*David e Jay si aiutano a vicenda coi rispettivi problemi, entrambi infatti sono bloccati ma in modo diverso. Entrambi devono superare degli ostacoli e visto che anche se non sono realmente amici, ma sono comunque qualcosa che quanto meno ci va vicino, si aiutano fra di loro. Buona lettura. Baci Akane*

18. LOTTARE CON SÈ STESSI

david jay

Per David fu un anno molto complicato e nervoso, la sola nota positiva fu il rapporto con Jay. Non era facile al definirsi amico di qualcuno, ma poteva dire di fidarsi di lui ed era un sentimento reciproco. 
Non che si confidassero, ma era vero che entrambi sapevano uno dell’altro cose che altri non sapevano. 
Col mister le cose non andavano bene di nuovo, come il suo primo anno. Erano incapaci di comunicare, certamente David era uno difficile, però vedersi scegliere altri compagni a lui senza spiegazioni, non era facile. 
D’altronde David era sempre molto nervoso in campo, impreciso. Sbagliava facilmente, segnava poco ed anche se Jay lo aiutava facendogli sempre passaggi in area per dargli la possibilità di segnare, spesso non serviva. 
Da un lato riconosceva da solo di non meritare la titolarità, d’altro canto pensava che il suo giocare male dipendesse da questo, dal fatto che non era più la prima scelta del mister, questo lo riempiva di dubbi che gli toglievano la lucidità in campo.
Principalmente dubbi in sé stesso, coi suoi soliti enormi problemi di autostima. 
- Dovresti chiamare Lucas... ti ha detto di farti vivo, no? Che se avevi problemi dovevi chiamarlo... - David si rabbuiò repentinamente dando a Jay un’occhiata pessima che però non fece desistere il compagno che si preparava per lavarsi. 
La partita era finita, avevano vinto grazie a lui, ma David aveva giocato solo gli ultimi quindici minuti e non aveva fatto niente di che. Ancora una volta il mister aveva scelto altri a lui e non aveva dato una spiegazione che fosse una. 
Ormai David si sentiva messo in disparte. 
- Se gli interessa qualcosa di me mi chiamerebbe. È sparito completamente! Ogni tanto mi scrive, per il mio compleanno mi ha chiamato... ma dai, non gliene fotte più un cazzo! E poi non sono un bambino, devo risolvere da solo i miei casini! - David era arrabbiato e non ammetteva repliche anche se perdeva tempo a rispondergli, cosa che non avrebbe fatto con nessuno, solo con Jay. D’altronde Jay era anche l’unico a dirgli certe cose. 
Alzò gli occhi al cielo esasperato dal suo vittimismo e dalla sua testardaggine: 
- E allora risolvilo da solo! - David lo fissò ancora male alzandosi di scatto per spogliarsi e lavarsi, Jay già nudo lo aspettava per andare a lavarsi. 
- E come? Credi che non mi impegno? Non ho una bacchetta magica! - 
- Ma parla con il mister, insomma, è evidente che hai un problema con lui! - David nudo a sua volta prese l’asciugamano e la busta per lavarsi ed andò con Jay ai box doccia, seccato. 
- Non gli piaccio, non c’è niente di cui parlare. Quando a quello non piace più qualcuno non perde tempo a fargli capire che cosa non va e nemmeno lo aiuta a migliorare e tornare come prima. Semplicemente mette da parte e usa un altro! È molto più facile così! È inutile stare a parlarci, cazzo! - David sputò tutto fuori seccato, mentre si infilava sotto il getto di una doccia libera, in quella vicina si mise Jay e sospirò stufo di sentirsi scartare ogni opzione. 
- Un modo per uscirne c’è di sicuro! - Per lui era una legge di vita. I problemi c’erano ma c’erano anche le soluzioni. Per forza. 
- Sì, andarmene! Ecco qual è la soluzione! - A Jay saltò il sangue al cervello e gli tirò la saponetta sulla nuca che rimbalzò finendo da qualche altro compagno che si girò per vedere chi aveva tirato. Lui con una risata finta alzò le mani per riaverla indietro e quando la ricevette tornò serio verso David. 
- Non voglio sentire queste stronzate! Questo è scappare! Non si scappa davanti ai problemi, si affrontano! - Tuonò scocciato. David stava per esplodere, cosa voleva saperne lui che qualunque cosa faceva con la palla gli riusciva? 
- Jay, non mi fa giocare, cosa devo affrontare? - 
- Devi sfruttare meglio le poche occasioni che hai! Lui non ti fa giocare perché non rendi come l’anno scorso, come potresti fare! - 
- Cazzo, ma sei un genio! Non so proprio come ho fatto a vivere finora senza le tue perle di saggezza! - Esclamò David ironico chiudendo il rubinetto perché si era già lavato. Jay lo rincorse usando contro di lui l’asciugamano come una frusta e non lo fece amichevolmente, era arrabbiato e David di rimando ricambiò il gesto con il proprio asciugamano e lo fronteggiò a muso duro, a tu per tu, sfiorandosi coi corpi nudi ma senza toccarsi. Jay a testa alta senza il minimo timore. 
- Ma cosa credi. Che non lo sappia che il problema è il mio rendimento? Ma non dovrebbe essere lui il mister in grado di sbloccarmi? Non sono un incapace, l’ho dimostrato... se uno bravo diventa un disastro non è che d’improvviso non sa più giocare a calcio, ma c’è un problema! E come dici tu, si può risolvere tutto... ma evidentemente lui il suo lavoro lo fa solo quando è facile! Prende i giocatori più in forma e li mette in campo, gli altri nemmeno li caga! Denis ha vinto un Pallone D’oro prima di venire qua ed anche lui è diventato una riserva come me, solo perché è convinto che dopo tutti quegli infortuni un giocatore cala! Ma che cazzate sono? - David era un treno in piena corsa, Jay non lo fermò pensando che non aveva torto nel dire tutto quello, ma era anche vero che si nascondeva dietro un colpevole facile. Se era colpa di qualcun altro, lui che ci poteva fare? Ma non era proprio così, la vedeva diversamente nonostante lui stesso stesse facendo la guerra al mister proprio per questo motivo, perché stava osando maltrattare il suo Denis. 
- Tu non guardare le mancanze degli altri! Guarda le tue! Lui è uno stronzo incapace, è tutta apparenza la sua bravura come allenatore. Però tu non gli rendi la vita difficile! - David si irrigidì ed indietreggiò di mezzo passo senza capire cosa diceva. Jay così sospirò e calò il tono avvolgendo il proprio asciugamano intorno a David fin sopra la sua testa. David si ammorbidì e mise il proprio sulla faccia di Jay per coprirgliela e chiudergli il becco. 
- Stai dicendo stronzate. - Sapeva che aveva ragione, ma era difficile prendere le cose come faceva lui. Era difficile vivere la vita come faceva Jay. Lottando sempre contro sé stesso e non contro gli altri. 
- Non è così e lo sai benissimo! - Rispose subito Jay togliendosi il suo asciugamano dalla faccia e seguendolo fuori dal locale delle docce. Molti compagni erano già usciti perché avevano perso tempo nelle discussioni. Quel giorno Denis non era nemmeno stato convocato. 
- In che modo dovrei rendergli la vita difficile? Uccidendolo? Potrebbe essere un’idea... - Scherzò ironico David mentre si asciugava con il telo di Jay e lui faceva lo stesso col suo. 
- Giocando meglio! Se quando ti mette in campo tu vai bene, gli renderai la vita difficile! Come farà a metterti in parte? - David scosse il capo chiudendo gli occhi, stufo di tutto, specie di quella discussione. 
- A lui non frega nulla, se torno a giocare bene è contento, riavrebbe il suo fottutissimo cigno... non è una cosa personale contro di me. È solo che non ha voglia di perdere tempo con me! - Jay rimase colpito dalla sua analisi. In realtà aveva ragione, se ne rese conto in quel momento, sentendolo. 
Era vero, contro Denis era personale, contro David no. Restava un allenatore di merda, oltre che persona di merda. 
- Con Denis ce l’ha a morte per qualche ragione. Quando lo mette in campo nelle partite di serie Z, lui dimostra di avere ancora molto da dare come giocatore. Ma non lo usa lo stesso. È personale. Con me non è così, se tornassi ad avere le prestazioni dell’anno scorso mi restituirebbe il posto da titolare. - Jay rimase di stucco sentendolo, mentre si vestiva e lui era ancora nudo e bagnato. - Muoviti che non ti aspetto. - 
Jay si riscosse ed iniziò a vestirsi rimuginandoci in silenzio. David pensava d’aver vinto la discussione, cosa che di norma non succedeva, ma si ricredette poco dopo. 
- Allora perché non ti sblocchi da solo? Certo lui non ti aiuta, è un allenatore di merda che gli pesa il culo... però voglio dire, fallo da solo, no? Impegnati tu per dimostrargli che sbaglia, che sei ancora qua... combatti tu con te stesso! - David lo guardò seduto sulla panchina mentre Jay si allacciava i jeans davanti a lui con aria ovvia. 
- Tu credi che sia facile? Che basta impegnarsi di più? - Jay alzò le spalle prendendo la maglietta. 
- Certo! È una lotta con te stesso. Qualcosa ti blocca, capisci cos’è e abbattilo! È questo che farebbe un bravo allenatore. Capirebbe cosa ti blocca e ti aiuterebbe a cancellarlo, ma non lo fa. Fallo tu! - David si allacciò le scarpe e chiuse gli occhi appoggiando la testa all’indietro con un profondo sospiro. Era stanco a livello emotivo. Voleva solo cancellarsi dalla faccia della terra. Capire cosa non andava in sé stesso era pura utopia. 
- Facile a dirsi, Jay. Non sono bravo a capire me stesso... - Jay si sedette vicino a lui mettendosi la scarpe. 
- Non ho detto che sia facile. Combattere con sé stessi è da sempre la cosa più difficile, ma vale la pena farlo. È l’unico modo per uscire dalla merda. - In quel momento si rese conto che Jay parlava con cognizione di causa. Sapeva che era una persona forte, che nessuna critica o problema lo abbatteva mai, andava avanti brillante per la sua strada come un treno. Non sapeva come faceva, aveva una forza mentale incredibile ma era convinto che una cosa del genere l’avevi innata, non la imparavi. 
David non disse nulla, i due rimasero in silenzio fino a che non si ritrovarono praticamente soli negli spogliatoi. In piedi prima di varcare la soglia, Jay lo fermò tirandogli il borsone e si fece guardare in faccia. 
- Comunque se vuoi saperlo sei solo andato in depressione per via di Lucas. Ti sei innamorato e sei convinto che ti abbia abbandonato... - 
- Lui MI HA abbandonato, Jay! - Puntualizzò secco premendo sulle due parole. Jay alzò le mani con aria di scuse. 
- Lui ti ha abbandonato. Stai soffrendo per questo come in una rottura fra coppie. Sei emotivo e quando soffri nel tuo privato, si riversa in ogni aspetto della tua vita, specie nel calcio. - David si morse il labbro sentendo quelle frasi sparate a bruciapelo, Jay sicuro di sé mentre lo diceva. Sembrava che scherzasse, dopotutto. 
- Non so cosa ci posso fare... - “Se sto male, sto male...” Si disse fra sé e sé. 
- Superala. Devi toglierti Lucas dalla testa. Quando rompi con un fidanzato ci stai male ma dopo un po’ te lo togli dalla testa e vai avanti. Devi andare oltre, David! - David chiuse gli occhi, contrasse la mascella e tutti i muscoli del corpo mentre respirava a fondo con la voglia di gridare e spaccare tutto, ma rimase fermo e non gridò. Implose. Poi con voce bassa e penetrante, disse: 
- Credi che sia facile? - 
- No, ma lo devi fare. - Jay non scherzava, non stava nemmeno prendendo sottogamba un problema enorme. Era perfettamente consapevole di quanto impossibile fosse quello che gli stava dicendo, ma era la sola strada. Era l’unico modo. 
- Tu sei riuscito a non amare Denis? - Jay sorrise con il dolore evidente negli occhi castani. 
- Il mio amore non corrisposto per lui non mi impedisce di giocare bene, David. - 
- Ma se sai che non devi più amarlo, perché lo ami? - David stava colpendo in modo molto preciso, Jay ora voleva piangere, aveva ragione, ma anche lui sapeva di averne. 
- Questo non mi blocca in nessun altro aspetto della mia vita. - 
- Potresti stare mancando il vero amore. La persona destinata a te. Sei fissato su di lui che non vedi nessun altro. E se quel qualcuno è qua e tu te lo stai perdendo? Se ti stai privando della felicità destinata a te? - Jay batté più volte le palpebre rimanendo di stucco a quella sua frase, era pazzesco. 
Non l’aveva mai vista così. Si era sempre concentrato sul separare la sua vita in scompartimenti per non influenzare nulla di importante. Sapeva che Denis non poteva amarlo anche se forse lo faceva segretamente, sapeva che non voleva vivere una storia con lui anche se era chiaro lo desiderava, ma al tempo stesso non poteva fare a meno di continuare ad amarlo e stargli vicino. 
Sapeva che era autolesionista, ma non gli interessava. 
Però non l’aveva mai vista così. 
“E se sto mancando l’uomo destinato a me che mi amerà e mi renderà felice?”
Ed in quello, senza pensarlo lucidamente prima di dirlo, rispose spontaneo e piano: 
- Ma chi vuoi che mi ami? - Perché dopotutto era quello il punto. 
Chi lo avrebbe mai potuto amare?
David, preso in contropiede da quella risposta negativa assolutamente non da Jay, lo lasciò uscire di corsa prima di poter pensare a qualcosa. Così si ritrovò a rincorrerlo, non poté raggiungerlo se non sul pullman dove costrinse un compagno a spostarsi con un cenno truce dello sguardo. Di solito non lo faceva. Di solito si sedeva da solo in fondo per non essere calcolato da nessuno. 
Jay stupito lo guardò insistere. Normalmente non ci teneva tanto. 
Gli tolse la cuffia dall’orecchio spostandogliela, si sporse verso di lui e con un secondo treno tipico suo, rispose alla sua frase distruttiva: 
- Sei una persona degna d’essere amata, se pensi il contrario sei un pazzo. - Jay avvampò e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno avesse sentito, vedendo che tutti erano persi nelle loro cuffie a sentire musica e dormicchiare o al cellulare, si avvicinò a sua volta e rispose piano: 
- Io sarò pazzo, ma tu sei un rinunciatario. Tu non stai lottando per il tuo posto in squadra, hai deciso che non ne vale la pena, che non puoi vincere, ma non lo sai! È solo che è difficile superare questo ostacolo, è più facile stare fermo lì! - David fece il broncio, assottigliò lo sguardo, ci pensò un attimo per poi infilargli il dito nel collo della giacca attirandolo a sé: 
- Io prometto di lottare e tirare fuori le palle se tu prometti di iniziare ad amarti. E non parlo di autostima, che la tua è già enorme... parlo proprio di credere che puoi essere amato. - Jay avvampò imbarazzatissimo. 
- Non so come pensi che potrei farlo, ma ci sto... - David ridacchiò: 
- Perché, credi che io sappia come lottare con me stesso? - Jay rise a sua volta sentendosi più leggero e convinto, quindi annuì e gli tese la mano che David prese in modo mascolino facendogli l’occhiolino in modo buffo. 
Non era facile, lo sapevano entrambi, ma sapere che non erano gli unici ad attraversare momenti complicati, improvvisamente fu d’aiuto. 
Non che poi fosse facile evolvere nei rispettivi problemi personali, ma decidere di farlo uno per l’altro fu un buon primo passo.