*La fine fra Kari e Gabriel. Uno dei due vince, uno dei due perde, Niky in mezzo attore principale dell'atto finale del loro dramma. Arriverà in tempo Joshua o sarà tardi? Qual è la fine migliore possibile fra loro? Buona lettura. Baci Akane* 

CAPITOLO XXXVIII: 
FINE

gabrielkariniky

"bruciando come un cerino inizi a incenerire
le vite di tutti quelli che conosci
e sai cos'è il peggio che prendi
da ogni cuore che spezzi?
e come una lama tu macchibeh, stasera ho tenuto duro

venne un tempo
in cui piangevi per ogni stella cadente
noi siamo quelli feriti che tu hai venduto"

/My chemical romance - Helena/

 

Non pensava di volerlo picchiare, però in effetti era molto più soddisfacente così.
Il primo colpo andò sullo zigomo e stordì il ragazzo, Kari strattonava come un pazzo. Gabriel continuava a picchiarlo stringendo il coltello nel pugno con cui gli dava giù, il sangue cominciava ad uscire dalle ferite che gli faceva -sopracciglia, occhi, bocca, naso- e Kari gridava di smetterla, gridava e tirava i polsi con una forza di odio inaudite.
Odio perché di nuovo lui rovinava tutto, tutto. Gabriel era stata la sua sola speranza di salvezza, da piccolo. Si era aggrappato a lui per resistere, per sognare una ribellione. Quando l'aveva visto passare alla parte oscura, quando l'aveva perso, si era infranto il suo sogno.
Gabriel quella volta aveva rovinato tutto e lo stava per fare di nuovo.
Aveva una nuova vita, dopo tanta fatica. Non sapeva cosa aveva passato per arrivarci.
Ed era felice. Era grato. Aveva sorriso in quella nuova vita. Amava, in quella nuova vita. E non importava quanto giusto o sbagliato fosse. Amava ed era qualcosa di puro e bello.
E lui ora glielo voleva rovinare di nuovo, come da piccoli.
Kari voleva vivere, vivere ed essere felice. Perché non poteva? Perché non glielo permetteva?
Ma adesso basta, avrebbe seppellito il suo passato in un modo od in un altro.
Gabriel avrebbe ammazzato Niky a forza di colpirlo a mani nude, come sfogava la sua rabbia con le altre sue vittime. Lasciò cadere il coltello cominciando a provare un piacere crudo ed orgasmico. 
Cercava di stare attento al momento finale, voleva soffocarlo con le sue mani, voleva aspirargli la morte dal collo. 
Quindi un colpo ed un altro con il sottofondo di Kari che tirava le braccia legate e le sue urla.
E poi in un istante il silenzio.
Mancò gli strattoni e mancò le urla per alcuni colpi.
Non fece in tempo a realizzare che era strano non sentirlo più, appena si girò se lo vide arrivare addosso e colpirlo con un pugno così forte che lo fece volare. 
Kari era riuscito a rompere la testiera del letto a forza di tirare a quel modo, poi si era velocemente liberato i piedi. Una frazione di secondo prima della fine.
L'avrebbe fatto smettere per sempre.
Avrebbe seppellito il suo passato ed i suoi maledetti ricordi. Il proprio stesso marchio.
Tutto. Tutto finito.
L'avrebbe ucciso. L'avrebbe vinto.
Il male si poteva vincere. 
Kari tornò su Gabriel prima che si rialzasse, gli si mise a cavalcioni sopra, gli prese il colletto per tenerlo su a sufficienza e cominciò a picchiarlo ripetutamente con una serie di pugni uno più forte dell'altro sulla stessa metà del viso. Un crescendo di forza, odio e disperazione.
E davanti agli occhi quelle volte. Le volte in cui a Gabriel piaceva. Le volte in cui lo prendeva ripreso ed incitato dal padre. Le volte in cui gli veniva dentro. Tutte, ripetutamente, ad ogni pugno.
Ci mise anche suo padre, in quei pugni. Le sue riprese con la telecamera. I suoi ordini. Le sue punizioni. Le sue carezze. I suoi maledettissimi baci.
E mise pure l'essere solo nel mondo, una volta scappato. Quelle brutte compagnie. Il rubare. I pestaggi. Il dover cavarsela da solo con la forza. Le violenze subite. La droga. Il tunnel nero ed infinito. L'alcool. Il sonno. Ci mise tutto, in quei pugni.
E solo quando con la mente arrivò a quei giorni, all'incontro con Gabriel che aveva forse ucciso Chris e picchiato a sangue Niky, che aveva tentato di portargli via tutto il suo faticosissimo paradiso appena conquistato, fu proprio la voce di Niky a fermarlo.
Gabriel era come una poltiglia nelle sue mani. Respirava a fatica, era forse vivo per miracolo e non si sapeva per quanto.
Lo lasciò andare e crollò sul pavimento sotto di sé. 
- È finita! - Disse faticosamente, piangendo, Niky. Era spaventato ed impressionato da tutto.
La sua rabbia, il suo odio, ogni dolore, ogni grido sarebbero rimasti indelebili nella sua mente.
Niky piangeva.
Kari tornò perché Niky piangeva. 
Lasciò Gabriel ed andò a liberarlo, il viso gonfio, gli occhi quasi del tutto chiusi lacrimavano, il mento tremava, il sangue scivolava sulla pelle un tempo bianca. Quando con il coltello abbandonato per terra da Gabriel, gli tagliò le corde dai polsi e dalle caviglie, lo strinse forte baciandolo sulla guancia. Niky gemette per il dolore al viso dopo i pugni ricevuti, ma ricambiò.
Kari lo abbracciò e fu come respirare di nuovo.
Voleva dimenticare, voleva solo estirpare dalla mente ogni cosa ma lì in quel momento, dopo aver sfogato tutta la sua rabbia e l'odio accumulato in anni di sofferenza continua, capì che non avrebbe mai potuto. Mai.
Ed allora conviverci?
Conviverci era possibile?
Senza impazzire, senza voler farla finita. Senza il bisogno di dormire per non sentire. 
Per non essere né morti né vivi...
- Chiama la polizia... - Disse Niky in un mormorio faticoso indicando il telefono fisso della stanza. Stava molto male e respirava piano, ogni parola era una sofferenza. 
Kari annuì ed andò al comodino accanto al letto per prendere il telefono dell'albergo e chiamare da quello, aveva ancora il coltello in mano, stava per fare il numero, tremando ancora di rabbia, quando un lamento arrivò da Niky. Non riuscì a dire niente, però Kari si girò, vide Gabriel con una pistola in mano, una pistola che aveva avuto dall'inizio e che non aveva mai usato, lo vide che da terra la puntava contro Niky.
Niky e non Kari.
Non avrebbe mai ucciso Kari. Ma quello, tutto quello era molto peggio.
Poté ringraziare solo la quasi cecità di Gabriel, era incapace, nelle sue condizioni, di prendere una vera mira e stare fermo con l'arma in mano. 
Sparò il primo colpo e lo mancò, nel secondo si mise in ginocchio e si avvicinò. L'avrebbe preso in pieno, pensò Kari.
Ed in un istante, il tempo di un battito, capì anche un'altra cosa.
Che non si sarebbe mai liberato di lui. Mai.
Nemmeno del suo passato.
Se non in un modo.
Un modo maledettamente definitivo.
Veloce quanto un battito di cuore, Kari strinse nel pugno il coltello e feroce come una tigre si precipitò su Gabriel che stava per premere di nuovo quel grilletto contro la fronte di Niky.
Affondò la lama nella carne, sul fianco. 
Perché sul fianco e non sulla gola per ammazzarlo? Meritava di morire. Doveva farla finita davvero e per sempre. Doveva assicurarsi che il suo inferno non tornasse più. Doveva vincere il male.
Estrasse la lama, Niky tentò di urlare, prese la mire per la gola alzandolo sopra la testa e con lo stesso inferno che stava cercando di uccidere nel proprio dolore sordo e totale, fece per finire il lavoro.
Fu proprio in quel momento, sul 'ti prego' disperato di Niky, che la porta della camera si aprì con un calcio e degli uomini in divisa accorsero veloci fermando Kari ed allontanandolo. Lo schiacciarono a terra, lo disarmarono e lo neutralizzarono come da manuale. Niky piangendo cercava di dirgli che non era lui l'aggressore, ma la voce non gli usciva, non ce la faceva proprio a parlare, non aveva un minimo di forza per muoversi e camminare. 
- Non è lui l'aggressore. È l'uomo a terra... - Disse una voce autorevole e sbrigativa. Allora gli uomini si fermarono mentre altri soccorsero Gabriel che rantolava sulla via della morte.
Joshua entrò, controllò che fosse ancora vivo e con un'occhiata veloce capì che con un po' di fortuna poteva cavarsela. 
- La morte è troppo bella per lui! - Disse poi con disprezzo, fissandolo dall'alto ed ammirando il lavoro di Kari.
Non poteva provare compassione dopo quello che aveva visto in quel computer. Sarebbe stato certamente impossibile.
- Gabriel Jaques Bellier, la dichiaro in arresto per tentato omicidio, rapimento ed aggressione e per l'assassino plurimo di almeno venti persone. - La voce del detective incaricato incriminò Gabriel dopo che Joshua gli aveva fornito gli elementi per capire la situazione e procedere nel migliore dei modi.
Poco dopo arrivarono i paramedici, un paio si occuparono di lui, altri di Niky. Poco prima che venisse portato via, tese la mano verso Kari, seduto a terra contro il letto, sotto shock per quanto accaduto nel giro di pochissimi istanti.
Si risvegliò dal suo torpore solo davanti allo sforzo del suo sorriso in mezzo alle lacrime. Gli prese la mano e se la portò alla fronte chiudendo gli occhi sollevato. 
Non era un vero tornare alla vita, ma era un primo passo. Quel sentirsi meglio perché in qualche modo, forse, sai che è andata meglio così anche se volevi solo farla finita per sempre e definitivamente.
- È meglio così. È finita... - Disse Niky il quale per tutto il tragitto in ospedale non avrebbe fatto altro che ringraziare Dio. 
Joshua si avvicinò a Kari e si accucciò davanti a lui, non lo toccò né nulla, non era da lui e sapeva che non era la cosa migliore per lui, ora.
Fissava torvo Gabriel, uno sguardo molto strano ed indecifrabile. Cupo però che non sapeva decidersi. 
Non aveva idea se avesse vinto il male o meno. Gabriel era vivo, il suo passato non era del tutto seppellito. Però forse in qualche modo l'aveva affrontato. Forse.
Non sapeva bene, era confuso. 
Aveva passato una vita infernale a scappare di continuo da un male all'altro ed adesso che era lì a quella resa dei conti, cosa doveva pensare?
C'era una fine al dolore? C'era una redenzione?
C'era qualcosa a cui aggrapparsi per rinascere e risalire, qualcosa che non gli venisse mai a mancare, che non rischiasse mai di perdere, qualcosa che potesse dargli una ragione di vita pulita e semplice senza strani ragionamenti psicologici di mezzo?
Quando i paramedici portarono via Gabriel, rimase qualche poliziotto per i rilevamenti. C'erano le deposizioni da prendere, le prove e le procedure da seguire. Prima di andare con uno di loro, Kari guardò Joshua come lo vedesse per la prima volta. 
Era perso.
- Come hai fatto? Il messaggio non era partito... - 
Joshua fece uno strano sorriso a quel punto.
- Stavo impazzendo, non sapevo dove sbattere la testa. Avevo messo sotto la polizia, gli aveva fatto vedere il materiale trovato nel suo pc e li avevo indirizzati a Frank e alle sue prove... e non sapevo cosa fare. Non c'era traccia di voi da nessuna parte e non avevo assolutamente nulla a cui aggrapparmi. Il vuoto. Avevano appena stabilizzato Chris, stava per entrare in sala operatoria e proprio lì si è svegliato un secondo e mi hanno chiamato perché mi voleva dire qualcosa. Mi ha detto che Gabriel aveva una camera al Crystal ed è tornato a perdere conoscenza. Solo quello. Quanto è bastato. Adesso lo stanno operando. - Kari rimase colpito da quello e sul momento non realizzò il motivo. 
- Signore, deve seguirci per la deposizione. - Disse un poliziotto. Kari automaticamente si alzò e fece per seguirlo fuori, lo sguardo concentrato per capire cosa c'era di strano. 
Fu Joshua a dirglielo.
- Sai cosa direbbe Niky? - A quel punto capì, si fermò, si girò e fece una specie di sorriso che sfociava in un piccolo ghigno dei suoi. Niente a che fare con la gioia vera. Però un buon inizio.
- Dio? - Joshua rise.
- Sì, qualcosa del genere! - Kari scosse la testa e nell'uscire mormorò senza vergognarsene, stupito per primo.
- Non è che ha torto, dopotutto... - 
“Vedendo come se la sono cavata c'è da pensarlo...”
Ammise Joshua stesso, una volta solo in quella camera. Non osò guardare le riprese della videocamera, rabbrividendo nel pensare a tutta quella storia, dall'inizio alla fine, scosse la testa ed uscì. 
Adesso c'era un altro genere di lotta da fare.
Forse più complicata ma non impossibile.
Bisognava rinascere.