciandolo tutto. La bocca, invece, non si fece problemi a riprendere a baciargli il collo ed Aragorn sospirò invece di irrigidirsi e sfuggirgli. Lasciò che le sue mani arrivassero sotto i pantaloni ad occuparsi di ciò di cui aveva avuto cura durante la notte. La migliore che ricordava in tutta la sua lunghissima vita. 
Era totalmente abbandonato a lui ed i suoi occhi chiusi ad assorbire e ricordare ogni emozione e sensazione, mentre Eomer si prendeva il buongiorno che non aveva avuto. 
Adagiò la nuca sulla sua spalla e accompagnò le sue mani sulla propria eccitazione, sentendo quella di Eomer che premeva dietro di sé. 
- È un sogno che è destinato a finire ed interrompersi col nostro arrivo a Minas Tirith... - la sua bocca riuscì a muoversi e la sua voce si udì indipendente dalla propria volontà, quella che al momento era fra le braccia di Eomer. 
Pensando di turbarlo, si preparò ad una brusca interruzione ma ovviamente non accadde e con sorpresa aprì gli occhi voltando lievemente il capo verso di lui, in attesa che dicesse e facesse qualcosa, che si opponesse e la prendesse male. 
Ma lui si limitò a strofinare la mano su di lui e contemporaneamente sé stesso, aumentando il suo ed il proprio piacere, ignorando totalmente le verità scomode. 
Aragorn si arrese al piacere che li inondò insieme, lasciandone traccia sull’erba all’interno della tenda. 
I loro respiri erano corti, ansimarono ancora un po’, uno appoggiato all’altro. Eomer di nuovo a stringerlo a sé con le braccia muscolose, entrambi solcati da cicatrici vecchie e nuove per dei corpi non lisci, ma vigorosi e attraenti. 
Caldi. 
- Hai capito che ho detto? - chiese ancora, in lui la responsabilità del proprio ruolo era sempre troppo forte, anche se a volte la metteva a tacere. 
Eomer alzò le spalle senza lasciarlo, continuando a cullarlo contro di sé, il viso verso il suo, guancia contro guancia. 
- Certo, ma non era una frase degna di risposta... 
Aragorn accennò ad un sorrisino per poi farsi serio. 
- Dobbiamo parlarne prima che sia tardi e succeda qualcosa che non dovrebbe... 
Eomer sorrise. 
- È già successo, non credi? 
Era la prima volta che comunque ne parlavano o per lo meno ne accennavano. Eomer non aveva molta voglia di farlo ed in effetti nemmeno Aragorn, ma aveva capito che fingere che nulla fosse accaduto non li avrebbe portati lontano. Ormai lo conosceva bene. Era come un animale che andava dritto per la sua strada senza nemmeno guardarsi a destra o sinistra. Era istinto puro. 
Come una belva feroce, un felino di quelli grandi, un leone od una tigre cacciatrice. Fissava l’obiettivo e ci andava contro fino a prenderselo con la forza, una volta agganciata la preda, non la mollava. Le sue mascelle erano troppo forti, per liberarsi da lui. 
Aragorn sapeva di dover fare quel discorso, ma sapeva anche che sarebbero state parole al vento e questo, paradossalmente, lo rendeva ancor più innamorato di lui. Era forse l’aspetto di Eomer che amava di più, dopo la sua assoluta fedeltà alla persona a cui dedicava la sua vita. 
Suo malgrado ci provò con la sua solita pazienza e testardaggine. Prese un respiro e senza staccarsi da lui e dalla sua calda e sicura postazione, gli parlò: 
- È una situazione complicata, sai che appena arriverò a Minas Tirith sarò ufficialmente Re.
- Per me tu lo sei già anche senza un’ufficiale cerimonia d’incoronazione, ma non mi ha frenato dal farti mio. 
Aragorn sorrise con dolcezza. 
- Lo vedo. Però quando arriveremo, che ci piaccia o no, le cose cambieranno... io non potrò concedermi così liberamente come ora. Adesso c’erano delle attenuanti, eravamo in guerra, la situazione era disperata e pensavamo entrambi di andare incontro a morte certa...
- Tu però mantenevi la speranza ed alla fine hai avuto ragione... - mormorò Eomer. 
- Sì, però era oscuro il nostro destino. Non c’è niente di male in ciò che abbiamo fatto. Ma ora le cose sono cambiate, abbiamo vinto, il futuro è luminoso, sarò Re, avrò molti doveri e responsabilità ed il primo su tutti è il mio matrimonio. Sono promesso a Lady Arwen. 
A quel punto Eomer si sciolse da lui indietreggiando, Aragorn si voltò e lo guardò preoccupato. Non voleva rovinare i rapporti con lui, sperava avrebbe capito, ma chiaramente non era così. 
Eomer continuò a vestirsi infilandosi la camicia e preparandosi per ripartire. Stessa cosa fece Aragorn iniziando ad allacciarsi le cinte con le armi, i copri abiti ed il mantello. 
- Per me non cambia niente. Quello è un matrimonio di convenienza, dovete rinsaldare il sangue elfico nella vostra stirpe e lo capisco. Oltretutto è una vecchia promessa, ti eri innamorato di lei quando, cinquanta anni fa? 
Eomer esagerava perché era furioso e ferito e Aragorn lo capiva anche se non stava andando tanto lontano dalla verità. In realtà a modo suo aveva ragione. 
- Non ha importanza il perché ed il come di questa promessa, conta che c’è e che la porterò a compimento. Una parte di me la ama. 
- Quella elfica. - sbottò secco Eomer con gli occhi azzurri fiammeggianti. Dritto e teso coi pugni chiusi. 
Aragorn si stupì nel vedere che aveva così tanta ragione, che lo conosceva così bene anche se non aveva doti veggenti. 
Il suo silenzio gli rispose, a quel punto Eomer si avvicinò a lui senza però toccarlo, Aragorn fremette all’idea che lo facesse, ma rimase male nel non sentire il suo tocco e forse lui se ne accorse. 
- E quella umana, Aragorn? Chi desidera accanto, quella umana? 
Aragorn allora chiuse gli occhi nel disperato tentativo di riflettere attentamente. Doveva essere il re della stirpe dei re di Numenor, non un uomo comune con antiche e lontane discendenze elfiche. 
- Siamo entrambi Re, Eomer. Abbiamo molti obblighi. Anche tu dovrai sposarti e dare una discendenza, così come io. 
Eomer alzò le spalle e fece un passo indietro sollevando le braccia e legandosi selvaggiamente i capelli.
- Come tutti. È a questo che serve il matrimonio. A dare discendenza. Nel caso dei Re deve essere giusto e mirato, spesso non è per amore perché è più importante la razza o la famiglia con cui ci si lega. Ci sono molte cose da considerare. Certo che mi sposerò ed avrò progenie e sono re e lo farò. Farò sempre tutto ciò che devo, il mio popolo sarà sempre al primo posto. - riprese fiammeggiante e deciso, Aragorn non lo interruppe, sentendo il cuore che andava più veloce del dovuto, emozionato e colpito dal suo discorso. Sapeva che aveva ragione. 
- Ma non sarò solo re, sarò anche uomo. Un uomo dedito al suo sire. Che appena chiamerà correrà lasciando tutto e tutti, qualunque cosa succeda. E sarò un uomo che ama profondamente la persona che sta sotto quella corona. Non smetterò mai di amarti e non me ne vergognerò mai, non lo nasconderò mai. Non c’è niente di male nel nostro amore. Non saremo i primi ad amarci nonostante i nostri matrimoni, i nostri ruoli, e non saremo gli ultimi. 
Aragorn però non ebbe il coraggio di dire nulla e sospirando lo lasciò andare poiché ormai pronto per riprendere il cammino. 
Una volta fuori, si chiese se qualcuno l’avesse visto uscire dalla sua tenda, ma essendo già pronto di tutto punto e non avendolo visto precedentemente entrare, avrebbero potuto pensare che fosse andato da lui solo qualche minuto prima per vedere se il re fosse pronto. 
Aragorn scosse il capo confuso vedendo che già la sua mente elaborava qualunque cosa possibile pur di nascondere il loro rapporto. 
“Era decisamente più facile affrontare Sauron ed un esercito di Uruk-hai ed orchetti, piuttosto che Eomer.”

Si sorprese molto nel constatare che Eomer, successivamente, non insistette più, non fece alcun genere di piazzata, non puntò i piedi in modo infantile. 
Continuò a relazionarsi in modo del tutto normale, come se non ce l’avesse con lui e la notte successiva tornò ad infilarsi nella sua tenda, di nascosto nel buio della notte inoltrata ,dove ormai tutti i soldati erano già a dormire.
Apprezzò il fatto che non si fosse fatto vedere e lo accettò senza più dire nulla in merito alla discussione avuta. Non ne parlarono, rimasero insieme a fondersi in un’unica entità, dandosi quel piacere carnale che era sempre più profondo e spirituale. 
Aragorn capì che in qualche modo Eomer aveva compreso il suo punto di vista e pur non condividendolo, l’avrebbe accettato perché lui era il suo re e non avrebbe mai contravvenuto la sua parola. 
Tuttavia ormai lo conosceva e sapeva che non avrebbe mollato, avrebbe sicuramente fatto qualcosa per prendersi ugualmente ciò che voleva. Ovvero lui. 
Rimase in silenzio ad osservarlo anche i giorni successivi, fino al loro arrivo a Minas Tirith e durante tutte le cerimonie conseguenti, convinto che avrebbe fatto qualcosa, che sarebbe tornato sull’argomento e che non se ne sarebbe andato semplicemente senza aggiungere più nulla. 
Però rimase sorpreso di come, appena messo piede nella Cittadella, egli tornò ad essere realmente il Re di Rohan, suddito di Re Elessar, svestendo i panni del soldato innamorato del suo sire. 
Era maturo, era adulto e conosceva bene il significato di doveri e responsabilità e questo lo rendeva ancor più apprezzabile ai suoi occhi. 
Si poteva perdere la testa seriamente, per uno così, e lui sapeva che ormai era già successo.
“Però per quanto lui sia maturo, resta Eomer o non mi avrebbe mai rubato una parte della mia anima.”
La sera prima della ripartenza per Rohan con tutto il suo esercito completamente ristabilito e riunito, Eomer si infilò nelle sue stanze. 
Gli elfi erano ancora lontani ed in viaggio, non sarebbero arrivati in tempi brevi, di conseguenza non era ancora sposato, ed Eomer divenne di nuovo la sua compagnia. 
Quando lo vide entrare ben oltre l’orario serale, Aragorn sussultò perché si infilò dentro la sua porta senza bussare. 
Ormai pronto per andare a dormire, ammirava pensieroso il paesaggio fuori dalla sua finestra. 
La stanza del re di Gondor era veramente enorme e bellissima, ma forse proprio per questo, così solitaria. 
Si era sentito solo, nello star lì senza nessuno accanto, ed aveva pensato ad Eomer senza il coraggio di chiedergli nulla. 
Del resto l’aveva voluto lui, glielo aveva espressamente detto. Una volta arrivati a Minas Tirith sarebbe dovuto cambiare tutto e lui, sorprendentemente, aveva eseguito. 
Una volta entrato, aveva aspettato ardentemente che Eomer tornasse a fare di testa sua, ma l’aveva lasciato in attesa fin troppo.
Con delusione, mentre aveva osservato il paesaggio che si apriva innanzi alla sua nuova camera, aveva continuato a sentirsi solo fino a che la porta non si era aperta senza alcun annuncio, non un bussare od una voce. 
Un fruscio e poi eccolo spuntare al suo interno lui.
Quando si voltò Aragorn sentì d’avere il cuore in gola, mentre il combattimento interiore nel quale aveva sperato che sovvertisse le regole mentre sapeva che non avrebbe dovuto, sfumò innanzi al suo viso sorridente e sicuro di sé che avanzava verso di lui.
La felicità nel vederlo lasciò il posto ad ogni cosa mentre gli veniva incontro. Aragorn si voltò verso di lui rimanendo fermo dov’era, la luce argentea della luna che filtrava dalla finestra alle proprie spalle lo rese inconsapevolmente magico, con quell’alone splendente e suggestivo. 
Quella sera Aragorn indossava una tipica vestaglia regale preziosa dello stesso colore della luna, gli ricadeva addosso coprendolo fino ai piedi, una fessura leggermente aperta davanti, lo strascico come il mantello di un re. 
Gli sorrise dolcemente, arrendevole, mentre ammetteva a sé stesso che la speranza di vederlo entrare infine aveva vinto sulla consapevolezza dell’errore. 
- So che non volevi che venissi, ma domani partiremo e non ci stavo ad andarmene via in sordina... - disse Eomer fermandosi davanti a lui, lo osservò nelle vesti da re, quelle che finalmente indossava per la prima volta non potendo considerare l’armatura avuta durante l’ultima battaglia. 
- Sei bellissimo...  - mormorò. Aragorn arrossì lievemente imbarazzato, sorridendo e chinando il capo. Eomer a quel punto si protese e si protese appena per poter arrivare alle labbra che in quel momento cercava di nascondere .
Le trovò e le carezzò con le proprie, con la sua tipica sicurezza. Il calore scaturì immediatamente, mentre le sue mani si infilavano senza paura sotto la sua vestaglia che non era legata. 
Raggiunse i suoi fianchi e appena sentì che sotto era completamente nudo, si staccò dalla sua bocca e lo guardò sorpreso e pieno di malizia. 
- Oh, ma guarda... mi sa che invece speravi che venissi, eh? 
Aragorn sorrise con meno imbarazzo, anche se non proprio felice di essere stato scoperto così facilmente. 
Sì che ci aveva sperato, ma la sua mente razionale aveva comunque pensato fino all’ultimo che non avrebbe dovuto. 
A quel punto invece di rispondere a parole, lasciò cadere alle sue spalle la vestaglia che scivolò giù con un fruscio lieve, infine cinse il collo di Eomer e presentandosi nudo davanti a lui, gli si appoggiò senza esitare, riprendendo a baciarlo. 
L’immagine dei due uomini davanti alla finestra, baciati da una splendida luna argentata, uno dei quali vestito mentre l’altro completamente nudo, si incise nelle loro menti, mentre si baciavano abbracciandosi e non li avrebbe più abbandonati.
Se solo l’avesse visto, un pittore li avrebbe dipinti creando un quadro splendido, specchio di un amore così bello proprio perché normale ed umano. 
Aragorn non parlò, non disse assolutamente nulla, si limitò a prendersi Eomer nel suo letto e appropriarsi con sicurezza e voglia del suo corpo virile e profumato, carezzandogli i capelli dorati sparsi sul cuscino. Assorbì con la bocca ogni linfa vitale dal suo corpo, restituendogliene della sua in uno scambio di sapori e piaceri che li trasformarono una volta di più in un unico essere. 
Fu Aragorn a far suo Eomer, quella notte. E lo fece guardandolo in viso, carezzandolo e adagiandosi con dolcezza su di lui, mentre le gambe forti del suo amante avvolgevano i fianchi stringendolo a sé, chiedendo di più in quel piacere crescente e completo a cui ormai erano assuefatti, di cui non avrebbero potuto fare a meno.
Aragorn sapeva che in qualche modo Eomer non avrebbe mai mollato, ma la versione da lui adottata in quegli ultimi giorni era stata responsabile e sufficientemente accettabile. 
Aveva saputo stare al suo posto, non aveva mai esagerato o rischiato, infine appena potuto si era preso il suo spazio, senza chiedere, con la consapevolezza che lui era stato lì ad aspettarlo.
“Adesso è facile, Arwen non è ancora al mio fianco. Domani Eomer partirà per Rohan, tornerà qua per il nostro matrimonio e per riportare presumibilmente Theoden a casa sua per la sepoltura secondo la loro usanza. Gli proporrò di tenerlo qua, ma in ogni caso lo vedrò a singhiozzi e ci sarà sempre mia moglie, accanto a me. Come potremo andare avanti? È dunque la nostra ultima notte?”
Pensandolo si perse ancor di più in lui, aumentando le spinte possenti cariche di un trasporto e di un desiderio che crebbe in entrambi ed esplose, mentre ad Aragorn infine sfuggì la frase che aveva sempre cercato di non dire. Incapace, ormai, di trattenerla. 
- Ti amo Eomer. Non voglio che lo dimentichi mai e che ne dubiti. Ti amo. 
Più tardi, steso sopra di lui a sentire il battito eccitato del suo cuore soddisfatto e pieno di piacere, gli disse che l’indomani davanti a tutti, quando si sarebbero salutati, sarebbero dovuti tornare ad essere due Re, compagni di molte lotte e peripezie. Due soldati che avevano combattuto fianco a fianco. Due fratelli. Non due amanti. 
Mai più due amanti. 
Eomer lo lasciò parlare, non lo contraddisse. Rimase lì nel suo letto tutta la notte ad abbracciarlo e tenerlo a sé. 
Solo poco prima delle ore mattutine, al risveglio della corte, sgusciò via dal suo letto, lasciandogli una dolce carezza che Aragorn percepì nel dormiveglia. Nel sonno gli trasmise un addio che lo riempì di tristezza. 
L’ultima volta con lui era sfumata via come un sogno meraviglioso. 

C’era qualcosa di diverso nell’aria quel giorno. Era bello ed il sole splendeva, il cielo era di un azzurro chiarissimo, ma era come se delle nuvole si profilassero all’orizzonte. 
Aragorn le sentiva, nonostante non ce ne fosse e non c’era nemmeno motivo di stare così. 
Eppure, forse, era normale dopotutto. 
Quel giorno Eomer sarebbe partito. 
Il ricordo della notte scaldava il proprio animo, ma improvvisamente non era più sufficiente. 
Si sentiva già freddo e vuoto, senza di lui, nonostante fosse ancora fisicamente lì.
Rimase in silenzio ad osservarlo mentre dava ordini ai propri ufficiali in comando, predisponendo le ultime cose per la partenza. 
Aveva indetto una cerimonia ufficiale di saluto per l’esercito di Rohan, considerati come degli autentici eroi per il prezioso aiuto dato a Gondor. Mai l’avrebbero dimenticato e mentre ognuno si salutava, tutti lì riuniti nell’erba del livello più alto della Cittadella, dove innanzi si stendeva la distesa della loro amata regione per cui avevano combattuto, proprio accanto a Faramir ed Eowyn ormai innamorati, Eomer si fece avanti.
Era vestito con l’armatura per il viaggio, era stata ripulita ed aggiustata, sotto il braccio l’elmo con la sua grande piuma bianca, il mantello che gli ricadeva sulle spalle. Il portamento dritto e fiero da re, lo sguardo deciso e diretto. 
Era bello così baciato dal sole, ma il ricordo di quando era stata la luna a carezzarlo, quella notte, fra le sue braccia e nel suo letto, era ancora vivido e batteva quello che aveva innanzi. 
 Dentro di sé una morsa di ferro stringeva la sua anima ed il suo cuore e guardandolo con la consapevolezza che era ufficialmente tutto finito, che non c’era scelta, Aragorn cedette e fece il primo passo allargando le braccia. Eomer l’accolse senza l’intenzione di muoversi in mancanza di quell’abbraccio. 
I due si strinsero forte, mentre i cuori battevano più vivi che mai nei loro petti. 
Amore, era così terreno e semplice il loro. 
- Fra noi non vi posso essere parole come dare o prendere, né ricompense, perché siamo fratelli... - Aragorn cominciò per primo, sperando di fargli capire che da lì in poi, come detto quella notte, sarebbero tornati ad essere fratelli e basta, non più amanti. Ma ci teneva che sapesse quanto teneva a lui, era importante. Proseguì dicendogli che se voleva avrebbe potuto seppellire Theoden lì con loro insieme agli altri re di Gondor, oppure avrebbero potuto trasportarlo tutti insieme a Rohan quando avrebbero voluto. 
La sua bocca si mosse da sola. 
L’avrebbero portato insieme, sapeva cosa avrebbe scelto Eomer innanzi a quella possibilità, perciò non si stupì quando gli rispose. 
Ma, in realtà, non si stupì nemmeno quando gli disse la prima frase. 
Perché aveva parlato per primo sperando di ricordargli il genere di rapporto che avrebbero tenuto da lì in poi, ma al tempo stesso lo conosceva. Eccome se lo conosceva. 
Eomer gli prese le braccia stringendogliele forte e senza la minima esitazione od uno straccio di paura, davanti a tutti, chiunque volesse ascoltarli e li guardasse in quella moltitudine di folla accorsa a salutare i fratelli di Rohan, disse chiaro e pieno di un sentimento così palpabile e puro: 
- Dal giorno in cui ti ergesti innanzi a me sull’erba verde io ti ho amato ed il mio amore non si estinguerà mai... 
E Aragorn lo sapeva. 
E l’amava anche lui.
Eomer proseguì dicendo che sarebbe tornato a Rohan per sistemare le faccende lasciate in sospeso e che sarebbe tornato per recuperare le spoglie di suo zio e seppellirlo infine con i suoi avi, nelle sue terre. 
Aragorn l’ascoltò mentre una parte di sé si ripeteva che l’amava e che l’aveva detto impavido davanti a tutti. 
Non aveva paura di ciò che provava, tanto meno di dichiararlo apertamente, tale era la portata e la forza del suo amore. 
Aragorn sorrise arrendendosi alla realtà. In qualche modo non l’avrebbe mai più lasciato e lui, naturalmente, glielo avrebbe permesso, totalmente incapace di impedirglielo. 
Principalmente perché era il primo a volerlo nella sua vita, in qualunque modo potesse esserci. Sicuramente non avrebbe potuto rinunciare a lui, ormai non era più possibile. 
Così lo guardò partire dall’alto delle mura, cavalcando in testa al suo esercito, col suo splendido cavallo bianco e quella piuma sull’elmo che indicava la sua posizione a tutti. 
Alto, bello e fiero eppure al tempo stesso così umano e semplice nelle sue emozioni. 
Aragorn già sapeva che avrebbe trascorso i giorni in attesa del suo ritorno e che in qualche modo l’avrebbero fatta funzionare. 
Perché sapeva che anche se avrebbe dovuto essere l’ultima, lla notte precedente, in realtà non lo sarebbe stata ed un sorriso dolce e felice affiorò sulle sue labbra.