*Siamo nella parte peggiore, quella più difficile in assoluto da leggere e digerire, perciò prendetela con molta calma. Kari e Gabriel sono finalmente a confronto ed entrambi tornano in quel passato terribile che hanno vissuto e che li ha rovinati per sempre, ognuno in un modo diverso. Ci tornano con il proprio punto di vista che cambia da uno all'altro. Questo capitolo è un fortissimo pugno allo stomaco. Attenzione. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO XXXVII:
TENEBRE NELLE TENEBRE
"Tutte le pareti scendono intorno a me
So che sono fottuto e infettato
Voglio solo scomparire
Sono stato in una missione auto-inflitta
Per distruggere tutto quello che mi è stato dato
Non riesco più a farcela
Non voglio respirare, non voglio morire
Non riesco a sentirmi, sono paralizzato
Non sto prendendo questo stasera
Dammi indietro la mia vita
Non riesco a respirare, non posso combattere
Non voglio sentirmi come se fossi vivo
Non sto prendendo questo stasera
Dammi indietro la mia vita
Hai preso il mio orgoglio
Hai preso il controllo
Non c'è più niente di sacro
Ridammi indietro quello che è mio
Ridammi indietro la mia anima
Non voglio respirare
Ma non voglio morire"
/GIVE ME BACK MY LIFE - PAPA ROACH/
Perché non lo lasciavano semplicemente in pace?
Cosa diavolo aveva fatto? Era solo nato... non l'aveva chiesto lui, non l'aveva voluto. E poi una serie di cose una dietro l'altra.
Era troppo caro il prezzo di quella vita che non gli aveva dato niente fino a due o tre anni prima.
Gabriel si girò elegante, poi puntò il dito contro Niky che lo fissava terrorizzato e disse con un sibilo gelido in netto contrasto con l'odio nei suoi occhi:
- È lui il nostro ostacolo. Lui che si è sostituito a me, di cui tu ora sei innamorato. Perché nella tua mente deviata pensi che sia questo il rapporto da avere coi fratelli e visto che per te lui è un fratello, tu lo ami e vorresti fare l'amore con lui, baciarlo, condividere il resto della tua vita. Daresti la vita, per lui. Di norma coi fratelli non ci si scambia cose intime, ma per noi è diverso, ormai siamo stati marchiati per sempre e non abbiamo scelta. Però lui non è il tuo vero fratello. Io sono il tuo vero fratello. Una volta che lui non ci sarà più, nel tuo cuore quel posto tornerà libero per me e potremo vivere la nostra vita come vogliamo. - Sembrava perfettamente calmo ed in sé, come non lo era mai stato. Lo guardavi e non vedevi uno che non ci stava più con la mente. Era lucido, era razionale, era preciso ed organizzato e diceva cose assolutamente sensate, dopotutto.
- Io amo Joshua, a Niky voglio un gran bene ma non nel modo che pensi tu! Lo devi lasciar andare! - Disse Kari faticando a restare calmo e non uscire di testa. Sperava di convincerlo, di poter fare appello a quello squarcio di lucidità che mostrava.
Gabriel andò da Niky il quale aveva il viso tutto bagnato di lacrime che scendevano copiose, ma l'espressione era sotto shock, non aveva smorfie di terrore. Gli occhi erano sbarrati e tremava. E le labbra si muovevano con quella preghiera continua a Dio.
Una preghiera che ormai non era nemmeno più tanto precisa come prima, ma solo un 'Ti prego', come che Lui sapesse cosa.
- No Kari. Per te Joshua è un padre, si è sostituito al tuo, lui è molto meglio. Da piccolo ti molestava anche se non era violento, ti carezzava, ti toccava. Non lo faceva con me, solo con te, ii preferiva. Così tu hai assimilato inconsciamente che con le figure paterne si mostra affetto e gratitudine così. Ma lo fai con molta foga e rabbia o disperazione, perché dentro di te non è quello che vuoi da lui. Non è lui che vuoi. Gli vuoi bene ma non vuoi portartelo a letto per dirgli che gli vuoi bene. È solo che pensi che vada fatto. Ti sei convinto di amarlo, hai confuso l'affetto di un figlio con quello di un fidanzato. Per te è troppo grave accettarlo. Non puoi accettare che vedi i padri come amanti. Però l'amore, l'amore vero è quello che si prova per i fratelli. Sono loro i complici della tua vita, quelli che capiscono meglio, che sanno tutto, con cui faresti di tutto. È quello il vero amore puro. E per noi quell'amore equivale a quello che una vera coppia ha. Per noi è così. Tu non lo puoi accettare, ora. Ma un giorno ci riuscirai. Io e te siamo indissolubilmente legati perché abbiamo lo stesso destino e la stessa essenza. Siamo stati forgiati nello stesso inferno. - Gabriel abbandonò Niky per cui non provava altro che gelosia e disprezzo, poi si portò al lato del letto di Kari e l'accarezzò con lo sguardo. Era uno sguardo che si addolciva di secondo in secondo. Era vero che poteva provare sentimenti veri solo per lui, era l'unico a tirargli fuori la sua emotività sotterrata sotto spessi coltri di ghiaccio.
- Abbiamo assaggiato lo stesso desiderio di morte. Siamo cresciuti obbligati a fare qualcosa che sapevamo era sbagliata anche senza che nessuno ce lo dicesse. Sotto una pressione psicologica ed un controllo mentale totale. Quel dover assolutamente tacere il nostro piccolo segreto. Erano giochi... erano solo dei giochi... non c'era niente di male... ma erano dei segreti fra padri e figli... e poi hanno cominciato a non piacerci davvero. Hanno cominciato a sembrarci strani. Però quando abbiamo provato a dire che non volevamo più, ha cominciato con le punizioni. Punizioni atroci. Niente botte o violenza fisica. Però non mangiare. Non poter entrare in casa in inverno. Quante punizioni terribili abbiamo subito? Non potevamo ribellarci. Quando abbiamo capito che noi dovevamo farlo e che era veramente sbagliato, quando abbiamo visto che nostra madre sapeva e faceva finta di nulla... quel mondo ci è crollato addosso. E solo noi sappiamo cosa significa. Solo noi possiamo ricordarci cos'era avere lui che ci diceva cosa fare e doverlo fare lo stesso davanti a quella cinepresa e a lui.
Siamo noi che abbiamo sulla pelle la sensazione delle nostre mani addosso, delle nostre bocche addosso. Delle nostre parti intime che si sfregavano e accontentavano quel mostro che guardava. Solo noi sappiamo come ci si sentiva sporchi dopo, com'era orribile chiudere gli occhi e sognarlo tutta la notte e riaprirli ancora lì, vivi. Uscire di casa e chiedere aiuto con lo sguardo a tutti ed avere solo una serie di muri e di indifferenza. Nessuno capiva che quelli erano richieste d'aiuto e non sfide al mondo, non eravamo bambini difficili ed ostili. Eravamo... eravamo bambini bisognosi di una mano. E nessuno ha mai capito. Nessuno è mai venuto a vedere. Nessuno. Eravamo solo noi, noi che sapevamo, noi che soffrivamo ed era la stessa sofferenza, e facevamo le stesse cose... e non potevamo uscirne. Non c'era una via d'uscita. Ed era colpa nostra perché abbiamo permesso che cominciasse. Erano dei giochi e noi giocavamo perché i bambini sono stupidi davanti a dei giochi. Ed anche se ci sembravano strani, continuavamo. E poi era tardi per ribellarci. Così siamo rimasti lì. Nostra la colpa. Nostra la vergogna. Noi a sentirci sporchi. Siamo noi che sappiamo cosa significa. Solo noi che abbiamo visto l’inferno e l'abbiamo vissuto. -
Kari aveva stretto gli occhi, non voleva sentire, aveva girato la testa dall'altra parte ma non era servito. La sua voce come tante lame l'aveva graffiato in profondità fino a stracciargli quel po' di anima rinata. Aveva passato una vita a non ripensarci, a non ricordare, a dimenticare.
L'avevano drogato, ma gli era piaciuto non ricordare niente in quei viaggi. Ed ogni volta che tornava si pentiva di non essere rimasto in quell'overdose.
Poi uscito dalla droga si era dato all'alcool. Sempre per non ricordare. Perché quando era lucido tornava sempre tutto.
Quella sensazione sulla pelle. Quelle sue mani. Quella sua bocca. E quella sua voce che gli diceva cosa fare.
E Gabriel quando poi gli veniva addosso. Quel suo maledetto sperma che gli scivolava giù bruciandolo come acido corrosivo.
Allora all'alcool aveva alternato il sonno. Si era messo a dormire perché nei sogni c'erano gli incubi, ma lui poteva reagire, poteva scappare, poteva vivere tutto senza provare niente. Mentre dormiva non aveva sentimenti, non aveva dolore. Poteva volare. Poteva avere delle capacità sovrumane. Dormire era il suo rifugio.
Kari aveva per anni e anni solo desiderato di sparire, confondersi nel nulla, evadere, non essere nessuno, solo una macchia nelle macchie, buio nel buio, una goccia nelle gocce. Non aveva voluto niente e nessuno.
Però darsi la morte no.
Non si era mai ucciso anche se forse ci aveva provato.
La verità era che non aveva mai voluto morire per davvero.
Però non voleva nemmeno vivere.
Non sapeva cosa voleva di preciso, solo una cosa.
Dimenticare.
Dimenticare.
Solo dimenticare.
Ed ora lui gli aveva ridetto tutto trasmettendogli un film a voce che l'aveva riportato in quell'inferno.
Lo percepì vagamente muoversi, quando lo sentì salire sul letto si rifiutò di guardarlo.
Voleva chiudere la propria mente, estraniarsi, dormire, viaggiare.
Oh, cosa avrebbe dato per una dose di veleno. Un viaggio mentale.
Dimenticare.
Dormire.
Rimase con la testa girata dall'altra parte, l'espressione contratta in una smorfia buia, chiuso in sé stesso.
Gabriel gli salì sopra a cavalcioni, poco dopo le sue mani erano sul petto, lo carezzavano, risalivano e scendevano. La sua bocca si posò sul suo collo in tensione.
- Non puoi scappare per sempre. Lo devi accettare. Ci ha rovinato, ha creato dei mostri, siamo osceni e sbagliati ma siamo così. Abbiamo solo noi. Il resto del mondo non capirà mai ma nessuno ci può giudicare. In Niky cercavi me, in Joshua cercavi nostro padre. Ed io sono tornato per te. Abbiamo il diritto di vivere ed essere felici anche noi, anche se è una felicità oscena e distorta. Ma è la nostra... - Gabriel lo baciava sommessamente fra una parola e l'altra, scese sul petto, gli leccò un capezzolo e cominciò a strofinarsi su di lui col bacino, non si era tolto i pantaloni, aveva paura di bruciarsi il piacere troppo presto.
Quando si sentì eccitare, capì che stava facendo la cosa giusta.
Kari però stava provando ribrezzo, al contrario.
Non ce la faceva.
Era un tornare indietro nel tempo, a quelle sere terribili... e non poteva. Ne era uscito, era scappato, non voleva. Non lo poteva obbligare. Non era come diceva lui.
Non era quel mostro che diceva lui.
Non era perfetto e forse aveva ragione su Joshua e Niky, ma questo non significava che volesse Gabriel. Non voleva. Non lo voleva. Non lo voleva assolutamente.
- Sei tu che mi hai umiliato, Gabriel. La ferita peggiore me l'hai data tu. Quando sei passato dalla sua parte! - Disse poi in un tono basso con la gola, sembrò un latrato, per un momento.
Gabriel smise di baciargli il petto e di carezzarlo, risalì sul viso e glielo girò obbligandolo a guardarlo.
Era carico di odio, i suoi occhi sottili erano quelli di una tigre rabbiosa imprigionata che prometteva di liberarsi e sbranarlo.
C'era il nero della morte, in quello sguardo.
Nessuna paura. Nessun rimorso. Nessun angoscia.
Solo odio puro.
- Non sono mai passato dalla sua parte! - Disse Gabriel meravigliato che lo pensasse.
- Sì che sei passato dalla sua parte! Hai idea di come mi hai fatto sentire quando mi sei venuto dentro mentre mi scopavi? Quando gemevi? Quella volta, te la ricordi? È stata l'ultima. Per me era impossibile continuare! Era vero che resistevo perché non ero il solo a passare quell'inferno. Ma quando ho capito che anche tu... che anche tu eri passato dalla sua parte... no, non vi avrei sopportato da solo. Mai.... sei stato tu a farmi il male peggiore! Invece di aiutarmi ad uscirne e ribellarti ti sei piegato, sei diventato come lui! - Mano a mano che glielo diceva a denti stretti ed in una rabbia assoluta e crescente, Gabriel si agitava. Non era più tanto calmo e lucido, cominciò a scuotere la testa di scatto e veloce.
- No no no no! Tu non sai quello che dici! Io non ero dalla sua parte! Non lo sono mai stato! L'ho ammazzato appena ho potuto! Non sai cosa ho sopportato quando te ne sei andato! Non mi puoi accusare, io mi sono innamorato di te, non ho mai nutrito rancore, lo vedi? -
Però Kari ormai era partito, non si sarebbe mai fermato. Le urla ormai erano così forti da essere sicuramente sentite anche fuori.
- Tu sei diventato come lui, Gabriel! - Lo ripeté e lo ripeté fino a che Gabriel non lo colpì con un pugno all'estremo del suo limite, un limite passato tante volte con quelle sue vittime del passato.
Quando si rese conto d'averlo colpito, Gabriel si fermò tornando in sé e si chinò abbracciandolo e baciandolo sul viso.
- Perdonami, perdonami... non volevo ma... ma non capisci... per me è stato atroce da solo con lui... io lo odiavo... è lui che mi ha deviato... è che non sono solo, ci sei tu, tu sei come me... come quando eravamo piccoli che resistevamo perché eravamo uguali ed insieme... ti prego... ti prego... aiutami... non lasciarmi più solo... io non provo più niente. Solo con te ci riesco... solo con te... quando ho rivisto i filmati ho avuto di nuovo degli orgasmi. Quando ti ho visto ho provato di nuovo calore. Ora... ora sono di nuovo eccitato. Ora ho di nuovo un'anima, dei sentimenti. Tu mi stai ridando tutto. Per me tu sei tutto, sei la mia chiave... ti prego... non abbandonarmi di nuovo... non ce la farei... - Gabriel era nel panico, non l'aveva mai visto così agitato nemmeno da bambino, lo baciava sul viso e parlava quasi che piangesse, non era chiaro se lo stava facendo me era come impazzito ed in quella confusione totale, quando arrivò alle sue labbra, qualcosa tornò a scattare in Kari come prima, lo shock venne superato in un istante e tornò quella vampata di rabbia e di odio.
Li aveva rovinati per sempre. Per sempre. Ed era vero. Erano dei mostri.
Ma Kari non l'avrebbe mai accettato come aveva fatto Gabriel.
Quando la sua bocca arrivò sulla propria, Kari la morse e tirò fino a sentire il suo sangue riversarsi sul mento e nella gola.
Gabriel gridò e si alzò con l'istinto di picchiarlo, ma si trattenne perché non poteva fargli del male, non poteva.
Così si alzò dal letto, i suoi occhi divennero grandi e carichi di quella luce nera, una luce da cui non facevi ritorno.
- Adesso basta. È ora che tu lo capisca e che smetti di lottare! - Disse ignorando persino il dolore fisico del suo morso sulla bocca. Il sangue scendeva sul suo mento e sul collo, ma per lui era come non esserci. Era vero che era insensibile fino a quel punto?
Non c'era un modo per salvarlo?
Niky, nel terrore di un istante, lo pensò.
Poi lo vide venirgli davanti veloce e Kari cominciò a strattonare braccia e gambe con tutta la forza e la violenza che possedeva. Gabriel prese in mano il coltello, lo afferrò per i capelli sopra il capo, tirò alzandoglielo e si preparò ad affondare. Però prima si concesse delle ultime parole.
- Tu sei come me e se questa maledetta vita che hai ora ti impedisce di unirti a me, io te la toglierò... così quando non avrai più niente per cui lottare e resistere, sarai solo mio. Mio come lo eri all'inizio. E smettila di scappare! Devi accettarti! Tu sei mio! Mi appartieni! - Con questo colpì Niky.